Confermata la condanna per il reato di lesioni volontarie. Per i Giudici di Cassazione è da rivedere, invece, l’applicazione della circostanza aggravate. L’imputato non poteva prevedere le condizioni di salute precarie della vittima che hanno causato un infarto a seguito del vigoroso schiaffo.
Sul tema la Suprema Corte con sentenza numero 39436/18, depositata il 3 settembre. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione di prime cure, ha assolto l’imputato dal fatto di ingiuria e rideterminato la pena in relazione al delitto di lesioni gravi. In particolare l’imputato veniva condannato per aver provocato, con un vigoroso schiaffo alla persona offesa, «uno stress emotivo con infarto del miocardio acuto» dal quale era derivata una malattia che aveva messo in pericolo la vita della vittima con incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per 30 giorni. Contro detta pronuncia l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Con il secondo motivo il ricorrente censura l’aggravante contestatagli ai sensi dell’articolo 59 c.p., la quale richiede una presunzione di conoscenza e, nel caso di specie, non vi è prova che il giudicabile sapesse delle condizioni di cardiopatia della persona offesa. Circostanze aggravanti e presunzioni di conoscenza. In merito alla citata censura la Suprema Corte ricorda che in tema di imputazione delle circostanze aggravanti l’articolo 59 c.p. «richiede espressamente che le circostanze aggravanti, siano esse antecedenti, contemporanee o successive alla condotta dell’agente, possano essere valutate a carico di quest’ultimo soltanto se da lui conosciute». In generale nel reato di lesioni volontarie è la previsione o prevedibilità dell’evento che integra l’aggravante e la valutabilità della stessa a carico dell’agente «deve ritenersi sussistente quando la condotta dell’agente per la qualità del mezzo adoperato, la direzione, la violenza, la reiterazione dei colpi, di per sé rilevi l’intenzione di arrecare notevole danno alla vittima». Precisano i Giudici di legittimità che nell’ipotesi in cui la condotta non abbia i caratteri enunciati la prevedibilità deve essere valutata caso per caso e «quando all’esito grave o gravissimo concorrano particolari condizioni fisiche o di salute della persona offesa, occorre tener conto, oltre che della situazione apparante della vittima, che rilevi le sue particolari condizioni di salute, anche di quella prevedibile in relazione all’età, al sesso e a quant’altro nel caso specifico possa ragionevolmente essere preso in considerazione fini di cui sopra». Tornando alla fattispecie in esame la Corte ha rilevato che il Giudice di merito ha applicato l’aggravante di cui all’articolo 583, comma 1, c.p. solo con riguardo al comportamento violento dell’imputato e alla possibile conoscenza delle precaria condizioni di salute della vittima, senza valorizzare nessun serio elementi circa la consapevolezza della condizioni da parte dell’agente. Infatti l’unica motivazione sul punto concerne il fatto che agente e vittima fossero condomini nello stesso palazzo, considerazione di per sé incongrua oltre che del tutto congetturale. Alla luce di quanto esposto la Cassazione ha accolto solo il descritto motivo di ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 aprile – 3 settembre 2018, numero 39436 Presidente Sabeone – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Palermo ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, con la quale il ricorrente era stato condannato alla pena di giustizia per il delitto di ingiuria e lesioni, consistite nell’aver provocato, con uno schiaffo vigoroso, alla persona offesa L. , uno stress emotivo con infarto del miocardio acuto, dal quale derivava una malattia che aveva messo in pericolo la vita della persona offesa, con incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per trenta giorni. La Corte territoriale ha assolto il ricorrente dal fatto di ingiuria ed ha rideterminato la pena per il delitto di lesioni gravi. Fatto dell’ omissis . 1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso la difesa, lamentando col primo motivo difetto di motivazione, poiché i Giudici del merito avevano ritenuto credibile la persona offesa, nonostante la contraddizione tra la sua testimonianza al processo, nella quale aveva riferito di aver ricevuto uno schiaffo al viso, e quanto scritto nella querela - acquisita come prova agli atti del giudizio - nella quale si era scritto solo di strattonamenti subiti ad opera dell’imputato. 1.1 Sotto diverso aspetto è stata censurata la mancata esplicazione delle ragioni per le quali la Corte aveva ritenuto che lo schiaffo poteva aver causato l’infarto alla persona offesa, che era cardiopatico ha sostenuto il ricorrente che nella fattispecie concreta altre potevano essere state le cause dell’infarto, come l’arrabbiatura per la lite con l’imputato oppure il vedere l’anziana madre presente alla lite, colpita a sua volta con uno schiaffo. 2. Col secondo motivo il ricorrente ha lamentato violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articolo 59 e 583/1 numero 1 cp. Non vi sarebbe prova, infatti, che il giudicabile sapesse delle condizioni di cardiopatia di L. mentre l’aggravante contestatagli ai sensi dell’articolo 59 cp, ne presuppone la conoscenza sul punto la Corte avrebbe fornito una spiegazione illogica, riferendosi al fatto che entrambi abitavano in un piccolo condominio, potendo per questo l’imputato essere a conoscenza delle condizioni di salute della persona offesa per altro verso la Corte non avrebbe chiarito l’incidenza che il colpo alla testa avrebbe avuto nell’insorgere dell’infarto. All’odierna udienza il PG, dr Lignola, ha concluso per l’annullamento con rinvio. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti. 1. La censura relativa all’ipotizzato contrasto tra le dichiarazioni della persona offesa contenute nella querela e quelle rese nel corso del dibattimento risulta priva di fondamento. A riguardo occorre osservare che la persona offesa ha confermato, in dibattimento, di aver ricevuto uno schiaffo e di aver considerato quest’ultimo compreso nella condotta di strattonamento descritta in querela sul punto i Giudici del merito hanno correttamente ritenuto non necessario che il contenuto della querela descriva minuziosamente lo sviluppo dell’azione criminosa. Nella specie l’effettività dello schiaffo da parte del ricorrente ala persona offesa è stata ricavata anche sulla base di elementi ulteriori, dati dalla descrizione della complessiva condotta violenta dell’imputato, che avrebbe colpito con un gesto analogo anche l’anziana madre di L. , a dimostrazione della sua tendenza all’aggressività. Il percorso valutativo è stato congruamente concluso tramite la ponderazione del contenuto dei referti medici relativi a L. , in cui era stata attestata la presenza di una contusione ecchimotica in regione orbitaria destra, compatibile con lo schiaffo ricevuto. 1.1 Il profilo d ricorso inerente alla mancata esplicazione delle ragioni per le quali la Corte aveva ritenuto l’infarto causato dallo schiaffo, sotto la veste del vizio motivazionale ha, in realtà, proposto una inammissibile richiesta di rivalutazione nel merito, avendo rappresentato visioni alternative dei risultati di prova, come l’arrabbiatura in cui era incorso la persona offesa per la lite con l’imputato. In ogni caso nella motivazione si è dato congruamente conto degli elementi posti alla base della ricostruzione del nesso causale tra il gesto violento dell’imputato e l’insorgere dell’infarto in base ad elementi del fatto razionalmente valutati in modo combinato si è infatti, posto in rilievo che l’infarto era capitato immediatamente dopo lo schiaffo subito che la consulenza tecnica dello stesso imputato aveva affermato che esclusivamente eventi di carica emotiva intensa possono determinare stati di shock, adducendo come esempio rapine ed incidenti gravi che i referti medici certificavano l’esistenza di lesioni di particolare gravità, idonee, quindi, a causare l’evento. 2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. In proposito deve ribadirsi che, in tema di imputazione delle circostanze aggravanti, l’articolo 59 c.p. richiede espressamente che le circostanze aggravanti, siano esse antecedenti, contemporanee o successive alla condotta dell’agente, possono essere valutate a carico di quest’ultimo soltanto se da lui conosciute, ignorate per colpa, o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa, imponendo all’interprete, quindi, la verifica della presenza di un elemento soggettivo nell’agente. 2.1 In relazione alla circostanza aggravante ex articolo 583 col c.p., la giurisprudenza di questa Corte ha affermato più volte che nel reato di lesioni volontarie la previsione o la prevedibilità dell’evento integrante una delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 583 cod. penumero e, conseguentemente, la valutabilità della stessa a carico dell’agente, ai sensi del disposto dell’articolo 59 comma secondo cod. penumero , deve ritenersi sussistente quando la condotta dell’agente per la qualità del mezzo adoperato, la direzione, la violenza, la reiterazione dei colpi, di per sé riveli l’intenzione di arrecare notevole danno alla vittima. 2.2 Nell’ipotesi in cui la condotta non assuma i caratteri enunciati, la valutazione della prevedibilità deve essere fatta da caso a caso, e, quando all’esito grave o gravissimo concorrano particolari condizioni fisiche o di salute della persona offesa, occorre tener conto, oltre che della situazione apparente della vittima, che riveli le sue particolari condizioni di salute, anche di quella prevedibile in relazione all’età, al sesso e a quant’altro nel caso specifico possa ragionevolmente essere preso in considerazione ai fini di cui sopra. Sez. 5 Rv. 189817, Sez. 5, Rv. 256239. 3. Applicando tali principi - che qui occorre ribadire - al caso di specie, risulta evidente che la Corte del merito ha ritenuto possibile applicare l’aggravante di cui all’articolo 583 co 1 c.p. solo avuto riguardo al comportamento violento dell’imputato e alla possibile conoscenza delle precarie condizioni di salute di L. . 3.1 Sul primo aspetto i Giudici del merito hanno testualmente affermato che la violenza del comportamento e la direzione dello stesso hanno creato nella vittima, come conseguenza di tale azione, un particolare stato di grande paura per la propria incolumità e non si dimentichi, anche per quella della anziana madre, schiaffeggiata e percossa nello stesso contesto temporale che ha aggravato le sue già precarie condizioni di salute, scatenando una crisi infartuale. La Corte ha, quindi, fatto riferimento alle lesioni gravi, giustificandole quasi esclusivamente attraverso la considerazione della condizione di cardiopatico e dello spavento derivato dalla visione della madre, a sua volta percossa violentemente. L’argomentazione non si sottrae alla denunziata illogicità poiché, secondo la ricostruzione dei Giudici territoriali, l’infarto, fonte di pericolo per la vita della persona offesa, troverebbe la sua origine nella preesistente condizione di cardiopatico e non nel ceffone da essa subito. 3.2 Sotto il secondo profilo - quello della conoscenza delle precarie condizioni di salute della vittima - nessun serio elemento è stato valorizzato circa la ritenuta consapevolezza delle condizioni di salute di L. da parte del ricorrente, poiché l’unico dato rinvenibile nella sentenza, quello dell’essere condomini dello stesso palazzo, appare in sé incongruo, oltre che del tutto congetturale. Alla luce dei principi e delle considerazioni di cui sopra la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’ Appello di Palermo per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’ Appello di Palermo per nuovo esame.