Chiede consiglio su una situazione dubbia ad un carabiniere molto zelante: dov’è il reato?

Chi si rivolge ad un ufficiale di p.g. per chiedere un semplice consiglio su una situazione ritenuta pregiudizievole per la salute pubblica, senza l’intenzione di sporgere una denuncia, non può essere condannato per diffamazione, se poi il pubblico ufficiale decide di attivare, con un’iniziativa personale, gli organi preposti al controllo, le cui verifiche danno però esito negativo.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 2827, depositata il 21 gennaio 2015. Il caso. Il tribunale di Pescara condannava un imputato per il reato di diffamazione. Questo ricorreva in Cassazione, deducendo di essersi recato dai carabinieri non per sporgere una denuncia o una querela, ma soltanto per quello che definiva un «consiglio». Era stato poi il maresciallo con cui aveva parlato ad avere un eccessivo zelo, che aveva comportato che delle semplici osservazioni erano state «attenzionate» al di fuori di un colloquio riservato un contesto lontano da quello necessario per l’integrazione del reato di diffamazione. Un semplice consiglio. La Corte di Cassazione rievoca la vicenda l’imputato si era recato in caserma mostrando uno scritto indirizzato al Procuratore della Repubblica , in cui erano contenute delle affermazioni, ritenute poi diffamatorie, sulla gestione, da parte della persona offesa, di un’agenzia ippica frequentata dal ricorrente. Si trattava, quindi, di una semplice segnalazione riguardante una situazione ritenuta pregiudizievole per la salute pubblica. Era stato poi il maresciallo, con un’iniziativa esclusiva, ad attivare gli organi preposti al controllo della sussistenza dei requisiti di igiene e sicurezza di un locale aperto al pubblico, trasmettendo immediatamente la notizia all’ASL, le cui verifiche avevano però dato esito negativo. Perciò, l’imputato non aveva inteso sporgere denuncia, ma si era limitato a rivolgersi per un consiglio ad un pubblico ufficiale, il quale aveva poi proseguito la sua iniziativa personalmente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e mette la parola ‘fine’ alla vicenda. Il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 dicembre 2014 – 21 gennaio 2015, numero 2827 Presidente Dubolino – Relatore Palla Fatto e Diritto D. R. ricorre avverso la sentenza 19.2.13 del Tribunale di Pescara che ha confermato quella in data 7.3.12 del locale giudice di pace con la quale è stato condannato, per il reato di cui all'art.595 c.p., previo riconoscimento di attenuanti generiche, alla pena di € 200,00 di multa e al risarcimento del danno in favore della parte civile D.M. D.B. U., liquidato in complessivi € 1.000,00. Deduce il ricorrente, nel chiedere l'annullamento dell'impugnata sentenza, con il primo motivo violazione di legge in quanto il D. non si era recato presso gli uffici dei carabinieri per sporgere una denuncia o una querela, ma soltanto per un `consiglio', tanto che lo stesso M.llo V. aveva in dibattimento precisato che l'imputato aveva con sé un atto indirizzato al Procuratore della Repubblica di Pescara, del 16.1.08, recante in calce il nome dattiloscritto del D. il quale gli aveva mostrato la documentazione che aveva al seguito e della quale esso M.llo V., di sua iniziativa, aveva estratto copia. Era stato solo per l'eccessivo zelo del M.llo V. - lamenta la difesa del ricorrente - & lt che quelle confuse osservazioni vennero attenzionate & gt , al di fuori di & lt un riservato colloquio con il Maresciallo V. in un contesto dunque assai lontano da quello in cui si pone in essere opera di diffamazione & gt . Con il secondo motivo si lamenta l'incongruità della pena di € 200,00 di multa che ben avrebbe potuto essere contenuta in misura inferiore, previa concessione delle attenuanti generiche per l'incensuratezza dell'imputato. Osserva la Corte che il ricorso è fondato. I giudici di merito, travisando i risultati probatori e con una motivazione contraddittoria, hanno fondato l'affermazione di responsabilità dell'odierno ricorrente per il reato di diffamazione sulle dichiarazioni del M.llo V. - la cui attendibilità non è in discussione - , asserendo che il D. si era recato presso gli uffici dei Carabinieri di Pescara mostrando volontariamente lo scritto datato 16.1.08 con allegata nota del 17.9.07 e nel quale erano contenute le affermazioni - reputate di contenuto diffamatorio - riguardanti la gestione, da parte del D.M. B., dell'agenzia ippica di via Fabrizi, rappresentandosi, anche sotto il profilo del dolo eventuale, le successive iniziative che il M.llo dei carabinieri, nella sua qualità, avrebbe assunto. Senonchè, è risultato pacifico che si era trattato, da parte dell'odierno ricorrente, di una segnalazione in questi termini si è espresso il M.llo V. traesse appunto origine da . In conclusione l'impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio per insussistenza del fatto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.