Il bambino era affetto da un particolare morbo, che provoca anche stipsi. Il medico, primario di Chirurgia pediatrica, si è però limitato a somministrargli due cucchiai di olio di ricino. Nessun nesso è però dimostrato col successivo decesso.
Nessuna colpa è addebitabile al medico – primario del reparto di Chirurgia pediatrica – per la morte di un bambino – Fabio, nome di fantasia – a cui in ospedale aveva somministrato due cucchiai di olio di ricino contro la stitichezza, ignorando l’effettiva origine di quel problema. Il piccolo paziente era in realtà affetto da un particolare morbo, che provoca ingrossamento del colon e stipsi. Sicuramente è discutibile la terapia scelta dal medico, ma, per i Giudici, quei due cucchiai di olio di ricino non sono collegabili al collasso cardiocircolatorio che ha ucciso il bambino. Cassazione, sentenza numero 14033/2018, Sezione Terza Penale, depositata il 27 marzo 2018 . Omicidio. Oltre 10 anni fa, nel settembre del 2007, la tragedia in un ospedale siciliano un bambino muore a seguito di un «collasso cardiocircolatorio». Difficilmente immaginabile il dolore dei genitori, che ritengono colpevole il medico, primario di Chirurgia pediatrica, limitatosi a «somministrare due cucchiai di olio di ricino» come rimedio contro la stitichezza che affliggeva da diversi giorni il loro Fabio. L’accusa nei confronti del medico è pesantissima «omicidio colposo». A sostegno di questa accusa la constatazione che il bambino era affetto dal morbo di Hirschsprung, che comporta anche ingrossamento del colon e stipsi, e che un adeguato approfondimento avrebbe potuto portare all’adozione della terapia adatta. In Tribunale arriva una condanna. In Corte d’Appello, invece, il medico viene assolto, nonostante venga ritenuto non corretta la condotta da lui tenuta. Causalità. A chiudere definitivamente la delicata vicenda è la Cassazione, che respinge il ricorso proposto dalla Procura e quello presentato dai genitori del piccolo Fabio. Impossibile, quindi, considerare il medico colpevole di «omicidio colposo». I Giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono corretta la visione tracciata in Appello. In sostanza, alla luce del materiale probatorio, va escluso «il nesso di causalità tra l’operato del medico e il decesso del bambino». Sia chiaro, «la prescrizione dell’olio di ricino è da considerarsi non corretta dal punto di vista sanitario», soprattutto considerando «le particolari condizioni di salute del piccolo paziente». Ciò che conta, però, osservano i Giudici, è che «la somministrazione di due cucchiai di olio di ricino può essere collegata come determinante solamente al vomito» che colpi il bambino e alla sua «incidenza sul verificatosi shock ipovolemico e diselettrolitico», ma non certo «all’evento morte successivo», di cui, viene chiarito, «non costituisce neanche concausa».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 settembre 2017 – 27 marzo 2018, numero 14033 Presidente Savani – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Con sentenza della Corte di appello di Palermo, del 10 novembre 2016, in sede di rinvio per l'annullamento della precedente sentenza con la decisione della Cassazione, sezione 4, dell'8 maggio 2015, è stata riformata la decisione di condanna primo grado del Tribunale di Trapani del 25 luglio 2012, con l'assoluzione di Do. Ma. perché il fatto non sussiste relativamente al reato di cui agli articolo 40, 113 e 589, comma 1, cod. penumero commesso ad Erice l'8 settembre 2007. L'imputato aveva rinunciato alla prescrizione. 2. Le parti civili Ma. Ro. e Le. Vi. propongono ricorso per Cassazione, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. penumero impugna per Cassazione anche la Procura Generale presso la Corte di appello di Palermo. I motivi sono comuni, e quindi si procede ad una elencazione unica. 2. 1. Violazione di legge, articolo 627 cod. proc. penumero , e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, relativamente al nesso di causalità escluso dalla sentenza. Omessa riapertura dell'istruttoria dibattimentale. La Cassazione con la decisione di annullamento della precedente sentenza aveva circoscritto la nuova indagine della Corte di merito, da un lato, alla sussistenza dell'elemento soggettivo della responsabilità colposa e, dall'altro, al nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del sanitario e l'evento morte. Sia la Procura generale e sia le parti civili avevano richiesto alla Corte di appello, in sede di rinvio, la riapertura dell'istruzione dibattimentale, proprio per dare concreta attuazione ai dettami contenuti nella sentenza di annullamento della Cassazione. La Procura Generale riteneva e ritiene nel ricorso per Cassazione assolutamente necessario disporre nuova perizia collegiale per accertare «le cause, prossime e remote, della morte di Fr. Ma., tenendo presenti gli esiti dell'esame autoptico natura e gravità della SEPSI ed incidenza sulla stessa dello stato di disidratazione in cui versava Ma. Fr. cause dello stato di disidratazione e diselettrolitemia, con particolare riferimento all'assunzione dell'olio di ricino l'incidenza nel processo causale, della presenza del fecaloma e delle complicanze tipiche del Morbo di Hirschsprung se e come sarebbe stato possibile individuare la presenza della SIRS al momento della visita eseguita dall'imputato la mattina del 5 settembre 2007». La Corte di appello avrebbe invece rigettato la richiesta della Procura generale sul presupposto errato che l'annullamento ed il rinvio fosse stato disposto dalla Cassazione solo in relazione all'elemento soggettivo della responsabilità e quanto alla causa della morte, su una ritenuta certezza processuale - contraddetta invece, secondo quanto specificato nella richiesta di riapertura dell'istruzione dibattimentale - e su una ritenuta - anche in questo caso erroneamente - estraneità delle eventuali risposte dei nuovi periti rispetto alla condotta ascritta all'imputato. Apparirebbe, secondo i ricorrenti, di tutta evidenza che tale mezzo di prova avrebbe potuto riscontrare in maniera decisiva le indicazioni vincolanti della Suprema Corte, contenuti nella sentenza di annullamento con rinvio. Viene chiesto pertanto l'annullamento della sentenza impugnata. 2. 2. Ma. Do. ha depositato memoria chiedendo di dichiarare inammissibili i ricorsi proposti dalla Procura Generale e dalle parti civili. 2. 3. Il responsabile civile, Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani, ha depositato memoria chiedendo la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto 3. I ricorsi risultano infondati e devono rigettarsi, con la condanna delle parti private ricorrenti alle spese processuali. I ricorrenti richiedono l'annullamento della sentenza, sostanzialmente, per non aver accolto l'istanza di riapertura dell'istruttoria dibattimentale, relativamente alla richiesta perizia collegiale, sugli aspetti della vicenda in giudizio. Nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'articolo 603, comma primo, cod. proc. penumero , è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata Sez. 6, numero 8936 del 13/01/2015 -dep. 27/02/2015, Leoni, Rv. 26262001 . La decisione impugnata ha adeguatamente motivato già con l'ordinanza del 21 giugno 2016 - di rigetto dell'istanza , senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, rilevando come «le risposte degli eventuali nuovi periti da nominare riguarderebbero quesiti che esulano dalla condotta ascritta all'imputato nel capo di imputazione e a fronte della quale egli è chiamato a rispondere e, precisamente, l'avere omesso, di diagnosticare la malattia di Hirschprung , l'avere omesso, di conseguenza, di somministrare o comunque prescrivere la idonea terapia chirurgica , nonché l'avere prescritto due cucchiai di olio di ricino che, a causa dell'insorgere di un vomito incoercibile, avrebbe accelerato lo shock ipovolemico e diselettrolitico ed il conseguente collasso cardiocircolatorio , condotte con riferimento alle quali tutti i periti e consulenti che hanno agito nel processo si sono già espressi in senso univoco che, conseguentemente, non può trovare accoglimento la richiesta di riapertura dell'istruzione dibattimentale formulata dal P.G. esulando dai limiti del giudizio imposto dalla Corte di Cassazione in sede di rinvio». Si deve rilevare inoltre che la perizia non può ritenersi prova decisiva, al contrario di quanto ritenuto dai ricorrenti «La perizia non rientra nella categoria della prova decisiva ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell'articolo 606, comma primo, lett. d , cod. proc. penumero , in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in Cassazione» Sez. 6, numero 43526 del 03/10/2012 - dep. 09/11/2012, Ritorto e altri, Rv. 25370701 nello stesso senso Sez. 4, numero 7444 del 17/01/2013 - dep. 14/02/2013, Sciarra, Rv. 25515201 . La sentenza impugnata poi con ampia motivazione, esaustiva e adeguata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità esclude la responsabilità del ricorrente, rilevando come dal materiale probatorio acquisito più che sufficiente per la decisione, senza necessità di nuove prove emerge con tutta evidenza l'assenza del nesso di causalità tra l'operato dell'imputato ed il decesso infatti, per la sentenza impugnata, «tutti i periti sentiti nel giudizio di primo grado, fatta eccezione di quelli dell'imputato, hanno concluso che la prescrizione dell'olio di ricino da parte dell'imputato dopo la visita effettuata al piccolo Ma. la mattina del 7 luglio 2007 era da considerarsi non corretta dal punto di vista sanitario in considerazione delle particolari condizioni di salute del paziente conosciute dal Do., trattandosi in ogni caso di un rimedio eccessivo per un bambino di piccola età, così come hanno concordato che tale somministrazione era da considerare la causa prima dell'episodio di vomito avvenuto dopo circa trenta minuti dalla somministrazione del primo cucchiaio dell'olio di ricino. Ma che tale somministrazione accelerasse lo shock ipovolemico e diselettrolitico ed il conseguente collasso cardiocircolatorio non viene affermato da alcuno. Innanzitutto l'utilizzo del termine accelerava comporta che lo shock [ ] sarebbe comunque insorto, e comunque, risulta chiaramente che il bambino una volta ricoverato veniva trattato mediante terapia di reidratazione che compensava lo shock e stabilizzava le sue condizioni in più è a dire come secondo tutti i periti la causa determinante del decesso fosse da ascrivere all'insorgenza di una sepsi grave di origine incerta indipendente dallo shock e che non diagnosticata dai sanitari dell'ospedale dove il bambino era stato ricoverato d'urgenza nonostante egli presentasse due dei quattro elementi indicatori che, come osservato dal primo giudice rifacendosi alla letteratura scientifica, permettono una tale diagnosi e cioè l'alterazione della temperatura corporea e la leucocitosi tutti i periti concordano sul fatto che se il bambino fosse stato adeguatamente trattato sin da subito con adeguata terapia antibiotica avrebbe avuto alte probabilità di sopravvivenza. [ ] Non a caso il Tribunale, potendosi ravvisare responsabilità a titolo di colpa nei sanitari di turno in ospedale, ebbe a disporre la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica. Se pertanto, è certamente rimproverabile all'imputato sotto il profilo strettamente professionale la circostanza di avere prescritto al bambino la somministrazione di due cucchiai di olio di ricino, tale terapia suggerita e praticata può essere collegata come determinante solamente al vomito e alla incidenza di questo sul verificatosi shock ipovolemico e diselettrolitico trattato con successo dopo il ricovero , ma non già all'evento morte successivo di cui non costituisce neanche concausa, giacché l'evento tipico era quello di un grave effetto emetico indotto dall'olio di ricino, e, come detto, di una conseguente disidratazione, non correlabile, però, per espressa indicazione dei periti, a un rischio morte, non ipotizzabile in astratto, né in concreto giustificato dalla tenera età e dalle condizioni del bambino, in realtà non allarmanti al momento della visita secondo altrettanta univoca indicazione peritale». La perizia collegiale quindi sarebbe stata meramente esplorativa, di indagine, e quindi non decisiva e né idonea a modificare il già chiaro quadro probatorio, come adeguatamente motivato dalla decisione impugnata quindi ex articolo 603, cod. proc. penumero poiché la Corte di appello ha rilevato la possibilità di decidere allo stato degli atti, non sussiste un vizio di legittimità della decisione, trattandosi, come visto, di valutazione di merito, insindacabile se correttamente motivata vedi la citata Sez. 6, numero 8936 del 13/01/2015 - dep. 27/02/2015, Leoni, Rv. 26262001 . Inoltre nel corso del giudizio di appello - come evidenziato nella memoria dell'imputato - nessuno aveva richiesto la rinnovazione dell'istruttoria. La sentenza di annullamento della Cassazione, infine, nell'accogliere il ricorso dell'imputato non ha richiesto affatto come ritenuto dai ricorrenti nuove perizie trattandosi di decisione di merito , ma ha, solo ed esclusivamente, evidenziato «gravi carenze motivazionali e manifeste illogicità che devono condurre al suo annullamento, con rinvio, per nuovo esame». Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto. «Nel giudizio d'appello, in esito al rinvio per annullamento della Cassazione, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale nella specie una perizia collegiale, in considerazione delle numerose perizie già effettuate , prevista dall'articolo 603, comma primo, cod. proc. penumero , è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria la perizia inoltre non rientra nella categoria della prova decisiva ed il relativo provvedimento di diniego, in appello, non è sanzionabile ai sensi dell'articolo 606, comma primo, lett. d , cod. proc. penumero , in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in Cassazione, in particolare se la perizia richiesta risulta esplorativa e relativa peraltro ad accertamenti già effettuati dalle parti e nel dibattimento dal giudice tentativo di rivalutare tutte le precedenti perizie ». P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna le parti private ricorrenti al pagamento delle spese processuali.