Per la tempestività della procedura non basta la domanda, ma deve concludersi nel termine fissato dalla legge

In ambito di mobilità volontaria, prevista dall’articolo 31 l. numero 6/1997 della Regione Sicilia, l’attuazione della mobilità avrebbe dovuto compiersi e concludersi nel termine annuale stabilito. Non è sufficiente la tempestività della richiesta, posto che dal tenore letterale della norma utilizzato dal legislatore, deve intendersi che l’intera procedura doveva concludersi nel termine annuale previsto.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza numero 2797, pubblicata il 12 febbraio 2015. La vicenda. Un lavoratore si rivolgeva al Tribunale del lavoro, chiedendo l’accertamento del proprio diritto all’immissione in servizio presso un’azienda soggetto a controllo regionale, a seguito di procedura di mobilità volontaria prevista dalla legge regionale Sicilia numero 6/1997. Il Tribunale aveva accolto la domanda. Proposto appello da parte dell’azienda tenuta all’immissione nel servizio, la Corte d’appello lo accoglieva, rigettando la domanda originaria. Proponeva ricorso per cassazione il lavoratore. La procedura di mobilità stabilita dalla normativa regionale. La vicenda in esame trae fondamento dall’articolo 31, comma 5, della l. numero 6/1997 della Regione Sicilia. Precisamente il comma 5 che qui interessa recita «Nell' ambito degli enti di cui al comma 1 è consentito, in deroga alle rispettive previsioni statutarie e regolamentari, l'attuazione della mobilità volontaria per un periodo non superiore ad un anno dall' entrata in vigore della presente legge. La mobilità si attua nell' ambito dei posti vacanti alla data di entrata in vigore della presente legge e per qualifiche corrispondenti o equiparabili, ferme restando le riserve di legge, nonché le riserve dei posti al personale interno. La mobilità è disciplinata dal regolamento adottato con DPCM 16 settembre 1994, numero 716 e successive modificazioni». Il termine annuale per l’attuazione della procedura. Il contrasto che ha dato origine alla controversia deriva dall’interpretazione che viene data alla dizione «attuazione per un periodo superiore ad un anno». Secondo il lavoratore ricorrente, la cui tesi è stata dapprima ritenuta fondata dal giudice di primo grado, il termine annuale previsto dal citato articolo 31, comma 5, è stato rispettato con la domanda all’azienda di appartenenza del nullaosta alla richiesta mobilità. Nullaosta oltre tutto concesso prima dello spirare del termine annuale. E dunque, sostiene il ricorrente, l’eventuale ritardo da parte dell’azienda cessionaria nell’accogliere la richiesta del lavoratore, dando così termine alla procedura di mobilità, non può ricadere sul lavoratore, essendo ormai privo di alcun potere di iniziativa in merito. La volontà del legislatore regionale. Tesi non accolta dalla Corte d’appello e ora confermata dai giudici della Suprema Corte. I quali osservano che il tenore letterale della norma in esame è chiaro ed inequivoco si parla di attuazione della procedura, dovendosi intendere dunque che entro il termine ex lege previsto l’intera procedura doveva compiersi e concludersi. Se viceversa il legislatore avesse voluto dare diversa interpretazione, dando ad esempio rilevanza alla data di presentazione della domanda, si sarebbe dovuto esprimere diversamente. Oltre tutto, osserva la Corte, già alla data di entrata in vigore della legge regionale erano individuati i posti vacanti interessati dalla procedura di mobilità. E anche sotto questo aspetto, in applicazione del principio di efficienza dell’azione amministrativa, il termine annuale era da considerarsi quale data certa entro cui doveva concludersi la procedura di mobilità volontaria. La Corte di merito ha dunque fatto corretta interpretazione delle norme esaminate, con conseguente rigetto del ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 novembre 2014 – 12 febbraio 2015, numero 2797 Presidente Lamorgese – Relatore Nobile Svolgimento del processo Con sentenza numero 3489/2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Catania, nel confermare la precedente ordinanza cautelare, dichiarava il diritto di immissione in servizio presso la C.R.I.A.S. - Cassa Regionale per il Credito alle Imprese Artigiane Siciliane di B.A. a decorrere dal 17-9-2001, in attuazione della delibera numero 1050/3 del 22-12-2000, con cui era stata accolta la richiesta del medesimo di passaggio, per mobilità, dall'Azienda Autonoma delle Terme di Acireale. Con ricorso depositato il 24-2-2006 la Cassa proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendo, in riforma della stessa, il rigetto di ogni domanda proposta dal B. . Ripristinatosi il contraddittorio, il B. si costituiva resistendo al gravame e la Azienda Autonoma delle Terme di Acireale restava contumace. La Corte d'Appello di Catania, con sentenza depositata il 19-2-2001, in accoglimento dell'appello rigettava la domanda del B. e compensava le spese tra le parti costituite. In sintesi la Corte territoriale, nel respingere il primo motivo di gravame, rilevava che la C.R.I.A.S. rientrava tra gli enti ed aziende destinatari delle disposizioni di cui all'articolo 31, comma 5, della legge regionale numero 6/97 e succ. mod. ed integr La Corte accoglieva, invece, il secondo motivo, rilevando che il passaggio diretto era comunque nullo, in quanto avvenuto al di fuori del termine previsto dallo stesso comma 5 del richiamato articolo 31 citato, ritenendo, peraltro, inammissibile il terzo motivo con il quale la Cassa aveva chiesto la condanna dell'Azienda Autonoma delle Terme di Acireale a riassumere il B. ed a risarcire all'appellante tutti i costi dalla stessa sostenuti trattandosi di domanda proposta per la prima volta in appello. Per la cassazione di tale sentenza il B. ha proposto ricorso con due motivi. La Cassa ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato con un unico motivo. L'Azienda Autonoma delle Terme di Acireale è rimasta intimata. Il B. e la Cassa hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Preliminarmente, riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex articolo 335 c.p.c., va rilevata la nullità della procura apposta in calce alla costituzione di nuovo procuratore in data 20-3-2013 rilasciata dal B.A. all'avv. Nicolo D'Alessandro, con la conseguente nullità della detta costituzione . Nel giudizio di cassazione, infatti, come ripetutamente è stato affermato da questa Corte nel regime anteriore alla legge numero 69 del 2009 , la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l'articolo 83, terzo comma, c.p.c., nell'elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma del cit. articolo 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l'indicazione delle parti e della sentenza impugnata v. tra le altre Cass. 9-4-2009 numero 8708, Cass. 20-8-2009 numero 18528 . D'altra parte nella fattispecie, ratione temporis , neppure potrebbe invocarsi il nuovo testo dell'articolo 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine o in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso come la memoria di nomina di nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato , in quanto lo stesso si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore dell'articolo 45 della l. numero 69 del 2009 4 luglio 2009 , mentre per i procedimenti come quello in esame instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall'articolo 83, secondo comma v. Cass., 26-3-2010 numero 7241, Cass. 28-7-2010 numero 17604, Cass. 27-8-2014 numero 18323 . Tanto premesso, va rilevato che con il primo motivo del ricorso principale il B. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto nullo il passaggio immediato e diretto di esso B. alle dipendenze della C.R.I.A.S. e lamenta che la Corte territoriale ha accollato al lavoratore, senza fornire motivazione alcuna e in palese violazione del principio del favor prestatoris , l'ingiustificato ed evidentemente appositamente voluto ritardo della C.R.I.A.S. ente cessionario nell'accogliere la richiesta di mobilità avanzata dallo stesso . Il ricorrente principale in particolare evidenzia che, nella specie, il termine di cui all'articolo 31, comma 5, l. r. numero 6/1997, è stato rispettato con la richiesta alla Azienda Autonoma delle Terme di Acireale in data 25-6-1997 del nulla osta concesso in pari data in calce alla stessa richiesta, e che il successivo ritardo dell'ente cessionario nell'accogliere la richiesta del ricorrente non può essere posto a carico del lavoratore. Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge, il B. lamenta che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che le modifiche apportate al detto articolo 31 citato dall'articolo 55, comma 7, l.r. numero 10/1999 e, poi, dall'articolo 10, comma 20, l.r. numero 9/2006, relative alla proroga del termine previsto dal comma 2 del citato articolo 31, sarebbero riferibili esclusivamente al trattamento economico previsto da detta norma e non anche al termine finale, dalla stessa previsto, al comma quinto, entro cui attuare la mobilità volontaria. Al riguardo il ricorrente principale rileva che la proroga del termine, non può che riferirsi all'articolo 31 nel suo complesso, essendo i due istituti, quello economico di cui all'articolo 2 e quello normativo di cui all'articolo 5 strettamente connessi. Entrambi i motivi, strettamente connessi fra loro risultano infondati e vanno respinti. L'articolo 31 della legge regionale numero 6 del 1997 dispone testualmente Con effetto dall'entrata in vigore della presente legge il trattamento giuridico ed economico del personale degli enti, aziende ed istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell'Amministrazione regionale e le cui spese di funzionamento sono a carico del bilancio regionale non può essere superiore a quello stabilito per i dipendenti regionali, secondo le tabelle di equiparazione adottate dai rispettivi organi di amministrazione, vistate dai componenti gli organi di revisione ed approvate dal Presidente della Regione, su deliberazione della Giunta regionale comma 1 . L'eventuale differenza tra il maturato economico in godimento al 31 dicembre 1996 del suddetto personale e il trattamento economico spettante alla medesima data al personale regionale viene mantenuta quale assegno ad personam , riassorbibile con i futuri miglioramenti economici, comma 2 . Gli eventuali maggiori oneri derivanti da contrattazioni di settore non possono gravare sul contributo regionale che deve esporre analiticamente la quota destinata al costo del personale, comma 3 L'applicabilità di contratti di settore e/o integrativi è subordinata al reperimento da parte degli enti di nuove e maggiori entrate non a carico del bilancio della Regione, comma 4 . Nell'ambito degli enti di cui al comma 1 è consentito, in deroga alle rispettive previsioni statutarie e regolamentari, l'attuazione della mobilità volontaria per un periodo non superiore ad un anno dall'entrata in vigore della presente legge. La mobilità è disciplinata dal regolamento adottato con DPCM 16 settembre 1994 numero 716 e successive modificazioni comma 5 . Tale essendo il chiaro dettato normativo è evidente che, mentre i primi quattro commi sono tutti diretti a stabilire una omogeneità del trattamento economico e giuridico del personale direttamente o indirettamente a carico del bilancio regionale, mediante un meccanismo di riallineamento, con mantenimento della differenza come assegno ad personam riassorbibile, il quinto comma è invece diretto a consentire, nell'ambito degli enti di cui al comma 1, l'attuazione della mobilità volontaria entro un anno dall'entrata in vigore della legge. In sostanza entro tale termine la mobilità volontaria de qua avrebbe dovuto avere attuazione e, cioè, avrebbe dovuto compiersi e concludersi. Inoltre, dato il chiaro tenore letterale è consentito l'attuazione della mobilità volontaria per un periodo non superiore ad un anno dall'entrata in vigore . non può ritenersi all'uopo sufficiente la tempestività della richiesta, giacché se il legislatore regionale avesse voluto attribuire alla detta richiesta una siffatta rilevanza, si sarebbe espresso in modo diverso. Correttamente, quindi, la Corte di merito ha rilevato che essendo del resto già stati individuati i posti interessati dalla procedura di mobilità ovvero quelli vacanti alla data di entrata in vigore della legge , il termine non superiore a un anno, indicato dal legislatore regionale, non poteva che riferirsi alla definitiva attuazione della procedura in linea con il rispetto del criterio di efficienza dell'azione amministrativa, il quale imponeva la individuazione di una data certa oltre la quale la procedura di mobilità volontaria tra enti diversi avrebbe dovuto concludersi. . In tale quadro, poi, coerentemente lo stesso legislatore regionale ha espressamente riferito le successive modifiche introdotte dall'articolo 55, comma 7, l.r. numero 10 del 1999, e poi dall'articolo 10, comma 20, l.r. numero 9/2006 esclusivamente al termine previsto dal comma 2 dell'articolo 31 e non anche a quello previsto dal comma 5. In sostanza le successive proroghe hanno riguardato esclusivamente il termine previsto dal comma 2, fino al quale mantenere, quale assegno ad personam riassorbibile, l'eventuale differenza tra il maturato economico del personale degli enti di cui al comma 1 ed il trattamento economico spettante al personale regionale, e non anche il termine finale di efficacia, di cui al comma 5, entro il quale avrebbe dovuto avere attuazione la mobilità volontaria. Del resto non vi è una stretta connessione tra l'istituto economico previsto dal comma 2 e l'istituto della mobilità volontaria di cui al comma 5. Il ricorso principale va pertanto respinto, così risultando assorbito il ricorso incidentale condizionato, concernente la omessa pronuncia sulle ulteriori eccezioni avanzate dalla Cassa in ordine alla nullità anche della delibera della Azienda Autonoma Terme di Acireale del 14-9-2001, non esaminate dalla Corte di merito. Infine, in ragione della novità delle questioni e dell'esito alterno dei giudizi di merito, le spese del presente giudizio di cassazione vano compensate tra le parti. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il principale, assorbito l'incidentale compensa le spese del presente giudizio.