Legittima la scelta del ragazzo, con conseguente conferma della mancanza di autonomia economica. Da approfondire, invece, il nodo della condizione economica dell’uomo, oramai in pensione, rispetto all’ex moglie.
Proposta di lavoro rigettata. Perché ‘stagionale’. Netta la posizione del figlio rispetto alla opportunità procuratagli dal padre – in pensione –, che non può utilizzare questo rifiuto per ottenere l’azzeramento dell’assegno di mantenimento Cassazione, sent. numero 1779/2013, Sezione Prima Civile, depositata oggi . Economia. Pomo della discordia, è evidente, i ‘postumi’ economici del divorzio. Ad avvertirne il ‘peso’ un ex sottufficiale della Guardia di Finanza, ora in pensione «per ragioni di salute», obbligato a versare un assegno alla moglie e a fornire un contributo al mantenimento del figlio. Tutto ciò, sostiene l’uomo, nonostante egli abbia visto «notevolmente ridotto» il proprio reddito, mentre l’ex moglie ha registrato ‘incassi’ maggiori grazie a un lavoro, una locazione e una vendita. Per giunta, evidenzia ancora l’uomo, gli è stato addebitato l’onere del mantenimento del figlio che «divenuto maggiorenne, aveva abbandonato gli studi, lavorava irregolarmente come barista e aveva ingiustificatamente rifiutato una collocazione, sempre come barista ma regolare e a tempo indeterminato, procuratagli dal padre». Ma le osservazioni dell’uomo trovano accoglimento parziale, molto parziale Difatti, l’onere a favore della donna viene confermato in toto, sia in primo che in secondo grado, mentre quello a favore del figlio viene ridotto in Tribunale e così confermato in Appello sul primo fronte, decisive la valutazione delle condizioni economiche dei due ex coniugi sul secondo fronte, invece, viene affermato dai giudici che il figlio «non era stato assunto perché si trattava di attività solo estiva», quindi non era provata «la sua raggiunta autonomia economica» né era dimostrato «il suo ingiustificato rifiuto del lavoro procuratogli dal padre». Stagionale? No, grazie! Ma la decisione dei giudici di secondo grado va ora rimessa in discussione, con piena soddisfazione dell’uomo. Anche se la revisione – affidata alla Corte d’Appello – riguarderà solo la parte relativa all’assegno divorzile in favore della ex moglie Su questo punto, difatti, sono state completamente ignorate, erroneamente, le censure mosse dall’uomo alle valutazioni compiute dal primo giudice, censure invece evidenti dall’«esame dell’atto di reclamo». Completamente diversa, invece, la situazione per il mantenimento a favore del figlio, fissato a poco meno di 130 euro mensili, e contestato dall’uomo, che sottolinea, nuovamente, anche in Cassazione, «l’ingiustificato rifiuto, da parte del giovane, del lavoro di barista procuratogli dal padre» e ‘certificato’ dalla «proposta scritta del datore di lavoro». A questo proposito, i giudici di terzo grado, condividendo le valutazioni effettuate in Appello, escludono «l’ingiustificatezza del rifiuto dell’assunzione» proposta al giovane perché era dimostrato che si trattava «di un semplice lavoro stagionale».
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 ottobre 2012 – 25 gennaio 2013, numero 1779 Presidente Fioretti – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Il sig. C.G. ricorse al Tribunale di Ragusa per ottenere la revoca dell’obbligo di versare un assegno divorzile di £ 300.000 mensili alla ex moglie, sig.ra M.C., e un contributo di £ 500.000 mensili per il mantenimento del figlio Angelo. Osservò che dopo il divorzio, a seguito del collocamento a riposo per ragioni di salute dal servizio quale sottufficiale della Guardia di Finanza, il suo reddito si era notevolmente ridotto, mentre si era incrementato quello della ex moglie, e che il figlio era divenuto maggiorenne, aveva abbandonato gli studi, lavorava irregolarmente come barista e aveva ingiustificatamente rifiutato una collocazione, sempre come barista ma regolare e a tempo indeterminato, procuratagli dal padre. Il Tribunale respinse l’istanza quanto all’assegno divorzile e la accolse parzialmente quanto al contributo per il mantenimento del figlio, che ridusse ad € 129,11 mensili. La Corte d’appello di Catania ha respinto il reclamo del sig. G. Premesso che quest’ultimo percepiva una pensione di € 960,00 mensili e la sua seconda moglie un reddito da lavoro di circa € 900,00 mensili, del che doveva tenersi conto al fine di valutare le sopravvenute esigenze del reclamante di mantenimento dei due figli minori nati dal nuovo matrimonio, la Corte ha osservato che il medesimo reclamante non aveva provato che la sig.ra C. avesse iniziato a lavorare. Le circostanze, poi, che la stessa ricavava un reddito dalla locazione di una sua casa al mare e aveva altresì venduto un terreno di sua proprietà, erano già state ritenute dal Tribunale irrilevanti ai fini della modifica delle condizioni economiche del divorzio, mentre il reclamante non aveva “formulato alcuna censura alle valutazioni del Tribunale, né indicato elementi eventualmente trascurati dal primo giudice”. In ordine al contributo per il mantenimento del figlio, la Corte ha dato atto di avere sentito il giovane in udienza, apprendendo da lui che si era recato presso il datore di lavoro indicato da suo padre ma non era stato assunto perché si trattava di attività solo estiva. Ha quindi ritenuto non provata la sua raggiunta autonomia economica, né il suo ingiustificato rifiuto del lavoro procuratogli dal padre. Il sig. G. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura. La sig.ra C. si è difesa con controricorso. Motivo della decisione 1. - Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità dei motivi di ricorso in quanto contenenti anche censure di vizio di motivazione ai sensi del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., sollevata dalla controricorrente sul rilievo che tali censure non sarebbero consentite avverso provvedimenti non aventi forma di sentenza. Il limite invocato dalla controricorrente, infatti, è stato rimosso, quanto alle decisioni pubblicate - come quella in esame - a decorrere dal 2 marzo 2006, dal nuovo quarto comma dell’articolo 360, cit., introdotto dall’articolo 2 d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40. 2. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli articolo 5 e 9 l. 1° dicembre 1970, numero 898 e dell’articolo 112 c.p.c., nonché vizio di motivazione, viene censurata la conferma del rigetto della richiesta di revoca dell’assegno divorzile, disposta dalla Corte d’appello in quanto le valutazioni del Tribunale sulla irrilevanza della locazione della casa al mare e la vendita del terreno della sig.ra C. non erano state censurate dal reclamante, che non aveva neppure indicato elementi eventualmente trascurati dal primo giudice. Il ricorrente obbietta che invece egli, con il primo motivo di reclamo, aveva appunto criticato il Tribunale per avere ritenuto che il suo reddito, a seguito del forzato pensionamento, si fosse ridotto di soli £ 200,00 mensili, mentre invece, secondo le certificazioni della Guardia di Finanza in atti, si era ridotto di ben 584,12 € 1.527,13 - € 943,01 in un primo momento e poi di € 650,25 € 1.593,26 - € 943,01 , e aveva altresì evidenziato che l’“accresciuta redditualità della C.” era stata confermata dallo stesso Tribunale in precedenti provvedimenti interinali, in conseguenza della locazione, a £ 300.000 mensili, della casa al mare, confermata dal teste sig. M.L.R., e della vendita di un terreno per £ 37.000.000, confermata dall’acquirente sig. G.G. 2.1. - Il motivo è fondato, trovando la deduzione delle indicate censure conferma nell’esame dell’atto di reclamo, con conseguente vizio di omesso esame delle stesse da parte della Corte d’appello, che le ha evidentemente travisate o comunque trascurate. 3. - Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione degli articolo 6 e 9 l. numero 898 del 1970, degli articolo 147 e 148 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione, si censura la conferma della decisione di primo grado relativa al contributo per il mantenimento del figlio. Il ricorrente lamenta che la corte d’appello abbia ritenuto non provato, in particolare, l’ingiustificato rifiuto, da parte del giovane, del lavoro di barista procuratogli dal padre, come da proposta scritta del datore di lavoro in atti. 3.1. - Il motivo è inammissibile. La Corte d’appello ha escluso l’ingiustificatezza del rifiuto dell’assunzione propostagli, da parte del figlio del ricorrente, sul rilievo che lo stesso giovane aveva attestato trattarsi di un semplice lavoro stagionale. Il ricorrente si limita ad opporre a tale valutazione del giudice di merito una diversa valutazione del materiale istruttorio, che però non è consentita in sede di legittimità. 4. - In conclusione l’ordinanza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, di cui al primo motivo di ricorso, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale prenderà in considerazione le censure mosse con il primo motivo di reclamo alla decisione del Tribunale di respingere la richiesta di revoca dell’assegno divorzile. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il seconda, cassa in relazione alla censura accolta l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.