Nel risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica attenzione alle duplicazioni, necessario dedurre il “montante di capitalizzazione”

In caso di lesioni personali con postumi invalidanti permanenti, ove il danno patrimoniale futuro sia liquidato nella forma della capitalizzazione anticipata, dalla somma capitalizzata e liquidata in relazione ai valori monetari dalla data della pronuncia va effettuata la detrazione del “montante di anticipazione” calcolato in base agli interessi a scalare inteso come il vantaggio realizzato dal creditore nel percepire oggi una somma che egli avrebbe concretamente perduto solo in futuro.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 13945, depositata il 19 giugno 2014. Il caso. A seguito di un sinistro stradale, una donna otteneva dal Tribunale di Cagliari il risarcimento dei danni patiti con condanna dell’assicurazione al pagamento. Il giudice di secondo grado tuttavia riduceva l’entità del risarcimento accertando un concorso di colpa della vittima pari al 40 % per non aver tenuto allacciate le cinture di sicurezza. La signora ricorreva in Cassazione al fine di vedere ripristinata la decisione di primo grado a lei più favorevole. L’assicurazione rispondeva con ricorso incidentale in cui sosteneva che la corte territoriale, dopo aver liquidato il danno patrimoniale futuro in termini di lucro cessante per le lesioni della capacità lavorativa specifica, sarebbe incorsa in errore non avendo detratto il cosiddetto “montante di anticipazione”. Il ricorso principale della danneggiata. In primo luogo si osserva che il ricorso principale viene subito rigettato dalla Suprema Corte in quanto “manifestamente privo di pregio”. Infatti, nel tentativo di “eliminare” il concorso di colpa, la danneggiata aveva in realtà svolto delle tesi che implicavano palesemente accertamenti di fatto e valutazioni di merito non demandabili alla Cassazione. Di fatto la ricorrente aveva proposto un’inammissibile diversa lettura delle risultanze probatorie senza considerare che, per giurisprudenza pacifica e costante, «il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito» Cass., numero 12690/10 e Cass., numero 5797/05 . Le censure in Cassazione non possono dunque tradursi in una mera difformità di apprezzamento dei fatti e delle prove rispetto a quanto deciso dal giudice di merito. Solo a quest’ultimo spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare l’attendibilità, la concludenza e l’importanza delle prove. Sotto altro profilo il ricorso era inammissibile per violazione del principio di autosufficienza. Ai sensi dell’articolo 366 numero 6 c.p.c. infatti il ricorso in Cassazione deve contenere a pena di inammissibilità « la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda ». La norma ha sancito formalmente il principio già elaborato dalla giurisprudenza e dalla dottrina dell’autosufficienza del ricorso in Cassazione che impone al ricorrente di individuare dettagliatamente, localizzare, specificare con precisione e trascrivere gli atti processuali, i documenti e i contratti o anche porzioni degli stessi su cui si fondano le ragioni e le pretese da sottoporre all’attenzione della Suprema Corte. Il ricorso deve essere “autosufficiente” in modo da permettere alla Corte la valutazione della fondatezza delle ragioni della parte senza necessità di fare rinvio o di accedere a fonti esterne al ricorso stesso, tra cui elementi o atti relativi alle precedenti fasi di merito. Se il ricorso in Cassazione non rispetta tali requisiti è irrimediabilmente viziato e quindi inammissibile, essendo precluso e impossibile qualsiasi scrutinio in sede di legittimità da qui il conseguente rigetto in rito della tesi della ricorrente. Sempre dal punto di vista processuale, la Corte ha bocciato anche il motivo relativo al rigetto di un’istanza istruttoria formulata in primo grado, ma non riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Infatti, come noto, si presume la rinuncia della parte alle istanze istruttorie sulle quali il giudice non si è espresso e non riformulate in sede di precisazione delle conclusioni, giacché per il principio dell’iniziativa di parte che regola il processo civile, spetta all’interessato attivarsi per l’espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Pertanto, se la parte non si attiva e chiede direttamente l’udienza di precisazione delle conclusioni senza reiterare la richiesta istruttoria, è presumibile che abbia rinunciato alla prova stessa. Tale rinuncia acquista poi efficacia per effetto del consenso implicito del giudice con il provvedimento di chiusura dell’istruttoria e di remissione della causa in decisione in tal senso vengono citate Cass., numero 3241/2000 Cass., numero 18688/2007 Cass., numero 12241/2002 . Il ricorso incidentale dell’assicurazione. Al contrario, è giudicato fondato il ricorso incidentale dell’assicurazione poiché la Corte d’Appello nella liquidazione del danno futuro da perdita della capacità lavorativa specifica non aveva detratto il “montante di anticipazione”. Esso consiste in una sorta di “vantaggio” del danneggiato nel percepire già oggi una somma che avrebbe concretamente perduto solo in futuro. Pertanto il danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita di capacità di lavoro e di guadagno non può essere liquidato semplicemente moltiplicando il reddito mensile perduto per il numero di mesi per i quali la vittima avrebbe presumibilmente svolto attività lavorativa, essendo tale criterio scorretto sia matematicamente, sia giuridicamente. Al contrario, spiega la Suprema Corte, occorre utilizzare il criterio della “capitalizzazione”, moltiplicando cioè il reddito perduto espresso in moneta rivalutata al momento della liquidazione per un coefficiente di capitalizzazione che tenga conto dell’anzidetto “montante di anticipazione”. Sotto altro profilo, giudici di secondo grado avevano riconosciuto un danno da ritardato adempimento facendolo decorrere dal giorno del sinistro sino a quello della pronuncia. Anche in ordine a tale aspetto, la Suprema Corte “fa ordine” precisando che in caso di riduzione della capacità di guadagno, il danno risarcibile è un debito di valore pertanto la relativa liquidazione deve essere aggiornata ai valori monetari del momento della sentenza definitiva, mentre la decorrenza degli interessi compensativi e della rivalutazione monetaria va ancorata al momento in cui il danno si è verificato. Tale momento, nel caso di danno da invalidità permanente parziale successivo a un periodo di invalidità temporanea, deve essere individuato non nella data dell’infortunio, ma nel momento in cui è cessata l’invalidità temporanea stessa e si sono stabilizzati i postumi permanenti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 7 maggio – 19 giugno 2014, numero 13945 Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio Ritenuto in fatto che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli articolo 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione che la relazione ha il seguente contenuto “1.- La sentenza impugnata App. Cagliari, 15/03/2011 ha, per quanto qui rileva, riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari che, accertata l'esclusiva responsabilità di T.S. nel sinistro in cui l'auto da questi condotta usciva di strada, andando a finire in una cunetta, causando così gravi lesioni ad G.A. , trasportata dalla stessa autovettura, aveva condannato la Nuova Tirrena Ass.ni Spa al risarcimento a favore della G. di 167.081,00 Euro a vario titolo liquidata, oltre spese legali. Il giudice di secondo grado, a seguito dell'appello proposto dalla G. , che lamentava che il Tribunale, ai fini della liquidazione, non avesse tenuto conto dell'incremento del danno biologico suggerito dal CTU e altri vizi attinenti al quantum dei postumi invalidanti, accoglieva l'appello incidentale della Nuova Tirrena Ass.ni, concludendo per un concorso di colpa della danneggiata nella misura del 40%, per il mancato uso della cintura di sicurezza ed escludendo che sugli importi liquidati a titolo di spese odontoiatriche future potesse essere riconosciuto anche il danno da ritardato adempimento. D'altra parte, la Corte Territoriale accoglieva l'appello principale della G. , riconoscendole anche il danno derivante dall'invalidità permanente specifica, incidente sulla capacità lavorativa, nonostante fosse disoccupata al momento del sinistro. In conclusione veniva riconosciuto alla G. una somma pari a 685.208,40 Euro. 1. Ricorre per Cassazione la G. con cinque motivi di ricorso resiste con controricorso la Nuova Tirrena Ass.ni che propone, a sua volta, ricorso incidentale. I motivi lamentati dal ricorrente principale sono 2.1 - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c. nnumero 3 e 5 in relazione agli articolo 1227, 2727, 2729 c.c. e articolo 115 e 116 c.p.c. omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione, per avere il giudice di secondo grado accertato la sussistenza del concorso di colpa della G. nella misura del 40%, senza considerare che nel giudizio di primo grado l'accertamento del concorso di colpa della vittima non era stato richiesto, emergendo ciò dall'esame delle conclusioni della società convenuta inoltre, si sostiene che la sentenza sia viziata nella parte in cui afferma la circostanza del mancato allacciamento della cintura di sicurezza da parte della G. , nonostante ciò non risulti né dalle dichiarazioni del T. né dal rapporto dei Carabinieri intervenuti sul luogo dell'incidente. 2.2 - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c. nnumero 3 e 5 in relazione agli articolo 115 e 116 c.p.c. omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sotto altro profilo, per avere la sentenza impugnata ritenuto di procedere al riesame della decisione di primo grado limitatamente alla durata dell'invalidità temporanea totale, rigettando le altre censure, relative al danno biologico, danno esistenziale, danno morale e durata dell'invalidità temporanea parziale, in quanto non sorrette da un parere tecnico. 2.3 - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c. nnumero 3 e 5 in relazione agli articolo 281 e 356 c.p.c. omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sotto altro profilo, per avere la Corte ritenuto la G. decaduta dalla prova per testi, senza considerare che la stessa non era stata espletata, perché a causa dei disguidi verificatesi nell'espletamento della consulenza tecnica, effettivamente si era omesso di chiedere la fissazione dell'udienza per effettuare tale incombente, pur essendo stata ritualmente dedotta ed ammessa con ordinanza. Tuttavia, se ne richiedeva la fissazione con la comparsa conclusionale. 2.4 - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c. nnumero 3 e 5 in relazione agli articolo 2054 e 2059 c.c. omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sotto ulteriore altro profilo, nella parte della sentenza impugnata in cui si afferma che la consulenza tecnica espletata in primo grado fosse congruamente motivata. 2.5 - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c. nnumero 3 e 5 in relazione agli articolo 2230 c.c., 57 R.D.L. numero 1578/1993, articolo 4 D.M. numero 585/1994 e tutte le altre norme relative alla professione forense omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione, perché la Corte territoriale - dopo aver accolto l'eccezione formulata dalla Compagnia di Ass.ne ha dichiarato compensate tra le parti, per la metà, le spese di entrambi i gradi di giudizio, così assumendo una decisione iniqua anche in caso di effettiva sussistenza del concorso inoltre, avrebbe errato nella parte in cui ha affermato che, stante l'effettivo risarcimento del danno riconosciuto alla G. e lo scaglione delle tariffe applicabile, si riteneva assorbito il motivo di impugnazione, mostrando così di confondere, ai fini dell'individuazione dello scaglione applicabile, l'importo residuo liquidato, piuttosto che l'intero importo dovuto, quantificato in 685.208,40 Euro e, con la riduzione del 40%, nella somma complessiva di 411.125,00 Euro, importo non coincidente con quello ritenuto dovuto in primo grado. Il ricorrente lamenta l'incongruità dell'importo liquidato e ritiene che, tenuto conto della difficoltà della pratica, debbano essere liquidati gli importi massimi consentiti dal tariffario, pur applicando i minimi del tariffario. Fa, inoltre, riferimento alle parcelle depositate. 3. - Con ricorso incidentale, la Groupama Ass.ni spa già Nuova Tirrena spa lamenta la violazione e falsa applicazione degli articolo 1218, 1223, 1226,1499, 2043, 2056 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c., in relazione all'articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. ed omessa motivazione su punti decisivi, in quanto la Corte territoriale, dopo aver liquidato alla G. il danno patrimoniale futuro in termini di lucro cessante per le lesioni della capacità lavorativa specifica ed enunciato le modalità di calcolo in base al quale giungeva alla liquidazione del danno patrimoniale futuro a favore della danneggiata, avrebbe violato le norme richiamate ed omesso la motivazione circa la non detrazione del montante di anticipazione , incorrendo anche nella violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., per non aver valutato le risultanze istruttorie e/o per aver omesso qualsiasi motivazione al riguardo. Inoltre, contesta il riconoscimento all'odierna ricorrente del danno da ritardato adempimento, oltretutto fatto decorrere, stante l'espresso richiamo alla sentenza di primo grado, dal giorno del sinistro sino a quello della pronuncia e non, invece, da quando la danneggiata inizierà a subire il pregiudizio consistente nella riduzione della capacità lavorativa. 4. - Il ricorso principale è manifestamente privo di pregio. 4.1.1 motivi 2.1, 2.2 e 2.4, suscettibili di essere trattati congiuntamente data l'intima connessione, implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in particolare, un'inammissibile diversa lettura delle risultanze probatorie, senza tenere conto del consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé é, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, Cass. numero 12690/10, in motivazione numero 5797/05 15693/04 . Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova Cass. numero 6064/08 nonché Cass. numero 26886/08 e 21062/09, in motivazione . Infatti, quanto al primo motivo, la Corte Territoriale ha preso in considerazione la circostanza per cui l'uso delle cinture di sicurezza avrebbe impedito la fuoriuscita dal veicolo della G. , a causa dell'urto, valutando così l'incidenza del suo concorso colposo rispetto ai danni dalla stessa subiti. Peraltro, tale motivo, nella parte in cui contesta che la Groupama non avrebbe eccepito in primo grado la circostanza del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte della G. , è inammissibile in quanto si sarebbe dovuta denunciare la violazione dell'articolo 112 c.p.c. e comunque non autosufficiente, in quanto, ove si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato articolo 112., riconducibile alla prospettazione di un'ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale , detto vizio, non essendo rilevabile d'ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all'adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l'altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell'onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi Cass. 14.10.2010 numero 21226 Cass. 19.3.07 numero 6361, 28.7.05 numero 15781 SS.UU., 23.9.02 numero 13833,11.1.02 numero 317. 10.5.01 numero 6502 . 4.2 - Il terzo motivo di ricorso principale è manifestamente infondato. Il giudice d'appello ha ritenuto di dichiarare inammissibile l'istanza istruttoria, formulata nelle conclusioni rassegnate davanti al medesimo, di assumere la prova testimoniale dedotta in primo grado, ammessa e non espletata per inerzia della parte attrice, in quanto doveva ritenersi decaduta dalla stessa, non avendo riproposto l'istanza istruttoria nelle conclusioni rassegnate davanti al giudice di primo grado. Da tanto la Corte territoriale ha correttamente tratto la convinzione di un implicito abbandono giacché, secondo la giurisprudenza di questa S.C. Cass. 3241/2000 , è presumibile la rinuncia della parte alle istanze istruttorie sulle quali il giudice non si è espresso, né esplicitamente, né implicitamente e non riformulate all'udienza di precisazione delle conclusioni. Come affermato da questa S.C., in tema di istruzione probatoria nel rito ordinario, spetta alla parte attivarsi per l'espletamento del richiesto mezzo istruttorio che il giudice abbia ammesso sicché, ove la parte rimanga inattiva, chiedendo la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni senza più instare per l'espletamento del mezzo di prova, è presumibile che abbia rinunciato alla prova stessa Cass. numero 18688/2007 numero 10569/2004 . Si deve, infatti, ribadire il principio secondo cui, qualora la parte che abbia indicato un teste richieda la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, la stessa manifesta con tale inequivoco comportamento la sua volontà di rinunciare all'audizione del teste stesso e se la controparte aderisce alla richiesta di remissione della causa al collegio in sostanza accede alla rinuncia al teste. Tale rinuncia acquista poi efficacia per effetto del consenso del giudice implicitamente espresso con il provvedimento di chiusura dell'istruttoria e di remissione della causa in decisione, per cui compete solo al collegio, con giudizio non sindacabile in sede di legittimità, ordinare la riapertura della istruttoria, revocando l'ordinanza del giudice istruttore Cass. numero 12241/2002 numero 13785/2003 17341/2008 . Inoltre, inconferente è il richiamo delle norme effettuato in tale motivo di ricorso, in quanto occorre considerare che è inammissibile in appello, non vertendosi in un'ipotesi di prova nuova ex articolo 345 cod. proc. civ., la prova testimoniale già indicata e rinunciata in primo grado Cass. numero 17341/2008 e 13785/2003, in motivazione 12241/2002 8127/1996 numero 1103/1994 . 4.2 Il quinto motivo di ricorso è manifestamente privo di pregio, in quanto generico e formulato in violazione del canone di autosufficienza del ricorso la ricorrente fa generico riferimento alle parcelle depositate , senza alcun ulteriore indicazione ai fini della loro individuazione. Senza contare che propone, comunque, un'inammissibile diversa lettura delle risultanze di causa congruamente e correttamente apprezzate dalla Corte d'Appello, laddove critica l'iniquità delle spese legali riconosciute dal giudice di secondo grado, senza considerare che, in tema di regolamento delle spese processuali, la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell'ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall'articolo 91 cod. proc. civ., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa. La valutazione dell'opportunità della compensazione totale o parziale rientra, invece, nei poteri discrezionali del giudice di merito sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della sussistenza di giusti motivi, e il giudice può compensare le spese processuali per giusti motivi senza obbligo di specificarli, atteso che l'esistenza di ragioni che giustifichino la compensazione va posta in relazione e deve essere integrata con la motivazione della sentenza e con tutte le vicende processuali, stante l'inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese medesime, non trovando perciò applicazione in tema di compensazione per giusti motivi il principio sancito dall'articolo 111, sesto comma, Cost. a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 1 legge costituzionale numero 2 del 1999 , secondo cui ogni provvedimento giurisdizionale deve essere motivato. Cass. numero 5828/2006 numero 15882/2007 numero 2397/2008 . 5. Il ricorso incidentale è manifestamente fondato, nei termini di seguito precisati. 5.1. La sentenza della Corte d'Appello non ha detratto, dalla somma riconosciuta alla danneggiata, il c.d. montante di anticipazione, senza tenere conto di quanto affermato da questa S.C., secondo cui, in caso di lesioni personali con postumi invalidanti permanenti, ove il danno patrimoniale futuro costituisca esso danno emergente, come per le spese mediche non ancora sostenute, ovvero lucro cessante da perdita o riduzione della capacità lavorativa sia liquidato nella forma della capitalizzazione anticipata, dalla somma capitalizzata e liquidata in relazione ai valori monetali della data della pronuncia va effettuata la detrazione del montante di anticipazione calcolato sulla base degli interessi a scalare il danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita della capacità di lavoro e di guadagno non può essere liquidato semplicemente moltiplicando il reddito mensile perduto per il numero di mesi per i quali la vittima avrebbe presumibilmente svolto attività lavorativa, perché tale criterio è matematicamente - prima ancora che giuridicamente - scorretto. Il danno in esame va, invece, correttamente liquidato attraverso il metodo della capitalizzazione, e cioè moltiplicando il reddito perduto espresso in moneta rivalutata al momento della liquidazione per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, perché soltanto tale metodo consente di tenere debito conto del c.d. montante di anticipazione , e cioè del vantaggio realizzato dal creditore nel percepire oggi una somma che egli avrebbe concretamente perduto solo in futuro. Cass. numero 4252/2012 1215/2006 7507/2001 . La sentenza impugnata, invece, dopo aver ritenuto di poter ricorrere in via equitativa alle tabelle di cui al R.D. numero 1403/1922, rapportate al coefficiente di età, percentuale di invalidità residuata, prendendo a base la somma corrispondente al triplo della pensione sociale e considerando lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa e aver valutato, alla luce di tali considerazioni, l'entità del danno in 197.635,12 Euro, non contiene una motivazione idonea ad esplicitare la necessaria detrazione del montante di anticipazione , mancando così un iter argomentativo atto a palesare le ragioni della decisione. 5.2. I giudici di secondo grado hanno, inoltre, ritenuto doversi riconoscere alla G. un danno da ritardato adempimento pari a 118.297,00 Euro, facendolo erroneamente decorrere dal giorno del sinistro sino a quello della pronuncia, in quanto viene richiamato espressamente il procedimento esposto dal giudice di primo grado, senza considerare che il danno risarcibile in caso di invalidità non concerne l'incapacità lavorativa in sé, ma la conseguenza del mancato guadagno e, nel caso di invalidità permanente, la riduzione della capacità di guadagno ne consegue che, trattandosi di debito di valore, la liquidazione deve essere adeguata ai valori monetali del momento della pronuncia giudiziale definitiva, tenendosi conto della sopravvenuta svalutazione monetaria, mentre la decorrenza degli interessi compensativi e della rivalutazione monetaria va fissata nel momento in cui il danno si è verificato tale momento, per il danno da invalidità permanente parziale che sia successivo ad un periodo d'invalidità temporanea liquidato separatamente, deve essere individuato non nella data dell'infortunio, ma nel momento in cui è cessata l'invalidità temporanea e si sono consolidati i postumi permanenti. Cass. numero 27584/2011 numero 1215/2006 numero 6403/1988 . Alla luce di tali principi, anche il secondo motivo di ricorso incidentale è manifestamente fondato. 6. - Il relatore propone la trattazione dei ricorsi in camera di consiglio ai sensi degli articolo 375, 376, 380 bis c.p.c., il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale, con rinvio della causa, per nuovo esame e per le spese, incluse quelle del presente giudizio di legittimità, alla medesima Corte territoriale in diversa composizione” che la suddetta relazione fu comunicata agli avvocati delle parti costituite per l'adunanza camerale del 9 ottobre 2013 che, con ordinanza resa in udienza, fu ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti di T.S. , all'indirizzo indicato, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione, sia per il ricorso principale che per il ricorso incidentale. Considerato in diritto che la ricorrente principale ha ritualmente depositato avviso di ricevimento della notifica dell'originario ricorso con la conseguenza che perde efficacia l'ordine di integrazione del contraddittorio e il ricorso principale può essere esaminato nel merito che, invece, la ricorrente incidentale, pur avendo provveduto - in esito all'ordinanza collegiale - a notificare tempestivamente al T. il controricorso contenente il ricorso incidentale, unitamente all'ordinanza emessa dalla Corte, non ha dato prova dell'avvenuta ricezione dello stesso, non avendo tempestivamente depositato l'avviso di ricevimento insieme agli altri atti articolo 371 bis cod. proc. civ. che il T. non si è difeso che, pertanto, in mancanza di rituale deposito del suddetto documento, non sussistendo la prova della integrazione del contraddittorio necessario disposto dalla Corte, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 331, secondo comma, cod. pro. civ. che, con riferimento al merito del ricorso principale, il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto p. 4 e sottopartizioni della relazione che le parti non hanno mosso rilievi che, pertanto, il ricorso principale deve essere rigettato ed il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile che, in ragione della reciproca soccombenza, le spese del giudizio di cassazione sono integralmente compensate. P.Q.M. La Corte di Cassazione decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale dichiara inammissibile il ricorso incidentale compensa integralmente le spese processuali del giudizio di cassazione.