Fornire a terzi un lampeggiante blu sottratto alla PA è peculato d’uso

L’uso improprio delle “luci blu” ha il potere di ingannare i cittadini e gli addetti alla circolazione stradale. Per questo motivo la consegna anche temporanea a terzi di lampeggianti usati per le auto di servizio della polizia può configurare il reato di peculato d’uso.

Così la Cassazione con sentenza numero 34940/18, depositata il 23 luglio. La vicenda. Il GIP di Torino, all’esito del giudizio abbreviato, aveva assolto l’imputato, il quale svolgeva l’attività di addetto agli automezzi del Tribunale, dal reato di peculato perché il fatto non sussiste. Secondo il GIP la condotta contestata, consistente nell’aver consegnato per un tempo limitato ad altri soggetti alcuni lampeggianti usati per le auto di servizio, non aveva apportato alcun danno economico alla PA né una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio. Per questo motivo, in conformità di quanto affermato dalla Sezioni Unite con sentenza numero 19054/12 non era configurabile il peculato d’uso. Il PM ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento di tale decisione. Secondo il ricorrente per decidere il caso in esame è necessario «un ripensamento dell’esegesi sul reato di peculato d’uso nel particolare caso in cui l’uso del bene pubblico non si esaurisca nel rapporto diretto con l’agente pubblico, ma coinvolga un terzo estraneo che concorra nella condotta appropriativa temporanea». In particolare, osserva il ricorrente, il lampeggiate anche se ha residuo valore economico, se lasciato in mani diverse dal dipendete pubblico si presterebbe ad un uso distorto che comporterebbe la lesione del corretto funzionamento degli uffici della PA. Configurabilità del reato di peculato d’uso. Per risolvere la questione la Cassazione ha precisato che da tempo le Sezioni Unite con la richiama sentenza, hanno definito la soglia della rilevanza penale del reato di peculato d’uso. In particolare per la configurabilità del reato è necessario che l’agente pubblico produca una precisa lesione ai beni pubblici, «che stante la natura plurioffensiva del reato, sono da identificarsi nel buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione e nel patrimonio della stessa o di terzi». Ciò premesso il Supremo Collegio ha evidenziato che la mancanza di un danno patrimoniale non esclude il reato. Nel caso di specie i lampeggianti blu sono usati tipicamente dalle forze dell’ordine in servizio di ordine pubblico e si tratta, altresì, di un oggetto che esonera dall’osservanza di determinati obblighi e divieti nella circolazione stradale. Tale strumento, quindi è idoneo «ad esteriorizzare ai cittadini le qualità personali di chi lo detiene e il potere connesso all’uso dello stesso». Secondo i Giudici di legittimità «il possesso di tale dispositivo, laddove contraffatto, integra il reato all’articolo 497-ter, comma 1, numero 1, c.p., Possesso di segni distintivi contraffatti proprio perché il suo uso improprio può trarre in inganno il pubblico e gli stessi addetti alla circolazione stradale». Quindi aver consentivo l’uso a terzi del suddetto oggetto «costituisce un vulnus al buon andamento della pubblica amministrazione», per queste ragioni la Cassazione ha ritenuto di doversi annullare la sentenza impugnata affinché sia celebrato un nuovo giudizio da parte del Tribunale di Torino nel rispetto dei richiamati principi.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 maggio – 23 luglio 2018, numero 34940 Presidente Paoloni – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ricorre per l’annullamento della sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino, all’esito di giudizio abbreviato, aveva assolto D.F.L. dal reato di peculato perché il fatto non sussiste. All’imputato era stato contestato di essersi appropriato, in qualità di addetto agli automezzi del Tribunale di Torino, di un lampeggiante in uso alle auto di servizio, che consegnava ad altra persona per farne un uso momentaneo, la quale dopo l’uso immediatamente lo restituiva fatto commesso tra il 23 febbraio e il 2 marzo 2015 . Il Giudice riteneva che, sulla base dell’arresto delle Sezioni Unite numero 19054 del 2012, non fosse configurabile il peculato d’uso, non essendo stato apportato alcun danno di tipo economico alla p.a. e alcuna lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio il lampeggiante risultava non utilizzato dalla metà del 2014 e non era destinato ad alcun altro servizio istituzionale al momento dei fatti . 2. Nel ricorso, si deducono i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173, disp. att. cod. proc. penumero 2.1. Violazione di legge, in ordine alla ritenuta insussistenza del fatto. Il ricorrente, pur consapevole dell’orientamento interpretativo applicato dal giudice nel caso in esame, sollecita un ripensamento dell’esegesi sul reato di peculato d’uso nel particolare caso in cui l’uso del bene pubblico non si esaurisca nel rapporto diretto con l’agente pubblico, ma coinvolga, come nella specie, un terzo estraneo che concorra nella condotta appropriativa temporanea. Andrebbe considerata in tal caso la lesione del buon andamento e all’imparzialità della p.a., concorrendo il pubblico agente alla realizzazione di interessi di terzi nell’utilizzazione sicuramente illecita del bene pubblico il lampeggiante, pur avendo un esiguo valore economico, si presta ad un uso distorto al pari della paletta di servizio o di una pistola che viene a ledere il corretto funzionamento degli uffici pubblici. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Le Sezioni Unite hanno da tempo fissato le linee ermeneutiche per stabilire quando il peculato d’uso raggiunga la soglia della rilevanza penale Sez. U, numero 19054 del 20/12/2012, dep. 2013, Vattani, Rv. 255296 . Hanno così affermato la necessità che la condotta dell’agente pubblico produca una apprezzabile lesione ai beni tutelati dall’articolo 314 cod. penumero , che stante la natura plurioffensiva del reato, sono da identificarsi nel buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione sotto i profili della legalità, efficienza, probità e imparzialità, in tal senso, cfr. Sez. U, numero 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244190 e nel patrimonio della stessa o di terzi. Si tratta di una plurioffensività generalmente alternativa, con la conseguenza, in particolare, che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale non esclude la sussistenza del reato, in presenza delle lesione dell’altro interesse, protetto dalla norma, del buon andamento della pubblica amministrazione. Naturalmente la lesione di quest’ultimo bene giuridico assumerà connotati diversi in considerazione della tipologia di res oggetto dell’abusivo possesso. 3. Fatte queste premesse, va rilevato che la fattispecie in esame ha ad oggetto un lampeggiante di colore blu, ovvero uno strumento generalmente in uso alle forze in servizio di ordine pubblico o anche a coloro che svolgono determinati pubblici servizi articolo 177 d.lgs. numero 285 del 1995 e che porta il quivis de populo ad identificare il portatore o detentore come soggetto appartenente alle suddette categorie di persone. Trattasi invero di un oggetto, che, allorché usato, esonera dall’osservanza degli obblighi, dei divieti e delle limitazioni relativi alla circolazione stradale e porta a identificare il suo detentore con un soggetto in servizio di ordine pubblico o assimilato un oggetto, quindi, idoneo ad esteriorizzare ai cittadini le qualità personali di chi lo detiene e il potere connesso all’uso dello stesso. Si ritiene infatti che il possesso di detto dispositivo, laddove contraffatto, integri il reato all’articolo 497-ter, primo comma, numero 1, cod. penumero Sez. 5, numero 32964 del 29/05/2014, Piva, Rv. 260191, nella specie il lampeggiante, acquistato su internet, era stato collocato sul tetto di un’auto , proprio perché il suo uso improprio può trarre in inganno il pubblico e gli stessi addetti alla circolazione stradale. Quindi l’aver consentito, se pur temporaneamente a terzi estranei alla p.a., di possedere il suddetto dispositivo, la cui funzione come ha spiegato la ora richiamata pronuncia è di identificare il soggetto pubblico che lo utilizza e le funzioni ad esso attribuite, costituisce un vulnus al buon andamento della pubblica amministrazione, che non può essere circoscritto, come ha ritenuto la sentenza impugnata, alla impossibilità o meno della sua utilizzazione per i servizi di tutela. 4. Ne consegue quindi l’annullamento della sentenza impugnata, affinché sia celebrato un nuovo giudizio che si atterrà ai principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Torino, Ufficio del Giudice dell’udienza preliminare.