In tema di criminalità organizzata, affinchè possa delinearsi l’aggravante di cui all’articolo 7 l. numero 203/1991, è necessario che l’indagato/condannato abbia effettivamente, con la propria condotta, agevolato l’associazione, anche quando con il suo comportamento abbia di fatto favorito l’esponente della stessa, purchè gli interessi della prima e del secondo siano coincidenti.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 44698, depositata il 6 novembre 2015. Il caso. La Corte affronta alcune questioni in tema di associazione di stampo mafioso che riguardano, più specificamente, la fittizia intestazione di beni, l’aggravante dell’articolo 7 L. 203/1991 e estorsione aggravata. articolo 12 quinquies l. numero 356/1992. Come è noto la norma è stata introdotta con lo scopo di sanzionare la fittizia attribuzione a terzi di denaro, beni o altre utilità, effettuata al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Ricorre l’interposizione fittizia in tutte quelle situazioni in cui il bene, pur essendo formalmente intestato a terzi, ricada nella sfera di disponibilità effettiva dell’indagato. Il ricorrente eccepiva vizi motivazionali e violazioni di legge sia con riguardo alla fittizietà delle intestazioni che lo riguardavano, sia in ordine alle finalità elusive della legislazione in materia di prevenzione. Invero, secondo le doglianze, non sarebbe stato accertato il dolo specifico del reato, oltre ad apparire improbabile se non insensato, sulla base di regole di esperienza riconosciute, l’intento elusivo della normativa, laddove si fosse considerata l’intestazione di beni ed attività commerciali di un affine che, peraltro, conviveva nella sua stessa abitazione. Tuttavia, secondo i giudici di legittimità, il Tribunale del Riesame ha correttamente ritenuto che il dolo specifico del reato di intestazione fittizia, ben può configurarsi sia quando sia già in atto la misura di prevenzione, ma anche prima, quando si possa fondatamente presumerne l’inizio, a maggior ragione quando l’indagato sia sottoposto a procedimento penale per il delitto di cui all’articolo 416 bis c.p Concorrenza illecita e coartazione. La seconda questione rilevante e, peraltro, ritenuta fondata dalla Corte ha riguardato la sussistenza o meno dei presupposti dei reati di illecita concorrenza e estorsione. In particolare, il ricorrente ha censurato il provvedimento giacchè lo ha ritenuto coinvolto nei fatti contestati in quanto titolare di un “interesse” specifico, senza tuttavia individuare gli specifici comportamenti illeciti con i quali avrebbe apportato un contributo all’azione delittuosa nel reato estorsivo. D’altra parte, pure con riferimento al reato di cui all’articolo 513 bis c.p. Illecita concorrenza con minaccia o violenza il giudice di merito non avrebbe precisato la tipologia di condotte poste in essere dall’indagato, evidenziando, invero, che tale fattispecie di reato punisce solo quelle tipicamente concorrenziali realizzate con atti di coartazione che inibiscono la normale dinamica imprenditoriale e non anche i semplici atti indimidatori. Agevolare l’associazione mafiosa. L’ultima problematica, infine, ha riguardato la configurabilità dell’aggravante dell’articolo 7 l. numero 203/1991. Il ricorrente, infatti, evidenziava come, in relazione ai contestati reati di abuso di ufficio, falso ideologico e corruzione, le proprie condotte non costituissero una proiezione economica della consorteria mafiosa, in quanto erano seguite ad un interesse economico proprio dello stesso indagato. In effetti, la Corte, accogliendo il motivo di ricorso, ha affermato che in tema di agevolazione dell’attività di una consorteria mafiosa, la circostanza de qua richiede, per la sua configurazione, il dolo specifico di favorire l’associazione. Il fine, cioè, deve essere l’obiettivo “diretto” della condotta e non una possibile conseguenza della stessa. Non rilevano, invero, eventuali vantaggi indiretti, né tanto meno il semplice scopo di favorire, con il proprio comportamento l’esponente di una cosca. È necessario, infatti, che gli interessi di quest’ultimo vengano a coincidere con quelli della consorteria.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 settembre – 6 novembre 2015, numero 44698 Presidente Agrò – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 6 febbraio 2015 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha rigettato l'istanza proposta da C.L.B. ex articolo 309 c.p.p., confermando l'ordinanza emessa dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale in data 9 dicembre 2014, che disponeva nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione, con il ruolo apicale di organizzatore, ad un'associazione per delinquere di stampo mafioso, ed in particolare alla cosca Paviglianiti di San Lorenzo, operante nel territorio della provincia di Reggio Calabria in epoca antecedente e prossima all'anno 2005 e sino ad oggi capo d'imputazione provvisoria sub A , nonché per i reati-fine di concorso in illecita concorrenza, abuso d'ufficio, falso ideologico, corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, trasferimento fraudolento di valori, estorsione ed incendio capi sub A2 , A3 , A4 , A16 , A17 , A25 , A26 , A27 , commessi fino al giugno 2011 ed aggravati dalla circostanza di cui all'articolo 7 della l. numero 203/91. 2. Il difensore del C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la su citata sentenza, deducendo cinque motivi di doglianza il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato. 2.1. Violazioni di legge, ex articolo 192, commi 1 e 2, c.p.p. e 12-quinquies l. numero 356/92, nonché vizi motivazionali con riferimento ai reati di cui ai capi suo A17 e A25 , sia per quel che attiene alla ritenuta fittizietà delle due intestazioni in oggetto, sia in ordine alle finalità elusive della legislazione in tema di prevenzione, che sarebbero state perseguite da P.S. ed agevolate dall'indagato, che ne è il cognato. Al riguardo, infatti, il Tribunale ha affidato a meri dati congetturali l'accertamento dell'elemento soggettivo del reato, ed in particolare del dolo specifico, apparendo assai improbabile, sulla base di regole di esperienza universalmente riconosciute, come già evidenziato in sede di riesame, che l'intento elusivo potesse realizzarsi attraverso la intestazione delle attività commerciali ad un affine - il fratello della moglie - per di più convivente nella stessa abitazione. Nessuna valida motivazione, infine, è stata resa con riferimento alla valutazione indiziaria della circostanza aggravante di cui all'articolo 7 della l. numero 203/91. 2.2. Vizi motivazionali con riferimento alla totale mancanza di motivazione circa la presenza dell'aggravante di cui al su citato articolo 7, contestata nei capi sub A3 , A4 e A16 , attinenti all'apertura di uno stabilimento balneare nell'estate 2010. Elementi di qualificazione mafiosa delle rispettive condotte non sono infatti rinvenibili, all'esito delle complesse ed articolate attività d'indagine svolte riguardo alla su indicata struttura balneare, ma, al più, un comune interesse dei congiunti P. e C. . 2.3. Violazioni di legge e vizi motivazionali vengono infine prospettati con riferimento all'esistenza dei presupposti dei reati di illecita concorrenza ed estorsione contestati nei capi sub A2 , A26 e A27 riguardo a tale ultima ipotesi di reato, in particolare, il provvedimento impugnato ha ricollegato le attività delittuose in capo a P.S. e A. , senza chiarire quale sia stato l'eventuale apporto materiale o morale offerto dall'indagato nella commissione degli atti intimidatori posti in essere in danno del Serrano, venendo la sua posizione in rilievo solo per la indicazione di una condizione soggettiva consistente in un interesse diretto a sopprimere la concorrenza del lido . 2.4. Violazioni di legge e vizi motivazionali con riferimento alla valorizzazione in termini associativi reato di cui al capo sub A delle condotte relative all'apertura ed alla gestione dello stabilimento balneare OMISSIS , iniziativa imprenditoriale che, lungi dal costituire una proiezione economica della consorteria in esame, ruotava in realtà attorno al personale ed esclusivo interesse economico dell'indagato. Nessun elemento indiziario valido può trarsi, infine, dall'esame del dialogo intercorso fra l'indagato ed Emanuela Romeo, oggetto d'intercettazione ambientale in data 12 aprile 2011, la cui natura eventualmente millantatoria non è stata oggetto di approfondimento motivazionale. 2.5. Violazioni di legge e vizi motivazionali, non risultando con chiarezza le ragioni per cui la presunzione ex articolo 275, comma 3, c.p.p., debba ritenersi nel caso di specie insuperata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati. 2. Infondate devono ritenersi le doglianze prospettate nel primo motivo di ricorso in merito alla configurabilità dei reati-fine contestati nei capi sub 17 e 25 , poiché in relazione ai comportamenti ivi descritti la gravità del panorama indiziario evocato a sostegno della misura deve ritenersi, allo stato, congruamente sostenuta dall'apparato motivazionale su cui poggia il provvedimento impugnato, che ha correttamente proceduto ad una valutazione analitica e globale degli elementi indiziari al riguardo emersi a carico del ricorrente, dando conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che giustificano l'epilogo del relativo percorso decisorio. Entro tale prospettiva, invero, deve rilevarsi come l'ordinanza impugnata abbia fatto buon governo del quadro dei principii che regolano la materia in esame, replicando puntualmente alle obiezioni difensive e ponendo specificamente in evidenza - sulla base del contenuto delle conversazioni oggetto delle attività di intercettazione telefonica ed ambientale specificamente riportate nelle pagg. 24-29 della motivazione - come i poteri decisionali e la gestione economica delle attività relative allo stabilimento balneare omissis ed al panificio di cui al capo sub 25 , nonostante la formale intestazione al C. , fossero in realtà riconducibili agli interessi del cognato P.S. coindagato quale esponente apicale dell'associazione criminale contestata nel capo sub A , che impartiva precise direttive ai dipendenti e provvedeva a curare personalmente anche i rapporti con i fornitori, così utilizzando, attraverso lo schermo della fittizia intestazione, persone della propria cerchia familiare che risultassero meno esposte sul piano delle indagini relative alla criminalità organizzata di stampo mafioso e del conseguente rischio di subire aggressioni ai propri beni attraverso la prevedibile adozione di provvedimenti ablativi a suo carico. Al riguardo, pertanto, il Tribunale del riesame ha fatto buon governo dei principii stabiliti da questa Suprema Corte Sez. 6, numero 24379 del 04/02/2015, dep. 08/06/2015, Rv. 264178 v., inoltre, Sez. 2, numero 29224 del 14/07/2010, dep. 26/07/2010, Rv. 248189 , secondo cui il dolo specifico del reato previsto dall'articolo 12-quinquies del d.l. 8 giugno 1992, numero 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, numero 356, consistente nel fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, ben può configurarsi non solo quando sia già in atto la procedura di prevenzione, ma anche prima che la detta procedura sia intrapresa, quando l'interessato possa fondatamente presumerne l'inizio, tanto più in considerazione del fatto che l'essere indagato, ed ancor più rinviato a giudizio per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. penumero , può al tempo stesso integrare il presupposto soggettivo di cui all'articolo 4, comma primo, lett. a , del d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159, rendendo facilmente prevedibile il prossimo inizio del procedimento di prevenzione. In definitiva, a fronte di un completo apprezzamento delle risultanze investigative, illustrato con argomentazioni chiare ed immuni da vizi logico-giuridici ictu oculi percepibili, il ricorrente ha opposto, sotto la formale veste della violazione di legge, una diversa o alternativa lettura delle risultanze offerte dagli atti processuali, limitandosi ad esporre questioni in punto di fatto il cui accertamento esula dai confini propri del sindacato da questa Suprema Corte esercitabile. 3. Considerazioni in parte analoghe devono svolgersi, inoltre, per quel che attiene al quarto ed al terzo motivo di ricorso per quest'ultimo, tuttavia, limitatamente al reato di estorsione aggravata in danno dell'imprenditore S.P. di cui al capo sub A 26 , da ritenere entrambi manifestamente infondati poiché formulati in termini del tutto generici o perplessi, senza sviluppare un puntuale confronto critico-argomentativo con i diversi elementi dal Tribunale individuati a supporto del quadro indiziario delineato, rispettivamente, nelle pagg. 37-39 e 7-23 del provvedimento impugnato. Sulla base delle argomentazioni ivi linearmente esposte, infatti, deve rilevarsi come il Tribunale del riesame abbia proceduto ad una dettagliata analisi ricognitiva del materiale investigativo raccolto, senza alcuna atomizzazione dei dati oggetto del suo vaglio, ma opportunamente inserendoli, dopo averne singolarmente saggiato il rilievo, in una visione complessiva dei fatti e delle correlative emergenze, in tal guisa pervenendo, del tutto coerentemente, ad un giudizio di rilevante gravità del compendio indiziario delineato sia in merito al reato associativo sub A , che a quello di estorsione aggravata contestato nel capo sub A 26 , in quanto sostenuto da una base storico-fattuale adeguatamente riscontrata ed assistita da una specifica valenza sintomatica. 4. Fondato, di contro, deve ritenersi il terzo profilo di doglianza, nel punto in cui investe la configurabilità stessa di una base indiziaria connotata dal necessario requisito della gravità riguardo alla fattispecie di estorsione aggravata ipotizzata nel capo sub A 27 , ove si fa riferimento ad una serie di atti di violenza e minaccia posti in essere dal ricorrente, in concorso con altre persone P.S. ed A. , nonché R.A. , in danno di Carmelo Serrano, titolare di uno stabilimento balneare che, secondo la prospettazione delineata nel relativo tema d'accusa, sarebbe stato costretto a non aprire la propria attività commerciale e, in generale, ad adeguare le proprie scelte imprenditoriali ai voleri della cosca P. in relazione a tali profili, invero, la decisione impugnata non approfondisce con il necessario rigore critico-argomentativo la natura e l'intensità del contributo concorsuale che il ricorrente avrebbe specificamente offerto alla realizzazione delle diverse azioni intimidatorie oggetto di tali condotte delittuose, facendo riferimento, da un lato, alla riconducibilità degli episodi ai mandanti P.S. ed A. con la materiale collaborazione di R.A. , e, dall'altro lato, ad un generico interesse del C. a sopprimere la concorrenza del lido balneare sopra menzionato, senza chiarire in quali termini si sarebbe di volta in volta estrinsecato l'eventuale apporto materiale o morale alla commissione delle su indicate condotte. Anche con riferimento alla configurabilità del reato di illecita concorrenza aggravata di cui al capo sub A2 [ex articolo 81 cpv., 110, 513-6/s,c.p., 7 l. numero 203/91] deve rilevarsi come l'ordinanza impugnata si limiti a descrivere una serie di azioni intimidatorie attraverso cui il C. ed altri indagati avrebbero sbaragliato la concorrenza degli altri stabilimenti balneari siti sul lungomare San Lorenzo, ai quali avrebbero imposto ben precisi limiti al libero esercizio delle loro attività imprenditoriali, senza tuttavia precisare, in motivazione, se si tratti di condotte illecite tipicamente concorrenziali quali il boicottaggio, lo storno dei dipendenti, il rifiuto di contrattare, etc. realizzate con atti di coartazione che inibiscono la normale dinamica imprenditoriale, ovvero di condotte intimidatorie finalizzate ad ostacolare o coartare l'altrui libera concorrenza, e però poste in essere al di fuori dell'attività concorrenziale. Al riguardo, infatti, deve richiamarsi il quadro di principii fissato da questa Suprema Corte Sez. 2, numero 9763 del 10/02/2015, dep. 06/03/2015, Rv. 263299 Sez. 2, numero 29009 del 27/05/2014, dep. 04/07/2014, Rv. 260039 , secondo cui l'articolo 513-bis cod. penumero punisce soltanto quelle condotte illecite tipicamente concorrenziali realizzate con atti di coartazione che inibiscono la normale dinamica imprenditoriale, non rientrando, invece, nella fattispecie astratta i semplici atti intimidatori. 5. Parimenti fondata, infine, deve ritenersi la censura oggetto del secondo motivo di ricorso, poiché in relazione ai reati di abuso d'ufficio, falso ideologico e corruzione di cui ai capi sub A3 , A4 e A16 , non sono state illustrate, se non genericamente, le ragioni giustificative della configurabilità dell'ipotizzata aggravante di cui all'articolo 7 l. numero 203/91, poiché il Tribunale si è limitato a fare riferimento ad un previo accordo di natura collusiva tra l'indagato, quale intestatario formale del lido omissis , ed i pubblici ufficiali che hanno falsamente attestato la conformità dell'opera realizzata alle autorizzazioni rilasciate, in modo da recare un indebito vantaggio patrimoniale a P.S. , consistito nella possibilità di proseguire, pur in assenza dei relativi presupposti, l'esercizio dell'attività imprenditoriale durante la stagione estiva. Al riguardo, pertanto, deve rilevarsi come l'ordinanza impugnata non abbia puntualmente delineato il percorso logico-argomentativo seguito per ritenere ipotizzabile, sia pure sul piano della gravità della base indiziaria, la sussistenza della contestata circostanza aggravante. Sul punto, infatti, giova richiamare l'insieme dei criteri direttivi cui il Giudice di merito deve attenersi alla luce dell'insegnamento di questa Suprema Corte da ultimo, v. Sez. 5, numero 4037 del 22/11/2013, dep. 29/01/2014, Rv. 258868 , secondo cui, in tema di agevolazione dell'attività di un'associazione di tipo mafioso, la circostanza aggravante prevista dall'articolo 7 del D.L. 13 maggio 1991, numero 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, numero 203, richiede per la sua configurazione il dolo specifico di favorire l'associazione, con la conseguenza che questo fine deve essere l'obiettivo diretto della condotta, non rilevando possibili vantaggi indiretti, né il semplice scopo di favorire un esponente di vertice della cosca, indipendentemente da ogni verifica in merito all'effettiva ed immediata coincidenza degli interessi del capomafia con quelli dell'organizzazione. 6. S'impone, conseguentemente, l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, per un nuovo esame dei punti critici sopra indicati, che nella piena libertà del relativo apprezzamento di merito dovrà colmare le evidenziate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii in questa Sede stabiliti. All'esito di tale apprezzamento, infine, il Tribunale dovrà rivalutare anche i profili di doglianza attinenti alla contestata sussistenza delle esigenze cautelari v., supra, il par. 2.5. . La Cancelleria provvederà all'espletamento degli incombenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente ai capi A2 e A27 nonché all'aggravante dell'articolo 7 D.L. numero 152/1991 in relazione ai capi A3 , A4 e A16 e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att., c.p.p