Le incertezze peritali non fanno che l’assoluzione

A nulla vale la prospettazione accusatoria di letture alternative dei fatti, pur adeguatamente motivabili. Le incertezze peritali, negli accertamenti penali caratterizzati da forti componenti tecniche, costituiscono una piattaforma cui il giudice può senz’altro aderire, senza cadere in difetti motivazionali censurabili.

Così la Cassazione, Quarta Sezione Penale, n. 48075/2017, depositata il 18 ottobre. Un fatto difficilmente da scansionare. La casistica infortunistica stradale di sovente richiede accertamenti dinamici peritalmente descrivibili, che tuttavia non consentono di definire in modo certo le responsabilità penali da dedurre. Nel caso in oggetto, conducente al decesso del guidatore di un ciclomotore per l’impatto con una autovettura volta ad immettersi in una strada secondaria ubicata nella carreggiata opposta, più elementi risultavano ostici da appurare. In particolare la velocità del ciclomotore condotto dalla vittima, la solo eventuale presenza del casco sul capo, la tipologia irregolare della strada che consentiva di elaborare più decorsi causali alternativi. La Corte d’appello aveva assolto l’imputato dalla contestazione di omicidio colposo ex art. 589, comma 2, c.p. con violazione della norma sulla circolazione stradale ex art. 141 del codice della strada. Le parti civili lagnavano l’acritica adesione giudiziale alle incerte risultanze peritali disposte in primo grado e l’assenza di uno sforzo motivazionale tale da poter appurare con maggiore definitività le responsabilità penali dell’imputato. Tuttavia, la Cassazione rigetta il ricorso, motivando in punto di vaglio giudiziale dei giudici di merito e di legittimità, in occasione di reati i cui accertamenti risultano composti da forti valutazioni tecniche e specialistiche. La relazione fra giudice e perito. Nel caso, il perito aveva potuto ricostruire due decorsi causali alternativi i cui elementi distintivi erano costituiti dall’assenza di frenata da parte del deceduto – il che avrebbe potuto determinare una corresponsabilità dinamica -, dall’eccessiva velocità di questi e dalla prevedibilità dell’evento da parte dell’imputato – la contestazione penale aveva rubricato la generale prescrizione di moderare la velocità in ordine ai luoghi ed alle condizioni del traffico e della strada, ai sensi dell’art. 141 del codice della strada -. Nonostante un rapporto di maggiore probabilità di un decorso causale sull’altro, il giudice non ha ritenuto superata la soglia dell’oltre ogni ragionevole dubbio ex art. 533 c.p.p. in ragione dello spazio di incertezza comunque individuato dall’accertamento peritale. La Cassazione dice anche di più. In tali casi l’adesione giudiziale alle conclusioni peritali non costituisce sterile ed acritico rinvio motivazionale, da censurare ai sensi dell’art. 606, lett. e , c.p.p Da indagare, in ogni caso, lo scopo della norma violata. Fra le prescrizioni del codice della strada, ognuna risulta funzionale ad evitare il prodursi di specifici pericoli nel corso della circolazione stradale. L’accertamento giudiziale deve individuare lo specifico evento che la norma violata, fosse stata osservata, avrebbe potuto evitare. La norma sull’eccesso di velocità mira a preservare l’incolumità degli utenti della strada, non può responsabilizzare il trasgressore in ogni caso di comportamento imprevedibile di altro utente. Quando la condotta appropriata non avrebbe potuto evitare l’evento – per la contestuale abnormità del comportamento della vittima -, l’agente di reato va escluso da sanzione penale – c.d. indagine sul comportamento alternativo lecito -. In tal caso si realizza la commistione fra elementi colpevolisti dell’accertamento penale con quelli normativi, da indagare nel contesto letterale della norma violata. Nel caso in oggetto, la Cassazione ha riscontrato un’oggettiva incertezza sulla liceità del comportamento stradale tenuto dalla vittima.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 aprile – 18 ottobre 2017, n. 48075 Presidente Bianchi – Relatore D’Andrea Ritenuto in fatto 1. S.F. , S.G. e S.M. , quali parti civili costituite, ricorrono per cassazione, ai soli effetti della responsabilità civile, avverso la sentenza del 7 giugno 2016 con cui la Corte di appello di Salerno ha confermato la pronuncia di assoluzione di L.M. emessa in data 4 dicembre 2014 dal Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, in relazione all’imputazione di omicidio colposo art. 589, comma 2, cod. pen. , contestato come commesso il omissis in danno di S.V. . 1.1. Oggetto del giudizio è un sinistro stradale verificatosi in località omissis , su di una strada avente un’unica carreggiata con doppio senso di circolazione, consistito nell’impatto fra l’autovettura guidata dal L. ed il motociclo condotto dal S. . All’imputato è addebitato di avere cagionato l’urto in violazione dell’art. 141 Cod. Strada, per aver omesso di adottare comportamenti idonei a non costituire intralcio o pericolo alla circolazione, effettuando una manovra di svolta a sinistra per accedere ad un parcheggio, in maniera tale da impegnare la carreggiata opposta, da cui proveniva il S. , con conseguente urto fra i due veicoli, da cui è derivato il decesso di quest’ultimo. 1.2. Nel confermare la statuizione assolutoria, la Corte territoriale, in risposta alle doglianze proposte dagli appellanti, ha diffusamente rappresentato le risultanze emerse dal giudizio di primo grado, in particolare ribadendo, per come evidenziato dalla disposta C.T.U., che era stata corretta la manovra di svolta a sinistra dell’imputato, in quanto effettuata a velocità molto bassa, tale da consentire un totale controllo dell’autovettura e del contesto stradale la tipologia di strada e la presenza di un pilastrino in cemento armato erano tali da ostacolare la possibilità di avvistamento reciproco tra i due conducenti il freno posteriore della moto del S. non era funzionante, per la mancanza di un pistoncino il S. presumibilmente non indossava il casco, essendo tale ultimo integro a fronte di escoriazioni ed ecchimosi presenti sul capo del defunto. Aspetto decisivo è, però, apparso al Giudice di seconde cure quello per cui le risultanze peritali hanno finito per consentire due alternative soluzioni in ordine alla ricostruzione dei fatti, nell’un caso ritenendo che il S. avesse inutilmente frenato, senza riuscire a bloccare il mezzo, e nell’altro che non avesse per nulla frenato prima dell’impatto, precisando che nella prima opzione - ritenuta maggiormente verosimile - la collisione si sarebbe comunque verificata, a prescindere dalla condotta dall’imputato, in ragione della eccessiva velocità del motociclo, mentre nella seconda ipotesi l’urto sarebbe avvenuto per la manovra di svolta a sinistra eseguita troppo lentamente dal L. . Conseguentemente, per la Corte di appello, a fronte di una siffatta situazione, non può che essere disposta l’assoluzione dell’imputato, in quanto, in presenza di elementi di fatto connotati da valenza probatoria tale da consentirne una loro possibile lettura alternativa, non può essere pronunciata sentenza di condanna, essendo entrambe le ricostruzioni astrattamente formulabili e prospettabili come possibili. 2. Il ricorso delle parti civili si incentra su di un unico motivo di doglianza, avente ad oggetto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al disposto della norma dell’art. 589, comma 2, cod. pen. I ricorrenti lamentano, in primo luogo, che la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi su rilevanti aspetti già dedotti nel giudizio di seconde cure, quali le circostanze che il S. avesse il diritto di precedenza che il defunto non poteva logicamente procedere ad una velocità eccessivamente elevata che il L. è comunque colposamente responsabile dell’incidente per aver sbagliato manovra, in quanto, se avesse accelerato anziché frenare, avrebbe potuto consentire al motociclista di evitare la sua autovettura. Rinviando alle conclusioni peritali, poi, il Giudice di secondo grado avrebbe rinunciato ad esprimere il proprio giudizio sui fatti di causa, invece subordinandolo, in maniera acritica, alle risultanze scaturite dalla prova scientifica. La motivazione è, inoltre, incongrua ed illogica in riferimento alle emergenze dibattimentali, non apparendo possibile che l’arrivo della moto non risultasse visibile al L. , tenuto conto delle condizioni stradali, dell’ottima visibilità e del traffico scarso che vi era al momento del sinistro. La rilevanza colposa della condotta imputabile al L. configura, pertanto, il diritto delle parti civili ad ottenere il risarcimento del danno, con conseguente richiesta, al fine, di annullamento della sentenza impugnata. 3. Con memoria depositata il 10 marzo 2017 i difensori dell’imputato hanno concluso per l’inammissibilità, sotto vari profili, del ricorso proposto dalle parti civili, chiedendone in subordine il rigetto. Considerato in diritto 1. Il proposto ricorso non è fondato, per cui lo stesso deve essere rigettato. 2. Come in precedenza osservato, le doglianze delle parti civili sostanzialmente si incentrano su di un duplice ordine di motivi, da un lato deducendo l’erroneità della ricostruzione dei fatti giudizialmente accertata, in quanto ritenuta inverosimile e carente di considerazione alcuna di aspetti di decisivo rilievo ai fini dell’accertamento della penale responsabilità del L. , e dall’altro lato lamentando che il Giudice di secondo grado ha omesso di assumere una decisione autonoma sulla vicenda, limitandosi ad un rinvio acritico a quanto stabilito dal consulente tecnico nelle proprie conclusioni. 3. Quanto al primo profilo, è doveroso premettere che, secondo il costante indirizzo della Corte regolatrice in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito cfr., fra i molteplici arresti in tal senso Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507 Sez. 2, n. 31978 del 14/06/2006, Bencivenga, Rv. 234910 . È, pertanto, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento. Ebbene, nel caso di specie può senz’altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile con cui il sinistro è da ritenersi sia accaduto. In modo diffuso, infatti, la sentenza di appello ha dato conto delle risultanze della perizia medico legale, della relazione di servizio degli agenti intervenuti e della C.T.U. disposta in primo grado, in particolar modo evidenziando che il manto stradale era asfaltato le condizioni di visibilità erano ottime il traffico era scarso non risultava nessuna traccia di frenata la manovra di svolta a sinistra del L. era stata corretta, in quanto effettuata a velocità molto bassa, idonea a consentire il controllo dell’autovettura sul luogo del sinistro non erano segnalati divieti, né era apposta segnaletica orizzontale la tipologia di strada e la presenza di un pilastrino in cemento armato erano di ostacolo al reciproco avvistamento tra i due conducenti il freno posteriore della moto del S. non era funzionante, per la mancanza di un pistoncino il S. era presumibilmente privo di casco, essendo tale ultimo integro a fronte di escoriazioni ed ecchimosi presenti sul capo del defunto. La sentenza gravata, del pari, ha dato adeguata rappresentazione delle due diverse ricostruzioni del sinistro ipotizzate dal C.T.U., rappresentando sia quella ritenuta maggiormente verosimile - per cui il S. , viaggiando a velocità superiore al limite consentito, ha inutilmente frenato senza riuscire a bloccare la moto - che quella meno probabile, ed invero non condivisa - per la quale il defunto avrebbe continuato la sua corsa senza frenare -. La prima soluzione, a differenza dell’altra, esonera l’imputato da ogni responsabilità, considerato che la collisione, a prescindere dalla condotta tenuta dal L. , si sarebbe comunque verificata in ragione della eccessiva velocità tenuta dal motociclo. Orbene, in ragione della dedotta motivazione, non appare esservi dubbio alcuno in ordine al fatto che la Corte di merito abbia fornito adeguata e convincente motivazione circa le risultanze fattuali considerate e la dinamica del sinistro ritenuta più probabile. Ne consegue che le censure mosse dai ricorrenti in ordine all’erroneità della ricostruzione dei fatti ed alla mancata consderazione di alcuni decisivi elementi di valutazione si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto nelle fasi di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità delle motivazioni rese con riguardo a tale materiale nelle sentenze sia di primo che di secondo grado, appare del tutto infondato, non ricorrendovi spazio alcuno per poter accogliere le censure dedotte da parte dei ricorrenti. 3.1. A prescindere dalla superiore considerazione, d’altro canto, non può non essere anche evidenziato, con valenza troncante, che gli elementi di valutazione dei fatti di cui i ricorrenti hanno lamentato l’omessa considerazione - e cioè le circostanze che il S. avesse il diritto di precedenza che il defunto non poteva logicamente procedere ad una velocità eccessivamente elevata che il L. avesse sbagliato manovra, avendo frenato anziché accelerare - non risultano comunque sufficienti a dimostrare, in maniera certa, la ricorrenza di una responsabilità colposa, di rilievo penale, imputabile al L. . Gli elementi dedotti dagli odierni ricorrenti, infatti, possono, al più, valere a suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non di certo a ribaltarne l’esito in modo univoco, con ciò che ne consegue in termini di affermazione della penale responsabilità dell’imputato. È noto, in proposito, come il principio dell’ oltre ogni ragionevole dubbio non possa essere utilizzato, nel giudizio di legittimità, per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto emerse in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale duplicità sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina da parte del giudice di appello così, tra le altre, Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600 Sez. 5, n. 10411 del 28/01/2013, Viola, Rv. 254579 . 4. Parimenti infondato, poi, è il motivo di doglianza con cui i ricorrenti hanno lamentato la mancata adozione di un’autonoma decisione da parte della Corte di Appello, asseritamente rimessasi, senza speculazione alcuna, alle conclusioni tecniche rese dal consulente. Ciò, in verità, non appare ravvisarsi nel caso di specie, atteso che, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, la Corte territoriale non ha effettuato nessuno sterile rinvio alle conclusioni peritali, ma anzi - dopo aver rappresentato il complesso probatorio di riferimento ed aver indicato la soluzione ricostruttiva maggiormente probabile - ha in termini contrari osservato, con motivazione del tutto logica, congrua ed esente da vizi, che la possibile lettura alternativa del compendio probatorio in atti non può consentire la pronuncia di una sentenza di condanna. Dall’esame degli atti emerge, effettivamente, un quadro complessivamente incerto, soprattutto per ciò che attiene alla possibilità che la manovra di svolta a sinistra effettuata dal L. - comunque definita corretta, perché operata a velocità molto bassa e senza violare alcuna norma o divieto - possa aver avuto rilievo causalmente decisivo nell’impatto con il motociclo condotto dal S. . D’altro canto, in proposito, è utile ribadire che, in materia di omicidio colposo da incidente stradale, l’accertata violazione, da parte di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti, di una specifica norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando sia dimostrato che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere così, tra le altre Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv. 266645 Sez. 4, n. 40802 del 18/09/2008, Spoldi, Rv. 241475 Sez. 4, n. 24898 del 24/05/2007, Venticinque, Rv. 236854 . 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese sostenute tra le parti private. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Spese compensate tra le parti.