La Suprema Corte consolida il principio secondo cui l'utilizzo ricorrente di servizi di segreteria, da parte del professionista, ancorché in outsourcing, dimostra la presenza di un'autonoma organizzazione e assoggetta il contribuente al pagamento dell'IRAP.
La sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 8962 del 12 aprile 2013, ha respinto il ricorso di un dottore commercialista che non si riteneva soggetto all'IRAP in quanto privo di un'autonoma organizzazione. Secondo la disciplina vigente, i professionisti ed i lavoratori autonomi che dispongono di beni strumentali di valore ridotto e non utilizzino nella propria attività il lavoro di terzi, possono considerarsi privi di autonoma organizzazione e pertanto non soggetti all'IRAP. Il caso. In seguito al silenzio rifiuto da parte dell'Ufficio erariale sull'istanza di rimborso IRAP per le annualità 2001, 2002 e 2003, il ricorrente aveva ottenuto ragione del proprio ricorso dalla Commissione Tributaria Provinciale. Da qui il ricorso in Commissione Tributaria Regionale che invece dava ragione all'Agenzia delle Entrate, motivando che nella contabilità del professionista erano stati rilevati «notevoli compensi corrisposti a terzi», tali da dimostrare «la non occasionalità delle prestazioni dei soggetti terzi». Nel ricorso per cassazione, il contribuente ritiene che la CTR non avesse tenuto in opportuna considerazione la documentazione prodotta da cui emergeva la mancanza di un'autonoma organizzazione dell'attività professionale svolta. Secondo il ricorrente la documentazione, non tenuta in conto da giudici di merito, evidenziava che i compensi erogati si riferissero a costi di locazione e a consulenze di natura saltuaria e non continuativa. Il contribuente deve dimostrare l’assenza di un'autonoma organizzazione. La Suprema Corte ricorda come il requisito dell'autonoma organizzazione ricorra quando il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'attività svolta e/o si avvalga in modo non occasionale del lavoro di terzi. Inoltre, nel caso di istanza di rimborso IRAP, l'onere della prova in tal senso è in capo al contribuente che deve produrre adeguata documentazione per dimostrare la mancanza di un'autonoma organizzazione. Non conta se i servizi di segretariato vengono svolti da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura In merito all'utilizzo di lavoro altrui, la Cassazione richiama la propria sentenza numero 10151/2010, la quale stabilisce che «in tema di IRAP, il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi dalla telefonia al segretariato in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell'attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura». La Corte pertanto rigetta il ricorso. si tratta di autonoma organizzazione. In conclusione, con questa sentenza, viene ulteriormente consolidato l'indirizzo secondo cui il professionista svolge la propria attività tramite un'autonoma organizzazione anche quando si avvalga di servizi di segreteria esternalizzati rispetto al proprio studio. Per analogia, quindi, sarà soggetto ad IRAP il commercialista che utilizza in maniera continuativa la segreteria di un centro servizi mentre sarà escluso dal tributo il professionista o il lavoratore autonomo che svolga la propria attività semplicemente avvalendosi di auto, telefono e PC.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 21 febbraio – 12 aprile 2013, numero 8962 Presidente Merone – Relatore Iofrida Svolgimento del processo Con sentenza numero 23 del 4/05/2009, depositata in data 10/06/2009, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto Sez. 20 accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 16/04/2008, dall'agenzia delle Entrate Ufficio Venezia 2, avverso la decisione numero 85/12/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, che aveva accolto il ricorso di S.R. , dottore commercialista, avverso il silenzio rifiuto. dell'Ufficio erariale, formatosi sulle istanze di rimborso dell'IRAP versata per gli anni 2001, 2002 e 2003, sul presupposto che il contribuente fosse sprovvisto di autonoma organizzazione necessaria al fine del sorgere dell'obbligazione tributaria, mentre, quanto agli anni 1998, 1999 e 2000, aveva respinto il ricorso del medesimo S. , trattandosi di importi non rimborsabili avendo lo stesso presentato istanza di condono, ai sensi dell'articolo 7 l. 289/2002. La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il gravame dell'Agenzia delle Entrate, limitatamente al capo della sentenza concernente gli anni 2001, 2002 e 2003, in quanto rilevava, da un lato, che il professionista aveva, nella dichiarazione dei redditi, riportato i notevoli compensi corrisposti a terzi - per il 2001, L. 134.473.000, per il 2002, Euro 66.222,00, per il 2003, Euro 94.109,00 ed anche negli anni successivi e tali dati dimostravano la non occasionante delle prestazioni dei soggetti terzi e, dall'altro, che detti professionisti rendevano conto del loro operato al S. , socio di minoranza della società Data Profis ed anche membro del consiglio di amministrazione i giudici tributari aggiungevano che il contribuente non aveva dato prova della natura delle prestazioni rese dai terzi. Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione il S. , deducendo due motivi di ricorso, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. in relazione agli articolo 2479 e 2697 e ss. c.c., 2 d.lgs. 446/1997, non avendo la CTR tenuto conto che, come documentato dal contribuente, mancava l'autonoma organizzazione ai fini dell'assoggettabilità ad IRAP dell'attività professionale svolta , e per mancanza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex articolo 360 numero 5 c.p.c. non avendo i giudici tributari tenuto conto della documentazione allegata dal ricorrente nel corso dei due gradi di giudizio, al fine di dimostrare che i compensi erogati alla Data Profis concernevano, oltre l'affitto del locale, in cui lo stesso svolgeva la propria attività , non il corrispettivo di una serie di servizi organizzativi fornitigli, ma esclusivamente specifiche consulenze , di natura saltuaria . L'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. Il ricorrente, in risposta alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. notificatagli, ha depositato memoria, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c La causa, all'udienza del 9/11/2012 camerale , veniva rinviata a Nuovo Ruolo per legittimo impedimento del consigliere relatore e quindi chiamata, previa sostituzione del relatore, all'udienza pubblica del 21/02/2013. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione Il primo motivo è inammissibile, in quanto sia nel quesito di diritto, ex articolo 366 bis c.p.c. disposizione pienamente operante, trattandosi di sentenza depositata nel giugno 2009 , sia nel generale contenuto, non si lamenta un vizio di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto nella sentenza, quanto un vizio di errata valutazione da parte dei giudici tributari delle risultanze istruttorie. La censura non involge, in realtà, un vizio di violazione implicante un sindacato sulla interpretazione o di falsa applicazione implicante un sindacato sulla sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta di norme di diritto cfr. Cass. S.U. 7770/2009 , ma una questione di merito, inerente l'identificazione e la ricostruzione della fattispecie concreta la concreta modalità di svolgimento dell'attività professionale da parte del contribuente ai fini dell'assoggettabilità ad Irap , censurabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione. L'ulteriore motivo sollevato dal ricorrente, implicante vizio ex articolo 360 numero 5 c.p.c., nel prospettare l'utilizzo, da parte del contribuente, come risultante in via documentale, di collaboratori e dei locali relativi ad una società, di cui il S. era amministratore e membro del consiglio di amministrazione , soltanto in via occasionale e non continuativa, e l'omesso esame di tale profilo da parte dei giudici tributari, è, peraltro, infondato. Invero, premesso che, come più volte chiarito da questa Corte Cass. 36678/07, SSUU 12108/09, 10240/10, 21122/10 , in tema di IRAP, l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 156 del 2001, presupposto dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo a sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse b impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’ id quod plerumque accidit , costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamele non dovuta dare la prova dell'assenza delle predette condizioni. Alla stregua di tali consolidali principi l'impiego non occasionale di lavoro altrui deve ritenersi di per sé integrativo del requisito dell'autonoma organizzazione si veda, in particolare, Cass. 10151/10 In tema di IRAP, il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi dalla telefonia al segretariato in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, previsto dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, numero 44 6, articolo 2, comma 1 non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell'attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura . Ora, la motivazione della decisione di appello risulta congrua e sufficientemente articolata, venendo ivi fatte delle affermazioni, in ordine alla asserita inesistenza dell'autonoma organizzazione, con riferimento agli elementi esaminati e presi in considerazione nel percorso decisionale in particolare, il ricorso al lavoro di terzi collaboratori, con carattere di continuità, come risultante dai compensi versati, per diverse decine di migliaia di lire e di Euro annuali, nel corso degli anni, con carattere sistematico . Per consolidato orientamento giurisprudenziale, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento Cass. numero 1756/2006, numero 890/2006 . Laddove poi il contribuente sul quale gravava l'onere della prova dell'assenza delle condizioni indicate dalla giurisprudenza, trattandosi di istanza di rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta lamenta, in ricorso, il mancato esame della documentazione prodotta in giudizio, il motivo è anche inammissibile, perché il ricorrente - a fronte dell'affermazione della sentenza gravata secondo cui l'appellato non ha provato quali siano stati i servizi prestati dalla società, producendo lo statuto della stessa e tutte le fatture emesse con l'indicazione delle relative prestazioni - avrebbe dovuto indicare nel ricorso e ivi trascriverle o riassumerle, in ossequio al principio di autosufficienza le risultanze di causa, trascurate dal giudice di merito, idonee a dimostrare come egli non si avvalesse di collaboratori e consulenti. In difetto di tali indicazioni, il motivo di ricorso si risolve nella richiesta alla Corte di procedere ad una rivalutazione diretta delle risultanze istruttorie che non può trovare ingresso in sede di legittimità. La Corte rigetta il ricorso. Le spese processuali, liquidate come i dispositivo, in dispositivo in conformità del D.M. 140/2012, attuativo della prescrizione contenuta nell'articolo 9, comma 2, d.l. 1/2012, convertito dalla l. 271/2012 Cass. S.U. 17405/2012 , seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.