La circolare 718/13-C approvata dal Consiglio nazionale del notariato il 31 gennaio 2014 e diffuso l’11 febbraio fa tornare alla ribalta il tema degli accordi di mediazione con i quali le parti accertano l’intervenuta usucapione di un bene immobile per l’autorevolezza dell’istituzione da cui promana, la circolare merita un approfondimento anche perché, adeguandosi ad un’interpretazione letterale delle norme, l’effetto è quello di limitare l’operatività del nuovo istituto disegnato dal decreto del Fare.
Ed infatti, una delle maggiori novità contenute in quel decreto era la previsione di un numero 12-bis all’articolo 2643 c.c. in materia di trascrizione laddove sono stati inseriti proprio «gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato». Il d.l. numero 69/2013 e la trascrizione dell’accordo di usucapione. Orbene, commentando quella novità avevo pensato che il legislatore era stato chiaro almeno sullo scopo del proprio intervento e, cioè, quello di superare i provvedimenti che avevano negato - sul presupposto della tassatività dei casi di trascrizione nei registri immobiliari - la trascrizione degli accordi di mediazione con cui le parti accertavano l’intervenuta usucapione. Un superamento necessario per evitare che, con riferimento alle controversie aventi ad oggetto la proprietà dei beni rispetto alle quali vigeva e vige la condizione di procedibilità qualcuno ancorché infondatamente sostenesse l’inutilità della mediazione e, quindi, la sua non obbligatorietà come Trib. Varese, ord. 20 dicembre 2011 in quanto non avrebbe potuto approdare ad un accordo quantomeno nelle ipotesi in cui le parti ritenevano essersi verificata l’usucapione e, cioè, una fattispecie acquisitiva a titolo originario . Detto questo, poi, si può discutere, da un lato, se la norma avesse trovato un’idonea collocazione oppure avrebbe dovuto essere più correttamente posta come articolo 2651-bis c.c. e, quindi, subito dopo la trascrizione della sentenza di accertamento dell’intervenuta usucapione . Dall’altro, si può discutere se il legislatore avesse voluto, oppure no, riconoscere in capo ai privati un potere di accertamento negoziale. In ogni caso, l’idea del legislatore non poteva che essere quella che a si possono fare accordi di mediazione con cui le parti accertano l’intervenuta l’usucapione b quegli accordi sono trascrivibili nei pubblici registri e c la sentenza che accerta l’usucapione e l’accordo di identico contenuto sono “fungibili” o quanto meno l’accordo non è un minus della sentenza . La posizione del notariato. Ebbene, se bene ho interpretato il senso dell’analisi del notariato esso è fondato principalmente sulla collocazione sistematica degli accordi di mediazione all’interno dell’articolo 2643 c.c Da quella collocazione il Notariato fa discendere - applicando le norme di legge - l’applicazione degli articolo 2644 e la necessità della continuità delle trascrizioni. Ed infatti, si legge nel documento, «nel sistema della pubblicità immobiliare l’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione, per la sua collocazione all’interno dell’articolo 2643 c.c., non sarà titolo idoneo a dare vita ad una nuova catena di legittimi titoli di proprietà o di altri diritti da far valere erga omnes e con presunzione assoluta rispetto ai terzi, ma sarà titolo di acquisto con gli effetti di cui agli articolo 2644 c.c. e 2650 c.c. che, per volontà del Legislatore, dovrà collocarsi, per produrre i suoi effetti nei confronti dei terzi, all’interno di una catena di legittimi titoli che troverà la sua origine in un diverso titolo di acquisto originario». Una soluzione interpretativa capace di far dormire sonni tranquilli a quanti non vogliono consentire che con un contratto rectius con un negozio di accertamento le parti ottengano effetti simili a quelli che il giudice potrebbe dare e, soprattutto, che mirano ad evitare prendendo l’espressione a prestito contratti a danno del terzo. Secondo lo studio del Notariato, «l’applicazione delle regole sugli acquisti a titolo derivativo all’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione si risolve, in buona sostanza, in un ibrido con conseguenze tra le parti e rispetto ai terzi significativamente diverse rispetto al medesimo accertamento contenuto in una sentenza». In fondo - si argomenta richiamando l’ordinanza del Tribunale di Massa del 2 febbraio 2012 - così è anche perché vi è un «differente ruolo svolto dai mediatori rispetto all’Autorità Giudiziaria i primi, si limitano a facilitare l’incontro delle volontà delle parti senza prendere posizione sul merito della controversia, la seconda decide quale delle due parti in conflitto ha ragione e merita l’accoglimento della propria domanda». Secondo me la collocazione all’interno del 2643 c.c. è errata dal momento che non ne possono derivare gli effetti che il Notariato applicando le norme di legge, beninteso ritiene di applicare. Ma l’errore non può far dimenticare che la collocazione sistematica errata non può mutare il contenuto e gli effetti di un negozio il cui contenuto appare chiaro. Certo se il legislatore avesse inserito la norma in un ipotetico 2651 bis c.c. e come lo stesso Notariato molto tempo addietro aveva sollecitato il problema forse non si sarebbe neppure posto. La paura del contratto a danno del terzo. La lettura “letterale” e “sistematica” dell’articolo 2643, numero 12-bis, c.c., però, sembra essere agevolata da un’idea assai diffusa e, cioè, che con il contratto spesso non si devono poter ottenere effetti omologhi alla sentenza del giudice. Ma tale idea deve essere superata se si vuole che la mediazione possa decollare tranquillamente nel pieno rispetto delle regole che presiedono la disciplina del contratto e dell’efficacia della sentenza nei confronti dei terzi. E ciò anche perché o meglio, soprattutto, perché non si tiene conto di ciò che ogni processo civile avente ad oggetto diritti disponibili e, cioè, il terreno sul quale è chiamata ad operare la mediazione si conclude con una sentenza che, ex articolo 115 c.p.c., deve decidere sulla base dei fatti provati e non contestati dalle parti. E se le parti questa sembra la paura espressa da quanti diffidano dall’equivalenza della mediazione rispetto alla sentenza del giudice si accordassero fraudolentemente per far risultare una certa situazione di fatto che ne sarebbe del povero terzo a danno del quale le parti hanno colluso? Senonché, il sistema ha previsto una forma di tutela per il terzo sia prima della sentenza l’intervento nel processo sia dopo che una sentenza è stata emessa l’opposizione di terzo . Né più, né meno - come osserva la più attenta dottrina - dell’azione di simulazione e dell’azione revocatoria di diritto sostanziale. Una volta esclusa la paura della frode ai danni del terzo che nemmeno il processo può sterilizzare tanto che prevede l’opposizione di terzo! non v’è ragione di riconoscere che l’accordo con il quale le parti riconoscono l’intervenuta usucapione abbia la stessa & lt forza& gt della sentenza civile che accerti l’intervenuta usucapione anche perché, francamente, non riesco a capire cosa servirebbe addivenire ad un accordo di tal contenuto . A mio avviso, quindi, la trascrizione dell’accordo di mediazione con cui è accertata l’intervenuta usucapione tra usucapito e, cioè, colui che appare proprietario dal registro immobiliare e usucapiente e, cioè, colui il quale rivendica la proprietà per averla usucapita ha una mera funzione di pubblicità notizia e produce effetti omologhi rispetto alla trascrizione della sentenza che non ha certamente un’efficacia erga omnes . I rapporti tra usucapiente e creditore ipotecario dell’usucapito. Da ultimo un cenno meritano gli effetti dell’usucapione sull’ipoteca iscritta contro l’usucapito. A tal proposito, pur essendoci alcune diversità di vedute, l’usucapiente prevale sul creditore ipotecario che ha acquistato da colui il quale aveva già perso la proprietà dal momento in cui è divenuto proprietario a prescindere da ciò che questi abbia preso parte al processo avente ad oggetto l’accertamento della proprietà. Certo, se chiamato a partecipare al processo la sentenza sarà a lui opponibile e la questione sarà definitivamente chiusa. Peraltro, se l’usucapione è una fattispecie legale e la trascrizione della sentenza realizza, quindi, una pubblicità notizia non può che derivarne un ulteriore effetto anche il negozio di accertamento dell’intervenuta usucapione concluso tra le parti non può che avere ad oggetto il riconoscimento dell’effetto legale già verificatosi. Se poi le parti vogliono ottenere che l’accertamento faccia stato anche al terzo dovrà partecipare all’accordo e prestare il suo consenso. Ecco perché, ancora una volta, l’idea che l’accertamento dell’usucapione è un acquisto a titolo derivativo se consacrato in un accordo di mediazione mi lascia un po’ perplesso.
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