L’occupazione temporanea di lavoratori socialmente utili alle dipendenze di un ente comunale per l’attuazione di un apposito progetto, non può qualificarsi come rapporto di lavoro subordinato, realizzandosi con essa, alla stregua dell’apposita normativa in concreto applicabile, un rapporto di lavoro speciale di matrice essenzialmente assistenziale, inserito nel quadro di un programma specifico che utilizza contributi pubblici.
Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 6954 del 25 marzo 2014. Il fatto. Un lavoratore domandava la corresponsione di un’indennità per 140 giorni di ferie non godute maturate nel periodo di espletamento dell’attività di autista, nonché il riconoscimento di un proprio credito retributivo per il lavoro straordinario svolto. La Corte territoriale riteneva di non poter applicare la disciplina contrattuale tipica del lavoro dipendente, perché non si trattava di un rapporto di lavoro subordinato, ma di un rapporto di tipo previdenziale ex articolo 38 Cost Riguardo invece allo straordinario, i giudici ritenevano che tale rivendicazione non fosse stata provata adeguatamente. Successivamente l’uomo ricorreva per cassazione, lamentando la violazione della disciplina contrattuale prevista per i lavoratori dipendenti dall’ente presso il quale il medesimo aveva prestato servizio. Il lavoro socialmente utile strumento contro la disoccupazione. La Corte afferma che nel caso di specie, il rapporto di lavoro non poteva qualificarsi come subordinato, richiamando in proposito l’articolo 8, 1 comma, d.lgs. numero 468/1997, secondo cui « l’utilizzatore dei lavoratori nelle attività di cui all’articolo 1, non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o di mobilità». Invero già era stato precisato che, l’assegnazione a lavori socialmente utili si colloca a “valle dei c.d. ammortizzatori sociali” e rappresenta uno strumento innovativo per fronteggiare la disoccupazione soprattutto giovanile nasce, quindi, con una finalità e una connotazione marcatamente assistenziale. Non si tratta di lavoro subordinato,ma . Inoltre il Collegio chiarisce che « in tema di retribuzione di lavoratori socialmente utili, le tutele tipiche del lavoro subordinato, quali tredicesima mensilità, le ferie retribuite ed il TFR, non sono riconosciute in relazione all’importo negativo corrisposto dall’ente pubblico utilizzatore rispetto all’attività coperta dal trattamento previdenziale previsto dall’articolo 8, 1 comma, d.lgs. numero 468/1997, atteso che il TFR, è determinato sulla sola quota dell’integrazione, e la tredicesima mensilità, contenuta nel trattamento straordinario di cassa integrazione guadagni è computata nella retribuzione costituente la base del calcolo degli importi dell’integrazione salariale. Mentre per le festività e le ferie, queste sono coperte dallo stesso trattamento di cassa integrazione, che viene erogato per dodici mensilità, e quindi anche nel periodo in cui non si presta attività lavorativa ». In questo modo a parere dei giudici si contempererebbe la necessità dei lavoratori di continuare a percepire l’indennità di cassa integrazione di lunga durata, con quella di assolvere alla richiesta di lavorare presso soggetti pubblici a progetti di utilità generale. un rapporto di tipo previdenziale. L’orientamento dei giudici di legittimità è perfettamente conforme dunque, ad un sistema legislativo la cui fonte di legittimazione è l’articolo 38 della Costituzione, che vuole il soddisfacimento dell’interesse sociale consistente nella tutela contro la disoccupazione e che risulta sempre più improntato, da un lato,a rendere produttiva la spesa previdenziale, e dall’altro ad evitare lo stato di prolungamento dell’assoluta inattività dei beneficiari. Per questi motivi le richieste del ricorrente sono infondate e il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 dicembre 2013 - 25 marzo 2014, numero 6954 Presidente Vidiri – Relatore Marotta Svolgimento del processo Con sentenza numero 995/2010 del 9 aprile 2010, la Corte di appello di Bari, decidendo sull'impugnazione principale proposta da C.D. e su quella incidentale proposta dal Comune di Corato, rigettava le domande avanzate dal C. , lavoratore socialmente utile, intese ad ottenere il pagamento dell'indennità per 140 giorni ferie non godute maturate nel periodo di espletamento dell'attività di autista indennità da corrispondersi, secondo l'assunto attoreo, con gli ordinari criteri previsti dal c.c.numero l. e cioè in misura doppia rispetto alla retribuzione ordinaria nonché il riconoscimento di un proprio credito retributivo per il lavoro straordinario svolto. Quanto all'indennità per ferie non godute, riteneva la Corte territoriale che, non costituendosi tra il lavoratore socialmente utile ed il soggetto utilizzatore un rapporto di lavoro subordinato bensì un rapporto di carattere previdenziale, fondato sull'articolo 38 della Cost., non potesse applicarsi la disciplina contrattuale tipica del lavoro dipendente con la conseguenza che non potesse essere pretesa la corresponsione in misura doppia dell'indennità a fronte del non contestato pagamento della retribuzione ordinaria per i giorni di ferie non godute . Quanto alla pretesa relativa allo straordinario, rispetto alla quale le rivendicazioni avevano riguardato l'impiego del C. in attività e per ore ulteriori rispetto a quelle rientranti nel progetto e, dunque, il diverso e distino rapporto di lavoro subordinato, riteneva che la relativa maggior prestazione non fosse stata provata dal lavoratore C Avverso tale sentenza C.D. ricorre per cassazione con due motivi. Il Comune di Corato si è costituito con controricorso al fine di partecipare alla discussione orale. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 8, comma 10, del d.lgs. 1 dicembre 1997, numero 468 ed all'articolo 36 della Cost. . Si duole della ritenuta non applicazione della disciplina contrattuale con riferimento alla pretesa creditoria pagamento dell'indennità per ferie non godute nella misura doppia sul presupposto della sussistenza di un rapporto di lavoro di carattere previdenziale. Rileva che tale soluzione è contraria alla disciplina di cui all'articolo 36, comma 3, della Cost. che prevede che il lavoratore ha diritto al riposo annuale e non può rinunziarvi, disciplina che prescinde dal titolo lavoro subordinato o prestazione previdenziale . 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 2697 cod. civ. ed all'articolo 116 cod. proc. civ. . Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto non provata la richiesta di pagamento relativa alle prestazioni di lavoro straordinario senza alcuna motivazione in ordine alla mancata esibizione dei documenti richiesti dal ricorrente anche a mezzo di accesso agli atti ante causam. 3. Il primo motivo è infondato. Si osserva preliminarmente che, nel caso di specie, nessuna anomalia è stata denunciata dal C. nella concreta attuazione dell'iniziativa per l'occupazione in lavori socialmente utili, sicché la prospettazione del ricorrente di un diritto all'indennità per ferie non godute a mezzo del richiamo alla disciplina contrattuale dei lavoratori dipendenti dell'ente presso il quale il medesimo ha prestato servizio è apodittica e senz'altro infondata. Questa Corte ha già precisato che non può qualificarsi come rapporto di lavoro subordinato l'occupazione temporanea di lavoratori socialmente utili alle dipendenze di un ente comunale per l'attuazione di un apposito progetto, realizzandosi con essa, alla stregua dell'apposita normativa in concreto applicabile, un rapporto di lavoro speciale di matrice essenzialmente assistenziale, inserito nel quadro di un programma specifico che utilizza i contributi pubblici così Cass. 5 febbraio 2013, numero 2605 id. 14 giugno 2012, numero 9811 15 giugno 2010, nnumero 14334, 14335, 14336, 14447 . Sul punto, del resto, è inequivoca la previsione di cui all'articolo 8, comma 1, d.lgs. numero 468 del 1997, secondo il quale l'utilizzazione dei lavoratori nelle attività di cui all’articolo 1 non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità . Invero, già con Cass. 22 giugno 2004, numero 11632 era stato precisato che, pur evolvendo il fenomeno verso forme di tirocinio giovanile e di praticantato, collocate a ridosso dell'apprendistato e del contratto di formazione e lavoro, che sono viceversa già nell'ambito del rapporto di lavoro a pieno titolo, l'assegnazione a lavori socialmente utili si colloca a valle dei c.d. ammortizzatori sociali messa in mobilità dei lavoratori in esubero, collocamento in cassa integrazione, trattamento di disoccupazione e rappresenta uno strumento innovativo per fronteggiare la disoccupazione soprattutto ma non esclusivamente giovanile nasce, quindi, con una finalità e una connotazione marcatamente assistenziale. È stato, poi, anche chiarito che In tema di retribuzione dei lavoratori socialmente utili, le tutele tipiche del rapporto di lavoro subordinato, quali la tredicesima mensilità, le ferie retribuite ed il t.f.r., non sono riconosciute in relazione all'importo integrativo corrisposto dall'ente pubblico utilizzatore rispetto all'attività coperta dal trattamento previdenziale previsto dall'articolo 8 del d.lgs. numero 468 del 1997, atteso che il t.f.r., previsto dall'articolo 2, comma 2 della legge numero 464 del 1972, è determinato sulla sola quota dell'integrazione e la tredicesima mensilità, contenuta nel trattamento straordinario di cassa integrazione guadagni previsto dall'articolo unico della legge numero 427 del 1980 sia nel testo originario che in quello modificato dall'articolo 1 della legge numero 299 del 1994 è computata nella retribuzione costituente la base di calcolo degli importi dell'integrazione salariale, mentre le ferie e le festività sono direttamente coperte dallo stesso trattamento di cassa integrazione, che viene erogato per dodici mensilità, e quindi anche per il periodo nel quale non si presta attività lavorativa, dovendosi ritenere la ragionevolezza della differenziata tutela rispetto al rapporto di lavoro subordinato, con conseguente infondatezza dei dubbi di costituzionalità, in quanto il complessivo assetto così delineato risponde ad un equilibrato contemperamento tra l'esigenza dei lavoratori di continuare a percepire l'indennità di cassa integrazione di lunga durata, conservando l'iscrizione nelle liste di collocamento speciale, con quella di assolvere alla richiesta di lavorare presso soggetti pubblici a progetti di utilità generale - cfr. la citata Cass. numero 14334/2010 -. Questo Collegio non ha motivo di discostarsi dal suddetto orientamento conforme ad un sistema legislativo la cui fonte legittimatrice è l'articolo 38 della Costituzione, che vuole il soddisfacimento dell'interesse sociale consistente nella tutela contro la disoccupazione e che risulta progressivamente sempre più improntato, da un lato, a rendere produttiva la spesa previdenziale e, dall'altro, ad evitare il prolungamento dello stato di assoluta inattività dei beneficiari, che provoca sempre maggiore difficoltà di rientro nel mondo del lavoro cfr. da ultimo il D.L. numero 185 del 2008, articolo 19, comma 10 convertito in L. numero 2 del 2009, il quale prevede che la erogazione di tutti i trattamenti a sostegno del reddito è subordinata alla dichiarazione - da rendere all'I.N.P.S. - di immediata disponibilità al lavoro o ad un percorso di riqualificazione professionale . Se tale è dunque il sistema, non sussistono dubbi di non conformità a Costituzione, giacché la differenziazione di tutela rispetto al rapporto di lavoro subordinato, risponde a criteri di ragionevolezza. 4. Anche il secondo motivo è infondato. Nessuna violazione dell'onere probatorio vi è stata da parte della Corte di appello. Si ricorda, infatti, che Ai sensi dell'articolo 421 cod. proc. civ., il potere officioso di ordinare l'esibizione di documenti è discrezionale, sicché il suo esercizio non comporta alcun vincolo per il giudice. Del pari discrezionale è, quindi, anche il potere di desumere argomenti di prova dall'inosservanza dell'ordine di esibizione, ma in questo caso la discrezionalità è correlata alla natura dell'argomento di prova. Tale correlazione comporta che per l'eventuale valutabilità del rifiuto di esibizione di documenti come ammissione del fatto è necessario che vi siano elementi di prova concorrente - cfr. Cass. 27 agosto 2004, numero 17076 -. Nel caso in questione la Corte barese ha chiaramente escluso la sussistenza di elementi di prova concorrente avendo evidenziato, con giudizio di merito insuscettibile di censura in questa sede di legittimità, che i testi escussi o avevano escluso espressamente l'eccedenza di un'ora della prestazione lavorativa del C. così P.V. e D.P. o avevano ricondotto tale eccedenza a scomputo della mancata prestazione lavorativa nel giorno di sabato così R.A. . 5. Il ricorso va quindi rigettato. 6. Il parziale diverso esito dei giudizi di merito e la natura della controversia costituiscono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.