840 euro a settimana: l’affitto troppo caro insospettisce i giudici

Il reato di sfruttamento della prostituzione si realizza col trarre una qualsiasi utilità dall’attività sessuale della prostituta e richiede il dolo specifico, ossia la cosciente volontà del colpevole di trarre vantaggio economico mediante partecipazione di guadagni ottenuti tramite tale attività.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 6373 dell’11 febbraio 2014, secondo cui il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione sussiste quando tutti gli elementi del reato sono facilmente desumibili dalle obiettive condizioni del locale, inidoneo ad un uso abitativo, e dalle singolari condizioni del contratto di locazione. Il caso. Un uomo concede in locazione un immobile a due donne extracomunitarie chiedendo un affitto smisurato si parla di 840 euro a settimana e comportandosi in modo tale da far intendere un coinvolgimento dello stesso nell’attività svolta in casa dalle donne La condanna in primo grado per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione si conferma anche in appello sempre in considerazione delle condizioni particolarmente elevate del contratto di locazione a fronte di immobile fatiscente e agli accorgimenti adottati dall’uomo per evadere i controlli degli organi di polizia. Il condannato ricorre in Cassazione sostenendo che la dichiarazione resa da una delle sue conduttrici sia contraddittoria e in secondo luogo che non sussista dolo specifico nel reato di esercizio di casa di prostituzione, a suo avviso astrattamente ipotizzabile nella fattispecie, in quanto non era stato dimostrato che fosse a conoscenza dell’attività svolta dalle donne. Un immobile fatiscente a caro prezzo . La Cassazione rigetta il ricorso dichiarandolo inammissibile non solo perché era evidente la consapevolezza da parte del condannato dello svolgimento del meretricio all’interno dell’immobile locato ,e quindi la sussistenza del dolo specifico, ma soprattutto perchè il canone di locazione richiesto 840 euro a settimana per un immobile ritenuto senza ombra di dubbio fatiscente privo di finestre e cucina fosse davvero troppo elevato. In conclusione, la Corte, confermando un suo precedente orientamento, ribadisce che affinchè ci sia dolo specifico nel reato di sfruttamento alla prostituzione basta la cosciente volontà di trarre un’utilità economica dall’attività sessuale della prostituta, puntualizzando che il reato non si configura quando la corresponsione dei proventi avvenga per giusta causa e nei limiti dell’adeguatezza, cioè per servizi leciti resi, sempre che ci sia proporzione tra servizio e compenso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 11 febbraio 2014, n. 6373 Presidente Fiale – Relatore Orilia Ritenuto in fatto Con sentenza 11.6.2012 la Corte d'Appello di Catania ha confermato la pronuncia di colpevolezza di M.I. per il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di due donne extracomunitarie alle quali aveva concesso in locazione un immobile. La Corte territoriale ha argomentato la decisione ravvisando gli estremi della condotta ascritta all'imputato in considerazione delle condizioni particolarmente elevate del contratto di locazione in rapporto allo stato dell'immobile e agli accorgimenti adottati dall’imputato per eludere eventuali controlli ha poi ritenuto attendibile la deposizione della teste C.M.D.S. . L'imputato a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione deducendo due censure. Considerato in diritto 1. Col primo motivo lamenta il vizio di motivazione sulla agevolazione del meretricio. Dopo avere proceduto ad una ricostruzione dei fatti, sottolinea l'inattendibilità della teste C. , sia perché aveva reso più versioni contrastanti, sia perché animata da forte risentimento verso l'imputato in relazione alla mancata restituzione della somma da lei anticipata. Il motivo è manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità il reato di favoreggiamento della prostituzione si concretizza, sotto il profilo oggettivo, in qualunque attività idonea a procurare favorevoli condizioni per l'esercizio della prostituzione, mentre sotto il profilo soggettivo è sufficiente la consapevolezza di agevolare il commercio altrui del proprio corpo senza che abbia rilevanza il movente dell'azione Sez. 3, Sentenza n. 37578 del 25/06/2009 Ud. dep. 24/09/2009 Rv. 244964 v. per tutte Cass. pen. sez. 3^ sent. 29 ottobre 2007, n. 39928 . Nel caso in esame la sentenza impugnata è adeguatamente motivata alla luce dell'indicato principio di diritto laddove ha ricavato gli elementi del reato dalle obiettive ditata, condizioni fatiscenti del locale, privo di finestre e cucina, e quindi dalla assoluta inidoneità dello stesso ad un uso abitativo circostanze riferite anche dai Carabinieri che avevano eseguito la perquisizione , nonché dalle singolari condizioni contrattuali riferite dalla teste C.M.d.S. sostituzione precauzionale della ricevuta giornaliera di Euro 120,00 con contestuale aggiornamento della data . L'attendibilità della teste sulle particolari precauzioni adottate proprio per neutralizzare eventuali controlli di polizia è stata desunta dal rinvenimento di un verbale di sequestro del 2008 relativo ad altro immobile dell'imputato sempre per esercizio del meretricio ed inoltre dalla inusualità delle condizioni che non avrebbero avuto alcuna ragione di essere in caso di contratto lecito. Ulteriore elemento di consapevolezza di mettere l'immobile a disposizione per l'esercizio della prostituzione è stato tratto dalla circostanza - riferita dalla teste predetta ma confermata anche dal maresciallo B. - che il M. stazionava nei pressi del vicino bar Cavour di proprietà della moglie, tant'è che durante i controlli dei militari egli arrivava sempre dopo pochi minuti. La Corte ha poi ritenuto che pur volendo ritenere compresa una cauzione di Euro. 420 nella maggior somma di Euro 840, si trattava pur sempre di un canone settimanale esoso per un vano di appena 12 mq, fatiscente, privo di finestre e cucina. Ha escluso che i rilievi dell'imputato sulla attendibilità della teste con riferimento alle modalità di reperimento del numero telefonico e alle modalità di pagamento incidessero sulla volontà di agevolazione del meretricio. Il percorso argomentativo si presenta logicamente coerente e quindi si sottrae alla critica del ricorrente che appare invece finalizzata ad una rivisitazione in senso a lui favorevole degli elementi di fatto, attività non consentita nel giudizio di cassazione perché, come è noto, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo. Al giudice di legittimità è infatti preclusa - in sede di controllo sulla motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa . Queste operazioni trasformerebbero infatti la Corte nell'ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza rispetti sempre uno standard minimo di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011 Ud. dep. 14/03/2012 Rv. 252349 . Ancora, l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007 Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794 . 2. Col secondo motivo denunzia l'inosservanza dell'art. 3 n. 2 della legge n. 75/1958 e la mancanza e contraddittorietà della motivazione, riproponendo la tesi - già sostenuta in appello - della mancanza di dolo specifico nel reato di esercizio di casa di prostituzione, a suo avviso astrattamente ipotizzatale nella fattispecie, non essendo stato dimostrato che l'imputato, sin dal momento del primo incontro con le sorelle Dos Santos, era a conoscenza della loro attività. Critica in ogni caso la ritenuta sussistenza del dolo nel reato di sfruttamento della prostituzione a lui contestato. Anche tale censura è manifestamente infondata sotto entrambi i profili. Questa Corte ha affermato più volte tra le varie, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7076 del 19/01/2012 Cc. dep. 23/02/2012 Rv. 252099 per integrare il concetto di casa di prostituzione previsto nella L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3, nn. 1 e 2 è necessario un minimo, anche rudimentale, di organizzazione della prostituzione, che implica una pluralità di persone esercenti il meretricio Sez. 3, 19.5.1999, n. 8600, Campanella, m. 214228 e per integrare il concetto di casa di prostituzione, è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali ed, all'interno dello stesso locale, l'esistenza di una sia pur minima forma di organizzazione Sez. 3, 16.4.2004, n. 23657, Rincari, m. 228971 . Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha escluso l'ipotesi dell'esercizio di casa di prostituzione di cui all'art. 3 n. 2 della legge n. 75/1958 non ravvisando quel minimo, anche rudimentale, di organizzazione della prostituzione, esercitata invece autonomamente e per proprio conto dalle due ragazze con la consapevolezza dell'imputato. Corretta in diritto e logicamente coerente appare dunque la motivazione. In ordine all'altro profilo di censura riguardante l'elemento psicologico del reato di sfruttamento , secondo la giurisprudenza, il reato di sfruttamento della prostituzione si realizza col trarre una qualsiasi utilità dall'attività sessuale della prostituta e richiede il dolo specifico ossia la cosciente volontà del colpevole di trarre vantaggio economico dalla prostituzione mediante partecipazione di guadagni ottenuti mediante tale attività Sez. 3, Sentenza n. 98 del 24/11/1999 Ud. dep. 11/01/2000 Rv. 215061 Cass. Sez. III n. 9065, 9.10.1996, Marrone con la puntualizzazione che il reato non si configura quando la corresponsione dei proventi avvenga per giusta causa e nei limiti dell'adeguatezza, cioè per servizi leciti resi, sempre che si via proporzione tra servizio e compenso Cass. Sez. III n. 2796, 22.03.1997, Le Rose . Nel caso di specie, la Corte di merito ha rilevato non solo la consapevolezza, da parte del M. , dello svolgimento del meretricio all'interno del locale, ma anche pag. 5 , come già detto, la sproporzione del canone locativo Euro. 840,00 per una settimana , evidenziando in tal modo la condotta con cui l'imputato sfruttava la prostituzione delle donne attraverso l'esorbitante prelievo anticipato sui proventi del meretricio, che solo in parte poteva considerarsi come corrispettivo della locazione del monolocale, tenuto conto delle caratteristiche dell'immobile che il giudice di merito ha ben posto in luce . Anche sotto tale profilo la motivazione appare inattaccabile dalla censura che ripropone ancora una volta una diversa lettura del fatto. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.