Per gli esodati c’è ancora speranza

«La nuova legge professionale ha sancito un principio per me fondamentale tutti gli avvocati, indipendentemente dal reddito professionale, hanno diritto alla stessa tutela previdenziale. È un riconoscimento che auspicavamo da tempo, consapevoli che in un’Avvocatura forte e unita tutti debbono poter godere degli stessi diritti e doveri, anche in ambito previdenziale» così il Presidente di Cassa Forense sull’ultima newsletter .

Per regolamentare l’ingresso dei nuovi colleghi all’interno di Cassa Forense è stato approvato, a maggioranza, il regolamento ex articolo 21, commi 8 e 9, legge numero 247/2012 che consentirà per un certo numero di anni a una platea di circa 80.000 avvocati di pagare i contributi minimi ridotti ad un quarto indipendentemente dalla loro età anagrafica nonché di estendere tale beneficio a tutti coloro che a parità di reddito si erano volontariamente iscritti prima del 2 febbraio 2013. AIGA con comunicato stampa del 3 febbraio 2014 plaude al nuovo regolamento di Cassa Forense sui minimi contributivi «in modo da far si che il futuro previdenziale di ogni iscritto non rimanga solo un mero enunciato normativo». In attesa dell’approvazione da parte dei Ministeri Vigilanti è in atto la propaganda fide nei vari distretti di Corte di Appello. È necessario però che gli 80.000 avvocati si rendano conto che «il diritto alla stessa tutela previdenziale» proclamato dal Presidente di Cassa Forense , per sua stessa ammissione, è destinato a rimanere soltanto una «speranza di avere un giorno una pensione adeguata». Perché tutto questo? Perché a fronte del versamento di contribuzione sottominimale per un certo numero di anni, se non sarà successivamente integrata, detta contribuzione, ai minimali vigenti, l’anno di riferimento non sarà calcolato per intero ma soltanto in ragione di 6 mesi di anzianità contributiva ai fini previdenziali con la conseguenza che in moltissimi casi al compimento del 70esimo anno di età non avranno i requisiti minimi per accedere alla generosa pensione retributiva ma sarà loro riconosciuta soltanto la pensione contributiva la quale non prevede l’integrazione al trattamento minimo. Quindi una pensione di modestissima entità calcolata esattamente sul montante contributivo versato sul quale montante però non confluirà, e qui sta il trucco, il contributo integrativo del 4% sul volume d’affari che andrà invece a finanziare l’integrazione al trattamento minimo della pensione retributiva dalla quale saranno esclusi. Esodati quindi ma con la speranza di una pensione minimale contributiva che certamente dignitosa non sarà. I fatti previdenziali sono questi, tutto il resto è propaganda.

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