Nelle coppie omosessuali i partner devono avere il diritto ad adottare i figli dei compagni, così come avviene per le coppie eterosessuali non sposate. La Corte Europea ha così considerato due donne austriache - omosessuali e conviventi - discriminate in base al loro orientamento sessuale sottolineando che il «governo austriaco non ha fornito alcuna prova per dimostrare che per un bambino crescere in una coppia dello stesso sesso possa essere dannoso» e senza quindi giustificare il differente trattamento rispetto alle coppie non sposate eterosessuali. Ciò in violazione degli articolo 8 e 14 della CEDU.
Il caso. Due donne austriache, omosessuali e conviventi, si rivolgono alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo lamentando di essere state discriminate, rispetto alle coppie non sposate eterosessuali, perché la legge austriaca non consente l’adozione da parte di un partner omosessuale del figlio naturale del compagno al contrario, per le coppie eterosessuali non sposate, è possibile adottare il figlio/a del compagno/a così detta second parent adoption . Il paradosso era che la legge austriaca avrebbe consentito l’adozione del minore da parte della compagna della madre i single omosessuali possono adottare ma non consentiva di mantenere il rapporto anche con il genitore naturale in pratica si ammette una sola madre o un solo padre. In sostanza la legge austriaca non contemplava l’adozione da parte della coppia omosessuale, neppure nel caso di second parent adoptionumero La Corte Europea ha considerato le ricorrenti discriminate in base al loro orientamento sessuale sottolineando che il «governo austriaco non ha fornito alcuna prova per dimostrare che per un bambino crescere in una coppia dello stesso sesso possa essere dannoso» e senza quindi giustificare il differente trattamento rispetto alle coppie non sposate eterosessuali. Ciò in violazione degli articolo 8 rispetto della vita familiare e 14 non discriminazione della CEDU. È davvero una rivoluzione? Al di là dei titoli giornalistici e dei commenti che verranno, non si può non notare che la Corte Europea non perde occasione di ribadire il divieto di discriminare la persona a causa del suo orientamento sessuale. E poiché i paesi aderenti alla CEDU si sono impegnati a dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, la Corte di Strasburgo precisa che gli Stati non sono tenuti a riconoscere il diritto all’adozione dei figli dei partner alle coppie non sposate. Allo stesso modo, in una precedente sentenza 24 giugno 2010 la Corte aveva affermato, sulla base della CEDU, di non ritenere più «che il diritto al matrimonio debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto», ma anche di non potersi sostituire ai legislatori nazionali – che si trovano fra l’altro nella posizione migliore per valutare e rispondere alle esigenze della società – nella decisione se permettere o meno il matrimonio omosessuale. Quindi, se da un lato si può affermare che la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo contempla, per lo meno nell’interpretazione della Corte Europea, il matrimonio omosessuale, e vieta ogni discriminazione tra coppie omo ed etero sessuali, dall’altro dev’essere ciascuno Stato a disciplinare la materia badando di evitare discriminazioni. Il caso di specie è peculiare perché in Austria, a differenza che in Italia, le adozioni di genitori non coniugati sono consentite dalla legge, pertanto in rispetto al principio di non discriminazione dovranno essere consentiti anche ai partner omosessuali non coniugati, in quanto non si può affermare che sia dannoso per il minore crescere in una coppia dello stesso sesso. In Italia, però, non sono consentite neppure le adozioni tra conviventi more uxorio eterosessuali, pertanto non si pone certo, allo stato attuale, la questione dell’adottabilità da parte di una coppia omosessuale che in Italia non può contrarre matrimonio . La sentenza in commento dà conto delle legislazioni europee che ammettono le adozioni da parte di omosessuali Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda, Olanda, Norvegia, Spagna Svezia e UK ammettono le second parent adoption cioè l’adozione del figlio naturale del partner gli stessi paesi, tranne Finlandia e Germania consentono l’adozione vera e propria alle coppie omosessuali Austria e Francia riconoscono la responsabilità genitoriale all’interno di coppie omosessuali che abbiano registrato una civil partnership, ma escludono l’adozione nessuna possibilità di adozione per la coppia omosessuale neppure del figlio di uno dei due in altri 35 stati, tra cui Italia, Malta, Svizzera, Lussemburgo, Irlanda, Romania, ecc Si spiega quindi l’attenzione della Corte a non invadere il campo di ciascun legislatore nazionale. Influssi sulla giurisprudenza italiana dei principi di non discriminazione affermati dalla CEDU. Il principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, è naturalmente conosciuto dalla nostra giurisprudenza la sentenza numero 4184/2012 della Corte di Cassazione ha riconosciuto come immanente nell’ordinamento giuridico il diritto alla vita familiare dei conviventi di una coppia omosessuale che possono far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata. La Corte Costituzionale ancor prima, sentenza numero 138/2010 , aveva osservato che l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza, rientra nella nozione di formazione sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione. Il tribunale di Reggio Emilia con sentenza 16 febbraio 2012 ha accolto il ricorso di un italiano che aveva contratto matrimonio in Spagna, con un uomo cittadino extra UE avverso il diniego della Questura di concedere al partner, omosessuale extracomunitario, il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Anche in questo caso, il giudice ha ritenuto che diversamente opinando, il principio di non discriminazione sarebbe stato violato. Infine, ma senza la presunzione di essere esaustiva, la Cassazione sent. 11 gennaio 2013, numero 601 , in un caso di diritto di famiglia, interno al nostro ordinamento, ha affermato che «In tema di affidamento di minore, in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza, costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo, infatti, si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino», confermato, nella specie, l'affidamento esclusivo di un minore alla madre, che conviveva e intratteneva una relazione con un'altra donna. Respinte le perplessità manifestate dal padre, che aveva chiesto un'analisi della idoneità del contesto della coppia omosessuale a far crescere in maniera sana il bambino . Certo, il caso sopra descritto non ha nulla a che vedere con l’adozione da parte di una coppia gay di un minore, ma esprime lo stesso principio enunciato dalla Corte Europea nella sentenza in commento circa l’impossibilità di ritenere a priori dannoso per il minore crescere in una famiglia costituita da persone dello stesso sesso. La nostra giurisprudenza - mi pare - sta aiutando per alcuni spingendo il Paese a compiere una svolta culturale, allineandolo con la maggior parte dei paesi europei, così che venga il giorno in cui il nostro legislatore possa colmare il vuoto normativo che, in Italia, non riguarda soltanto le coppie omosessuali, ma le coppie di fatto in generale etero od omo . Resta la speranza che il vuoto normativo venga colmato nel rispetto dei principi della CEDU, tra i quali quello del rispetto alla vita familiare e di non discriminazione in base all’orientamento sessuale in caso contrario ci dobbiamo aspettare che un domani alla Corte Europea dei Diritti Umani e si possa così discutere un caso analogo a quello che ha visto soccombere l’Austria, con l’Italia nella parte del convenuto.