Buca fatale per il motociclista: la velocità eccessiva esclude la responsabilità del Comune

Respinta la richiesta di risarcimento presentata dai familiari del giovane morto a seguito del bruttissimo incidente. Esclusa ogni ipotesi di addebito nei confronti dell’ente locale. Decisiva la valutazione della condotta imprudente alla guida, testimoniata anche dalla velocità eccessiva.

Drammatico incidente stradale nel Cagliaritano una buca – frutto del dislivello creato da un tombino – tradisce un giovane motociclista, che perde il controllo del veicolo e finisce la propria corsa contro un’automobile. L’impatto è terribile e provoca la morte del ragazzo, di neanche 20 anni. Sotto accusa, ovviamente, il Comune, a cui vengono contestate le discutibili condizioni della strada. Ma, secondo i Giudici del Palazzaccio, la ricostruzione dell’episodio permette di considerare colpevole proprio il motociclista, alla luce della elevata andatura da lui tenuta Cassazione, ordinanza numero 11023/18, Sezione Sesta Civile - 3, depositata oggi . Imprudenza. A chiamare in causa il Comune sono il padre e il fratello del giovane motociclista. Sono loro a firmare la richiesta di risarcimento, ritenendo addebitabile all’ente locale la responsabilità esclusiva per il mortale incidente. In questa ottica è rilevante, secondo i familiari del motociclista, la certezza relativa al fatto che «la perdita del controllo del mezzo» è stata provocata dall’«impatto con una buca, di difficile visibilità, sul fondo stradale». Nonostante tutto, però, i giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, respingono la «richiesta di risarcimento», ritenendo esclusa una responsabilità del Comune. In particolare, in secondo grado, viene ritenuta centrale «la condotta imprudente del motociclista, che viaggiava ad una velocità eccessiva», viste anche le condizioni della strada. Ebbene, anche per i magistrati della Cassazione è impossibile considerare colpevole l’ente locale, pur a fronte del dislivello, provocato dal tombino, che ha tradito il motociclista. Prevalente è, secondo i giudici del ‘Palazzaccio’, la valutazione del comportamento tenuto dal giovane alla guida della moto. Più precisamente, egli ha tenuto «una condotta imprudente, con una andatura elevata e inadeguata» alla strada, e questo dato cancella ogni possibile contestazione nei confronti del Comune.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 8 novembre 2017 – 9 maggio 2018, numero 11023 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ragioni in fatto e in diritto della decisione Na. Gi. e Na. Mo. propongono cinque motivi di ricorso per cassazione illustrati da memoria nei confronti del Comune di Cagliari, in relazione alla sentenza numero 561 del 2016, depositata dalla Corte d'Appello di Cagliari il 19 luglio 2016, notificata a mezzo p.e.c. il 2.8.2016. I ricorrenti evocavano in giudizio il Comune di Cagliari, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per la morte di Antonio Na., rispettivamente figlio e fratello delle parti, avvenuta allorché questi, alla guida di un motociclo, perdeva il controllo del mezzo dopo aver impattato con una buca sul fondo stradale, di difficile visibilità. Il tribunale rigettava la domanda, ritenendo che gli attori non avessero adeguatamente provato la dinamica del sinistro ed in particolare l'esistenza di un dislivello sul fondo stradale, la sua consistenza e l'apporto causale di questo nella perdita di controllo del mezzo da parte del motociclista. Il giudice di appello, dopo aver espletato l'attività istruttoria negata in primo grado, aver acquisito gli atti del procedimento penale e aver fatto redigere una consulenza tecnica sulla dinamica del sinistro, rigettava comunque l'appello dei parenti della vittima, ritenendo che il nesso causale tra la presenza della buca e la perdita di controllo del mezzo fosse stato interrotto dalla condotta imprudente del motociclista, che viaggiava ad una velocità eccessiva in relazione allo stato dei luoghi. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., su proposta del relatore, in quanto ritenuto manifestamente infondato. Il Collegio, all'esito della camera di consiglio, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore. I primi tre motivi sono inammissibili, perché direttamente denunciano una errata valutazione delle prove e della consulenza tecnica, invitando implicitamente la corte a compiere un nuovo accertamento in fatto, attività estranea all'oggetto del giudizio di cassazione. Con il quarto e il quinto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione degli articolo 2051 e 1227 c.c., in quanto non sarebbe stata valorizzata la responsabilità dell'ente proprietario della strada, sussistente anche a fronte di modalità di utilizzo della stessa improprie o colpose, e laddove è stato escluso il concorso di colpa dell'ente proprietario, pur in presenza di una violazione dell'obbligo di custodia, che i ricorrenti riconducono alla esistenza del dislivello sul fondo stradale. Tuttavia, sotto una apparente denuncia di violazione di norme di legge, anche queste censure dissimulano censure in fatto, perché denunciano non una violazione da parte della corte d'appello dei canoni di giudizio astrattamente utilizzabili in tema di responsabilità per custodia della pubblica amministrazione, ma la violazione della applicazione di essi fatta in concreto dalla corte d'appello, in relazione alle risultanze istruttorie. A ciò si aggiunga che la valutazione della corte d'appello in ogni caso è netta ed esente da violazioni di legge, atteso che essa ha ritenuto, sulla base di tutte le risultanze istruttorie, che la condotta del motociclista sia stata talmente imprudente, e la sua andatura elevata inadeguata allo stato dei luoghi, da recidere qualsiasi nesso causale tra l'esistenza di un dislivello sul fondo stradale e il danno essa non ha omesso di considerate l'eventualità quanto meno di un concorso di colpa in capo all'ente tenuto alla custodia della strada, ne ha escluso la configurabilità in concreto sulla base del fattore causale dominante costituito dalla condotta imprudente del motociclista, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte che afferma che in tema di responsabilità ex articolo 2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità come in sé una sede stradale , dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato Cass. numero 11526 del 2017, che ben definisce il bilanciamento tra la responsabilità dell'ente tenuto alla custodia del bene per le situazioni di pericolo create dal o sul bene stesso, e l'obbligo di cautela che grava comunque sul fruitore del bene . Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese, non avendo l'intimato svolto attività difensiva in questa sede. Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza della ricorrente, la Corte, ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.