Quando il risarcimento del danno non attenua il reato

La circostanza attenuante dell’attivo ravvedimento di cui all’articolo 62 comma 1, seconda parte, c.p., si riferisce non già ad un atto di risarcimento patrimoniale parziale, ma all’elisione o all’attenuazione di quelle conseguenze del reato che non consistano in un danno patrimoniale o in un danno non patrimoniale, ma economicamente risarcibile , ai sensi dell’articolo 185 c.p Tale interpretazione della norma è l’unica riconoscibile, perché diversamente verrebbero prese in considerazione condotte tra loro incompatibili risarcimento parziale e risarcimento integrale che comporterebbero il medesimo effetto riconoscimento della circostanza attenuante .

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 1748/15, depositata il 15 gennaio. Il caso. Gli imputati, correi di una rapina aggravata con l’uso di armi taglierino venivano condannati dalla Corte di Appello di Milano ed agli stessi, nonostante il pagamento di una somma pari ad € 300,00 a ciascuna delle persone offese mediante vaglia postali nel corso delle indagini preliminari, non veniva riconosciuta l’attenuante del risarcimento del danno, prevista dall’articolo 62, numero 6 c.p Il ricorso, in particolare, di uno dei due, lamentava, sul punto, il mancato riconoscimento della stessa, stante che la norma prevede non solo l’ipotesi di risarcimento integrale, ma anche la diversa ipotesi dell’applicabilità dell’attenuante in presenza di una condotta dell’imputato «volta all’attenuazione delle conseguenze dannose del reato». Ipotesi di attenuazione. Come è noto, invero, l’attenuante in parola ricorre in due precise ipotesi, come si legge a norma del numero 6 dell’articolo 62 c.p In particolare, quando l’indagato abbia «prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni» e quando si sia «prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso dell'articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato». Ebbene, come si rileva nel caso di specie, già la Corte di merito aveva escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’attenuante sotto il primo dei profili richiamati, posto che la somma versata dall’imputato a titolo risarcitorio non potesse costituire un tempestivo integrale risarcimento del danno, così come richiesto dalla prima ipotesi richiamata e perché il gesto di consegnare somme non può essere considerato un gesto riparatorio sostanziale e integrale immediatamente prima dell’apertura del dibattimento o prima dell’ordinanza che decide sull’istanza di giudizio abbreviato. Sul punto, peraltro, rilevava che, in primo luogo, la somma erogata fosse insufficiente a costituire un integrale risarcimento del danno arrecato alle persone offese e, in secondo luogo, che il versamento fosse stato tardivamente effettuato. Il risarcimento parziale attenua il reato? La Corte di legittimità, ritenendo corretta la decisione del giudice di prime cure, ha, da un lato, ritenuto infondato il ricorso e, dall’altro, ribadito come la valutazione dell’insufficienza dell’atto riparatorio non è sindacabile in tale sede. In merito, invece, alla mancata motivazione circa l’irrilevanza del gesto compiuto dall’imputato, la Corte afferma la inammissibilità di tale motivo, perché l’ipotesi prevista dalla seconda parte della norma non riguarda un presunto risarcimento parziale del danno da reato, quanto piuttosto tutte quelle ipotesi di elisione o attenuazione delle conseguenze del reato che non consistono in un danno patrimoniale ai sensi dell’articolo 185 c.p Sull’applicabilità della seconda ipotesi attenuativa. Secondo la Corte, invero, se si riconoscesse forza attenuativa anche al risarcimento parziale, verrebbe meno la ratio della norma, che prevedrebbe le medesime conseguenze in casi diversi riparazione totale o parziale . Per tali ragioni, afferma, invece, che la seconda ipotesi riguarda tutti quei reati che non offendono il patrimonio, poiché l’attenuante in parola ricorre solo quando il colpevole, dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, si adoperi, per ravvedimento, e fuori dei casi di cui all’articolo 56 c.p., ad elidere o attenuare il c.d. danno criminale, che, secondo la Corte, è integrato dalla «lesione o dal pericolo di lesione, in capo ai soggetti passivi – reali o potenziali – del bene giuridico specificamente tutelato dalla norma».

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 ottobre 2014 – 15 gennaio 2015, numero 1748 Presidente Casucci – Relatore Crescienzo Motivi della decisione C.G. e D.P.G. , tramite i rispettivi difensori ricorrono per Cassazione avverso la sentenza 23/12/2013 con la quale la Corte d'Appello di Milano, con rito abbreviato confermando la decisione 9/4/2013 del GUP dell'omonimo tribunale che, li ha condannati alla pena di anni due mesi sei di reclusione ed Euro 900 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere per il reato di concorso in rapina aggravata e e di porto e de-tenzione di un taglierino utilizzato per commettere il suddetto reato. I ricorrenti chiedono l'annullamento della decisione impugnata deducendo rispettivamente i seguenti motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p. C.G. . p.1. ex articolo 606 lettere B ed E c.p.p., vizio di motivazione ed erronea applicazione degli articolo 62 numero 6 e 133 c.p La difesa sostiene che la Corte d'Appello ha escluso l'attenuante di cui all'articolo 62 numero 6, con motivazione generica e lacunosa senza tenere conto che l'imputato già nel corso delle indagini preliminari ha risarcito i danni morali cagionati a ciascuna delle cinque persone offese mediante cinque vaglia postali della somma di Euro 300 ciascuno. La difesa sostiene che la Corte d'Appello non ha applicato in modo corretto la norma perché l'attenuante in parola ricorre non solo a seguito di un integrale risarcimento del danno ma anche a seguito di condotta dell'imputato volta all'attenuazione delle conseguenze dannose del reato. La difesa sostiene ancora che contrariamente a quanto affermato dalla corte d'appello, l'imputato ha risarcito i danni morali nel corso delle indagini preliminari a seguito della notificazione e dell'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere. p.2. La difesa lamenta che la Corte d'Appello non avrebbe dato contezza alla luce dei criteri ispiratori offerti dall'articolo 133 c.p. della congruità della pena inflitta. D.P.G. . p.1. Ex articolo 606 I^ comma lett. B ed E c.p.p., la difesa sostiene che la sentenza è carente illogica e contraddittoria nel punto in cui riconoscere l'esistenza dell'aggravante della commissione del reato in modo travisato in particolare la difesa afferma che non è certa la circostanza della presenza di una terza persona concorrente nella rapina, travisata ed in attesa fuori dell'istituto bancario ove si è consumato il reato. La difesa sostiene infine che non ricorre neppure l'aggravante dell'uso delle armi perché non è provato che l'imputato fosse entrato nell'istituto bancario munito di taglierino e che questo fosse stato puntato contro una delle persone offese. p.2. la difesa sostiene che la corte d'appello, nella determinazione dell'entità della pena, avrebbe dovuto tenere considerare le condizioni di vita individuale e familiare dell'imputato al momento del fatto, nonché le ragioni per le quali ha commesso il reato. Sulla base delle medesime considerazioni la difesa lamenta che la sentenza sarebbe erronea anche non avere riconosciuto le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza anziché di mera equivalenza rispetto le circostanze aggravanti Ritenuto in diritto Il ricorso del C. è infondato con riferimento al primo motivo. La corte d'appello ha affermato la mancanza dei presupposti per il riconoscimento della invocata attenuante, escludendo che la somma versata dall'imputato potesse costituire un tempestivo integrale risarcimento del danno. La corte d'appello ha escluso la possibilità di riconoscere la circostanza attenuante del risarcimento del danno sulla base di due circostanze di fatto 1 l'insufficienza della somma erogata ai fini risarcitoli 2 intempestività tardività con la quale è stato effettuato il versamento della somma. La prima circostanza, non contestato in fatto dalla difesa, vale di per sé ad essere sufficiente, per escludere l'applicazione dell'articolo 62 numero 6 del codice penale. La difesa peraltro invocando l'applicazione della attenuante richiamando la disciplina della II^ parte della disposizione di cui all'articolo 62 numero 6 cp, sostenendo che il comportamento dell'imputato è da intendersi con idoneo a elidere o ad attenuare le conseguenze del reato, lamenta che la Corte d'Appello non avrebbe fornito alcuna motivazione su quanto dedotto. La tesi della difesa non può essere accolta. L'articolo 62 numero 6 cp. contempla due ipotesi distinte. Con la prima il legislatore ha previsto l'attenuazione della pena, purché il risarcimento integrale del danno sia effettuato dall'imputato prima del giudizio e se possibile mediante la restituzione di quanto costituisce una deminutio patrimonii della persona offesa. Con la seconda, il legislatore ha stabilito che l'attenuante vada riconosciuta nel caso in cui l'imputato, fuori dell'ipotesi di cui all'articolo 56 ult. cpv. cp. abbia spontaneamente compiuto atti volti ad attenuare o elidere le conseguenze dannose e pericolose del reato. La Corte d'Appello ha esaminato la condotta dell'imputato sotto il primo dei profili descritti escludendo che potesse ricorrere l'attenuante invocata, perché il gesto di consegnare somme trecento Euro a ciascuna delle persone offese non può essere considerato un gesto riparatorio sostanziale e integrale prima del giudizio, da intendersi prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento nel caso di giudizio ordinario o prima della pronuncia dell'ordinanza di cui all'articolo 438 IVA comma c.p.p. per il caso di giudizio abbreviato [Cass. numero 1528/2009 Cass. numero 45629/2012]. La decisione della Corte d'Appello sul punto appare corretta nell'applicazione del principio di diritto e la valutazione dell'insufficienza dell'atto riparatore è giudizio di merito non sindacabile nella presente sede posto che, nella specie, non si traduce in una valutazione manifestamente illogica. La Corte d'Appello, non ha invece espresso alcun giudizio specifico in ordine all'irrilevanza del gesto compiuto dall'imputato pagamento parziale della somma alle persone offese quale atto di attenuazione delle conseguenze del reato alla luce del dettato della seconda parte del numero 6 del cpv. dell'articolo 62 cp Invero si tratta di motivo di appello ex sé inammissibile, per manifesta infondatezza, sul piano del diritto di quanto preteso dalla difesa. La circostanza attenuante dell'attivo ravvedimento di cui all'articolo 62, comma primo, numero 6, seconda parte, cod. penumero si riferisce non già ad un atto di risarcimento patrimoniale parziale come vorrebbe intendere la difesa ma all'elisione o all'attenuazione di quelle conseguenze del reato che non consistano in un danno patrimoniale o in un danno non patrimoniale, ma comunque economicamente risarcibile , ai sensi dell'articolo 185 cod. penumero L'interpretazione della disposizione nei suddetti termini è l'unica possibile sul piano logico, perché diversamente verrebbero prese in considerazioni due condotte fra loro incompatibili risarcimento integrale del danno e risarcimento parziale del danno che comporterebbero il medesimo effetto sul piano del riconoscimento della circostanza attenuante. Per tale ragione la seconda ipotesi di attenuazione della pena prevista dall'articolo 62 numero 6 c.p. non è applicabile ai reati che offendano il patrimonio [Cass. 36595/2009 Cass. numero 660/1967 Cass. numero 306/2009], poiché l'attenuante in parola ricorre solo quando il colpevole, dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, si adoperi, per ravvedimento, al fine di elidere o attenuare le conseguenze concernenti il cosiddetto danno criminale, che è integrato dalla lesione o dal pericolo di lesione, in capo ai soggetti passivi - reali o potenziali - del bene giuridico specificamente tutelato dalla norma violata [Cass. numero 6863/1994]. La circostanza che la motivazione della decisione della Corte d'Appello sia carente sul suddetto motivo di gravame da ritenersi comunque inammissibile, perché la difesa invoca il riconoscimento di una attenuante al di fuori della previsione normativa non determina alcun annullamento della sentenza stessa. Infatti, una diversa decisione sul punto, non darebbe comunque alcun possibile giovamento alla posizione dell'imputato che è pertanto privo di un interesse giuridicamente apprezzabile nella coltivazione di un motivo di impugnazione che ex sé inammissibile e che come tale deve essere dichiarato in un eventuale giudizio di rinvio. Per tali ragioni il primo motivo di ricorso del C. va rigettato. Mentre va ritenuto inammissibile il secondo motivo di gravame. La difesa introduce questioni che attengono al merito della decisione impugnata senza mettere in evidenza alcun vizio di motivazione desumibile dal testo del provvedimento impugnato né vizi nell'applicazione della legge nella parte relativa al trattamento sanzionatorio che la Corte territoriale ha giustificando ampiamente prendendo in considerazione il gesto con il quale l'imputato ha manifestato una volontà riparatoria, e valorizzandolo ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche la stessa Corte d'Appello ha nuovamente considerato la condotta processuale dell'imputato che non ha manifestato piena collaborazione , tacendo il nome del terzo partecipe alla rapina. L'entità della pena, alla luce della gravità del reato rapina pluriaggravata in un istituto bancario appare obbiettivamente contenuta e comunque si colloca, sotto un profilo della quantità, verso i minimi edittali anni tre e mesi sei di reclusione e 900,00 Euro di multa , sicché la motivazione è adeguata ed idonea a superare le critiche mosse. Il ricorso del D.P. , è manifestamente infondato. Con il primo motivo la difesa propone una diversa ricostruzione in fatto, alternativa a quella emergente dalla esposizione contenuta nella sentenza impugnata. Infatti la difesa propone sospetti di assenza di prova sufficiente sia in ordine alla presenza di una terza persona quale partecipe al reato, sia in ordine al travisamento , sia infine in relazione alla aggravante dell'uso di un'arma. Su tutti i suddetti punti la Corte territoriale ha dato ampia ed esaustiva risposta [v. pag. 6 della sentenza]. La Corte d'Appello ha spiegato in modo dettagliato le ragioni per le quali ha ritenuto la partecipazione di una terza persona rimasta ignota alla commissione della rapina, con funzione di palo all'esterno dello istituto bancario la stessa Corte ha indicato puntualmente le fonti di prova dalle quali ha tratto la prova di tale fatto e ha altresì motivato sia in relazione alla circostanza del travisamento di uno dei partecipanti alla rapina, sia in relazione alla circostanza dell'uso delle armi. Su tutti i punti la difesa non ha formulato censure idonee a mettere in evidenza, vuoi un'erronea applicazione della legge penale, vuoi un vizio specifico della motivazione. Con il secondo motivo la difesa formula censure di merito in ordine al trattamento sanzionatorio, formulando una critica del tutto generica. La Corte territoriale ha spiegato in modo puntuale i motivi della propria decisione, richiamandosi ai parametri dettati dall'articolo 133 c.p., facendo riferimento sia alla gravità del fatto, valutato alla luce del riconoscimento delle attenuanti generiche in misura equivalente alle aggravanti contestate, sia alla personalità dell'imputato che risulta avere precedenti penali specifici, sia per il ruolo rivestito nella compagine dei concorrenti l'imputato è stato riconosciuto, per sua stessa ammissione come ideatore del reato . La Corte d'Appello ha valutato il fatto-reato anche nei suoi termini oggetti vi riguardando sia l'azione compiuta rapina in banca con minaccia dei presenti con taglierini, commessa da più persone riunite sia l'entità del danno patrimoniale cagionato. Anche in questo caso la motivazione è adeguata, corretta in diritto, avendo la Corte d'Appello fondato il proprio giudizio su elementi di fatto previsti dall'articolo 133 c.p La Circostanza che la Corte d'Appello non abbia valorizzato il dato familiare-sociologico dell'imputato non ha rilevanza alcuna poiché nel determinare la pena e nell'indicarne le ragioni, il giudice non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell'articolo 133 cod. penumero , potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti Per le suddette ragioni rigetta il ricorso di C.G. , che condanna al pagamento delle spese processuali dichiara inammissibile il ricorso di D.P.G. che condanna al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 616 c.p.p., ravvisandosi nella condotta processuale del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi stabilita. P.Q.M. Rigetta il ricorso di C.G. , dichiara inammissibile quello di D.P.G. . Condanna entrambi al pagamento delle spese processuali e D.P. anche al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.