La responsabilità dell'avvocato - nella specie per omessa proposizione di impugnazione - non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.
Con l’ordinanza numero 15023/21 del 28 maggio, il S.C. chiarisce i profili della responsabilità dell’avvocato nell’adempimento del mandato professionale, precisando che può affermarsi l’esistenza di responsabilità solo qualora, in assenza dell’inadempimento denunciato ed all’esito di un giudizio probabilistico, il cliente avrebbe ottenuto il riconoscimento delle proprie ragioni. Il caso. L’ordinanza in commento definisce il contenzioso azionato nei confronti di un avvocato, da parte di un cliente nel caso di specie, una società in particolare, veniva addebitato all’avvocato il danno subito a seguito della mancata impugnazione di una sentenza in appello giudizio di appello che aveva, per quanto di interesse, ribaltato l’esito favorevole del primo grado, con il quale veniva riconosciuto un cospicuo risarcimento al cliente. Il S.C., per contro, rilevava che non vi era stata un’omissione in punto di appello, ma un rigetto di inammissibilità del ricorso effettivamente promossa dall’avvocato. In tale contesto, non poteva addebitarsi al legale alcuna responsabilità, non potendo procedere ad una nuova valutazione nel merito della decisione della Cassazione nell’altro giudizio tanto più che la sentenza di primo grado, che assegnava un importante risarcimento, era stata riformata in appello evidenziandone i limiti e l’assenza di coerenza logica e giuridica. Era quindi probabile che tale sentenza sarebbe stata confermata in Cassazione, non ravvisandosi – quindi – un probabile ribaltamento del giudizio di appello. La natura delle obbligazioni del professionista intellettuale. Secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, ripreso anche dalla pronuncia in commento, le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo. Responsabilità e risultato conseguito dall’avvocato. In particolare, con riferimento all'attività professionale dell'avvocato, l'inadempimento del professionista non può essere desunto solo dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale, ed in particolare, al dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'articolo 1176, comma 2, c.c. criterio della diligenza che deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata, sicché la diligenza stessa che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, cioè la diligenza posta nell'esercizio della propria attività, dal professionista di preparazione professionale e di attenzione medie. Responsabilità dell’avvocato e svolgimento dell’attività professionale. Fermo quanto precede, la responsabilità professionale dell'avvocato deriva dall'obbligo di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente di rappresentare tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi di chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole. Omissione dell’avvocato e giudizio probabilistico. La responsabilità dell’avvocato assume, peraltro, una veste specifica in caso di omissione nello svolgimento di una determinata attività. Qualora, infatti, sia invocata un’ipotesi di responsabilità per colpa professionale consistita nell'omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza, o del più probabile che non , si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, posto che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa. Responsabilità e inadempimento quale criterio? In altri termini, anche qualora risulti provato l'inadempimento del professionista per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo ove, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito. In tale prospettiva, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. Responsabilità, danno e nesso causale in caso di inadempimento dell’avvocato. Per affermarsi la responsabilità dell'avvocato è necessario, quindi, pur accertata la condotta colposa del professionista e, dunque, l'errore in cui lo stesso sia incorso in relazione ai noti criteri di diligenza, verificare sotto il profilo del nesso causale che l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo e, dunque, se, sostituendo la condotta negligente al comportamento dovuto, il danno, secondo criteri probabilistici, non si sarebbe verificato e il cliente avrebbe conseguito il risultato sperato, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta commissiva od omissiva del legale e il risultato derivazione. Inadempimento dell’avvocato e prescrizione. Da ultimo, può essere opportuno segnalare che, in caso di inadempimento dell’avvocato, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello nel quale essa è oggettivamente percepibile e conoscibile dal danneggiato, vale a dire dalla formazione del giudicato al contrario, tale decorrenza non è prospettabile nel diverso caso di inadempimento del mandato professionale in ambito stragiudiziale.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 18 dicembre 2020 – 28 maggio 2021, numero 15032 Presidente Sestini – Relatore Valle Fatti di causa I La Società in nome collettivo F.lli A. convenne in giudizio, dinanzi il Tribunale di Treviso, l’avvocato R.R. , chiedendone l’accertamento della responsabilità professionale con riferimento ad una causa di risarcimento danni da essa proposta nei confronti della Banca nazionale del Lavoro S.p.a., Sezione di credito industriale, e decisa per essa con statuizione di inammissibilità del ricorso in cassazione, per mancata impugnazione di un’autonoma ragione del decidere, dopo che in primo grado lo stesso Tribunale di Treviso le aveva riconosciuto il risarcimento dei danni nella misura di dieci miliardi di lire e la Corte di Appello di Venezia, su impugnazione della Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., aveva, riformato la sentenza di primo grado e rigettato la domanda proposta dalla detta società. I.1 La società F.lli A. S.numero c. deduceva il verificarsi di pregiudizi nella propria sfera patrimoniale - conseguenti alla mancata idonea impugnazione, da parte dell’avvocato R. , suo legale in detto procedimento giudiziario cd. presupposto , della sentenza d’appello, condotta a causa della quale la Corte di Cassazione aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione - consistiti nel mancato risarcimento dei danni in relazione alla predetta complessa fattispecie di finanziamento da parte della BNL S.p.a., Sezione credito industriale. I.2 Nel contraddittorio delle parti il Tribunale di Treviso ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta dalla società F.lli A. , in nome collettivo, nei confronti del legale. I.3 La Corte di Appello di Venezia, con sentenza numero 2051 del 26/09/2017, ha rigettato l’impugnazione. I.4 Avverso la detta sentenza d’appello propone ricorso di legittimità, con atto affidato a tre motivi, la F.lli A. S.numero c. I.5 Resiste con controricorso l’avvocato R.R. . I.6 Il P.G. non ha depositato conclusioni. I.7 La sola parte controricorrente ha depositato memoria nel termine di legge. Ragioni della decisione M I motivi di ricorso proposti dalla società ricorrente censurano come segue la sentenza d’appello. II.1 Il primo mezzo propone vizio di violazione degli articolo 1176, 2236 e 2909 c.c., con riferimento alla ritenuta scusabilità dell’errore dell’avvocato R. e al fatto che già vi fosse un giudicato in punto di gravità dell’errore commesso dal legale, da parte di questa Corte, errore che aveva comportato la mancata cassazione della sentenza d’appello nel giudizio presupposto, con rinvio a altro giudice. II.2 Il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 112 c.p.c. e degli articolo 40 e 41 c.p., in relazione all’oggetto del sindacato demandato alla S.C. nel giudizio promosso dalla ricorrente verso B.N.L., circa l’an della responsabilità dell’Istituto di credito , nonché per omesso esame di fatto decisivo. II.3 Il terzo motivo deduce, infine, violazione degli articolo 40 e 41 c.p., in relazione all’oggetto del sindacato demandato alla S.C. nel giudizio promosso dalla ricorrente contro B.N. L., circa il quantum del danno subito dalla A. , fondato su conteggi immediatamente percepibili e su documentazione versata in atti e omesso esame di fatti nella specie documenti decisivi. III I tre mezzi di cui al ricorso possono essere unitamente scrutinati, in quanto strettamente connessi. III.1 I tre motivi sono tutti formulati promiscuamente, ossia alternando e congiungendo prospettazioni in diritto a allegazioni in fatto e, complessivamente considerati, non si confrontano adeguatamente nè con le statuizioni della sentenza impugnata, nè con la giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità civile dell’avvocato, e segnatamente non si fanno carico di evidenziare compiutamente il nesso causale tra condotta, asseritamente omissiva, del professionista legale ed esito dell’impugnazione dinanzi questa Corte. III.2 Con riferimento al primo profilo, la sentenza in scrutinio ha affermato che nelle cause di responsabilità professionale nei confronti di esercenti la professione legale non è consentito al giudice ripercorrere il giudizio in cui la condotta connotata da negligenza o imperizia si sia verificata e deve, quindi, procedersi all’accertamento del nesso causale sulla base del principio controfattuale. La stessa sentenza d’appello ha, poi, affermato che la consulenza tecnica di ufficio, espletata in secondo grado nel giudizio presupposto, lasciasse margini di dubbio in ordine alla probabilità che la B.N.L. S.p.a., Sezione per il credito industriale, fosse la parte inadempiente e che, in ogni caso, la misura del risarcimento dei danni accordata dal Tribunale di Treviso alla F.lli A. S.numero c. era avulsa da parametri intellegibili e comunque controllabili. Le dette statuizioni della sentenza d’appello non sono adeguatamente contrastate dalla censura della società qui ricorrente, che si limita a contrapporre una diversa lettura dei dati della consulenza tecnico contabile di ufficio espletata nel giudizio presupposto e soprattutto non evidenzia adeguatamente in quale profilo il comportamento dell’avvocato R. , in sede di legittimità, sarebbe stato mancate, atteso che la decisione di questa Corte, resa con la sentenza del numero 07648 del 28/03/2007, d’inammissibilità dell’impugnazione avverso la sentenza d’appello nel giudizio cd presupposto, era relativa ad un’inammissibilità non derivante da mancata impugnazione in senso tecnico, ossia di tardiva proposizione della stessa, bensì di inadeguatezza dell’apparato censorio prospettato dinanzi ad essa. Con ciò viene a cadere anche la prospettazione in senso di accertamento, con forza di giudicato, dell’errore commesso dall’avvocato R. . III.3 Il secondo e il terzo motivo, relativi uno all’an e l’altro al quantum del risarcimento, non sono adeguatamente prospettati, laddove essi partono dal presupposto che l’impugnazione in punto di criterio di buona fede e correttezza da parte dell’avvocato R. , ove proposta, avrebbe certamente condotto ad un esito vittorioso, quando, viceversa, è noto quanto siano opinabili le conseguenze di azioni che hanno a fondamento la violazione degli articolo 1175 e 1375 c.c., ed omettono di considerare che la scelta dell’apparato censorio da predisporre rientra normalmente nell’ambito della discrezionalità propria del professionista legale Cass. numero 11906 del 10/06/2016 Rv. 640093 - 01 . I due mezzi omettono, inoltre, di valutare adeguatamente il percorso motivazionale della Corte di Appello di Venezia, nella sentenza qui gravata, dove viene richiamata la sentenza della stessa Corte nel giudizio cd. presupposto che afferma testualmente Nondimeno ai suddetti fini delibativi, non può non essere rilevato che la Corte di appello nel riformare la sentenza del Tribunale numero 1371/2000 che aveva accordato alla società F.lli A. S. numero c. tutela risarcitoria, ha avuto modo di apprezzare come il primo Giudice non aveva espresso alcuna efficace motivazione circa le risultanze del disposto elaborato tecnico, pervenendo inoltre auna quantificazione del danno riconosciuto alla odierna appellante del tutto svincolato da intelligibili parametri economico-finanziari, tanto da appalesarsi apodittica . La detta affermazione sorregge la motivazione della sentenza di questa Corte, in punto di mancata impugnazione del criterio adottato dal giudice di primo grado nella liquidazione dei danni e, a fronte della motivazione di legittimità resa, l’esito dell’impugnazione in punto di liquidazione dei danni è solo in via di mera ipotesi. Ossia di sola possibilità, prospettabile come positivo. III.4 Con riferimento al secondo profilo, l’impostazione complessiva del ricorso, che, come sopra scritto, è composta in gran parte dalla riproposizione di atti delle fasi di merito, non si confronta in alcun modo con la giurisprudenza di questa Corte in materia, che, viceversa, risulta adeguatamente richiamata dalla Corte territoriale e segnatamente con Cass. numero 02638 del 05/02/2013 Rv. 625017 - 01 La responsabilità dell’avvocato - nella specie per omessa proposizione di impugnazione - non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone. e Cass. numero 02836 del 26/02/2002 Rv. 552590 01 Le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non al suo conseguimento. Ne deriva che l’inadempimento del professionista nella specie avvocato alla propria obbligazione non può essere desunto, ipso facto , dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del tradizionale criterio della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall’articolo 1176 c.c., comma 2 - parametro da commisurarsi alla natura dell’attività esercitata -, sicché, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole auspicato dal cliente nella specie, del giudizio di appello , il danno derivante da eventuali sue omissioni nella specie, tardiva proposizione dell’impugnazione intanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito nella specie, il gravame, se tempestivamente proposto, sarebbe stato giudicato fondato , secondo un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici. . III.5 Deve, peraltro, rilevarsi che il secondo e il terzo motivo del ricorso della S.numero c. F.lli A. , adducono anche censure di omesso esame di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, in relazione alle quali emerge, come esattamente fatto rilevare in memoria dall’avvocato R. , un profilo di inammissibilità di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, non risultando prospettato, nell’atto d’impugnazione, alcun fatto diverso da quelli sui quali l’esame giudiziale è stato già condotto semmai può discorrersi di diverso apprezzamento di atti, quali la consulenza tecnica di ufficio espletata in fase d’appello nel giudizio cd. presupposto . IV Il ricorso deve, conclusivamente, essere rigettato. V Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. VI Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte Sez. U. numero 04315 20/02/2020 per dare atto - ai sensi della L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. numero 115 del 2002 e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali tra le prime Cass. numero 05955 del 14/03/2014 tra le innumerevoli altre successive Sez. U numero 24245 del 27/11/2015 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione. P.Q.M. rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.