Quando le condotte vessatorie in danno del convivente non costituiscono reato

Fatti lesivi episodici, derivanti da contingenti e particolari situazioni familiari, pur conservando la propria autonomia di reati contro la persona, non integrano il delitto di maltrattamenti.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione con sentenza numero 27987, depositata il 27 giugno 2014. Il caso. La Corte di Appello di Lecce, confermando la sentenza del GIP, condannava l’imputato per i reati di maltrattamenti in famiglia articolo 572 c.p. e di atti persecutori articolo 612 bis c.p. in danno della convivente. Avverso tale sentenza l’uomo ricorreva in Cassazione, in primo luogo, deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 88 e 89 c.p., atteso che i fatti di reato a lui ascritti potevano essere iscritti nello spettro della patologia psichica riscontrata dal perito, e, in secondo luogo, per violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla sussistenza dei reati contestati, attesa la mancanza dello stato psicologico di ansia per la propria incolumità nella parte offesa e delle continue vessazioni morali, indispensabili per la configurazione dei delitti di cui all’articolo 615 bis c.p. e 572 c.p Le condotte vessatorie devono essere abituali. L’oggetto giuridico nel reato di maltrattamenti ex articolo 572 c.p. non è costituito solo dall’interesse dello Stato alla salvaguardia e alla tutela della famiglia, ma anche dalla difesa dell’incolumità fisica e psichica delle persone indicate dalla norma. Per la configurabilità del reato, infatti, non è sufficiente la presenza di semplici fatti lesivi dell’incolumità personale, la libertà o l’onore di una persona della famiglia, ma è necessario che tali fatti facciano parte di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante ed insostenibile. Al contrario, fatti episodici e lesivi anche di diritti fondamentali, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, pur conservando la propria autonomia di reati contro la persona Cass., Sez. VI, numero 37019/2013 . La mancata configurabilità del reato di maltrattamenti. Nel caso di specie, già la sentenza di primo grado aveva descritto le condotte costitutive del reato di cui all’articolo 572 c.p. in termini di reiterate minacce, scoppi d’ira, aggressioni verbali, una volta anche percosse – scaturenti verosimilmente anche a seguito della patologia psichica dell’imputato - ma mai offese e denigrazioni della parte lesa. Secondo la Corte di Cassazione, spetta sempre alla Corte territoriale valutare in maniera puntuale e specifica le condotte costituenti fatti di reato, onde valutare se le condotte ascritte all’imputato abbiano determinato la sottoposizione della parte offesa ad un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile ovvero non abbiano integrato altri e diversi reati contro la sua persona. Essendo la sentenza impugnata del tutto carente in ordine alla motivazione nella parte concernente la sussistenza di abituali condotte vessatorie ai danni della denunziante, la Cassazione accoglieva il ricorso e annullava la sentenza limitatamente al reato di cui all’articolo 572 c.p

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 maggio – 27 giugno 2014, numero 27987 Presidente Garribba – Relatore Villoni Ritenuto di fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di Appello di Lecce, a conferma di quella emessa dal GIP dei Tribunale di Brindisi in data 19/06/2012 all'esito di giudizio abbreviato, confermava la condanna di F.B. alla pena di otto mesi di reclusione per i reati di maltrattamen ti in famiglia articolo 572 cod. penumero e di atti persecutori articolo 612 bis cod. penumero in danno della convivente C.E., commessi il primo a partire dal mese di ottobre del 2009 a quello di febbraio 2011 e il secondo da tale epoca fino alla presentazione dell'integrazione di denunzia giugno 2012 , previo riconoscimento dell'attenuante del vizio parziale di mente di cui all'articolo 89 cod. penumero ritenuta prevalente sulla contestata aggravante di cui all'articolo 612 bis comma 2 cod. penumero e del vincolo della continuazione tra i medesimi reati. La Corte territoriale respingeva la tesi difensiva che, avendo il perito riscontrato un'infermità di mente tale da escludere totalmente la capacità d'intendere e di volere all'epoca dei fatti, l'im putato dovesse essere completamente prosciolto dagli addebiti, rilevando che simile interpretazione delle conclusioni peritali si fondava su un esame solo parziale dell'elaborato tecnico respingeva, altresì, la tesi dell'improcedibilità del reato di maltrattamenti, non indicato in que rela, pur essendo la parte lesa di professione avvocato rigettava, infine, la doglianze concer nenti l'inattendibilità della parte lesa, le cui dichiarazioni avevano oltre tutto trovato riscontro nel contenuto delle deposizioni di altri tre testimoni ed in un principio di prova documentale. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, deducendo violazione e falsa appli cazione degli articolo 88 e 89 cod. penumero , atteso che i fatti - reato ascrittigli potevano essere iscritti nello spettro della patologia psichica disturbo bipolare con manifestazioni psicotiche in sogget to con disturbo di personalità riscontrata dal perito dr. D.S. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei reati contestati, in primo luogo perché mai prospettate, neppure in denunzia, le continue vessazioni morali indispensabili per la configura zione del delitto di cui all'articolo 572 cod. penumero ed in secondo luogo per l'assenza dello stato psico logico di ansia per la propria incolumità nella parte offesa, la quale nella stessa denunzia aveva ricordato di avergli consentito di accedere al domicilio familiare per intrattenersi, in assenza di altre persone, con la figlia minore Emma. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato nei termini di cui in motivazione. La decisione impugnata si connota per il carattere oltre modo conciso della motivazione nella parte concernente la sussistenza di abituali condotte vessatorie ai danni della denunziante. Come si desume, infatti, anche dalla sintetica elencazione del contenuto delle relative deposi zioni, i testimoni hanno certamente riferito in ordine ad episodi specifici, che sembrano però per lo più attenere al particolare clima dei rapporti personali instauratisi tra la parte lesa ed il ricorrente, verosimilmente anche a motivo della patologia psichica che in tali frangenti si mani festava con maggiore evidenza, tanto che la C. appariva sempre ansiosa, terrorizzata e timorosa di atti di violenza o inconsulti del convivente. Ciò premesso, la mancata indicazione in denunzia dell'articolo 572 cod. penumero - evidenziata in ricor so - ancorché evidentemente irrilevante ai fini della procedibilità d'ufficio del reato de quo, al ludeva verosimilmente all'insussistenza di profili specifici di prevaricazione ed umiliazione, fer ma restando la natura oltre modo problematica dei rapporti interpersonali nel senso sopra indi cato. La stessa sentenza di primo grado, cui quella d'appello implicitamente rinvia e con la quale si integra, descrive a pag. 14 le condotte costitutive del reato di cui all'articolo 572 cod. penumero in termini di reiterate minacce e scoppi d'ira, aggressioni verbali, una volta anche con percosse, ma mai offese o denigrazioni della parte lesa. Ciò premesso, nel reato di maltrattamenti di cui all'articolo 572 cod. penumero l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone in dicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rappor to fondato su vincoli familiari deve però escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità per sonale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configura bilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abi tuale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile. Fatti per contro episodici e lesivi anche di diritti fondamentali, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, pur conservando la propria autonomia di reati contro la persona Cass. Sez. 6 sent. numero 37019 del 27/05/2013, Caruso, Rv. 226794 . Spetta, dunque, alla Corte territoriale rivalutare tale specifico profilo, onde valutare se le con dotte ascritte all'imputato abbiano determinato la sottoposizione della parte offesa ad un regi me di vita vessatorio, mortificante e insostenibile ovvero non abbiano integrato altri e diversi reati contro la sua persona. 4. All'accoglimento del ricorso consegue la necessità di rinviare ad altra sezione della Corte territoriale per nuovo giudizio. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'articolo 572 cod. penumero e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Lecce per nuovo giudizio rigetta il ricorso nel resto.