In tema di finanziamenti plurimi garantiti da pegno e quindi di revocatoria ordinaria, non è richiesta la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore bensì soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito così, grava sul medesimo convenuto l’onere di provare l’insussistenza del rischio ad hoc in ragione di ampie residualità patrimoniali.
E’, quindi, legittima, e va pertanto confermata, la sentenza di merito con cui, accertati l’erogazione di un finanziamento da parte di più banche con costituzione di pegno ed il protesto di cambiali avvenuto pochi giorni dopo, il mancato pagamento delle retribuzioni dei dipendenti, la deliberazione di messa di liquidazione nonché l’istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo, venga dichiarato inefficace il pegno, in accoglimento dell’istanza di revocatoria. Il principio si argomenta dalla sentenza numero 21807, decisa il 09 settembre e depositata il 27 ottobre 2015. Il caso. Un soggetto, legale rappresentante e fideiussore di una s.p.a. che riceveva aperture di credito, costituiva pegno a garanzia in favore dei tre istituti bancari eroganti. Pochi giorni dopo, la stessa s.p.a. subiva il protesto, da parte di una s.r.l., di quattro cambiali, non versava le retribuzioni dei dipendenti, deliberava la propria messa di liquidazione e chiedeva l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Successivamente, la medesima s.r.l. agiva per l’inefficacia di tale atto di pegno, ottenuta in secondo grado. Il credito tra garanzia e pegno l’azione revocatoria. In primis , vanno richiamati gli articolo 2, 3, 4, 41, 97 e 117 Cost., 2697, 2727, 2729, 2740, 2901 e 2902 c.c., 342, 366 e 369 c.p.c. e 117 T.U.B. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di credito, inadempimento, illecito, responsabilità. Sotto il profilo sostanziale, tre le osservazioni da effettuare. La prima sulla ratio dell’istituto della revocatoria ordinaria e, cioè, la conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore, dunque con finalità cautelare e non recuperatoria Cass. numero 7172/2001 e numero 1804/2000 . La seconda, quale sub-osservazione, sugli effetti giuridici e, cioè, l’inefficacia dell’atto di disposizione nei confronti del procedente onde consentirgli il fruttuoso esperimento della successiva azione esecutiva. La terza sui presupposti per l’esperibilità dell’azione ovvero la sussistenza di un valido rapporto di credito, tra il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore disponente, e del danno effettivo, questo ricorrente non soltanto quando l’atto di disposizione determini la perdita della garanzia patrimoniale del creditore ma anche quando tale atto comporti una maggiore difficoltà ed incertezza nella riscossione del credito Cass. Civ. numero 2792/2002 e numero 4578/1998 . Inoltre, è necessario l’elemento soggettivo scientia damni e, cioè, la consapevolezza, da parte del debitore ed eventualmente del terzo per atti a titolo oneroso , che, mediante l’atto di disposizione, il debitore diminuisca la consistenza della garanzia patrimoniale Cass. Sez. III Civ. numero 3546/2004 . Segnatamente, se l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, il creditore ha l’onere di dimostrare che l’attuale debitore, alla data della sua stipulazione, era intenzionato a contrarre debiti allo scopo di precludere o rendere più difficile al creditore la riscossione del credito se invece l’atto dispositivo è successivo al sorgere del credito, è necessaria e sufficiente la prova, anche per presunzioni, della consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore nonché quella del terzo contraente, consistente nella generica conoscenza del pregiudizio arrecabile dall’atto oneroso posto dal debitore, non essendo necessaria la collusione tra il terzo ed il debitore. Cass. Civ. numero 1068/2007 e numero 10430/2005 . Sul piano formale, due le principali osservazioni da effettuare. La prima sui poteri del giudice di merito in ordine all’apprezzamento delle prove sull’elemento psicologico del debitore e sulla mancanza dell’eventus damni, peraltro incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato Cass. civ. 30-12-2014 numero 27546, 12-12-2012 numero 22878 e 17-08-2011 numero 17327 . Sul punto, va notato, che, in caso di ricorso in Cassazione per presunta nullità del procedimento o della sentenza ovvero error in procedendo , il magistrato ha la potestà di esaminare la sufficienza e la logicità della motivazione della sentenza di merito nonché i relativi atti Cass. civ. 10-10-2014 numero 21421 e Sez. Unumero Civ. 22-05-2012 numero 8077 . La seconda, quale sub-osservazione, sull’inammissibilità, in sede di legittimità, delle censure alla sentenza di merito prive di specificazione del contenuto e, quindi, carenti di autosufficienza Cass. civ. 20-09-2006 numero 20405 nonché di quelle volte soltanto a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove. De iure condito , la consistenza patrimoniale del debitore va valutata non soltanto in relazione alle poste attive va, cioè, considerata la complessiva esposizione debitoria del debitore. Rebus sic stantibus , ciò che rileva è l’ eventus damni Cass. civ. 03-02-2015 numero 1902 cum scientia damni . E’, invece, indifferente, nella fattispecie, la ragione sociale degli istituti bancari eroganti il credito. Decisione. Il pegno può configurarsi quale “atto di rischio” creditizio e, perciò, revocabile. In ambito di rapporti tra debitore, creditore e terzi, è legittimo ravvisare nella concessione, da parte di questi ultimi, di nuove linee di finanziamento garantite da pegno la piena consapevolezza, da parte dei medesimi, della pesante compromissione del patrimonio del debitore e, quindi, il fine di consentirne il salvataggio App. Bologna 15-11-2011 numero 1343 . Ergo , il ricorso va respinto.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 settembre – 27 ottobre 2015, numero 21807 Presidente Forte – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo Con citazione notificata il 26 ottobre 2000 L.A.R.A. Fashion s.r.l. convenne innanzi al Tribunale di Modena Banca Popolare Veneta s.c.a.r.l., Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., Banca Popolare dell'Emilia Romagna s.c.a.r.l. nonché Bi.Gi., chiedendo che venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ex articolo 2901 cod. civ., l'atto di pegno da questi costituito in favore dei predetti istituti bancari, a garanzia delle aperture di credito, nella misura di lire un miliardo ciascuno, che sarebbero state concesse al gruppo Nadini s.p.a., del quale il Bi. era all'epoca legale rappresentante nonché fideiussore. Espose l'attrice di essere in credito nei confronti della società garantita della somma di lire 1.340.000.000, portata da quattro cambiali, tutte protestate. Resistettero i convenuti. Con sentenza del 1 marzo 2007 il giudice adito rigettò la domanda. Proposto dalla soccombente gravame, la Corte d'appello di Bologna, con la pronuncia ora impugnata, emessa in data 15 novembre 2011, l'ha invece accolta. Il ricorso della Banca Monte dei Paschi di Siena è affidato a due motivi. In epoca successiva alla notifica dello stesso, autonomo ricorso, sulla base di un solo motivo, è stato presentato anche dalla Banca Popolare dell'Emilia Romagna. A entrambi ha resistito con distinti controricorsi L.A.R.A. Faschion s.r.l Quest'ultima e Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. hanno altresì depositato memoria. Motivi della decisione 1 I due ricorsi devono essere riuniti ex articolo 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Partendo dal ricorso della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., con il primo motivo l'impugnante lamenta violazione dell'articolo 342 cod. proc. civ., ex articolo 360, numero 3, cod. proc. civ Oggetto delle critiche è il rigetto della eccezione di inammissibilità del gravame. Assume invero l'esponente che, in spregio al disposto della norma processuale innanzi richiamata, la quale, nel testo applicabile ratione temporis , esige l'indicazione dei motivi specifici dell'impugnazione , l'appellante si sarebbe limitata a definire erronea la decisione del Tribunale di Modena, richiamando la ritenuta inoperatività del disposto dell'articolo 117 del TUB nonché la negativa risposta alle retoriche domande poste nella memoria di replica. 2 Le critiche sono gravemente carenti sotto il profilo dell'autosufficienza e non sfuggono, pertanto, alla sanzione dell'inammissibilità. Va premesso che il decidente non ha affatto ignorato l'eccezione di inammissibilità dell'appello per aspecificità dei motivi, ma l'ha motivatamente disattesa evidenziando che non solo l'appellante aveva bene individuato i capi della sentenza di prime cure oggetto delle critiche, ma ne aveva anche argomentatamente censurato le valutazioni giuridiche, di fatto e istruttorie. Ora, è ben vero che, quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata e, in particolare, un vizio afferente alla nullità dell'atto introduttivo del giudizio, di primo grado o d'appello, per indeterminatezza dell'oggetto della domanda, delle ragioni poste a suo fondamento, o per aspecificità delle censure, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, essendo investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, ma tanto purché la critica sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito, e segnatamente in conformità alle prescrizioni dettate dagli articolo 366, primo comma, numero 6, e 369, secondo comma, numero 4, cod. proc. civ E invero l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l'ammissibilità delle doglianze cfr. Cass. civ. 10 ottobre 2014, numero 21421 Cass. civ. sez. unumero 22 maggio 2012, numero 8077 , onde il ricorrente non è dispensato dall'onere di specificarne il contenuto, secondo i criteri elaborati in punto di autosufficienza del ricorso per cassazione, segnatamente indicando i fatti processuali che sono, a suo avviso, alla base dell'errore denunciato. 3 Ora, nella fattispecie, l'impugnante, venendo qui a sostenere che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto specifici motivi di gravame che tali non erano, omette tuttavia di riportarli in maniera compiuta, posto che si limita a estrapolare, da un tessuto argomentativo non enucleato in conformità alla portata precettiva degli articolo 366, comma 1, numero 6, e 369, comma 2, numero 4, cod. proc. civ., taluni rilievi svolti dall'appellante. Tale approccio, basato sulla decontestualizzazione delle scarne espressioni richiamate, equivalendo, in definitiva, a un mero rinvio all'atto difensivo della controparte, marca le proposte censure in termini di inammissibilità per difetto di autosufficienza Cass. civ., 20 settembre 2006, numero 20405 . Si ricorda, in proposito, che il rispetto del canone di autosufficienza risulta fondato sull'esigenza, particolare del giudizio di legittimità, di consentire alla Corte di valutare la decisività delle doglianze, sia che si riferiscano a una prova, orale o documentale, di cui si lamenti l'omesso o l'insufficiente esame da parte del giudice di merito, sia che si riferiscano a un error in procedendo , e tanto anche in ottemperanza al principio per cui la responsabilità della redazione dell'atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente al ricorrente, di talché il difetto di ottemperanza alla stessa non deve essere supplito dal giudice, per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte dello stesso nell'individuazione di quali atti o parti di essi siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura. 4 Si prestano a essere esaminati congiuntamente il secondo motivo del ricorso principale e l'unico motivo del ricorso li incidentale, articolati su argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili. Oggetto delle critiche è il positivo apprezzamento del giudice a quo in ordine alla sussistenza delle condizioni per il vittorioso esperimento dell'azione revocatoria. Segnatamente, denunciando violazione degli articolo 2901, 2729, 2727 e 2697 cod. civ., ex articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., nonché mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ex articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., sostengono la Banca Monte dei Paschi di Siena e la Banca Popolare dell'Emilia Romagna che la valutazione del giudice d'appello, difforme da quella del primo decidente, sarebbe viziata da una continua confusione tra l'esposizione del Bi. e quella della società garantita. E invero, la sentenza impugnata ignorerebbe sia che le sole collezioni di quadri del Bi. e del Gruppo Nadini s.p.a. erano state stimate da Christie's da un minimo di 35.000.000.000 a un massimo di 120.000.000.000 di lire sia le deposizioni rese dai testi escussi, in ordine alla assoluta affidabilità del primo. Del tutto arbitraria sarebbe poi la valorizzazione, in chiave indiziante della scientia fraudis , della natura di finanziamento in pool del prestito garantito dal Bi. con il pegno di cui era stata chiesta la declaratoria di inefficacia, in contrasto con prassi bancarie ormai consolidate. 5 Anche tali critiche non colgono nel segno. Val la pena ricordare che, in tema di revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell'azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l'onere di provare l'insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell' eventus damni cfr. da ultimo Cass. civ. 3 febbraio 2015, numero 1902 . A ciò si aggiunga che, allorché l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, condizione per l'esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di tanto fosse consapevole il terzo, la cui posizione - per quanto riguarda i presupposti soggettivi dell'azione - è sostanzialmente analoga a quella del debitore, con la precisazione, dirimente, per quanto di qui a poco si dirà, che la prova del predetto atteggiamento soggettivo può essere fornita tramite presunzioni il cui apprezzamento, al pari di quello dell' eventus damni , è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato cfr. Cass. civ. 30 dicembre 2014, numero 27546 Cass. civ. 12 dicembre 2012, numero 22878 Cass. civ. 17 agosto 2011, numero 17327 . 6 Tanto premesso sul piano dogmatico, nella fattispecie il decidente ha dichiaratamente dissentito dalla negativa valutazione del Tribunale, in ordine alla sussistenza del requisito dell' eventus damni , assumendo che essa era stata formulata sulla base del solo rapporto tra il valore di stima della collezione d'arte di apparente proprietà del Bi. e l'entità del credito vantato da L.A.R.A., laddove andava considerata la complessiva esposizione debitoria dello stesso. Elencate quindi le numerose e ingentissime obbligazioni da cui il convenuto era gravato, ha ricordato che la società garantita, solo pochi giorni dopo la costituzione del pegno, aveva subito il protesto di uno dei titoli portati da L.A.R.A. non aveva pagato i dipendenti e, in rapida successione, aveva deliberato la propria messa in liquidazione e chiesto l'ammissione alla procedura di concordato preventivo. Quanto poi alla condizione della scientia fraudis , ha ritenuto che, a prescindere dal contenuto di una scheda interna della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, riproducente quello di una interrogazione rivolta alla Centrale Rischi, significativi elementi di giudizio potevano trarsi dallo stesso finanziamento in pool effettuato dalla Banche appellate, indice di una ineludibile anomalia della situazione sottostante. 7 In giudizio del collegio tali argomentazioni, assolutamente corrette sul piano logico e giuridico, complete ed esaustive, resistono ai rilievi delle impugnanti. È sufficiente al riguardo evidenziare che la consistenza patrimoniale del debitore giammai va valutata in relazione alle sole poste attive, ma anche, e forse specialmente, a quelle passive, considerato che, come innanzi precisato, il requisito dell' eventus damni postula il compimento di un atto che renda anche solo più difficile la soddisfazione del credito. A ciò aggiungasi che, pacifico essendo che la concessione di nuove linee di finanziamento garantite dal pegno oggetto di causa era finalizzata al salvataggio della debitrice principale, non può tacciarsi di illogicità l'assunto che, a monte di siffatta operazione del tutto straordinaria, c'era la piena consapevolezza, da parte degli istituti coinvolti nella stessa, della pesante compromissione del patrimonio di Nadini s.p.a. e di quello del suo fideiussore. In definitiva, le censure delle ricorrenti, attraverso la surrettizia deduzione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, mirano solo a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove, preclusa in sede di legittimità. I ricorsi sono respinti. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo a carico di ciascuna delle impugnanti. P.Q.M. La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, li rigetta entrambi condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate, per ciascuno delle impugnanti, in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre spese generali e accessori, come per legge.