Nessun dubbio sui problemi vissuti dalla lavoratrice, ma ciò non basta per ritenere che il precario stato di salute sia stato alla base della brusca interruzione della collaborazione. Secondaria la documentazione medica, anche perché il recesso si è concretizzato a diversi mesi di distanza dall’incidente e dalle dimissioni dall’ospedale.
Davvero un brutto colpo per la lavoratrice – agente assicurativa, per la precisione – l’incidente stradale – e il conseguente periodo di malattia – ne hanno ovviamente ‘rallentato’ l’operatività. Ma tale elemento non può affatto bastare per considerare acclarato che la brusca interruzione del rapporto sia stata provocata dalle condizioni fisiche della donna. Secondaria, in sostanza, la documentazione medica portata dall’agente, soprattutto perché ella, prima del recesso, aveva ripreso regolarmente l’attività e a pieno regime. Cass., sent. numero 8642//14, Sezione Lavoro, depositata oggi Recesso. Sì alla «indennità di cessazione del rapporto». Vittoria, in primo grado, per l’agente assicurativa nella battaglia legale – frutto della rottura improvvisa della collaborazione – coi titolari dell’agenzia. Ma la soddisfazione è brevissima In secondo grado, difatti, i giudici ribaltano completamente il verdetto a essere sconfitta è l’agente, condannata «al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso». Fatale, per i giudici di Appello, la mancanza della ‘prova provata’, da parte dell’agente, della «giusta causa del recesso dal contratto». Per essere precisi, non è «emerso che il recesso dipendesse dallo stato di malattia» della donna, posto che, spiegano i giudici, ella «aveva ripreso l’attività, con piena disponibilità di tempo ed energia» subito dopo l’«incidente stradale» di cui era rimasta vittima. Stato di salute. Ad avviso della donna – che sceglie di proporre ricorso in Cassazione – vi è un errore di fondo nella valutazione compiuta dai giudici di secondo grado non è stato adeguatamente valutato il ‘peso specifico’ della «documentazione medica attestante» il suo «stato di malattia». Proprio le precarie condizioni fisiche, sostiene la donna, hanno reso «improseguibile il rapporto». Ma questa visione viene ritenuta non plausibile dai giudici del Palazzaccio, i quali mostrano di condividere l’ottica adottata dalla Corte d’Appello, alla luce di una «lettera dell’agenzia» da cui emergeva che «prima del recesso vi era stata una ripresa dell’attività lavorativa con piena disponibilità del suo tempo e delle sue capacità fisiche». Peraltro, è anche «emerso», ricordano i giudici, che «gli esiti dell’incidente stradale» non si erano «protratti per tanti mesi dopo le dimissioni dall’ospedale» sì da risultare «di pregiudizio per l’attività lavorativa», e, comunque, il «recesso» si è concretizzato «numerosi mesi» dopo l’uscita dal nosocomio. Assolutamente illogico, quindi, parlare di «impossibilità di prosecuzione del rapporto» alla luce delle «condizioni di salute» della donna.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 dicembre 2013 – 14 aprile 2014, numero 8642 Presidente Lamorgese – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Il Tribunale del lavoro di Potenza con sentenza del 19.6.2009 accoglieva il ricorso proposto da L.T.C. nei confronti dell'Agenzia generale Unipol 2M Assicurazioni di M.F. e M.G. condannando quest'ultima al pagamento in favore della T. della somma di euro 1.043,13 oltre accessori per indennità di cessazione del rapporto. Rigettava la domanda riconvenzionale diretta ad ottenere anche il preavviso. La Corte di appello di Potenza con sentenza dell'11.2.2010 accoglieva l'appello dell'Agenzia e per l'effetto rigettava la domanda proposta dalla L.T.C. e condannava questa al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso liquidata nella misura pari alla metà della media provvisionale degli ultimi tre anni. La Corte territoriale osservava che al rapporto era applicabile per analogia l'articolo 2119 c.c. l'agente non aveva indicato le ragioni integranti la giusta causa del recesso dal contratto non era emerso che il recesso dipendesse dallo stato di malattia della L.T. posto che la stessa aveva ripreso l'attività con piena disponibilità di tempo ed energie dopo l'incidente stradale subito. Pertanto non essendo stata dimostrata alcuna giusta causa di recesso la L.T. doveva essere condannata al pagamento del preavviso. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la L.T. con due motivi. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1751 comma primo e secondo come modificato dal D.Lgs. numero 303/91 nonché dell'articolo 2119 c.c., nonché dall'articolo 12 delle disposizioni della legge in generale. La lavoratrice aveva prodotto in giudizio documentazione medica attestante uno stato di malattia la Corte avrebbe dovuto ritenere pacifico il fatto dello scioglimento del rapporto in ragione di un fatto obiettivo come la sofferta malattia e ritenere applicabile l'articolo 1751 c.c. al caso esaminato. Non spettava all'Agente dare la prova della giusta causa. Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha infatti osservato il rapporto era cessato per fatto dell'agente e che non poteva dirsi acclarato che tale cessazione fosse avvenuta in relazione ad un fatto obiettivo come lo stato di malattia che rendeva improseguibile il rapporto. La Corte territoriale ha infatti accertato che prima del recesso vi era stata una ripresa dell'attività lavorativa da parte della L.T. con piena disponibilità del suo tempo e delle sue capacità fisiche, come da nota del 3.11.2004. Non era poi emerso che gli esiti dell'incidente stradale si fossero protratti per tanti mesi dopo le dimissioni dall'Ospedale si da risultare di pregiudizio per l'attività lavorativa, ancora dal settembre 2004. La motivazione della sentenza impugnata appare corretta, congrua e logicamente coerente, mentre le censure in realtà mirano ad affermare che fosse emersa una causa obiettiva di impossibilità di prosecuzione del rapporto, che la Corte territoriale, come detto, ha positivamente escluso in quanto non emergente dai dati processuali che in quanto tali non sono neppure stati contestati specificamente. Con il secondo motivo si allega la motivazione omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria su un fatto controverso e decisivo della controversia in relazione all'articolo 1751 secondo comma nonché dell'articolo 2697 c.c. e 115 e 416 c.p.c. nonché degli articolo 434 c.p.c. e 36 della Costituzione. Non spettava all'agente provare che il suo recesso era giustificato ci si era basati solo su una lettera dell'Agenzia e su elementi insufficienti ad escludere che il recesso non fosse dipeso dalla malattia. Il motivo, che ripropone le questioni sollevate nel primo motivo sotto il versante dell'omessa motivazione, appare infondato. Ai sensi dell'articolo 1751 secondo comma l'agente non ha diritto alle indennità se risolve il contratto, a meno che il recesso sia giustificato in relazione a circostanze obiettive come lo stato di malattia. Pur non avendo l'agente nella lettera di recesso richiamato alcun elemento in questo senso la Corte territoriale ha ritenuto che tali circostanze potessero essere provate o risultare aliunde, ma ha escluso che fosse emerso che era stata la malattia ad impedire un proseguimento del rapporto e quindi il recesso della parte ricorrente. Non è stata richiamata solo la lettera dell'Agenzia, ma anche la circostanza che il recesso è intervenuto numerosi mesi dopo le dimissioni dall'Ospedale. La Corte territoriale ha quindi escluso la rilevanza della malattia come giustificazione del recesso in quanto vari e concordi elementi escludevano il nesso tra malattia sofferta e recesso dell'agente. Si tratta di una motivazione congrua e logicamente coerente, mentre le censure appaiono di mero fatto e dirette ad una riqualificazione del fatto, inammissibile in questa sede. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Nulla spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.