Il verbale dei vigili urbani non basta a provare la sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi del titolare del diritto

Le dichiarazioni rese dalle parti ai vigili urbani anche se, cristallizzate nell’atto pubblico, non sono coperte da fede privilegiata e, pertanto, sono a pieno titolo riscontrabili nella loro intrinseca veridicità ad opera del giudice di merito il quale ben può svilirle alla luce di elementi di valutazione di segno antitetico. L’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico infatti, concerne la provenienza del documento dal pubblico ufficiale ed i fatti che lo stesso pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui personalmente compiuti. La fede privilegiata, viceversa non si estende all’intrinseca veridicità ed esattezza delle dichiarazioni che le parti hanno reso e di cui l’atto pubblico fornisce testuale riscontro cosicché l’inesattezza o la non corrispondenza al vero delle medesime dichiarazioni può essere dimostrata con ogni mezzo di prova, pur di natura presuntiva.

La Cassazione, con la sentenza n. 4208 del 21 febbraio 2014, nega che la parte su cui gravava l’onere di dimostrare la sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi del titolare del diritto all’assegnazione dell’alloggio avesse assolto detto onere sulla scorta di un documento che pur essendo un atto pubblico - verbale redatto dai vigili urbani - tuttavia, conteneva esiti di un accertamento caratterizzato per l’estrema genericità dei riferimenti a persone o luoghi o fatti e per questo del tutto inattendibile. Com’è noto, anche se ai sensi dell’art. 2700 c.c., l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso , della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, la sua efficacia probatoria privilegiata non si estende all’intrinseca veridicità ed esattezza del suo contenuto veridicità ed esattezza che, pertanto, possono essere disattese con ogni mezzo di prova, pur di natura presuntiva. Il fatto. La controversia trae origine dalla domanda spiegata dal titolare del diritto all’assegnazione di un alloggio I.N.A. – Casa” volta ad ottenere una sentenza idonea a trasferirgli il diritto di proprietà, atteso che tale diritto gli era stato disconosciuto per carenza dei requisiti soggettivi. Il Tribunale rigettava la domanda sul presupposto che l’attore fosse decaduto dal diritto di conseguire l’assegnazione. Proposto appello, la Corte territoriale accoglieva il gravame, atteso che la convenuta non era riuscita ad assolvere l’onere di dimostrare la sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi in capo all’attore per l’assoluta incertezza delle risultanze documentali. Veniva, pertanto, proposto ricorso per Cassazione e la Corte di legittimità cassava per difetto di motivazione la statuizione impugnata rinviando nel merito la decisione ad altra sezione della Corte territoriale. Quest’ultima, accoglieva la domanda attorea. La convenuta, pertanto, proponeva nuovamente ricorso per Cassazione. Parte convenuta non ha assolto l’onere probatorio. Nello specifico, la Corte di Cassazione aveva cassato la decisione della Corte territoriale per difetto di motivazione in ordine ad un punto decisivo ai fini dell’esito della controversia e, cioè l’intervenuta cessione a terzi della locazione dell’alloggio de quo . Successivamente, i giudici di merito, investiti della questione hanno ritenuto di accogliere la domanda attorea poiché l’impianto probatorio fornito da parte convenuta e su cui gravava il relativo onere, risultava essere oltre che insufficiente anche alquanto generico, nonché del tutto disatteso dalle ulteriori risultanze documentali emerse nel corso del giudizio. Difatti, l’unico elemento di prova offerto dalla convenuta e su cui la stessa fondava gli atti di contestazione della violazione dell’assegnatario di aver ceduto a terzi il godimento dell’alloggio, consisteva in una lettera redatta dai Vigili urbani e contenente un accertamento i cui esiti suscitavano notevoli perplessità. Invece, gli altri elementi probatori forniti da parte attorea quali, per esempio, la circostanza che alla data della redazione, contrariamente da quanto affermato nel verbale, l’attore era ancora in vita era stata versata in atti lettera di contestazione avverso diffida intimatagli dieci anni dopo dal sindaco del Comune in questione sottoscritta dall’assegnatario unitamente al proprio legale , nonché il fatto che il medesimo, sulla scorta dei certificati anagrafici prodotti in giudizio, risultava essere padre di una sola figlia non già di un maschio, indicato dai vigili come figlio unico, nel disattendere ampiamente quanto accertato in sede di verbale provavano che non vi era stata alcuna sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi in capo al titolare del diritto all’alloggio che parte convenuta pretendeva di invocare. Gli ermellini, nel condividere in toto quanto affermato dai giudici di appello, rilevano che l’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico non si estende all’intrinseca veridicità ed esattezza delle dichiarazioni che le parti hanno reso e di cui l’atto pubblico fornisce testuale riscontro cosicché l’inesattezza o la non corrispondenza al vero delle medesime dichiarazioni può essere dimostrata con ogni mezzo di prova, pur di natura presuntiva. Pertanto, le predette dichiarazioni anche se cristallizzate nell’atto pubblico non sono coperte da fede privilegiata e, quindi, sono a pieno titolo riscontrabili nella loro intrinseca veridicità ad opera del giudice di merito il quale ben può svilirle, come nel caso di specie, alla luce di elementi di valutazione di segno antitetico. Concludendo. La Corte territoriale ha affermato che non si potesse prendere in considerazione in sede giudiziale l’abbandono dell’alloggio per cambio di residenza da parte dell’assegnatario, e contestato dalla parte convenuta come ulteriore causa di decadenza e perdita dei requisiti per il trasferimento della proprietà dell’alloggio in quanto dell’indicazione del predetto elemento non vi era traccia nell’ambito del provvedimento di revoca. I giudici del merito, infatti, sulla scorta di un’interpretazione formalista, hanno vincolato il rilievo dell’abbandono alla sua formalizzazione in atto amministrativo ritenendo di poter esaminare solo gli elementi consacrati in tale tipo di atto, esame che non poteva avvenire nella specie.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 gennaio - 21 febbraio 2014, n. 4208 Presidente Piccialli – Relatore Abete Svolgimento del processo Con atto notificato in data 5.7.1990 Q.Z. citava a comparire innanzi al tribunale di Lucca l’ A.T.E.R. - Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale . Chiedeva, quale assegnatario giusta atto in data 27.1.1956, che fosse pronunciata, avendo provveduto all'integrale pagamento del prezzo, sentenza idonea a trasferirgli il diritto di proprietà di un alloggio I.N.A. - Casa sito in comune di omissis e promessogli in vendita in data 10.4.1968 dalla Gescal . Si costituiva l’ A.T.E.R. . Con sentenza n. 129/1995 il tribunale adito rigettava la domanda, all'uopo reputando che l'attore fosse decaduto dal diritto di conseguire l'assegnazione. Interponeva appello Q.Z. . Con sentenza n. 880/1999 la corte d'appello di Firenze accoglieva il gravame, opinando. in linea di principio, che fosse senz'altro onere dell' A.T.E.R. dimostrare la sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi e, nel caso di specie, che, in dipendenza dell'incertezza che contrassegnava le risultanze documentali, l'azienda appellata non aveva assolto detto onere. Avverso tale sentenza l’ A.T.E.R. proponeva ricorso a questo giudice di legittimità. Affermata preliminarmente dalle sezioni unite la giurisdizione dell'a.g.o. e, dunque, la possibilità che si pronunciasse sentenza ex art. 2932 c.c. la prima sezione civile di questa Corte con sentenza n. 4563/2003 cassava - per difetto di motivazione in ordine al decisivo punto dell'intervenuta cessione a terzi della locazione dell'alloggio in questione - la statuizione impugnata, rinviando ad altra sezione della corte fiorentina. Con atto notificato in data 28.4.2004 Q.C. e P.C. . in qualità di eredi di Q.Z. , attendevano alla riassunzione del giudizio. Resisteva l’ ERP Lucca s.r.l., società costituitasi a seguito dello scioglimento dell’ A.T.E.R”. Nel corso del giudizio Q.C. si costituiva altresì quale erede di P.C. , deceduta nelle more. Con sentenza n. 1000 dei 14.3/10.7.2007 la corte d'appello di Firenze così statuiva 1 in accoglimento dell'appello trasferisce a Q.C. la proprietà dell'alloggio, sito in OMISSIS , piano primo, interno 3 , oltre accessori, pertinenze parti condominiali, il tutto come individuato nella promessa di futura vendita 10.4.1968 2 condanna ERP Lucca s.r.l. a rimborsare alla Q. le spese di tutti i gradi del giudizio . In particolare la corte fiorentina, puntualizzato che spetta all'ente di eccepite e dimostrare che il richiedente non ha attualmente i requisiti per rimanere nel godimento dell'alloggio così sentenza d'appello, pag. 5 e che tale criterio di ripartizione dell'onere probatorio non è stato oggetto di censura ed è pertanto regula juris . così semenza d'appello, pag. 5 , evidenziava che l'unico elemento di prova offerto dall'azienda convenuta e sul cui dato riposano gli atti di contestazione della violazione di aver ceduto a terzi il godimento dell'alloggio, consiste in una lettera dei Vigili urbani di OMISSIS del 10.9.1980 così sentenza d'appello, pag. 7 , che si tratta di un accertamento i cui esiti suscitano molte perplessità” così sentenza d'appello, pag. 7 , che contrariamente a quanto si afferma, il Q. a quella data non era ancora deceduto, se è vero che sottoscriveva, il 27.4.1990, assieme al proprio avvocato, una lettera di contestazione avverso la diffida intimatagli dal Sindaco di quel Comune e, sempre secondo un certificato anagrafico. il medesimo risultava padre di una sola figlia, C. , e non di un maschio, R. , indicato dai vigili come figlio unico così sentenza d'appello, pag. 7 , che al documento non può attribuirsi l’efficacia probatoria propria dell'atto pubblico , poiché dal tenore dell'atto e per l'estrema genericità dei riferimenti a persone o luoghi o fatti non è possibile ricavare con certezza se davanti al pubblico ufficiale siano state rese determinate dichiarazioni e da chi o siano state compiute talune attività, essendo tali elementi rimasti nel vago, con la conseguente inattendibilità dei risultati dell’accertamento così sentenza d'appello, pag. 8 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la ERP Lucca s.r.l. chiedendone, sulla scorta di due motivi, la cassazione con il favore delle spese di tutti i gradi di giudizio. Q.C. , quale erede di Q.Z. e P.C. , ha depositato controricorso conclude per la declaratoria di inammissibilità e, comunque, per il rigetto dell'avverso ricorso, con il favore delle spese del giudizio di legittimità. Motivi della decisione Con il primo motivo la s.r.l. ricorrente deduce ai sensi dell'art. 360, 1 co., n. 5 , c.p.c. in relazione all'art. 384 c.p.c. il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. All'uopo adduce che ancora una volta la più recente sentenza afferma la mancanza di efficacia probatoria dell'accertamento fondandola sull'asserita genericità dei riferimenti a persone e luoghi o fatti così ricorso, pagg. 5 - 6 che tale accertamento sia assolutamente non vago là dove recita nell’appartamento sopra citato da circa 15 anni abita D.P. e la moglie G.A. ” così ricorso, pag. 6 che la testé riferita affermazione è lecito ritenere sia stata frutto di verifica diretta da parte degli accertatoli, fondata su riscontro effettuato in loco e confermata anche dalle risultanze anagrafiche a cui i vigili potevano avere accesso così ricorso, pag. 6 che tale fatto, dichiarato in atto che almeno sotto tale profilo ha efficacia probatoria ex art. 2700 c.c., è stato, in base ad erronee argomentazioni, senza motivo disatteso così ricorso, pag. 6 che riguardo alla cessione a terzi la Corte non prende poi in alcuna considerazione e quindi non motiva in ordine ad altri importanti elementi probatori così ricorso, pag. 7 che, in base alla documentazione prodotta da controparte, il Q. era almeno al 1991 e 1993 effettivamente residente in altro luogo atteso che il Comune di Firenze rilasciava nel 1991 e 1993 certificati anagrafici relativi allo stesso così ricorso, pag. 7 che la Corte, che avrebbe dovuto ritenere come provata la circostanza della locazione a terzi già in forza dell'efficacia probatoria vincolante del rapporto dei Vigili, certamente avrebbe dovuto comunque ritenerla provata valutando complessivamente anche questi ulteriori elementi così ricorso, pag. 7 . Con il secondo motivo la s.r.l. ricorrente deduce ai sensi dell'art. 360. 1 co., n. 5 , c.p.c. il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. All'uopo adduce che del tutto errata è la sentenza ove afferma che non si possa pretendere di contestare in sede giudiziale l'abbandono dell'alloggio come ulteriore causa di decadenza e perdita dei requisiti per il trasferimento così ricorso, pag. 9 che vi è in atti, all'interno del giudizio di primo grado, lettera di deduzioni a chiarimenti - del Q.Z. senza data ma con protocollo A.T.E.R. 25.10.1977 inviata in formale risposta alla contestazione dell'I.A.C.P. del 29.09.1977 così ricorso, pag. 9 che si tratta di un documento di importanza derimente perché la lettera ha un indiscutibile valore confessorio così ricorso, pag. 9 che la Corte di Appello non ha valutato affatto questo documento limitandosi, errando, a dichiarare di non poter prendere in esame l'abbandono in quanto non dedotto all'interno del provvedimento di revoca così ricorso, pagg. 9 - 10 che la Corte avrebbe dovuto considerare la portata dell'esplicito riconoscimento, effettuato da controparte, del fatto di essersi trasferito a Firenze, essendo questo fatto sufficiente a determinare la decadenza ex lege così ricorso, pag. 10 che la Corte ha vincolato il rilievo dell'abbandono alla sua formalizzazione in atto amministrativo, ritenendo di poter esaminare solo gli elementi consacrati in un tale tipo di atto mentre avrebbe dovuto valutare anche l'esistenza di ulteriori elementi contestati e comportanti la revoca dell'assegnazione così ricorso, pagg. 10 - 11 . Va puntualizzato, previamente, che con la sentenza n. 4563/2003 questa Corte di legittimità ebbe a cassare la sentenza n. 880/1999 della corte d'appello di Firenze in accoglimento del terzo motivo del ricorso all'epoca spiegato dall' A.T.E.R. . motivo mercé il quale il medesimo ente, ovviamente a norma dell'art. 360, 1 co., n. 5 , c.p.c. ebbe - siccome evincesi dal tenore del ricorso oggetto dell'attuale delibazione cfr. pag. 3 - a denunciare il vizio di contraddittoria motivazione inficiante l'anzidetta statuizione n. 880/1999 della corte fiorentina. In tal guisa, alla luce evidentemente del testuale dettato dell'art. 384 c.p.c. per giunta nella formulazione coeva alla pronuncia n. 4563/2003, è da escludere recisamente che questo giudice del diritto abbia atteso - siccome, viceversa, lascia intendere la s.r.l. ricorrente tale fatto è stato senza motivo disatteso, violando anche il principio enunciato dalla Cassazione così ricorso, pag. 6 - alla enunciazione del principio di diritto vincolante per il giudice di rinvio gli esposti rilievi qualificano, al contempo, come del lutto incongruo il riferimento all'art. 384 c.p.c. che si rinviene nell'intestazione normativa del primo motivo di ricorso . E ciò, ben vero, a prescindere dal rilievo ulteriore in virtù del quale, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all’art. 366, 1 co., n. 6 , c.p.c. al riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113, secondo cui il ricorso per cassazione – in forza del principio di cosiddetta autosufficienza - deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della semenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito , la ricorrente s.r.l. avrebbe senz'altro dovuto fornir rappresentazione più o meno testuale del principio di diritto asseritamente enunciato da questa Corte con la statuizione n. 4563/2003. Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso. Si premette che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477 Cass. 7.6.2005, n. 11789 . In tale solco si evidenzia nella fattispecie che, allorquando ha opinato nel senso che l'appellato, id est l’ A.T.E.R. , non ha fornito prova sufficiente del venir meno dei requisiti voluti dalla legge ovvero del compimento di fatti comportanti la revoca dell'assegnazione così sentenza d'appello, pag. 6 , la corte distrettuale ha senza dubbio ancorato tale suo dictum a motivazione ampia, articolata, congrua e coerente. In particolare, allorquando ha ritenuto di individuare nella lettera dei vigili urbani di Pietrasanta datata 10.9.1980 l'unico elemento di prova astrattamente idoneo offerto dall’ A.T.E.R. c.d. al contempo, in rapporto al contenuto della medesima lettera, di prescindere dal passaggio ove si riferisce che nell'appartamento sopra citato da circa 15 anni abita D.P. e la moglie G.A. , la corte di merito ha semplicemente, siccome è sua prerogativa, selezionato le risultanze probatorie a suo giudizio più idonee a fondare il proprio convincimento. Occorre tener conto, per un verso, che l'efficacia probatoria privilegiata dell'atto pubblico concerne la provenienza del documento dal pubblico ufficiale ed i fatti che lo stesso pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o esser stati da lui personalmente compiuti la fede privilegiata, viceversa, non si estende all'intrinseca veridicità ed esattezza delle dichiarazioni che le parti hanno reso e di cui l'atto pubblico fornisce testuale riscontro cosicché l'inesattezza o la non corrispondenza al vero delle medesime dichiarazioni può esser dimostrata con ogni mezzo di prova, pur di natura presuntiva cfr tra le altre, Cass. 16.4.1987, n. 3776 . In questi termini è indubitabile che il passaggio della lettera ove si riferisce che i coniugi D. e G. abitavano da circa quindici anni nell'immobile de quo agitur non poteva che - e non può che - esser inteso alla stregua di una mera dichiarazione resa dai medesimi coniugi ai vigili urbani che ebbero ad effettuare il sopralluogo, quindi alla stregua di una dichiarazione per nulla coperta da fede privilegiata ed a pieno titolo riscontrabile nella sua intrinseca veridicità, reale la cui intrinseca veridicità ben poteva esser vagliata dal giudice del merito c.d. evidentemente, esser svilita alla luce di elementi di valutazione di segno antitetico. E, difatti, la corte distrettuale ha coerentemente dato ragione della complessiva inattendibilità della lettera datata 10.9.1980, allorché ha analiticamente esplicitato sub specie di motivi di perplessità le incongruenze che nel complesso valevano ad inficiarla. Occorre tener conto, per altro verso, circa l'asserita obliterazione della dichiarazione del Q. del 1977 prodotta nel corso del giudizio di primo grado così ricorso, pag. 7 , che, siccome ha puntualmente posto in risalto la controricorrente cfr. controricorso, pagg. 1 - 2 , a seguito delle contestazioni che l’ I.A.C.P. in data 29.9.1977 ebbe a muovere a Q.Z. , costui replicò con missiva in data di protocollo A.T.E.R. 25.10.1977. missiva che non solo valse ad impedire l'adozione di qualsivoglia provvedimento sanzionatorio da parte dell' A.T.E.R. soltanto tredici anni dopo si fece vivo il Sindaco di Pietrasanta con la lettera del 12/4/1990 così controricorso, pag. 2 , ma consentì, al contempo, che il rapporto si sviluppasse ulteriormente e fisiologicamente mercé, da un canto, il regolare versamento mercé, dall'altro, la regolare percezione delle rate di prezzo. Occorre tener conto, per altro verso ancora, circa la supposta obliterazione dei certificati prodotti da controparte così ricorso, pag. 7 , che Q.Z. aveva ultimato il pagamento del prezzo sin dal marzo 1982, sicché, allorquando ebbe, nel 1991 e nel 1993, a trasferire a Firenze la propria residenza, da gran tempo aveva maturato il diritto al trasferimento della proprietà così controricorso, pag. 2 . In questo quadro, segnato, da un lato, da un comportamento più che concludente dell' A.T.E.R. . dall'altro, da evenienze sopravvenute a significativa distanza temporale dalla sostanziale conclusione del rapporto, più che correttamente la corte territoriale ha individuato nella comunicazione dei vigili urbani di Pietrasanta in data 10.9.1980 l'unico documento astrattamente, ma, ben vero, non concretamente, dotato di attitudine probatoria. Destituito di fondamento è del pari il secondo motivo di ricorso. Analogamente al riguardo va dapprima rimarcato che, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, la ricorrente s.r.l. - onde palesar come del tutto ingiustificata l'affermazione della corte territoriale, secondo cui non si può . oggi, pretendere di contestare anche l'abbandono dell'alloggio, che costituisce autonoma e distinta violazione così sentenza d'appello, pag. 6 - avrebbe senz'altro dovuto offrire rappresentazione più o meno testuale dell'avvenuta contestazione del fatto dell'abbandono dell'alloggio quanto meno merce la missiva datata 12.4.1990 a firma del sindaco di Pietrasanta e ciò tanto più giacché la controricorrente ha puntualizzato cfr pagg. 11/12 da un lato, che ciò che appare invece eclatante è come non esista e non sia mai esistito un provvedimento amministrativo di revoca , dall'altro, che nella lettera del Sindaco del 12/4/1990 ci si limita ad una generica contestazione ma non vi è nessun specifico riferimenti ad abbandono dell'immobile di cui si parla in questo mezzo di ricorso . Né d'altro canto può ammettersi, siccome pretende la s.r.l. ricorrente, che la causa di decadenza relativa alla cessione a terzi dell'alloggio rivestirebbe valenza altresì in quanto contenente anche l'elemento dell'abbandono così ricorso, pag. 10 . In proposito non può che ribadirsi quanto debitamente posto in risalto dalla corte fiorentina, ovvero che l'abbandono dell'alloggio costituisce violazione a sé stante, autonoma e distinta dalla violazione della cessione a terzi. In ogni caso va imprescindibilmente posto in risalto, per un verso, che la lettera con data di protocollo A.T.E.R. 25.10.1977 con cui Q.Z. ebbe a replicare alle contestazioni mossegli, non può che risultar sminuita nella sua presunta valenza probatoria alla stregua del comportamento concludente successivamente tenuto dall' A.T.E.R. e di cui si è già fatto cenno il rapporto è giunto a compimento merce il regolare versamento e la regolare percezione delle rate di prezzo per altro verso, che il tenore della medesima missiva ultimamente il ricorrente, per motivi di lavoro, ha dovuto temporaneamente trasferirsi a Firenze, ma ha mantenuto l'uso dell'appartamento, nel quale è posto tutto l'arredamento relativo, e nel quale intende tornare ad abitare quanto prima, finita la necessità derivante dall'impegno di lavoro , quale testualmente riprodotto a pagina 9 del ricorso proposto a questa Corte, non sembra deporre affatto per l'abbandono definitivo dell'alloggio, ma unicamente e semplicemente per la sua più circoscritta e delimitata utilizzazione. Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della s.r.l. ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200.00 per esborsi.