Confermata così la riduzione della pena. Condivisa l’ottica adottata dai giudici di secondo grado, che hanno riqualificato il fattaccio come tentativo di rapina impropria. All’interno dell’esercizio commerciale, difatti, il possesso del titolare della merce è salvo fino a quando il ladro non supera il sistema di controllo.
Colpo compiuto o solo tentato? Può sembrare questione sottile, ma ha effetti sostanziosi, perché dalla qualificazione del ‘fattaccio’ può derivare una maggiore o una minore pena. E non a caso variegati sono i riferimenti giurisprudenziali Ma, volendo stabilire un ordine di priorità, è da privilegiare, secondo i giudici, il «connotato di effettività» dell’impossessamento della merce rispetto al «semplice momento sottrattivo», prima di poter parlare di «rapina» e non di semplice «tentativo» Cassazione, sentenza numero 8445/2013, Seconda Sezione Penale, depositata oggi . Tentativo? A essere stato ‘beccato’ è un cittadino straniero, fermato subito dopo le ‘casse’ di un negozio con diversa merce rubata. A essergli fatale sono la famigerata placca antitaccheggio e il sistema di allarme, che scatta prontamente quando l’uomo si avvia lentamente verso l’uscita. Conseguenziale, e scontata, la contestazione del reato di «rapina impropria», sanzionata con una condanna in Tribunale. Ma a modificare il quadro provvedono i giudici d’Appello, riqualificando il fatto come «tentativo di rapina impropria» e riducendo la pena comminata in primo grado. Questa diminutio viene, però, contestata dal Procuratore Generale, che decide di ricorrere per cassazione, sostenendo che l’uomo, come evidente dalla ricostruzione dell’episodio, «si era già impossessato della merce, avendo già superato le ‘casse’» e, dunque, «il furto era ormai consumato», non certo solo tentato. Possesso. Come premessa, i giudici riconoscono il «variegato atteggiarsi delle numerose pronunce» della Corte, e quindi la necessità di una puntualizzazione, anche rispetto alla vicenda in esame. Per questo motivo, essi affermano di ritenere «preferibile la tesi che tende a privilegiare un connotato di effettività che deve caratterizzare l’impossessamento quale momento consumativo del delitto di furto rispetto al semplice momento sottrattivo», con una conseguenza precisa, ossia che «l’autonoma disponibilità del bene potrà dirsi realizzata solo ove sia stata correlativamente rescissa la altrettanto autonoma signoria che sul bene esercitava il detentore». Passando dalla teoria alla pratica, «in caso di oggetti esposti per la vendita in un esercizio commerciale ai quali sia stata applicata la cosiddetta placca antitaccheggio, il titolare del bene non può dirsi ne perda il possesso se non dopo il superamento o l’elusione dell’apparato destinato ad operare il relativo controllo». E dalla ricostruzione dell’episodio emerge, chiaramente, che l’uomo «è stato bloccato appena suonato l’allarme». Per questo motivo è assolutamente condivisa la visione dei giudici di secondo grado il fatto va qualificato come «tentativo di rapina impropria», con correlata, legittima riduzione della pena.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 – 21 febbraio 2013, numero 8445 Presidente Fiandanese – Relatore Macchia Osserva Con sentenza del 5 aprile 2012, la Corte di appello di Genova in parziale riforma della sentenza emessa il 9 novembre 2011 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città nei confronti di N.M.M., imputato di rapina impropria, qualificato il fatto come tentativo di rapina impropria ha ridotto la pena al medesimo inflitta a mesi sei e giorni venti di reclusione ed euro 100 di multa. Propone ricorso per cassazione il procuratore generale il quale deduce che nella specie l’imputata si era già impossessato della merce, avendo già superato le casse, e dunque il furto era ormai consumato. Sarebbe dunque irrilevante che l’azione si fosse svolta sotto l’osservazione di un sorvegliante. Il ricorso non è fondato e deve pertanto essere respinto. Pur nel variegato atteggiarsi delle numerose pronunce di questa Corte che si sono nel tempo soffermate sul punto di diritto evocato dal Procuratore generale ricorrente, deve ritenersi preferibile la tesi che tende a privilegiare un connotato di “effettività” che deve caratterizzare l’impossessamento quale momento consumativo del delitto di furto, rispetto al semplice momento sottrattivo, con la conseguenza che l’autonoma disponibilità del bene potrà dirsi realizzata solo ove sia stata correlativamente rescissa la altrettanto autonoma signoria che sul bene esercitava il detentore. Deriva da ciò che, in caso di oggetti esposti per la vendita in un esercizio commerciale ai quali sia stata applicata la cosiddetta placca antitaccheggio, il titolare del bene non può dirsi ne perda il possesso se non dopo il superamento o l’elusione dell’apparato destinato ad operare il relativo controllo. Si rivela, dunque, nella specie corretta la tesi dei giudici a quibus, posto che l’imputato è stato bloccato appena suonato l’allarme. P.Q.M. Rigetta il ricorso.