Sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale numero 77 del 1° aprile 2017 è stato pubblicato il decreto interministeriale 30 marzo 2017, con il quale è stato modificato il decreto interministeriale del 23 dicembre 2015, attuativo dell'articolo 21-bis d.l. numero 83/2015, convertito con modificazioni in l. numero 132/2015. Vale la pena indagare sull’impatto del provvedimento, ampliando la visuale allo stato di avanzamento degli strumenti di degiurisdizionalizzazione nel loro complesso.
L’occasione. Questo scritto prende l’abbrivio dal titolo con il quale il Ministero, nell’aggiornamento sul sito apportato in data 31 marzo, segnala l’ultima modifica al regime di agevolazione fiscale operante a favore di chi sostenga spese legali documentate nell’ambito della procedura di negoziazione assistita Crediti di imposta per la negoziazione assistita. Online la procedura per presentare la domanda , sul quotidiano del 3 aprile 2017 . In dettaglio, il provvedimento emarginato ha istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta. La consistenza dell’incentivo, per vero, si presta ad una censura immediata e difficilmente superabile, a mio avviso la sperequazione rispetto al credito d’imposta previsto per le spese di mediazione – per i meno esperti, il quantum del beneficio per la negoziazione assistita è pari all’importo per la mediazione qualora la stessa non pervenga all’accordo, mentre l’esito positivo della mediazione comporta un credito d’imposta doppio – non trova giustificazione. Resta ferma, peraltro, la questione della compatibilità dei due strumenti e conseguentemente dei due sgravi fiscali, sulla quale tornerò nel prosieguo. Di più, se mi occupo degli incentivi fiscali mi devo altresì interrogare sulla incentivazione tout court agli strumenti di ADR in chiave critica, mi scopro a dubitare sul se an , prima che sul come quomodo , si realizzino nella prassi applicativa delle facilitazioni per chi percorre, in chiave obbligata o meno, le vie della composizione stragiudiziale delle controversie, e se, al di là della diagnosi sfavorevole sia possibile una prognosi favorevole, magari fondata sull’innesto di correttivi de lege ferenda . So bene che l’opzione de iure condendo è una comoda via d’uscita dinnanzi ad impasses più o meno consolidate nondimeno, a fronte di un male è bene proporre ed esperire tutti i rimedi utili prima di arrendersi all’infausto. Coincidenze. Che l’agenda veda ricorrenze in tema di misure di degiurisdizionalizzazione non è un arcano. Così, la pubblicazione sul quotidiano del 3 marzo scorso dei dati ministeriali sul ricorso alla mediaconciliazione ex d.lgs. numero 28/2010 Il ricorso alla mediazione è in leggero calo , nel quale si parla di “risultato sicuramente soddisfacente” sollecita nell’attualità alcune riflessioni di raccordo, che non si porranno nel solco di quella segnalazione ottimistica, quanto piuttosto della lettura disincantata di quei ed altri dati statistici, che possono sicuramente denotare lo stato della materia e che auspicabilmente dovrebbero orientare le scelte future Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis Cicerone, De Oratore, II, 9, 36 . Un breve excursus e alcune emergenze significative. Al di là del dolus bonus del Ministro, che si fa spesso vanto di un progresso in materia di ADR, così come al di là di sparpagliati entusiasmi di superficie, non fondati sul dato di realtà, la mediaconciliazione arranca lo sanno bene i mediatori, così come lo sanno gli Organismi di mediazione. I primi sono raramente entusiasti dell’esperienza di questi anni, pochi per formulare un giudizio definitivo ma abbastanza per un verdetto di primo grado l’ultima release dell’istituto è di settembre 2013 . In molti hanno investito per la propria formazione e per il proprio aggiornamento, doveroso anche a prescindere dall’obbligo legale e dalla verifica periodica, in ordine al permanere dei requisiti di legge, posta a carico degli organismi con riferimento ad ogni singola persona iscritta al proprio registro. Entrare e restare nel sistema della mediaconciliazione di cui al d.lgs. numero 28/2010 ss.mm.ii. è stata una scommessa fondata su aspettative più che ragionevoli di un utilizzo diffuso di questa normativa lo scarto tra ragionevole e reale è qui marcato è un dato di fatto che pochi professionisti abbiano visto appagati i propri sacrifici economici e realizzate le proprie legittime aspettative di soddisfazione lavorativa. Aggiungiamo pure l’ingresso degli autorizzati “di diritto”, ovvero gli avvocati, nello stuolo dei mediatori, che ha implicato una caratterizzazione tutt’affatto particolare, atteso che le competenze di soggetti formati ad hoc , anche senza estrazione giuridica, hanno spesso tracciato differenti modalità di intendere il percorso conciliativo, preludio di una piccola babele della quale solo il tempo darà modo di saggiare la consistenza anche in termini di “disorientamento” collettivo. La crisi affiora in modo inequivoco dal flusso continuo di mediatori in uscita dagli elenchi ministeriali ovvero cancellazione e di quelli in transumanza da un ente all’altro. Anche altri parametri medi confermano questa emergenza i dati riportati al Ministero da ogni Organismo di mediazione consentono di sviluppare alcuni calcoli algebrici di senso univoco. Alcuni esempi dividendo l’incasso complessivo delle mediazioni per il numero di procedimenti, in modo da ottenere l’incasso medio per procedimento, si ottiene un risultato davvero basso dividendo l’incasso complessivo delle mediazioni per il numero dei mediatori che hanno svolto procedure, in modo da ottenere l’incasso pro capite medio, il risultato è analogamente basso. Di più, tenendo conto che gli incassi sono un dato significativo del sistema ma vanno destinati a molte voci, tra le quali il compenso dei mediatori è inferiore alla metà, la consistenza dei flussi economici consente poco entusiasmo per concludere con una conferma dividendo i compensi complessivi di ciascun mediatore per il numero di procedimenti assegnatigli, in modo da ottenere il compenso medio per mediazione, il risultato è, ancora, molto basso. Verrebbe da dire che si tratta di un esercito di persone che pestano acqua nel mortaio. Non vuol essere un commento spregiativo, anche perché il dato del gran numero di persone che hanno investito su quest’opportunità di lavoro non dice molto in ordine al sistema delle mediazioni né sul Sollen né sul Sein . Nel merito, il gran numero dei mediatori non è abbastanza - la quantità non è sempre qualità - per un buon funzionamento del sistema nel metodo, rispetto alla negatività dei dati, la difficoltà di selezionare problemi endogeni e problemi esogeni può dirsi a tratti soverchiante. Non migliore prospettiva connota le realtà degli organismi di mediazione, che conoscono una varietà tipologica indicativa di differenti possibili matrici da un alto ci sono soggetti entrati sul mercato con questo prodotto dall’altro operano in materia di ADR soggetti già presenti nel settore giustizia o economia in particolare i COA e i consigli dell’ordine dei commercialisti . L’andamento è sicuramente più negativo per i primi, che, come molti mediatori, hanno scommesso ed investito in modo specifico sulla riuscita della mediaconciliazione civile e commerciale. Dati alla mano. I dati statistici parlano chiaro a fronte dell’iscrizione al Registro di un gran numero di Organismi, che oggi risultano ben 795, si è registrato negli anni un flusso continuo di cancellazioni, pari a circa un quarto delle iscrizioni totali. Il trend non è rassicurante, perché descrive un aumento inesorabile delle chiusure, secondo una logica di exit strategy spesso motivata dalla mancata realizzazione di business plans troppo ottimistici. Del resto, proprio in questi anni, e precisamente in concomitanza con la “sospensione” delle spese di segreteria, siccome considerate conferite in violazione della gratuità del procedimento, si è segnalata la divaricazione tra strutture in grado di fare assegnazione su istituzioni già esistenti, su tutte gli Organismi istituiti presso Camere di commercio e Ordini professionali, e strutture sprovviste di analogo appoggio, poste in condizioni di ardua competizione economica di più, volendo, in Organismi di mediazione nel doppio binario a rischio quelli “privati” , in Diritto e Giustizia del 23 luglio 2015 . Nei primissimi anni 2010, 2011 e 2012 si è verificato un numero esiguo di chiusure degli Organismi di mediazione, ma il dato non è incomprensibile atteso che l’istituto doveva ancora partire realmente. Il debutto della mediaconciliazione ha vissuto della contraddizione tra un gran numero di nuovi organismi e molte cancellazioni per l’esattezza, 43 nel 2013 . Il trend negativo è confermato da numeri che crescono inesorabilmente nel 2014 si contano 54 organismi chiusi, che diventano 55 nel 2015. Il 2016 è l’anno della crisi conclamata, con ben 72 cancellazioni. Numeri sui quali si potrebbe riflettere e congetturare da un lato si può ritenere che il sistema abbia consentito e consenta un numero eccessivo di enti, rispetto alla domanda di questo servizio, tanto da determinare la chiusura degli organismi in esubero dall’altro lato, al contrario, si può ritenere che il sistema abbia richiesto e richieda caratteristiche selettive tali da non consentire a tutti gli aspiranti di offrire il servizio di mediazione. Come che sia, accanto ai numeri esistono dati sociologici da leggere, vuoi in termini di aspettative deluse, vuoi in termini speranze duramente provate, ancora non del tutto sopite, che palesano la crisi profonda degli strumenti di ADR. Conciliazione a tutti i costi, ma anche a tutti i risparmi. Il legislatore non vuol restare a guardare, almeno da un punto di vista formale, e manifesta attenzione alle dinamiche di composizione stragiudiziale delle controversie. Tende così ad assumere forma un microsistema di quella che viene chiamata degiurisdizionalizzazione, rispondente ad una propria logica e governato da direttrici ideali, faticosamente declinate in testi normativi. Va dunque detto che non si scorge ragione per impedire al sistema di funzionare a pieno regime con tutte le forme di incentivazione degli strumenti di ADR, così operando in modo favorevole a chi persegue caparbiamente la strada della pacificazione del conflitto in sede stragiudiziale piuttosto che affidarsi al giudice per dirimere la controversia nelle aule di giustizia . Per chi, dunque, persegua in modo convinto la via degli strumenti di ADR, ovvero per chi lo faccia “a tutti i costi”, le misure di sostegno fiscale possono fungere da incentivo, o quanto meno da riconoscimento di una politica difensiva gradita al sistema, così come invisa, al contrario, è o deve essere l’estrema litigiosità ed animosità che spesso connota le posizioni davanti al giudice. Non faccio mistero della consapevolezza che attivare tutti gli strumenti di c.d. degiurisdizionalizzazione possa significare un dilatarsi dei tempi, a pregiudizio di ragioni valide del titolare di un diritto, soprattutto quando l’altra parte non dia spazio ad alcun’iniziativa di composizione bonaria, respingendo le richieste o rivolgendo delle contro-richieste che nel giudizio assumerebbero l’etichetta di domande riconvenzionali . Nondimeno, ed in ogni caso, deflazionare il carico dei Tribunali è un obiettivo contestuale del quale è superfluo sviscerare i benefici manifesti. Spazio a nuovi dis incentivi. Rebus sic stantibus , serve uno scossone al sistema degli ADR, prima che il suo declino appaia come inesorabile ed inevitabile. Parto dalla constatazione che la politica lato sensu premiale alla quale gli incentivi hanno finora fatto capo riconosce correttamente l’interesse delle parti a discutere delle proprie ragioni in sedi diverse dalle aule di giustizia. Nessun dubbio che vi sia un interesse specifico di chiunque a vedere riconosciuti i propri diritti, anche se ciò non avvenga da parte di un giudice e piuttosto si formalizzi in un accordo sostanzialmente transattivo, che sacrifichi la forza dirimente di un provvedimento autoritativo portando con sé il beneficio indiscusso dell’eliminazione di una pendenza/attesa di giustizia. Sennonché - absit iniuria verbis - gli avvocati hanno spesso un atteggiamento ostile alle forme di ADR, vuoi per la formazione che li ha caratterizzati, vuoi per ragioni più o meno pratiche, nei casi peggiori per ragioni di portafoglio. Val bene, dunque, ipotizzare misure di sostegno alla c.d. degiurisdizionalizzazione che vedano come destinatari i difensori delle parti. Penso in particolare alla mediazione, nella quale, com’è noto, la presenza degli avvocati è diventata essenziale - si è poi discusso della possibilità, per lo più esclusa, che l’avvocato assommi in sé il ruolo di parte e quello di difensore, sulla scorta di quanto accade in giudizio - e dunque non v’è motivo per relegare questa circostanza tra gli accidentalia della politica di sostegno alla mediazione. In concreto, il versante della promozione di un utilizzo effettivo ed efficace della mediaconciliazione si è arricchito della prassi giurisprudenziale in materia di sanzioni per ingiustificata mancata partecipazione alla procedura, quanto a dire disincentivi ad uno svuotamento di paradigmi normativi che prospettano in termini di obbligo il ricorso al confronto stragiudiziale. La parte che non dia corso al dialogo mediatizio, per mera chiusura preconcetta, va sempre più soggetta ad un trattamento di sfavore nel successivo giudizio. Si tratta però di un maquillage – recte si dà piana applicazione a disposizioni molto lineari – che incide sulla parte, misconoscendo l’evidenza che la scelta sul comportamento da tenere in mediazione è spesso totalmente imputabile all’avvocato. Orbene, nessun disincentivo è previsto ed è operante per l’avvocato che diserti la mediazione o la negoziazione assistita ed induca il proprio assistito a questa opzione , avvocato che al peggio dovrà/potrà rappresentare al cliente l’infausta condanna di un giudice troppo zelante, o magari arroccato su posizioni formalistiche. L’uovo di colombo è presto fatto, riprendendo lo spirito che ha sorretto e sorregge l’ampliamento delle latitudini applicativi della lite temeraria e della resistenza temeraria, ben si potrebbe inserire una norma ad hoc in forza della quale, in caso di insuccesso della prevista conciliazione nelle forme della negoziazione e della mediazione , il giudice potrà statuire una riduzione delle competenze legali, fino alla metà. Basterebbe? Dimidium facti, qui coepit, habet.