Esame di avvocato: per il TAR Lazio è sufficiente il voto numerico

Il TAR Lazio, rigettando il ricorso proposto da una candidata contro l’illegittima omessa ammissione alle prove orali dell’esame di abilitazione alla professione forense per l’insufficienza del voto numerico espresso dalla Commissione, si uniforma all’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, in base al quale «nessun rilievo può annettersi alla disposizione dell'articolo 46, comma 5, l. numero 247/2012 in funzione del tenore del successivo articolo 49, che tiene ferma l'applicabilità delle norme previgenti sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame per i primi due anni successivi all'entrata in vigore della legge».

Così si è espresso il TAR Lazio nella sentenza numero 2162/16, depositata il 18 febbraio. Il fatto. Una candidata ricorre contro l’illegittima omessa ammissione alle prove orali dell’esame di abilitazione dell’esercizio della professione forense di avvocato – sessione 2014, cui ha preso parte, conseguendo tre valutazioni negative con 25 punti per ciascuna. Con il ricorso deduce il difetto di motivazione e l’assoluta genericità dei criteri di correzione, senza che vi sia stata la necessaria ulteriore specificazione contenutistica di detti criteri. A sostegno della propria tesi la ricorrente propone sotto diversi profili il tema della insufficienza del voto numerico espresso dalla Commissione d’esame. Sull’insufficienza del voto numerico espresso dalla commissione d’esame. La ricorrente invoca precedenti decisione del TAR Lazio con le quali, sostiene il Collegio decidente, «si era intrapreso lo sforzo, di rivedere criticamente il sistema di elaborazione dell’esame degli elaborati delle prove scritte dell’esame di abilitazione allo svolgimento della professione legale, basandosi sul principio cardine della valenza interpretativa delle nuove norme in relazione alla previgente disciplina». Tali sforzi però, a parere del Collegio, «volti in sostanza ad anticipare gli effetti della riforma per rispondere all’esigenza di maggiore trasparenza nelle valutazioni ed uniformità di giudizio», non sono valsi a superare l’orientamento contrapposto del giudice di appello. Quest’ultimo, ancorché in sede cautelare, ha ritenuto in particolare che «nessun rilievo può annettersi alla disposizione dell'articolo 46, comma 5, l. numero 247/2012 in funzione del tenore del successivo articolo 49, che tiene ferma l'applicabilità delle norme previgenti sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame per i primi due anni successivi all'entrata in vigore della legge». Il TAR Lazio si allinea a CdS e tradizionale giurisprudenza. L’odierno Collegio giudicante ritiene che l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare induce ad uniformarvisi. Il legislatore, infatti, sostiene il TAR, differendo l’entrata in vigore della norma, esprime una scelta di equilibrio tra le esigenze di maggiore trasparenza e quelle di maggiore efficienza e speditezza della correzione degli elaborati, che il meccanismo del voto numerico ha sino ad oggi perseguito. Ritiene, pertanto, il Collegio, di confermare la giurisprudenza tradizionale sul tema, precisando quanto segue. In primo luogo, si legge nella sentenza, secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, «nei concorsi pubblici, la stringatezza dei tempi di correzione degli elaborati costituisce vicenda normalmente sottratta al controllo di legittimità la relativa censura deve essere ritenuta inammissibile, ove sia prospettata non in relazione ad un dato assoluto tempo effettivamente occorso , ma ad un dato relativo tempi medi di correzione , facendo risaltare l’assenza di alcuna prova o indizio dell'asserita incongruità del tempo occorso alla correzione delle prove della parte interessata, risultando dai verbali solo l'indicazione del tempo occorso alla correzione degli elaborati svolti da un certo numero di candidati». Va dunque confermato, prosegue il Tar, che «nei ricorsi proposti avverso gli esiti delle procedure concorsuali è inammissibile la censura volta a denunciare i tempi medi impiegati dalla competente commissione per l'esame degli elaborati scritti, atteso che non è possibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione, visto che la congruità del tempo impiegato va valutata anche con riferimento alla consistenza degli elaborati ed alle problematiche di correzione dagli stessi emergenti, con la conseguenza che ai tempi medi impiegati non può riconoscersi alcun decisivo rilievo inficiante il procedimento valutativo». E ancora, secondo la giurisprudenza, «non vi è necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, di apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi». In conclusione, quindi, «il vizio di illogicità o di manifesta incongruità del giudizio espresso numericamente sulle tracce della candidata odierna ricorrente si sostanzia in una domanda di revisione del punteggio nel merito di esso, con la conseguenza che tende ad ottenere la sovrapposizione di un nuovo giudizio da parte del giudice amministrativo in sostituzione della commissione d’esame e ciò vale in ordine anche alla sola delibazione del vizio ai fini dell’accoglimento per il riesame da parte di diversa commissione». Per tutte le ragioni sopra riportate, il TAR Lazio ha ritenuto il ricorso infondato. Ha, dunque, deciso per il suo rigetto, anche se la presenza di orientamenti recenti in senso difforme ha giustifica la compensazione delle spese tra le parti.

TAR Lazio, sez. II Ter, sentenza 10 dicembre 2015 – 18 febbraio 2016, numero 2162 Presidente Conti – Estensore Costantino Fatto e diritto Nell’odierno giudizio parte ricorrente si duole dell’illegittima omessa ammissione alle prove orali dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato – sessione 2014, cui ha preso parte, conseguendo tre valutazioni negative con 25 punti per ciascuna. Ne censura gli esiti, atti e provvedimenti, per articolate ragioni di diritto, con le quali deduce il difetto di motivazione anche inteso come mancata garanzia dell’obbligo di effettività della motivazione, nonché sotto il profilo dell’omessa o falsa applicazione della circolare dell’11.12.2014 della commissione centrale , l’assoluta genericità dei criteri di correzione, senza che sia avvenuta la necessaria ulteriore specificazione contenutistica di detti criteri a seguito dello svolgimento delle prove, il difetto del profilo procedurale per la palese insufficienza del tempo dedicato alla revisione e valutazione degli elaborati, 4 minuti a compito , la illogicità ed irragionevolezza del giudizio negativo. A sostegno delle proprie tesi, parte ricorrente invoca precedenti specifici di questo TAR costituiti dalle sentenze del 14 luglio 2015, nnumero 9400 e 9408 e 7 luglio 2015, numero 9126, secondo le quali le novità della novella di cui alla l. 31.12.2012, numero 247, articolo 46, comma 5, in punto di motivazione mediante annotazione dirette sull’elaborato da esaminare, pur non essendo ancora entrata in vigore ha efficacia ermeneutica atta ad orientare l’interpretazione del quadro legislativo precedente. Si è costituita l’Amministrazione intimata che resiste al ricorso di cui chiede il rigetto. Con ordinanza nr. 3389/2015, su domanda cautelare della parte ricorrente, è stata disposta la trattazione nel merito della causa. Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione. A fondamento del gravame, parte ricorrente propone sotto diversi profili il tema della insufficienza del voto numerico espresso dalla commissione d’esame. Osserva il Collegio che con le decisioni richiamate dalla difesa della parte ricorrente, questo TAR aveva intrapreso lo sforzo di rivedere criticamente il sistema di elaborazione dell’esame degli elaborati delle prove scritte dell’esame di abilitazione allo svolgimento della professione legale, basandosi sul principio cardine della valenza interpretativa delle nuove norme in relazione alla previgente disciplina. Tuttavia, gli approfonditi sforzi ermeneutici, volti in sostanza ad anticipare gli effetti della riforma per rispondere all’esigenza fortemente avvertita di maggiore trasparenza nelle valutazioni ed uniformità di giudizio, non sono valsi a superare l’orientamento, di segno del tutto opposto, del giudice di appello. Quest’ultimo, ancorché in sede cautelare, ha ritenuto in particolare che nessun rilievo può annettersi alla disposizione dell'articolo 46 comma 5 della legge 31 dicembre 2012, numero 247 in funzione del tenore del successivo articolo 49, che tiene ferma l'applicabilità delle norme previgenti sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame per i primi due anni successivi all'entrata in vigore della legge v. tra le tante l’ordinanza nr. 05181/2014 del 13.11.2014 e, più di recente, ordinanza nr. 03815/2015 del 28 agosto 2015, nonché gli altri richiami contenuti nella memoria difensiva dell’Avvocatura . Ad avviso del Collegio, il chiaro indirizzo espresso dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, induce ad uniformarvisi, ritenendo così recessive le doglianze formulate dalla parte odierna ricorrente nell’odierno ricorso. Va rammentato, in proposito, che a fondamento delle censure del gravame, parte ricorrente ripropone sotto diversi profili il difetto di motivazione della votazione che è stata assegnata alle prove redatte per l’esame di abilitazione, che sarebbe manifestamente irragionevole nell’aver formulato un giudizio di insufficienza ed altresì sarebbe illegittimamente espressa in forma numerica, senza indicazioni che ne supportino il voto. Le argomentazioni della difesa della ricorrente sostanzialmente ripropongono critiche variamente esposte in dottrina al fine di sostenere l’ esigenza di scissione tra la dimensione numerica del criterio di valutazione che avrebbe solo valore descrittivo del giudizio e le ragioni vere e proprie di quest’ultimo, che dovrebbero pur sempre restare sindacabili ma a questa esigenza ha inteso porre rimedio il legislatore, modificando la norma di riferimento ed, al contempo, differendone l’entrata in vigore per un determinato periodo di tempo, così esprimendo una scelta di equilibrio tra le esigenze di maggiore trasparenza cui si è accennato, e quelle di maggiore efficienza e speditezza della correzione degli elaborati che il meccanismo del voto numerico ha sin’oggi perseguito. Nonostante l’impegno che la difesa della ricorrente ha profuso per evidenziare l’irrazionalità e la ingiustizia del voto di insufficienza attribuito a tutte le prove della ricorrente, invocando a proprio favore il recente orientamento del TAR, la giurisprudenza tradizionale sul tema va dunque confermata, posto che nel sistema di esame che si fonda – anche in relazione agli esami del 2014 - sul sistema tradizionale, il voto numerico è esso stesso il giudizio, e la motivazione di esso è data dal riferimento ai criteri predeterminati dalla stessa Commissione. Secondo l’orientamento della giurisprudenza circa la sufficienza del voto numerico cfr. Consiglio Stato sez. IV, 13 gennaio 2010, numero 60, che richiama anche le decisioni numero 1229/09 e numero 2576/09 , va qui rammentato per completezza che la fase della correzione degli elaborati non è isolabile dalla relativa attività di giudizio tanto da non richiedere l'annotazione, né sugli elaborati stessi né nel verbale delle attività della Commissione, di particolari chiarimenti circa gli errori o le inesattezze giuridiche rilevati poiché nella struttura dell’articolo 23 del RD cit., alla lettura dei lavori segue l'assegnazione del punteggio, che dunque non può considerarsi diversa od ulteriore rispetto alla correzione di cui ai commi 1 e 3 dello stesso articolo . Inoltre, come accennato, in questa sostanziale unicità della lettura e della correzione degli elaborati, il punteggio è sufficiente ad esprimere in forma sintetica il giudizio tecnico-discrezionale demandato alla Commissione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti v., per tutte, Cons. St., IV, 17 febbraio 2009, numero 855 6 luglio 2009, numero 4297 e 9 settembre 2009, numero 5406 , perché rappresenta la compiuta esternazione dell'unica attività, non altrimenti segmentabile in fasi in qualche modo formalizzabili, di verifica della idoneità del candidato a séguito della lettura dei suoi lavori , demandata alla sottocommissione, e tale giudizio è sorretto dai criteri fissati dalla Commissione di cui all'articolo 22 del R.D.L. 27 novembre 1933, numero 1578, senza che possa rinvenirsi uno spazio o un momento di collegamento ulteriore tra i criteri ed i voti. Va infine rammentato che la Corte costituzionale, con la sentenza 8 giugno 2011, numero 175 il richiamo alla quale è stato puntualmente posto a base delle motivazioni delle ordinanze cautelari del Consiglio di Stato cui si è dapprima fatto riferimento , ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articolo 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 numero 37, come novellato dal d.l. numero 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico. La Corte ha altresì precisato che la graduazione del punteggio numerico, infatti, da un lato, consente alla commissione esaminatrice di esprimere, sia pure in modo sintetico, un giudizio complessivo dell'elaborato dall'altro, risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità. In ordine a tali aspetti, nessuna delle censure dedotte può trovare accoglimento, rendendosi necessario solamente precisare quanto segue, sulla base della giurisprudenza prevalente che si è dapprima più volte richiamata - secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, cui questo collegio aderisce, nei concorsi pubblici, la stringatezza dei tempi di correzione degli elaborati costituisce vicenda normalmente sottratta al controllo di legittimità la relativa censura deve essere ritenuta inammissibile, ove sia prospettata non in relazione ad un dato assoluto tempo effettivamente occorso , ma ad un dato relativo tempi medi di correzione , facendo risaltare l’assenza di alcuna prova o indizio dell'asserita incongruità del tempo occorso alla correzione delle prove della parte interessata, risultando dai verbali solo l'indicazione del tempo occorso alla correzione degli elaborati svolti da un certo numero di candidati vedasi tra le tante, TAR Calabria Catanzaro, II 22 novembre 2011 numero 1393 Cons. Stato, sez. IV, 3 agosto 2010 numero 5165 - va dunque confermato quanto anche di recente ribadito da questo TAR secondo cui nei ricorsi proposti avverso gli esiti delle procedure concorsuali è inammissibile la censura volta a denunciare i tempi medi impiegati dalla competente commissione per l'esame degli elaborati scritti, atteso che non è possibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione, visto che la congruità del tempo impiegato va valutata anche con riferimento alla consistenza degli elaborati ed alle problematiche di correzione dagli stessi emergenti, con la conseguenza che ai tempi medi impiegati non può riconoscersi alcun decisivo rilievo inficiante il procedimento valutativo vedasi TAR Lazio, Roma, IIbis, 3 novembre 2015, nr. 12406 e richiami in essa contenuti - ancora secondo la giurisprudenza, che si è così orientata anche in relazione a diverse tipologie di concorsi, non vi è necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, di apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi Cons. St., sez. IV, 25 settembre 2009 numero 5846 vedasi tra le più recenti TAR Campania, Napoli, VIII, 14 gennaio 2016, nr. 199 ed in relazione a diverse fattispecie, TAR Lazio, Roma, I, 29 luglio 2015, nr. 10454 in tema di correzione di prove del concorso in magistratura, Consiglio di Stato, VI, 11 dicembre 2015, nr. 5639, in materia di concorso a cattedra - il vizio di illogicità o di manifesta incongruità del giudizio espresso numericamente sulle tracce della candidata odierna ricorrente si sostanzia in una domanda di revisione del punteggio nel merito di esso, con la conseguenza che tende ad ottenere la sovrapposizione di un nuovo giudizio da parte del giudice amministrativo in sostituzione della commissione d’esame e ciò vale in ordine anche alla sola delibazione del vizio ai fini dell’accoglimento per il riesame da parte di diversa commissione - l’eventualità di una fissazione, da parte di alcune Sottocommissioni rispetto ad altre, di ulteriori e più precisi sub criteri rispetto a quelli generali non implica un vizio di disparità di trattamento per i concorrenti che hanno ricevuto la correzione dei propri elaborati da Sottocommissioni nelle quali non si è stabilito di procedere con siffatte modalità integrative, perché il più compiuto apprezzamento organizzativo delle Sottocommissioni più solerti è frutto della loro apprezzabile autonomia organizzativa, non di un dovere giuridicamente vincolante - le deduzioni circa il mancato rispetto di adempimenti procedurali preliminari all’esame degli elaborati sono dedotte senza la necessaria dimostrazione della loro incidenza sull’impugnato giudizio negativo e dunque sono inammissibili. Per tutte queste ragioni, il ricorso è infondato e va respinto, anche se la presenza di orientamenti recenti in senso difforme giustifica con ogni evidenza la compensazione delle spese tra le parti P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda Ter definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.