Il Consiglio di Stato respinge il ricorso di Siciliotti: via libera a nuove elezioni

È stata depositata ieri la sentenza n. 278/2014 con cui Palazzo Spada ha confermato la legittimità del decreto del commissariamento del Consiglio Nazionale ed ha revocato, in maniera definitiva, le controverse elezioni del 15 ottobre 2012. Sarà necessaria una nuova tornata di votazioni.

Epilogo annunciato di un’elezione contestata. Con la sentenza n. 278, depositata il 21 gennaio, il Consiglio di Stato, allineandosi in toto alle statuizioni del TAR Lazio, ha respinto i ricorsi presentati dai componenti della giunta guidata da Claudio Siciliotti. Viene così confermata la validità delle decisioni assunte dal Ministero della Giustizia decreto 11 dicembre 2012 con conseguente commissariamento del CNDCEC e l’annullamento delle votazioni del 15 ottobre 2012. Dovrebbe essere questo – il condizionale è d’obbligo – il punto definitivo di una vicenda articolatasi lungo mesi di polemiche, ricorsi e controricorsi. Un punto focale competizione trasmodata in un conflitto di interessi”. Ciò che ha indotto l'amministrazione ad agire anche sul procedimento elettorale, non è stata la correlazione fra vizi rilevati ed esiti elettorali ma, al contrario, la constatazione che il Consiglio nazionale ha finito per trasferire la sana competizione tipica della consultazione elettorale, all'interno all'organo, ove è inevitabilmente trasmodata in un conflitto di interessi” punto di avvio delle gravi violazioni rilevate dall'amministrazione e giustificanti lo scioglimento. Da qui – come si evince dalle motivazioni della pronuncia della IV Sezione di Palazzo Spada – la bontà della decisione del Ministero di sciogliere l’organo e di revocare l'atto, individuato come la scintilla responsabile di aver fatto deflagrare il conflitto di interessi”. La ratio della decisione. Se le gravi violazioni di legge alla base dello scioglimento sono tutte afferenti alla gestione del procedimento elettorale in itinere, il passaggio obbligato è quello di rifare le elezioni a seguito della nomina di un Commissario”. In generale non possono trovare accoglimento le censure basate sulla c.d. prova di resistenza , ossia sulla correlazione tra la violazione e gli effetti della stessa sul possibile esito elettorale lo schema logico da seguire è quello violazione delle regole elettorali/scioglimento del Consiglio/revoca del procedimento elettorale interessato dalle violazioni . Specificato il punto di partenza, la sentenza valuta nel merito le violazioni commesse, sufficientemente gravi” da giustificare le decisioni assunte dal Ministero sia per il mancato rispetto dei termini e delle modalità di preavviso per la convocazione del Consiglio nazionale del 21 novembre in cui si decise sull’annullamento del trasferimento di Sganga , sia le modifiche al regolamento consiliare senza interpellare previamente il Ministero competente. fonte www.fiscopiu.it

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 17 dicembre 2013 - 21 gennaio 2014, n. 278 Presidente Virgilio – Estensore Veltri Fatto Il 15 ottobre 2012, si svolgevano le elezioni per la nomina dei componenti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, con la partecipazione di due liste la prima denominata Vivere la professione” la seconda Insieme per la professione la forza dell’identità”. Al termine del confronto elettorale la lista Vivere la professione” faceva registrare 364 voti, mentre, la lista Insieme per la professione la forza dell’identità”, n. 359 preferenze. Ancor prima che la Commissione elettorale nazionale provvedesse alla proclamazione degli eletti, il Procuratore della Repubblica di Aosta, in data 19 ottobre 2012 ovvero quattro giorni dopo l’espletamento delle votazioni , rilevava irregolarità attinenti la posizione del Dott. Sganga, uno dei candidati della lista Insieme per la professione la forza dell’identità”, in sostanza si riteneva che il suo trasferimento presso l’ordine dei commercialisti di Aosta fosse fittizio , e proponeva ricorso al Consiglio Nazionale, chiedendo che venisse dichiarata la nullità del trasferimento presso l’ordine di Aosta. Il 5 novembre 2012, il Ministero della Giustizia, considerato che il ricorso, ove giudicato fondato avrebbe potuto determinare la decadenza della lista Insieme per la professione la forza dell’identità”, per venir meno della rappresentanza, a livello di candidature, di una della quattro Regioni settentrionali previste, invitava il Consiglio Nazionale a decidere con urgenza, e nel frattempo sospendeva la proclamazione degli eletti da parte della Commissione elettorale. Il Consiglio nazionale, trovandosi in una condizione di incompatibilità diffusa dei sui componenti, in gran parte candidati nelle liste protagoniste della competizione lo stesso presidente, il dott. Siciliotti, era candidato in Vivere la professione” , provvedeva dapprima a modificare il regolamento consiliare attuativo, sul punto, del disposto dell’articolo 30 del d.lgs 139/2005 , stabilendo che gli astenuti non dovessero computarsi ai fini del quorum funzionale, ma si dovessero invece computare ai fini della quorum strutturale nella stessa seduta del 21 novembre 2012 provvedeva, in applicazione delle regole appena approvate, a decidere il ricorso del Procuratore di Aosta annullando il trasferimento del dott. Sganga. Il Ministero della Giustizia, preso atto di quanto sopra, ritenuta illegittima, nella sostanza oltre che nella procedura, la modifica regolamentare, e considerati altresì i risvolti di una vicenda concomitante che aveva visto i consiglieri dei Consigli dell’ordine di Bari e di Enna esprimere il loro voto nonostante le pregresse dimissioni dei relativi Presidenti che avrebbero invece dovuto determinare ipso iure la decadenza dei Consigli e la nomina di un Commissario , disponeva, con provvedimento dell’11 dicembre 2012 a lo scioglimento del Consiglio nazionale b la nomina di un Commissario straordinario c la revoca del decreto di indizione delle elezioni d la fissazione al 20 febbraio 2013 della data di ripetizione delle votazioni e lo scioglimento della Commissione elettorale. Avverso il provvedimento insorgevano con autonomi ricorsi due gruppi di candidati tutti della lista Vivere per la professione” , proponendo una serie di motivi ruotanti essenzialmente sulla non rilevanza delle violazioni, in quanto riguardanti la lista che ha poi comunque perso le elezioni, oltre che sulla contraddittorietà ed insufficienza delle motivazioni addotte dall’amministrazione. Il TAR respingeva entrambi i ricorsi evidenziando la pluralità degli episodi posti a base dello scioglimento il trasferimento fittizio e strumentale del dott. Sganga l’adozione ed esecuzione della modifica regolamentare in assenza dell’approvazione del Ministero l’omessa vigilanza sulle dimissioni di due Presidenti di Consigli territoriali dell’Ordine che avrebbero dovuto condurre all’immediato commissariamento prima delle elezioni. Tutti gli episodi e non solo quello concernente il dott. Sganga avrebbero dunque concorso alla decisione di scioglimento, nonché alla revoca, per motivi di opportunità in relazione ai fatti sopravvenuti, del decreto di indizioni delle elezioni mai conclusesi, in assenza di proclamazione , non potendosi accordare, nella specie, valenza agli argomenti dei ricorrenti basati sulla cd prova di resistenza” in quanto tendenti ad isolare dal contesto la competizione elettorale. I due gruppi di candidati della lista Vivere la professione” hanno interposto autonomi gravami per i motivi di cui appresso si dirà. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia ed il dott. Longobardi, capolista della lista Insieme per la professione la forza dell’identità”. Nell’imminenza della discussione, con nota depositata il 05/12/13, una delle parti appellanti, la dott.ssa Cavaliere, ha depositato atto di rinuncia all’appello. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013 Diritto 1. La fattispecie contenziosa è costituita dallo scioglimento del Consiglio Nazionale dei Commercialisti e degli esperti contabili con contestuale nomina del Commissario straordinario e revoca del decreto di indizione delle elezioni per il rinnovo. Il TAR ha respinto il ricorso proposto dai vincitori in pectore della tornata elettorale, in realtà sospesa prima della proclamazione degli eletti, ritenendo sussistenti le gravi violazioni contestate dal Ministero vigilante al Consiglio nazionale, e giustificata la ripetizione delle elezioni. Gli appellanti, che sostanzialmente difendono la loro aspettativa ed essere proclamati quali componenti del nuovo Consiglio Nazionale, deducono 1 le elezioni ed il relativo esito sarebbero cosa diversa dallo scioglimento del Consiglio Nazionale, e troverebbero unica ragione nell’illegittima ammissione della candidatura Sganga, tra l’altro disposta inizialmente dal Ministero e poi correttamente annullata dallo stesso Consiglio a seguito del ricorso del Procuratore di Aosta, violazione di per sé irrilevante in quanto afferente il comportamento di un candidato della lista che ha comunque perso le elezioni. Avrebbe per ciò errato, il Giudice di prime cure, nell’enfatizzare l’efficace viziante delle altre violazioni, non foss’altro perché la modifica regolamentare era necessaria per evitare la paralisi dell’organo, e soprattutto perché essa ha comunque condotto ad un deliberato giusto”, id est l’annullamento del trasferimento contestato, come confermato dalla successiva sentenza del Tribunale di Aosta, n. 3 del 6 giugno 2013 del resto la sua adozione era stata resa necessaria dall’urgenza con il quale lo stesso Ministero aveva imposto di deliberare sul ricorso del Procuratore di Aosta. Ancora, avrebbe errato il primo giudice nell’assegnare rilevanza alla vicenda dei voti espressi dai Consigli territoriali di Bari ed Enna, in primis perché il Ministero era da tempo a conoscenza delle dimissioni, e poi perché lo scioglimento di Consigli territoriali non inibirebbe l’espressione del voto per il Consiglio nazionale, trattandosi di attività consentite dal regime di prorogatio il Giudice di prime cure avrebbe infine omesso di pronunciarsi sulla censura di omessa comunicazione di avvio del procedimento, necessaria soprattutto alla luce della natura gravemente pregiudizievole del provvedimento adottando. 2. Il dott. Longobardi, capolista della lista controinteressata, stigmatizza l’inerzia che ha contraddistinto il comportamento del Consiglio nella gestione delle dimissioni dei Presidenti dei consigli territoriali di Bari ed Enna, non avendo lo stesso espresso il parere dovuto ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. 139/2006, e ciò, nonostante le ripetute sollecitazioni provenienti da alcuni membri del consiglio nazionale. L’esclusione tempestiva dal voto avrebbe sicuramente sovvertito il risultato elettorale. Quanto alla modifica regolamentare, essa, non solo sarebbe stata posta all’ordine del giorno, ma approvata con il concorso di ben sette componenti candidati nella lista vivere la professione”, tra l’altro in stridente violazione con l’articolo 30 comma 3 del d.lgs. 139/2006 la successiva decisione sul ricorso del Procuratore di Aosta sarebbe stata, in forza delle citate modifiche regolamentari, approvata con soli quattro voti su ventuno consiglieri. Per il resto sarebbero del tutto condivisibili le ragioni illustrate nella sentenza di prime cure. 3. Anche il Ministero della Giustizia difende le statuizioni di prime cure sottolineando, da canto suo, le innumerevoli lamentele ed il clamore mediatico che hanno caratterizzato la tornata elettorale sino alla sua sospensione. 4. Gli appelli, che devono essere riuniti per evidenti ragioni di connessione, sono entrambi infondati. 4.1. In particolare, è la tesi – centrale nell’impostazione del gravame - secondo la quale le elezioni sarebbero vicenda amministrativa diversa ed autonoma rispetto allo scioglimento del Consiglio, come tale non influenzata da quest’ultimo né influenzabile salvo dimostrare un nesso eziologico tra le singole violazioni e la vittoria della lista vivere la professione”, a non convincere. L’analisi atomistica delle due vicende, sebbene sia apparentemente sorretta dalla diversità ontologica degli oggetti, oblitera invero l’oggettiva unicità del contesto e delle cause che hanno indotto l’amministrazione vigilante di incidere in modo esiziale su ciascuno degli oggetti. Nel caso di specie, il Consiglio ha dovuto gestire le evenienze problematiche offerte dalla competizione elettorale candidature strumentalmente precedute da trasferimenti ad hoc dimissioni di alcuni presidenti territoriali presentate a ridosso delle votazioni e lo ha fatto violando, una serie di regole attinenti alla convocazione dell’organo, alla correttezza della decisione, etc. in una situazione di oggettivo conflitto di interesse, così vasto e diffuso da rendere inaffidabile, nella percezione degli iscritti, l’esito della tornata elettorale, Non sono tuttavia siffatte violazioni che hanno autonomamente giustificato l’ annullamento” delle elezioni in chiave sanzionatoria. Piuttosto, il Ministero ha considerato tali violazioni così gravi da imporre lo scioglimento dell’organo elettivo, ed in relazione ai fatti sopravvenuti ed alla significatività degli stessi in chiave elettorale, ha quindi, prima che le elezioni si concludessero e che arrivassero al vaglio le questioni tra le altre della validità dei voti espressi a Bari e ad Enna, in un clima di crescente conflittualità, revocato l’atto di impulso, inopportuno per tempi e contesto. Ciò anche al fine di evitare un appannamento del valore simbolico della competizione. In sostanza ciò che ha indotto l’amministrazione ad agire anche sul procedimento elettorale, non è stata la correlazione fra vizi rilevati ed esiti elettorali ma, al contrario, la constatazione che il Consiglio nazionale, in ragione della sua composizione e della candidatura di gran parte dei suoi componenti, ha finito per trasferire la sana competizione tipica della consultazione elettorale, all’interno all’organo, ove è inevitabilmente trasmodata in un conflitto di interessi che è probabilmente alla base della gravi violazioni” rilevate dall’amministrazione e giustificanti lo scioglimento. Posto dinanzi ad una serie di violazioni sulla cui effettiva gravità si avrà modo di dire appresso ingenerate e stimolate proprio dalla pendenza del procedimento elettorale, il Ministero ha deciso lo scioglimento dell’organo, ma anche la revoca dell’atto responsabile di aver fatto deflagrare il conflitto di interessi, atteso che il procedimento non si era svolto in modo sereno e corretto né aveva più i presupposti perché potesse essere considerata una sana competizione. 4.2. Alla dirimente domanda posta dagli appellanti aveva il Ministero della Giustizia il potere di annullare le elezioni ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs 139/2005 che unicamente prevede lo scioglimento del Consiglio Nazionale per gravi e ripetute violazioni di legge? Può dunque rispondersi nel senso che il Ministero non ha annullato le elezioni, ma revocato, in relazione a fatti sopravvenuti tra i quali quello relativo allo stesso scioglimento del Consiglio , il decreto di convocazione dei consigli locali per l’elezione del Consiglio Nazionale, e lo ha fatto prima che gli esiti elettorali fossero proclamati e quindi il procedimento concluso, in ragione dell’opportunità di non lasciare in piedi attività comunque prodotte e gestite dal quel Consiglio che si era deciso di sciogliere. Del resto, questa appare una soluzione non irragionevole. Se le gravi violazioni di legge che hanno asseritamente giustificato lo scioglimento sono tutte afferenti alla gestione del procedimento elettorale in itinere, che senso avrebbe avuto sciogliere il Consiglio, ma lasciare in piedi l’attività che ne è stata la scaturigine? Meglio rifare le elezioni a seguito della nomina di un Commissario. Dinanzi ad un tale modus procedendi non possono trovare accoglimento le censure basate sulla cd prova di resistenza”, ossia sulla correlazione tra la violazione e gli effetti concreti della stessa sul possibile esito elettorale a prescindere dalla circostanza che essi partono dal solo dato dei voti, che è cosa diversa dall’esito elettorale consacrato nella proclamazione, basti osservare, richiamando quanto sopradetto, che lo schema logico applicato non è quello violazioni di regole elettorali/annullamento delle elezioni”, ma invece quello violazione delle regole elettorali/scioglimento del Consiglio/revoca del procedimento elettorale interessato dalle violazioni”. 4.3. Altra questione è se le violazioni come detto, tutte afferenti alla gestione del procedimento elettorale siano così gravi da giustificare lo scioglimento. Come correttamente riassunto dal Giudice di prime cure le violazioni sono essenzialmente tre 1 il trasferimento fittizio e strumentale del dott. Sganga 2 l’adozione ed esecuzione della modifica regolamentare in assenza dell’approvazione del Ministero 3 l’omessa vigilanza sulle dimissioni di due Presidenti di Consigli territoriali dell’Ordine che avrebbero dovuto condurre al relativo immediato commissariamento degli organi collegiali prima delle elezioni. Le prime due possono essere esaminate congiuntamente, poiché non è tanto l’ammissione della candidatura Sganga a costituire grave violazione del Consiglio risulta dagli atti della stessa amministrazione, che la prassi riteneva sufficiente l’anzianità di iscrizione non pretendendo una pari anzianità nel radicamento territoriale , quanto l’avere, successivamente al ricorso del Procuratore di Aosta, convocato l’assemblea senza il rispetto dei termini e delle modalità di preavviso, nonché modificato il regolamento consiliare in modo da stravolgere le modalità di voto pregresse, senza darne immediata comunicazione al Ministero ai fini dell’approvazione, in relazione ad un caso che aveva evidenti interferenze con la competizione elettorale, della quale erano protagonisti, quali candidati, gran parte dei componenti il Consiglio. La violazione dell’articolo 30 e dell’articolo 29 del d.lgs. 139/2005 sono oggettivamente sussistenti e sono gravi avuto riguardo proprio all’interferenza delle modifiche regolamentari con il procedimento elettorale in corso, a prescindere dalla correttezza della decisione poi presa, in applicazione di quelle regole di voto, sul ricorso del Procuratore di Aosta. Parimenti grave è il comportamento tenuto dal Consiglio nazionale in occasione delle dimissioni presentate dai Presidenti dei Consigli territoriali di Bari ed Enna, non solo per l’omessa espressione del parere previsto dall’articolo 17 del d.lgs. 139/2005, ma soprattutto, anche in questo caso, per le pesanti interferenze con il procedimento elettorale in corso. Le dimissioni del Presidente comportano, ex articolo 16 comma 1 lo scioglimento di diritto dell’intero consiglio”, senza che sia necessario un procedimento aggravato di conferma o di verifica della volontà dimissionaria già chiaramente espressa e comunicata. Lo scioglimento dell’organo collegiale fa venir meno il diritto al voto dei consiglieri, atteso che essi non ne fanno più parte. Se poi, in assenza di norme specifiche possano o meno trovare applicazione le norme generali sulla prorogatio degli organi amministrativi e se queste consentano di far rientrare il voto nell’ambito degli atti adottabili in regime di prorogati o, è questione giuridicamente spinosa, la cui soluzione, in un senso o nell’altro, non toglie rilevanza e peso specifico all’inerzia del Consiglio Nazionale in punto di formale comunicazione delle dimissioni, ed al legittimo sospetto che comunque la stessa possa essere stata gestita con finalità strumentali, quindi gravi. Non meritano ulteriore approfondimento le considerazioni degli appellanti basate sull’esistenza di opinioni dissenzienti all’interno degli organi Ministeriali incaricati dell’istruttoria, atteso che trattasi di contributi istruttori contenenti prospettazioni di questioni giuridiche o di opportunità, la cui soluzione comunque compete al titolare della funzione decisoria, il quale può discostarsene senza dover per questo motivare specificatamente. 4.4. Deve infine essere esaminato il motivo di ricorso - riproposto in ragione della omessa o insufficiente valutazione in prime cure - relativo alla comunicazione d’avvio del procedimento. Gli effetti esiziali del provvedimento adottando, avrebbero dovuto imporre, a parere degli appellanti, l’adempimento, invece pretermesso. Il motivo non può essere accolto. Com’è noto, ai sensi dell’articolo 21 octies della l. 241/90, il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Nel caso di specie, le violazioni erano ricavabili dalla documentazione, ed il carattere della gravità è stato desunto dall’essere, le violazioni, correlate al procedimento elettorale in corso finalizzato alla rielezione di gran parte dei consiglieri in scadenza. Fermi questi due punti, sui quali la partecipazione non avrebbe potuto aggiungere granché di rilevante, ciò che il Consiglieri avrebbero potuto controdedurre e che poi hanno dedotto in sede giurisdizionale per modificare i propositi dell’amministrazione, riguardava la soluzione di alcune problematiche giuridiche sussistenza del potere, prova di resistenza, corretta interpretazione delle norme, etc. soluzione che è comunque intervenuta in sede giurisdizionale, in senso adesivo a quanto deciso dall’amministrazione. Gli appelli devono in conclusione essere respinti. Rimane assorbito ogni altro motivo od eccezione hinc inde proposto o sollevato che il collegio ritiene irrilevante o ininfluente ai fini della presente decisione. 5. Avuto riguardo alla peculiarità delle questioni trattate le spese possono essere interamente compensate fra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunciando su entrambi gli appelli, come in epigrafe proposti, li respinge. Dà atto della rinuncia all’appello da parte della dott.ssa Cavaliere. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.