Nell’ambito dei gravi difetti costruttivi di cui all’articolo 1669 c.c. rientrano non solo i fenomeni che influiscono sulla staticità dell’edificio, ma anche quelle alterazioni che, pur riguardando direttamente una parte dell’opera, incidono sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell’opera medesima, dovendo la categoria ricomprendere ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell’opera, senza che abbia rilievo in modo contrario l’esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nell’ordinanza numero 24188, depositata il 13 novembre 2014. Il fatto. Il Tribunale territorialmente competente rigettava l’appello proposto dall’appaltatore e confermava la sentenza resa dal gdp adito di revoca del decreto ingiuntivo con cui era stato disposto il pagamento di una somma di denaro a titolo di corrispettivo di un intervento di spurgo e sostituzione di una tubatura di scarico di acque. Infine, avverso la predetta sentenza l’appaltatore proponeva ricorso per cassazione. La garanzia di cui all’articolo 1669 c.c. è operante se i vizi sono denunciati entro un anno dalla scoperta. L’a rt. 1669 c.c. dispone che «Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia». I giudici di legittimità hanno ritenuto di dover rigettare tutti i motivi di ricorso proposti dal costruttore sulla scorta dei criteri di valutazione utilizzati nello specifico dal Tribunale in sede di appello. Tali criteri sono stati considerati del tutto conformi alla norma generale sul libero convincimento del Giudice inteso come libertà di valutare gli elementi probatori con il limite, nel caso di specie rispettato, di adottare una motivazione sufficiente. In particolare, il Tribunale – a conferma, peraltro, delle valutazioni e conclusioni del giudice di primo grado – ha osservato che l’impianto di scarico delle acque a servizio dell’immobile, costruito e venduto dall’appaltatore al committente presentava gravi difetti riconducibili pacificamente alla tipologia di cui all’articolo 1669 c.c Infatti, nonostante l’esiguità della spesa per la loro riparazione, tali difetti incidevano sulla struttura e funzionalità globale dell’immobile a tal punto da menomarne in modo apprezzabile il suo godimento . Inoltre, il Tribunale osservava che la garanzia di cui trattasi era ancora operante al momento della denuncia del vizio perché erano stati denunciati entro dieci anni dal compimento dell’opera e un anno dalla loro scoperta e che l’appaltatore, verificato lo stato dei luoghi, aveva riconosciuto la sussistenza dei vizi con l’impegno di eliminarli. Tale condotta sicuramente impediva ogni decadenza dalla garanzia e si presentava idonea a far sorgere una nuova obbligazione avente ad oggetto la realizzazione dell’intervento in questione. Impegno per l’appaltatore. Pertanto, il giudice concludeva ritenendo che l’intervento volto ad eliminare i predetti vizi, per il pagamento del quale era stato richiesto ed ottenuto il revocato decreto, dovesse realizzarsi in esecuzione degli impegni assunti dall’appaltatore e, pertanto, solo su quest’ultimo doveva gravare il costo connesso con l’esclusione di qualsivoglia diritto a percepire il relativo corrispettivo.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 ottobre – 13 novembre 2014, numero 24188 Presidente Finocchiaro – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione “1. Con sentenza in data 17 maggio 2013 il Tribunale di Mantova, rigettando l'appello proposto da V.L. , ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Revere numero 131/2011 di revoca del decreto ingiuntivo di pagamento di Euro 1.323,30, emesso ad istanza del V. nei confronti di F.F. , a titolo di corrispettivo di un intervento di spurgo e sostituzione di una tubatura di scarico di acque. Il Tribunale - confermando le valutazioni e conclusioni del G. di p. — ha osservato che l'impianto di scarico delle acque a servizio dell'immobile, costruito e venduto dal V. al F. nel dicembre 2004, presentava gravi difetti riconducibili alla tipologia di cui all'articolo 1669 cod. civ. che la relativa garanzia era ancora operante nel 2008, allorché il vizio era stato denunciato dall'appellante che l'appellante, dopo aver verificato lo stato dei luoghi, aveva riconosciuto la sussistenza del difetto e si era impegnato ad eliminarlo, impedendo ogni decadenza dalla garanzia comunque, da escludersi anche in dipendenza del momento in cui il F. aveva avuto consapevolezza del vizio ed assumendo una nuova obbligazione avente ad oggetto la realizzazione dell'intervento per cui è causa che pertanto l'intervento, di cui al revocato decreto, era stato realizzato in esecuzione di detto impegno del V. , sul quale gravava il relativo costo, senza alcun diritto a percepire il relativo corrispettivo dal F. . 2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione V.L. formulando sei motivi quello numerato con il numero 1 è, infatti, una premessa procedurale . Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata. 3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 4. Con i motivi di ricorso si denuncia a falsa, errata, contraddittoria applicazione degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione alle prove acquisite e ai dati della comune esperienza con malgoverno di questi ultimi b falsa ed errata applicazione dell'articolo 1669 cod. civ. relativamente al riconoscimento dei vizi e difetti c falsa ed errata applicazione dell'articolo 1669 cod. civ. in luogo dell'articolo 1667 cod. civ. d falsa ed errata applicazione dell'articolo 1667 cod. civ. in relazione alla facile riconoscibilità dei pretesi e presunti vizi degli scarichi delle acque grigie con conseguente accettazione dell'acquirente F. e falsa ed errata applicazione dell'articolo 1667 co. 2 cod. civ. in relazione al presunto riconoscimento dei vizi da parte del V. f falsa ed errata applicazione degli articolo 1669 e 1667 cod. civ. in relazione al termine per il riconoscimento in garanzia. 4.1. I motivi di ricorso - pur prospettando falsa applicazione di norme sostanziali e di rito — sono tutti surrettiziamente finalizzati ad una rivalutazione degli elementi di fatto della controversia, peraltro oggetto, da parte del Giudice di appello, di una disamina assolutamente completa e appagante, improntata a retti criteri logici e giuridici, nonché frutto di un'indagine particolarmente accurata delle risultanze processuali. Si rammenta che il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando si prospetta l'errata individuazione o applicazione di una norma ad un fatto, sulla fissazione del quale non c'è discussione laddove, nel caso specifico, parte ricorrente mira ad una diversa — e qui non consentita — diversa ricostruzione fattuale. 4.2. Contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente il caso concreto è stato esattamente assunto nella fattispecie astratta di cui all'articolo 1669 cod. civ., risultando la decisione impugnata conforme a principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell'ambito dei gravi difetti costruttivi di cui alla norma cit. rientrano non solo i fenomeni che influiscono sulla staticità dell'edificio, ma anche quelle alterazioni che, pur riguardano direttamente una parte dell'opera, incidono sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima cfr. Cass. ord. 15 novembre 2013, numero 25767 , dovendo la categoria ricomprendere ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell'opera, senza che abbia rilievo in senso contrario l'esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino cfr. Cass. 09 settembre 2013, numero 20644 . Muovendo da tale corretto approccio ermeneutico, il Tribunale ha, in particolare, evidenziato come i fenomeni di blocco delle tubazioni, riscontrati dal c.t.u. pur dopo l'intervento per cui è causa, affatto risolutivo fornisse [ro] ampia conferma dell'inidoneità strutturale e del sottodimensionamento dell'intero impianto di smaltimento delle acque bianche dell'immobile, incidendo in maniera considerevole sulla possibilità di libero e proficuo godimento dell'immobile. I criteri di valutazione utilizzati nello specifico sono conformi alla norma generale espressa dall'articolo 116 cod. proc. civ., che — salvo i casi di prova legale — è quella del libero convincimento del Giudice, inteso come libertà di valutare gli elementi probatori, con il limite, qui rispettato di dare conto dei criteri adottati. Mentre gli argomenti in ricorso risultano tutti sterilmente ripetitivi di quelli svolti in appello e adeguatamente smentiti dalla decisione impugnata”. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio - esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non hanno evidenziato profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella prospettata nella relazione - ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa precisando che laddove è scritto F. deve leggersi F. . In conclusione il ricorso va rigettato. Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva. La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità dell'articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo — ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell'ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell'apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13.