Sia in primo che in secondo grado l’uomo è stato ritenuto colpevole di violenza sessuale. Egli ha aggredito la vittima, di appena 15 anni, nella propria officina. Nonostante la ricostruzione dell’episodio, però, i Giudici della Cassazione non escludono che si possa parlare di “caso di minore gravità”, con connessa riduzione della pena. Necessario un nuovo giudizio in appello.
Lui 40 anni, lei appena 15 anni. Questo elemento, ossia la netta differenza di età, non è sufficiente per considerare “grave” la violenza sessuale compiuta dall’uomo ai danni della minorenne Cassazione, sentenza numero 38925/18, sez. III Penale, depositata oggi . Violenza. Ricostruito, grazie alle parole della vittima, il bruttissimo episodio l’uomo è sotto processo per «violenza sessuale». Nello specifico, egli è accusato di «avere costretto una ragazza minorenne a subire atti sessuali consistiti nel toccarle il seno e nel metterle le mani tra le gambe, nonché nel darle un bacio sul collo», e tutto questo dopo «averla trattenuta con la forza contro la parete della propria officina meccanica, impedendole di allontanarsi». Per i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, il quadro probatorio è sufficiente per condannare l’uomo, escludendo categoricamente l’ipotesi del «caso di minore gravità» con annessa riduzione della pena. Gravità. Proprio la lettura dell’aggressione sessuale come episodio non particolarmente grave caratterizza il ricorso proposto in Cassazione dal difensore dell’uomo. Il legale contesta, ovviamente, la decisione dei giudici d’Appello, e pone all’attenzione dei Magistrati del ‘Palazzaccio’ alcuni elementi favorevoli al proprio cliente. In particolare, egli richiama «la differenza d’età», spiegando che la ragazza vittima della violenza «ha 15 anni, e non 13 anni», e poi aggiunge che «l’approccio sessuale, consistito nel palpeggiamento delle parti intime della ragazza e nel tentativo di baciarla, si è concluso repentinamente per il suo pronto rifiuto». E, sempre secondo il legale, «la condotta» tenuta dal suo cliente è sì «riprovevole» ma «non ha cagionato gravi danni, neanche sotto il profilo psichico, alla ragazza». A sorpresa la Cassazione ritiene plausibili le obiezioni proposte dal difensore dell’uomo e mette in discussione la condanna così come pronunciata in Appello. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ non può essere esclusa l’ipotesi del «caso di minore gravità» per la violenza sessuale subita dalla minorenne. Come si spiega questa valutazione? Secondo i Magistrati di Cassazione non è sufficiente il richiamo dei giudici d’Appello alle «modalità insidiose dell’azione» compiuta dall’uomo e alla «notevole differenza d’età tra l’aggressore e la vittima» per parlare di episodio particolarmente grave. Da un lato, i Giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono «privo di significato» il richiamo alle «modalità insidiose» del comportamento dell’uomo, e, dall’altro, essi aggiungono che neanche «la tenera età della vittima è elemento di per sé ostativo al riconoscimento della circostanza attenuante» prevista per «i casi di minore gravità». Tirando le somme, «neppure la differenza di età» – evidente in questa vicenda – «può, quale dato singolarmente considerato, rappresentare indice chiaramente sintomatico della impossibilità di ravvisare nel fatto circostanze lievi», concludono i Giudici della Cassazione, dando una linea guida alla Corte d’Appello che dovrà riesaminare la vicenda e valutare con attenzione il possibile riconoscimento del «caso di minore gravità».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 aprile – 27 agosto 2018, numero 38925 Presidente Rosi – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. O.F. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro in data 12/06/2017 di conferma della pronuncia del Tribunale di Castrovillari di condanna per il reato di cui all’articolo 609 bis cod. penumero per aver costretto V.J., con violenza consistita nel costringerla e trattenerla con forza contro la parete della sua officina meccanica impendendole di allontanarsi, a subire atti sessuali consistiti nel toccarle il seno e nel metterle le mani tra le gambe, nonché nel darle un bacio sul collo. 2. Con un unico motivo lamenta violazione e/o falsa applicazione della legge penale per non avere la sentenza impugnata applicato la circostanza attenuante di cui all’articolo 609 bis, comma 3, cod. penumero , sul presupposto delle modalità insidiose della condotta e della notevole differenza di età tra I’imputato e la vittima, che all’epoca dei fatti aveva solo tredici anni. La Corte, nella specie, non avrebbe esattamente valutato la fattispecie di cui si tratta per come dimostrato sia dall’erronea indicazione dell’età della vittima, che non aveva tredici bensì quindici anni, ciò rilevando ai fini della percezione della compromissione della libertà personale, sia dalla ricostruzione del fatto, che sembrerebbe riferito ad altro processo. Deduce al contrario la ravvisabilità delle condizioni per la concessione dell’attenuante di minore gravità, ricorrendo, infatti, gli specifici elementi indicati dal primo comma dell’articolo 133 cod. penumero e i requisiti enunciati dalla giurisprudenza di legittimità. La Corte di Appello di Catanzaro non avrebbe in particolare considerato che quanto alle modalità e alla durata della condotta, il tentativo di approccio sessuale posto in essere dell’imputato e consistito nel palpeggiamento delle parti intime e nel tentativo di baciare la ragazza, si sarebbe concluso repentinamente per il pronto rifiuto della persona offesa l’approccio sessuale non sarebbe stato caratterizzato da altri comportamenti che qualificano il modus operandi degli autori di tali reati infine, la condotta dell’imputato, sebbene riprovevole, non avrebbe cagionato gravi danni, neanche sotto il profilo psichico, alla persona offesa. 3. Il ricorso è fondato. La sentenza impugnata ha giustificato la esclusione della invocata circostanza attenuante di cui all’articolo 609 u. co. cod. penumero valorizzando le “modalità insidiose dell’azione” e “la notevole differenza di età tra imputato e vittima che all’epoca dei fatti aveva solo tredici anni”. Tale motivazione, tuttavia, non appare in linea con i criteri di lettura dei casi di “minore gravità” che contraddistinguono la fattispecie dettati da questa Corte, sostanzialmente incentrati su una valutazione che deve tenere conto di tutte le componenti del reato, oggettive e soggettive, nonché degli elementi indicati nell’articolo 133 cod. penumero e più precisamente nel solo comma 1, secondo il predominante orientamento di legittimità , indicativi di una più lieve compromissione della libertà sessuale della vittima e con l’esclusione dei medesimi elementi costitutivi della fattispecie criminosa tra le altre, Sez. 3, numero 965 del 26/11/2014, N. e altro, RV. 261635 Sez. 3, numero 19336 del 27/03/2015, G., 263516 . Se, infatti, le modalità insidiose dell’azione, in quanto essenza stessa della condotta indispensabile per inquadrare il fatto all’interno della fattispecie delittuosa in virtù della sua idoneità a superare, in tal modo, il consenso della vittima vedi, tra le altre, Sez. 3, numero 6340 del 01/02/2006, Giuliani, RV. 233315 , sono evidentemente prive di significato in relazione ad una norma che, su un piano generale ed astratto, proprio alle condotte di violenza sessuale si riferisce, anche il riferimento all’età appare di per sé non ostativo. Si è infatti già più volte chiarito come addirittura la “tenera età della persona offesa”, nella specie in ogni caso non ravvisabile, posto che la persona offesa era quindicenne all’epoca dei fatti e non tredicenne come inesattamente affermato dalla Corte territoriale non sia elemento di per sé solo ostativa al riconoscimento della circostanza attenuante, essendo appunto necessari a tal fine elementi di disvalore aggiuntivo sulla base dei criteri delineati dall’articolo 133, comma 1, cod. penumero Sez. 11085 del 26/01/2010, D.S. e altro, RV. 246439 né potendo escludersi che, per le circostanze concrete del fatto, il delitto possa manifestare una minore lesività Sez. 3, numero 22036 del 10/05/2006, Celante, RV. 234640 . Ne consegue che neppure la differenza di età, quale dato singolarmente considerato, può rappresentare indice chiaramente sintomatico della impossibilità di ravvisare nel fatto caratteristiche lievi. 4. Quanto rilevato comporta dunque l’annullamento della sentenza impugnata sul punto con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Catania. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla concedibilità della circostanza attenuante di cui all’articolo 609 bis, comma 3, cod. penumero , con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.