Procedure espropriative: la comunicazione di avvio del procedimento non è superflua

La procedura mediante pubblicazione sulla stampa, senza l'indicazione dei riferimenti idonei ad individuare la proprietà dell'area interessata, quali il numero di particella ed il nominativo dei proprietari, è illegittima.

Il caso. Il nucleo contenzioso della vicenda, all'esame del Collegio, si concentra nella sufficienza e idoneità delle modalità con le quali è avvenuta la comunicazione d’avvio della Conferenza di servizi che ha poi dato luogo all’accordo di programma, e con esso, all’approvazione del progetto definitivo dei lavori, all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio ed alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. In particolare, si trattava della realizzazione di importanti opere viarie che interessavano complessivamente diversi comuni laziali. Ed in tal senso la procedura espropriativa riguardava più di 50 proprietari. Di conseguenza, l’avviso era stato pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale oltre che trasmesso per l’affissione all’Albo pretorio dei comuni interessati, giusto quanto disposto dall’articolo 11 comma 2 del T.U. Espropriazioni. Anche se, tuttavia, lo stesso non conteneva alcun riferimento alla particelle catastali interessate dal vincolo, né ai relativi proprietari. L’avviso è troppo generico. L'assenza nell'avviso pubblicato sulla stampa dei dati necessari ad individuare con precisione le aree interessate, secondo il Collegio, rende l’avviso stesso inidoneo al raggiungimento dello scopo. Sul punto non può che farsi rinvio a recente precedente della Sezione ove è chiarito che l’avviso di cui all’articolo 11 d.p.r. numero 327/2001 deve contenere, per essere legittimo e coerente con il citato articolato normativo oltre che con gli articolo 7 e 8 L. numero 241/1990, l’indicazione delle particelle e dei nominativi, quali indefettibili elementi diretti ad individuare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo, e ciò sia che la comunicazione avvenga personalmente, sia che essa avvenga in forma collettiva mediante avviso pubblico Cons. di Stato, IV, numero 3500/2011 . È evidente infatti che le modalità di comunicazione, seppur semplificate nella forma e nel numero, devono in ogni caso essere idonee a raggiungere lo scopo della effettiva conoscenza, di guisa che il proprietario inciso sia posto in grado di optare o meno per la partecipazione procedimentale in chiave difensiva. La specificità dell'opera In relazione al caso di specie, peraltro, la Sezione rileva che non può riconoscersi, come invece avrebbe preteso l’amministrazione resistente, una valenza adiuvante alle caratteristiche dell’opera ampliamento di opera esistente ed alla sua pregressa localizzazione, asseritamente operata con legge regionale. Ciò in quanto tali elementi sono generici e comunque poco significativi rispetto all’obiettivo della piena conoscibilità degli effetti ablativi per i proprietari delle aree interessate dai lavori. Il fatto, poi, che l'opera sia stata inserita nella legge regionale tra le opere da realizzare è irrilevante, tenuto conto che tale legge nulla dice circa la precisa localizzazione delle stesse. e la partecipazione procedimentale. In relazione all’eventuale e possibile incidenza, in concreto, della partecipazione inibita sul tenore del provvedimento finale, ed all’operatività in generale dell’articolo 21 octies della legge 241/90 a mente del quale «il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato», la Sezione osserva che gli appellanti hanno allegato e documentato nell’ambito del primo giudizio la percorribilità di soluzioni progettuali alternative. A tale proposito, tanto è sufficiente, nel fisiologico operare del disposto della norma richiamata, a far scattare in capo all'amministrazione l’onere della prova circa l’assoluta ininfluenza delle profilate proposte alternative rispetto al tenore ed alle modalità del provvedimento adottato, prova nella specie non raggiunta.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 10 gennaio – 9 febbraio 2012, numero 691 Presidente Leoni – Relatore Veltri Fatto La Regione Lazio, con deliberazione di Giunta regionale numero 9148 del 20 novembre 1996, in attuazione di quanto previsto dalle leggi regionali 4 maggio 1985 numero 60 e 15 novembre 1993, numero 67, procedeva alla progettazione di una serie di interventi finalizzati alla razionalizzazione dei flussi di traffico del “Nodo di Squarciarelli”, interessanti le arterie stradali lungo il territorio dei comuni di Grottaferrata, Rocca di Papa, Ciampino e Marino. La progettazione era redatta per stralci funzionali. Acquisito il progetto definitivo per il quarto stralcio funzionale relativo al “collegamento Villa Senni, Marino, Grottaferrata, Rocca di Papa”, il Direttore regionale Infrastrutture provvedeva a convocare per il giorno 18 marzo 2005 una Conferenza di servizi preordinata alla stipula di un accordo di programma, ai sensi dell’articolo 34 del d.lgs. 267/2000, avente ad oggetto l’approvazione del progetto definitivo, la contestuale apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere. Essendo i proprietari delle aree interessati dalla procedura espropriativa, superiori a cinquanta, l’avviso della Conferenza di servizi era affisso presso gli uffici della sede regionale, inviato per la pubblicazione all’Albo pretorio ai Comuni interessati, nonché pubblicato sul quotidiano “Il Corriere della Sera” del 14/2/2005. All’esito della Conferenza di servizi, il Presidente della Regione Lazio, il Presidente della Provincia di Roma, i Sindaci dei comuni di Roma, Grottaferrata, Rocca di Papa, Ciampino ed il Commissario prefettizio del Comune di Marino, sottoscrivevano l’accordo di programma. Quest’ultimo era poi approvato con decreto del Presidente della Regione Lazio, numero T0126 del 7 aprile 2006 e pubblicato sul BURL numero 11 del 20 aprile 2006, S.O. numero 5. Seguiva l’avvio di un procedimento teso all’occupazione d’urgenza, ex articolo 22 bis d.p.r. numero 327/2001, la cui comunicazione era collettivamente effettuata a mezzo della pubblicazione su quotidiani sia nazionali che locali, nonché la successiva immissione nel possesso delle aree. Solo in questa fase i ricorrenti venivano asseritamente a conoscenza della procedura espropriativa. Indi ne impugnavano i relativi atti, stigmatizzando il difetto di preliminare comunicazione di avvio. Il ricorso è stato dal TAR Lazio dichiarato inammissibile per tardivo deposito, con la sentenza oggetto dell’odierno gravame. Diritto La sentenza, accertato il ricorrere di una fattispecie processuale sottoposta a dimidiazione dei termini, ha dichiarato inammissibile il ricorso per tardivo deposito, in proposito computando i relativi termini dalla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica 26 maggio 2008 , e ciò sulla base del principio che “le norme in tema di notificazione di atti processuali vanno interpretate nel senso che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario”. L’appellante deduce, a supporto del gravame, la falsa applicazione del principio. Quest’ultimo potrebbe trovare applicazione solo in favore del ricorrente sul quale non devono gravare i tempi necessari all’ufficiale giudiziario per la materiale attività di notifica, ma non ai fini del deposito il quale presuppone invece l’avvenuta notificazione anche per il destinatario. Calcolando i termini a decorrere dalla ricezione del plico consegnato dall’ufficiale giudiziario - id est dalla notifica per il destinatario – il deposito sarebbe tempestivo. Nel merito degli atti impugnati, l’appellante ripropone le censure non esaminate dal primo giudice, deducendo Violazione dell’articolo 11 del d.p.r. numero 327/2001 – Difettosa comunicazione dell’avvio del procedimento. L’avviso della convocazione della Conferenza di servizi preordinata alla stipula dell’accordo di programma poi posto a base della procedura espropriativa, non sarebbe stato inviato ai ricorrenti, ma pubblicato su quotidiani nazionali e locali, in via successiva e non preventiva, senza riferimento alcuno alle particelle catastali degli immobili interessati ed ai rispettivi proprietari. Articola altresì, per la prima volta in sede di appello, motivi aggiunti Violazione e falsa applicazione del dPR 327/2001 – Violazione della legge 241/90 – Eccesso di potere per carenza istruttoria, errata valutazione dei presupposti. Gli atti impugnati sarebbero divenuti illegittimi, essendo, nelle more del giudizio, scaduti i termini per procedere ad valida espropriazione, fissati dalla determinazione dirigenziale numero B5378 del 23/12/2005 in mesi 36 e non essendo intervenuta alcuna proroga. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio sostenendo, quanto ai motivi di gravame, la correttezza dei principi affermati dal primo giudice e, nel merito, l’esaustività e l’idoneità delle misure di comunicazione concretamente adottate. L’inammissibilità dei motivi aggiunti avuto riguardo al carattere di novità. 4. Si è inoltre costituita l’Azienda Strade Lazio Astral S.p.A. - impresa subentrata medio tempore all’originario affidatario dei lavori - in adesione ad atto di integrazione del contraddittorio disposto dal Collegio con sentenza interlocutoria numero 2633/2011. La stessa ha preliminarmente evidenziato la mancanza di una propria legittimazione passiva in ordine alle domande proposte, associandosi comunque, nel merito, alle difesa della Regione. Le parti hanno scambiato memorie in vista dell’udienza di discussione. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 10 gennaio 2012. L’appello è fondato. Alla fattispecie processuale trovano applicazione, ratione temporis , gli articolo 21 e 23 bis della legge 1034/71, la cui corretta esegesi, pure a seguito delle note sentenze della Corte costituzionale in materia di notificazioni, impone che il termine per il deposito del ricorso decorra dalla data di consegna del plico al destinatario e non da quella di consegna dall’ufficiale giudiziario, essendo la regola del perfezionamento della notificazione per il solo notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario bensì applicabile per stabilire la tempestività della notifica dell'atto stesso, ma non anche ai fini della tempestività del deposito del ricorso cfr. Cfr. Consiglio Stato, sez. V, 06/12/2010, numero 8543 . Su tale versante non v’è infatti alcun segmento esterno che sfugga al dominio del ricorrente, il quale deve semplicemente attivarsi per verificare la data di effettiva notifica, ossia di un evento già realizzatosi. Il principio è del resto codificato dall’articolo 45 del Codice del processo amministrativo - da ritenersi sul punto ricognitivo della giurisprudenza vivente – il quale espressamente e chiaramente dispone “il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si e' perfezionata anche per il destinatario”. Il ricorso dunque, in riforma della sentenza gravata, è da ritenersi tempestivo ed ammissibile. Nel merito il ricorso è fondato. Il nucleo contenzioso della vicenda si concentra nella sufficienza e idoneità delle modalità con le quali è avvenuta la comunicazione d’avvio della Conferenza di servizi che ha poi dato luogo all’accordo di programma, e con esso, all’ approvazione del progetto definitivo dei lavori, all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio ed alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. E’ pacifico che la procedura espropriativa riguardasse più di 50 proprietari e che l’avviso fosse stato pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale oltre che trasmesso per l’affissione all’Albo pretorio dei Comuni interessati, giusto quanto disposto dall’articolo 11 comma 2 del T.U. Espropriazioni . E’ del pari incontestato che lo stesso non contenesse alcun riferimento alla particelle catastali interessate dal vincolo, né ai proprietari incisi. Siffatta circostanza rende l’avviso inidoneo al raggiungimento dello scopo. Sul punto non può che farsi rinvio a recente precedente della Sezione ove è chiarito che l’avviso di cui all’articolo 11 DPR numero 327/2001 deve contenere, per essere legittimo e coerente con il citato articolato normativo oltre che con gli articolo 7 e 8 l. numero 241/1990, l’indicazione delle particelle e dei nominativi, quali indefettibili elementi diretti ad individuare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo, e ciò sia che la comunicazione avvenga personalmente, sia che essa avvenga in forma collettiva mediante avviso pubblico Cfr. Cons. di Stato, IV, 8/6/2011, numero 3500 . E’ evidente infatti che le modalità di comunicazione, seppur semplificate nella forma e nel numero, devono in ogni caso essere idonee a raggiungere lo scopo della effettiva conoscenza, di guisa che il proprietario inciso sia posto in grado di optare o meno per la partecipazione procedimentale in chiave difensiva. In relazione al caso di specie non può riconoscersi – come preteso dall’amministrazione resistente - una valenza adiuvante alle caratteristiche dell’opera ampliamento di opera esistente ed alla sua pregressa localizzazione, asseritamente operata con legge regionale, atteso che, fermo il principio appena esposto, trattasi di elementi generici e comunque poco significativi rispetto all’obiettivo della piena conoscibilità degli effetti ablativi generantisi per i proprietari delle aree interessate dai lavori la previsione contenuta nell’articolo 9 della legge regionale 16/96 si riduce infatti ad un generico inserimento dell’opera in questione tra le opere finanziabili, e la natura complementare delle opere progettate rispetto ad altre già esistenti nulla dice circa la precisa localizzazione delle stesse. In relazione all’eventuale e possibile incidenza, in concreto, della partecipazione inibita sul tenore del provvedimento finale, ed all’operatività in generale dell’articolo 21 octies della legge 241/90 a mente del quale “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, giova osservare che gli appellanti hanno allegato e documentato nell’ambito del primo giudizio la percorribilità di soluzioni progettuali alternative, e tanto è sufficiente, nel fisiologico operare del disposto della norma richiamata, a far scattare in capo all'amministrazione l’onere della prova circa l’assoluta ininfluenza delle profilate proposte alternative rispetto al tenore ed alle modalità del provvedimento adottato, prova nella specie non raggiunta. Quanto sopra è sufficiente per accogliere il ricorso e disporre l’annullamento degli atti impugnati. Per completezza della valutazione devono infine dichiararsi inammissibili i motivi aggiunti proposti in sede di appello. L’articolo 104 comma 3 del Codice di rito è chiaro nel limitare la proposizione di motivi aggiunti in appello al solo caso in cui “la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”, fattispecie sicuramente non ricorrente nel caso di specie. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, salvo che per le parti diverse dalla Regione Lazio, in relazione alle quali può disporsi la compensazione. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta definitivamente pronunciando sull'appello, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati. Condanna la Regione Lazio al pagamento in favore degli appellanti delle spese del presente giudizio, che liquida in €. 2.000 a titolo di diritti ed onorari, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato. Compensa le spese in relazione alle altre parti del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.