Se mancano le esigenze temporanee, il contratto si converte a tempo indeterminato con l’utilizzatore

In materia di rapporto di lavoro interinale, disciplinato dalla l. n. 196/1997, la mancata previsione, nell'ambito della stessa legge, di un divieto di reiterazione dei contratti di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo conclusi con lo stesso lavoratore avviato presso la medesima impresa utilizzatrice non esclude che, in tali casi, possano configurarsi ipotesi di contratti in frode alla legge, allorché la reiterazione costituisca il mezzo per eludere la regola della temporaneità dell'occasione di lavoro che connota tale disciplina. Ne consegue che, per escludere che il contratto di lavoro con il fornitore interposto si consideri instaurato con l'utilizzatore interponente a tempo indeterminato, occorre verificare l'effettiva persistenza delle esigenze di carattere temporaneo, in modo tanto più penetrante quanto più durevole e ripetuto sia il ricorso a tale fattispecie contrattuale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 2763, pubblicata il 6 febbraio 2014. Il caso opposizione a verbale INPS per violazione delle l n. 196/1997 e n. 1369/1960. Una società proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento INPS e avverso le conseguenti cartelle di pagamento dei contributi evasi. In base alle verifiche eseguite dall’INPS, la società ricorrente avrebbe utilizzato lavoratori con contratto interinale, previsto dall’allora vigente l. 24 giugno 1997 n. 196, senza l’osservanza dei requisiti di temporaneità previsti dalla normativa stessa. Il Tribunale del Lavoro accoglieva l’opposizione, dichiarando non dovuti gli importi richiesti dagli enti previdenziali. Proponeva appello l’INPS e la Corte d’Appello, accogliendo il gravame, riformava la sentenza di primo grado, così respingendo le opposizioni proposte dall’azienda. Quest’ultima ricorreva in Cassazione per la riforma della pronuncia d’appello. Quando era possibile avvalersi del lavoro interinale. La legge n. 196 del 1997, poi superata dal d. lgs. n. 276/2003, prevedeva la possibilità di stipulare contratti di fornitura di lavoro temporaneo in ragione di precise esigenze a nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi b nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali c nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al co. 4 . In particolare,per quanto qui interessa, per una valida stipulazione di contratto di fornitura di lavoro temporaneo, era necessario il requisito della temporaneità dell’occasione di lavoro che rendeva necessario l’ausilio di tale tipologia di impiego. Conseguenze del reiterato utilizzo di più contratti temporanei. In presenza di più contratti con prestazioni temporanee, ripetutamente reiterati in maniera continuativa, diviene necessario verificare in concreto la sussistenza delle esigenze di carattere temporaneo, atte a rendere legittimo il contratto di lavoro interinale. La Suprema Corte richiama precedenti pronunce Cass. n. 15515/2009 Cass. n. 232/2012 , in cui già era stato affermato che in caso di più contratti con prestazioni temporanee, che siano stati ripetutamente reiterati in maniera continuativa, è legittima la conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore, per violazione della legge n. 1369/1960. Indispensabile la verifica in concreto delle esigenze temporanee. Dunque, afferma la Corte di legittimità, in presenza di una reiterata sequenza di contratti per prestazioni temporanee, per poter escludere il contratto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore occorre verificare nel concreto l’effettiva persistenza delle esigenze di carattere temporaneo, non potendo essere sufficiente la semplice verifica del dato formale del rispetto della contrattazione collettiva applicabile o del numero delle proroghe consentite. Verifica che dovrà essere tanto più rigorosa, quanto più sono state le proroghe del contratto temporaneo. Secondo la Suprema Corte, la reiterazione potrebbe costituire il mezzo per eludere la regola dell’essenziale temporaneità dell’occasione di lavoro con conseguente configurabilità di contratti in frode alla legge, sanzionabili con la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’impresa utilizzatrice del lavoratore. Per i principi sopra enunciati, si debbono ritenere legittimi i verbali di accertamento INPS e le correlate cartelle di pagamento impugnati, ed infondate le proposte opposizioni l’ente previdenziale aveva infatti ritenuto i lavoratori interessati quali dipendenti subordinati della società ricorrente. Procedendo così al recupero delle contribuzioni omesse. Conseguentemente, è stato ritenuto infondato il ricorso che è stato rigettato dalla Suprema Corte.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 dicembre 2013 – 6 febbraio 2014, numero 2763 Presidente Roselli – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con tre distinti ricorsi, successivamente riuniti, la Promos s.p.a. si rivolgeva al Tribunale di Teramo per impugnare sia il verbale di accertamento dell’INPS numero 227048486, redatto dagli Ispettori della sede di Teramo il 22 settembre 2003, sia le cartelle di pagamento che da esso traevano origine. In particolare, col menzionato verbale di accertamento, si riteneva che la PROMOS s.p.a., utilizzando lavoratori con contratto interinale in misura superiore e per finalità diverse da quelle previste dalla legge 24.6.1997 numero 196, fosse incorsa nella violazione della legge numero 1369/60, con la conseguenza che i lavoratori utilizzati con contratto interinale andavano considerati dipendenti della Promos s.p.a. stessa, con conseguente recupero della contribuzione ritenuta omessa. In particolare, a parere dell'INPS, il ricorso al lavoro interinale da parte della società sarebbe avvenuto al di fuori delle due ipotesi consentite dal contratto collettivo applicato Carta-Industria del 13.7.2001 e cioè cfr. art. 10 , per 1 esecuzione di un'opera o di un servizio definito o predeterminato nel tempo 2 aumento temporaneo delle attività. La Promos s.p.a., quindi a con ricorso del 29.6.2004 impugnava il verbale di accertamento sopra richiamato, chiedendo che venisse accertata e dichiarata la legittimità dei contratti di lavoro interinale stipulati con diversi soggetti, con conseguente accertamento negativo del credito vantato dall'Inps b con ricorso del 19.4.2004 impugnava la cartella di pagamento numero OMISSIS dell'importo di Euro 40.011,68 emessa per i relativi crediti contributivi c con ricorso del 1.4.2006 impugnava la cartella di pagamento numero OMISSIS 73 dell'importo di Euro 3.180,51 emessa per crediti INAIL derivanti dalla stessa causale di cui al verbale di accertamento richiamato. Il Tribunale di Teramo accoglieva le opposizioni e dichiarava non dovuti, sia all’INPS che all'INAIL, i contributi e premi assicurativi richiesti. Avverso tale sentenza proponeva appello l'INPS resistevano la società Promos e l'INAIL, quest'ultimo proponendo appello incidentale. Con sentenza depositata il 9 dicembre 2009, la Corte d'appello dell'Aquila accoglieva sia l'appello principale che quello incidentale, rigettando le opposizioni in questione. Per la cassazione propone ricorso la Promos s.p.a., affidato ad unico motivo. Resistono sia l’INPS che l’INAIL con distinti controricorsi. Motivi della decisione 1. - La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 10 della L. numero 196/97, nonché dell'art. 1, comma 5, della L. numero 1369/60 art. 360, comma 1, numero 3, c.p.c. . Lamenta che la Corte aquilana decise la controversia in netto contrasto con quanto affermato da Cass. numero 2488/08, che escluse che per le violazioni in questione la sanzione fosse quella dell'imputazione del rapporto di lavoro in capo all'effettivo utilizzatore, tanto meno con la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. 2 - Il ricorso è infondato. Questa Corte ha già osservato Cass. 2 luglio 2009 numero 15515 che nel caso di più contratti per prestazioni temporanee, che siano stati ripetutamele reiterati in maniera continuativa, è legittima la conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore, per violazioni delle disposizioni della legge numero 1369 del 1960. L'orientamento risulta confermato dalla successiva giurisprudenza Cass. 1 febbraio 2013 numero 2413 Cass. 12 gennaio 2012 numero 232 , secondo cui in materia di rapporto di lavoro interinale, la mancanza o la generica previsione, nel contratto intercorrente tra l'impresa fornitrice e il singolo lavoratore, dei casi in cui - e dunque delle esigenze per le quali - è possibile ricorrere a prestazioni di lavoro temporaneo, in base ai contratti collettivi dell'impresa utilizzatrice, ovvero l'insussistenza in concreto delle suddette ipotesi, spezza l'unitarietà della fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilità dell'offerta di lavoro nella salvaguardia dei diritti del lavoratore, e fa venir meno la presunzione di legittimità del contratto interinale stesso. Ne consegue che, per escludere che il contratto di lavoro con il fornitore interposto si consideri instaurato con l'utilizzatore interponente a tempo indeterminato, non è sufficiente arrestarsi alla verifica del dato formale del rispetto della contrattazione collettiva quanto al numero delle proroghe consentite, senza verificare l'effettiva persistenza delle esigenze di carattere temporaneo, in modo tanto più penetrante quanto più durevole e ripetuto sia il ricorso a tale fattispecie contrattuale. L'evoluzione interpretativa in argomento è già contenuta nella sentenza 23 novembre 2010 numero 23684, che, pur contigua alle argomentazioni svolte nella precedente pronuncia numero 2488/08 invocata dalla ricorrente, ha affermato che, in materia di rapporto di lavoro interinale , la mancata previsione nella legge 24 giugno 1997 numero 196 di un divieto di reiterazione dei contratti di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo conclusi con lo stesso lavoratore avviato presso la medesima impresa utilizzatrice non esclude che per la valida stipulazione del contratto di fornitura di lavoro temporaneo occorrano in ogni caso esigenze produttive temporanee, essendo ciò imposto non dall'interpretazione della citata legge alla luce della sopravvenuta direttiva comunitaria 1999/70/CEE che ha previsto espressamente dei limiti all'istituto , ma dall'essenziale temporaneità dell'occasione di lavoro che in ogni caso connota la fattispecie, con la conseguenza che possono configurarsi ipotesi di contratti in frode alla legge art. 1344 cod. civ. allorché la reiterazione costituisca il mezzo, anche attraverso intese, esplicite o implicite, tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice concernenti la medesima persona del prestatore, per eludere la regola dall'essenziale temporaneità dell'occasione di lavoro. L'art. 10, comma 1, della legge numero 196/97 prevede, nel caso di contratto di fornitura ingiustificato, che continua a trovare applicazione la legge numero 1369/60, con la conseguenza che il contratto di lavoro con il fornitore-interposto si considera a tutti gli effetti instaurato con l'utilizzatore-interponente. Né può ritenersi che l'espressione contratto a tempo indeterminato è contenuta solo nell'art. 10, comma 2, sicché tale conseguenza non potrebbe derivare anche dal precedente comma 1. Invero il richiamo del comma 1 alla legge numero 1369/60 implica di per sé la dichiarazione di un contratto a tempo indeterminato con l'utilizzatore-interponente in caso di fornitura ingiustificata. Mentre l'espressa previsione del comma 2 deriva solo dall'esigenza di regolare appositamente il vizio di forma, distinguendo due ipotesi se il vizio di forma riguarda il contratto di fornitura stipulato dall'utilizzatore il contratto di lavoro a tempo indeterminato si costituisce in capo a quest'ultimo, consapevole del vizio stesso in quanto stipulante se il vizio di forma riguarda il contratto di lavoro temporaneo questo si trasforma in contratto a tempo indeterminato con la impresa fornitrice, essendo l'utilizzatore estraneo a questo vizio. Tale interpretazione non risulta in contrasto con la recente sentenza della C.G.E. 11.4.13 C-290/12 laddove ha affermato che la direttiva 1999/70 CE del 28 giugno 1999, e l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, debbono essere interpretati nel senso che non si applicano né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un'agenzia di lavoro interinale, né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e l'impresa utilizzatrice, posto che solo il rapporto di lavoro concluso direttamente con il datore di lavoro rientra nell'ambito del citato accordo quadro. Ne consegue che, una volta escluso che la disciplina comunitaria in materia di contratti a termine che non prevede specifiche sanzioni per la loro inosservanza, che sarebbero dunque inapplicabili al diverso caso del lavoro interinale, demandandone la previsione alle legislazioni nazionali riguardi anche il lavoro interinale, non vi è alcuna preclusione per il giudice nazionale di stabilire l'esatta natura e portata delle obbligazioni nascenti da tale tipo di rapporto, evidenziandone l'intrinseca temporaneità con la conseguente configurabilità di ipotesi di contratti in frode alla legge art. 1344 cod. civ. , allorché la reiterazione costituisca il mezzo, anche attraverso intese, esplicite o implicite, tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice concernenti la medesima persona del prestatore, per eludere la regola dell'essenziale temporaneità dell'occasione di lavoro. 3.-Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore di ciascuno dei controricorrenti, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.