In tema di omissione di soccorso, il dolo del conducente non deve attenere esclusivamente al fatto dell’incidente provocato o comunque in cui sia risultato coinvolto, ma deve riguardare anche la circostanza del danno occorso alle persone e alla necessità di assistenza da prestare alle stesse, riconducibile quantomeno ad aspetti di dolo eventuale ossia alla consapevolezza del verificarsi di un incidente determinato dal proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone. La valutazione della prospettazione da parte del conducente degli effetti lesivi del sinistro per l’incolumità personale dei soggetti coinvolti, con conseguente rappresentazione della necessità di prestare soccorso, va condotta ex ante, cioè sulla base della situazione che si era profilata dinanzi al conducente al momento dell’incidente.
La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 21873/18, depositata il 17 maggio u.s., coglie l’occasione per pronunciarsi in tema di omissione di soccorso, con particolare approfondimento dell’elemento soggettivo del reato in disamina. Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 12 luglio 2017, confermava il provvedimento di condanna pronunciato dal Tribunale territoriale nei riguardi di un soggetto accusato di non aver prestato assistenza ad un motociclista investito. Con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, l’imputato veniva condannato alla pena di mesi 4 di reclusione. Secondo il Collegio di seconda istanza non possono esservi perplessità circa l’individuazione dell’autore del fatto nel proprietario del veicolo che ha investito il motociclista, sulla scorta del dato che un uomo era stato visto scendere dall’autovettura e che non è stato accertato in alcun modo che il mezzo fosse stato concesso in uso a terzi. Sotto il profilo soggettivo, invece, osservano i Giudici della Corte d’Appello che la dinamica del sinistro non lascia spazio a margini di dubbio in ordine alla realizzazione da parte del conducente dell’autovettura che la persona sbalzata dal motociclo avesse potuto riportare conseguenze pregiudizievoli all’integrità fisica. Avverso suddetta sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato, articolando tre motivi di doglianza, tra cui merita attenzione quello con cui viene contestata la violazione di legge in relazione all’articolo 189, comma 6, c.d.s. in punto di ricorrenza dell’elemento soggettivo del delitto. A tenore della censura del prevenuto, non è possibile ritenere provata la consapevolezza da parte dell’imputato della ricorrenza dell’urto e degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla collisione. Dolo. Gli Ermellini della Quarta Sezione della Suprema Corte non condividono le osservazioni del ricorrente, puntualizzando, in primis, come l’elemento della “necessità” di assistenza alle persone ferite prima si riteneva che integrasse una condizione obiettiva di punibilità, per poi essere sussunta nell’alveo dell’elemento psicologico del reato. Partendo da tali premesse, la Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento, evidenzia che il dolo del conducente non deve attenere esclusivamente al fatto dell’incidente provocato o comunque in cui sia risultato coinvolto, ma deve riguardare anche la circostanza del danno occorso alle persone e alla necessità di assistenza da prestare alle stesse, riconducibile quantomeno ad aspetti di dolo eventuale ossia alla consapevolezza del verificarsi di un incidente determinato dal proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone. La valutazione della prospettazione da parte del conducente degli effetti lesivi del sinistro per l’incolumità personale dei soggetti coinvolti, con conseguente rappresentazione della necessità di prestare soccorso, va condotta ex ante, cioè sulla base della situazione che si era profilata dinanzi al conducente al momento dell’incidente. Alla stregua di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 22 febbraio – 17 maggio 2018, numero 21873 Presidente Fumu – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1.La Corte di Appello di Bologna con sentenza pronunciata in data 12.7.2017 confermava la sentenza del Tribunale di Bologna che aveva ritenuto Z.M.A. colpevole del reato di non avere prestato assistenza ad un motociclista investito e, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di reclusione. 2.La corte territoriale evidenziava in motivazione la sussistenza della materialità della condotta ascritta, potendosi ritenere adeguatamente identificato il conducente del veicolo investitore sulla base della proprietà del veicolo, sulla circostanza che un uomo era stato visto scendere dal veicolo e che non risulta né accertato né dedotto che il proprietario del veicolo avesse concesso a terzi l’uso del mezzo. Quanto al profilo soggettivo il giudice distrettuale rappresentava come, in ragione delle caratteristiche dell’urto, dei danni provocati al mezzo e alle evoluzioni del motociclista successive alla collisione, doveva ritenersi accertato che il conducente investitore avesse realizzato che la persona sbalzata dal motociclo potesse avere riportato conseguenze pregiudizievoli alla integrità fisica. 3. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione Z.M.A. prospettando un triplice motivo di ricorso. Con una prima articolazione denunciava violazione di legge e vizio motivazionale assumendo ipotesi di ne bis in idem in relazione ad altro procedimento penale, attivato per i medesimi fatti il quale si trovava in diversa fase processuale. Con una seconda articolazione deduceva violazione di legge, in relazione ai principi che regolano la presunzione di innocenza dell’imputato e vizio motivazionale in relazione alle ragioni poste dal giudice distrettuale a sostegno della inferenza che alla guida del veicolo investitore dovesse esserci il proprietario. Con una terza articolazione deduceva inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 189 VI comma C.d.S. e vizio motivazionale in punto di ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato con particolare riferimento alla consapevolezza da parte del ricorrente della ricorrenza dell’urto e conseguentemente degli effetti pregiudizievoli derivate dalla collisione. Alla udienza di discussione dinanzi al S.C. la difesa del ricorrente chiedeva altresì pronunciarsi declaratoria di non punibilità ai sensi dell’articolo 131 bis cod.penumero Considerato in diritto 1.Con riferimento al primo motivo di ricorso lo stesso risulta del tutto destituito di fondamento difettando il presupposto fondamentale affinché possa prospettarsi ipotesi di ne bis in idem, in quanto nessuna pronuncia si assume essere intervenuta nei confronti dell’imputato per i medesimi fatti, affermandosi al contrario la ricorrenza di attività di indagine, la quale dovrebbe peraltro attenere alla diversa fattispecie, ontologicamente e giuridicamente distinta dalla presente, di fuga a seguito di incidente stradale di cui all’articolo 189 co.VII C.d.S 1.1 A tale proposito deve escludersi qualsiasi ipotesi di assorbimento tra le due fattispecie di fuga e di omissione della prestazione di assistenza in ipotesi di incidente di cui ai commi VI e VII dell’articolo 189 Cod. della Strada atteso che il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell’assistenza occorrente, previsti rispettivamente dal sesto e dal settimo comma dell’articolo 189 Cod. Strada, configurano due fattispecie autonome e indipendenti, con diversa oggettività giuridica, essendo la prima finalizzata a garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda ad assicurare il necessario soccorso alle persone rimaste ferite, sicché è ravvisabile un concorso materiale tra le due ipotesi criminose sez.IV, 10.10.2014 numero 3783 , tenuto altresì che ancora più recentemente è stato affermato che comma sesto ed il comma settimo del citato articolo 189 prevedono due distinte fattispecie di reato, di talché non è configurabile alcuna violazione del principio giuridico del ne bis in idem nel caso in cui le condanne per i due differenti reati siano inflitte con sentenze pronunciate in epoche diverse sez.IV, 6.2.2015 numero 9167 . 2. Infondato risulta altresì il secondo motivo di ricorso, avendo il giudice distrettuale fornito adeguata e non contraddittoria evidenza delle ragioni per cui ha riconosciuto nell’odierno ricorrente il conducente datosi alla fuga nelle circostanze di luogo e di tempo in cui è intervenuto l’investimento del motociclo condotto dalla persona offesa, sulla base delle testimonianze in atti e in ragione di argomenti logici, coerentemente sviluppati in motivazione. Sul punto il ricorso appare generico e inidoneo a scardinare l’argomentazione logico giuridica della motivazione della sentenza impugnata. 3. In relazione al terzo motivo di ricorso risulta in atto una evoluzione dell’orientamento della giurisprudenza del S.C. con riferimento al requisito, indicato dalla fattispecie contestata di cui all’articolo 189 comma VI C.d.S., della necessità di assistenza alle persone ferite, il quale originariamente interpretato quale condizione obiettiva di punibilità, è stato successivamente sussunto nell’ambito dell’elemento psicologico del reato. È stato in particolare ritenuto che il dolo del conducente non deve attenere esclusivamente al fatto dell’incidente provocato o comunque in cui sia risultato coinvolto, ma deve riguardare anche la circostanza del danno occorso alle persone e alla necessità di una assistenza da prestare alle stesse, riconducibile quantomeno ad aspetti di dolo eventuale ossia alla consapevolezza del verificarsi di un incidente determinato dal proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone sez.IV, 6.3.2012 numero 17220 . Nondimeno la esigenza di provvedere al soccorso costituisce elemento obiettivo della fattispecie che deve essere abbracciato, sia a pure in chiave eventuale, da un profilo intellettivo del conducente il quale, preso atto dell’incidente e delle sue caratteristiche, dovrà essersi rappresentato il fatto delle conseguenze lesive occorse alle persone coinvolte sez.IV, 30.1.2014 numero 14610 . 3.1 È stato altresì affermato che la valutazione della prospettazione da parte del conducente degli effetti lesivi del sinistro per la incolumità personale dei soggetti coinvolti, con conseguente rappresentazione della necessità di prestare assistenza, va condotta ex ante, e pertanto sulla base della situazione che si era profilata dinanzi al conducente al momento dell’incidente. Pertanto è stato osservato che l’obbligo di prestare assistenza viene meno nel caso di assenza di lesioni, di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più necessario, né utile o efficace, l’ulteriore intervento dell’obbligato, circostanze che non possono essere ritenute ex post , dovendo l’investitore essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione sez.IV, 25.11.1999 numero 5416 17.12.2008 numero 15867 . 4. Orbene nel caso in questione il giudice distrettuale ha fornito adeguato conto del fatto che lo Z. doveva essersi prospettato la lesività delle conseguenze dell’urto per il motociclista, valorizzando il fatto che il ricorrente si era arrestato dopo l’urto per constatare il danno riportato dal mezzo, che i danni erano ingenti e che l’impatto aveva provocato lo sbalzo in avanti del motociclista che, proiettato in aria, precipitava a terra con prevedibile profilo di pregiudizio alla integrità fisica. 4.1 Le doglianze del ricorrente risultano pertanto infondate laddove è stato ampiamente affermato dalla giurisprudenza, anche risalente di questa Corte che la disposizione di cui all’articolo 189 comma VI Cod.Strada si pone come reato di pericolo astratto, che richiede che la condotta dei consociati, in presenza di sinistro stradale da cui derivino lesioni alla persona offesa, si atteggi ad un obbligo di solidarietà e di intervento che ha come fulcro l’assistenza del consociato in difficoltà si tratta in particolare di una condotta al cui rispetto l’ordinamento è interessato a prescindere da quanto verificato in merito al fatto, a fronte della esigenza di tutela anticipata degli interessi ritenuti rilevanti dal legislatore proprio perché esonera di procedere alla valutazione in ordine alla concretezza del pericolo imponendo nell’immediato di conformarsi alla condotta prescritta sez.IV, 25.11.1999 numero 5416 . Ne consegue pertanto che dovendo tali fatti che escludono la responsabilità del conducente investitore essere accertati prima che lo stesso si allontani dal luogo del sinistro, il reato è configurabile tutte le volte che questi non si fermi e si dia alla fuga a nulla rilevando che in concreto l’assistenza sia stata prestata da altri, qualora l’investitori ignori la circostanza perché fuggito sez.IV, 2.12.1994 numero 4380 rv. 201501 . 5. Al rigetto del ricorso consegue l’obbligo in capo al ricorrente del pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.