La Madonnina si guarda, ma non si compra: via le bancarelle dalla Galleria e da Piazza Duomo

Lecito il rifiuto di rinnovare la concessione di suolo pubblico per la vendita di souvenir, gelati e caldarroste stabilita dal Comune di Milano che ha interdetto alle bancarelle una vasta area da Piazza S.Babila a P.zza Castello, dalla Galleria sino a P.zza S.Maria della Grazie la tutela dei siti di interesse storico/culturale, artistico, architettonico e monumentale prevale sugli interessi economici e lavorativi degli ambulanti e non viola la Bolkestein né il Decreto Bersani .

È quanto affermato dal Tar Lombardia, sez. I, con le sentenze nn. 2109 e 2110 emesse il 5 settembre 2013. Interessante la definizione di sospensione cautelare, sia pure in forma di remand , anche perché raramente indicata nelle decisioni dei Tar. Il caso. Due ambulanti, che operavano nella Galleria Vittorio Emanuele II ed in P.zza Duomo, impugnavano il menzionato provvedimento interdiceva la vendita di tali beni nelle aree D individuata sull’asse piazza S. Babila, corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo, via Mercanti/piazza Mercanti, passaggio S. Margherita, via degli Osi, piazza Cordusio, via Dante, Largo Cairoli, Largo Beltrami, Piazza Castello ed E per il cui ambito in via esemplificativa e non esaustiva, si elencano Galleria Vittorio Emanuele II, Piazza Duomo, Sagrato basso e portici settentrionali della piazza Piazzetta Reale, Piazza della Scala, Via Mengoni, Piazza S. Maria delle Grazie di Milano. Ciò per ragioni di pubblico interesse e per la particolare valenza storica/architettonica/culturale ed artistica . In via cautelare chiedevano ed ottenevano, pur con la tecnica del remand , la sospensione sua e della determinazione dirigenziale della direzione comunale attività produttive e marketing territoriale settore commercio Tar Lombardia ord. 166/13 il divieto era inefficace sino alla comunicazione di una nuova sistemazione. Nelle more l’ente comunicava un elenco di posteggi extramercato ove collocare le bancarelle pur se non depositata in atti era nota ai ricorrenti, sì che il gravame è stato respinto perché improcedibile ex art. 35 cpa per la cessazione della materia del contendere. Un eventuale giudizio autonomo valuterà la liceità della scelta della PA ed il riconoscimento di un risarcimento danni. L’istituto del remand e le ordinanze emesse ai fini del riesame. È una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l’assetto di interessi definiti con l’atto gravato, restituendo quindi all’amministrazione l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, il nuovo atto, quando non meramente confermativo, costituendo nuova espressione di una funzione amministrativa e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale , porta ad una pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ove abbia contenuto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente, oppure di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l’interesse del ricorrente dall’annullamento dell’atto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, a quest’ultimo . Orbene i commercianti non hanno impugnato ex art. 43 cpa il provvedimento di conferma del rifiuto e la proposta di spostare i loro banchi nelle aree individuate in periferia. Ne consegue che è cessata la materia del contendere, come appena esplicato, perchè non potrebbero ricavare alcuna utilità dall’eventuale annullamento in parte qua dell’atto originariamente impugnato, dal momento che, anche in tale eventualità, rimarrebbe pur sempre efficace il nuovo provvedimento di diniego, produttivo del medesimo effetto lesivo . L’arte e l’ambiente prevalgono sul commercio . Tutto ciò risponde ad esigenze di riqualificazione urbana e di tutela di detti interessi. Agli ambulanti, in attesa di approvazione del piano generale delle aree produttive, era stata concessa una proroga e poi la possibilità di scegliere una nuova collocazione equivalente alla precedente e che ritenessero più produttiva per i loro affari. Non hanno subito lesioni dei loro diritti. Inopponibilità della Bolkestein. La dilazione non costituisce un titolo per il rinnovo ipso iure della concessione. Il c.d. diritto di insistenza è stato, infatti, ritenuto incompatibile con i principi della direttiva servizi 2006/123/CE c.d. Bolkestein , in quanto ostativo all’esplicazione della libera concorrenza. Inoltre, il rinnovo tacito non può desumersi, per facta concludentia , dalla riscossione dei canoni da parte del Comune CDS 874/10 . Nessuna disparità merceologica . Infine uno lamentava una violazione del diritto di proporzionalità per la discriminazione subita non tutti i commercianti erano soggetti al divieto. Il Tar legittima questa restrizione perché le edicole, pur vendendo beni di vari genere, sottostanno ad un diverso regime legislativo, perciò il comune non ha commesso alcun abuso, rientrando ciò nelle sua facoltà di tutela di detti interessi superiori. Infatti la regolamentazione generale delle diverse possibili utilizzazioni del territorio comunale, a questa stregua, risponde alla necessità che le attività economiche e commerciali si svolgano in modo compatibile con le esigenze di tutele degli altri concorrenti valori sanciti dalle leggi nella specie, il recupero e la riqualificazione del centro della città .

TAR Lombardia, sez. I, sentenza 12 giugno - 5 settembre 2013, n. 2109 Presidente Mariuzzo – Estensore Simeoli Fatto e diritto I. Con ricorso notificato il 2 gennaio 2013, il sig. Andrea Carmine De Muzio, esercente attività di vendita di souvenir” in Milano, ha impugnato il provvedimento meglio descritto in epigrafe con cui l’Amministrazione intimata gli ha negato il rinnovo della concessione per la sua attività di vendita in Galleria Vittorio Emanuele. Il Comune di Milano si è costituito in giudizio argomentando l’infondatezza del ricorso. I.1. Sul contraddittorio così istauratosi, all’esito della camera di consiglio del 1 febbraio 2013, la Sezione ha accolto con ordinanza n. 166/2013 la domanda incidentale di sospensione cautelare, sia pure in forma di remand” in particolare, sul presupposto che il Comune avrebbe dovuto contestualmente attivarsi al fine di proporre un’ubicazione di posteggio alternativo, è stata disposta, in attesa di tali determinazioni, la sospensione degli impugnati provvedimenti, considerato il pregiudizio derivante dall’immediata interruzione dell’attività lavorativa dell’interessato. I.2. In esecuzione della predetta ordinanza, l’amministrazione comunale, pur confermando il diniego di rinnovo, ha proceduto all’individuazione di altre aree in cui collocare le attività del ricorrente, elencando all’uopo i posteggi offerti in alternativa rispetto alla precedente occupazione di suolo. Il relativo provvedimento, adottato in data 2.5.2013, sebbene non risulti agli atti la data della sua formale comunicazione, è stato senza dubbio conosciuto dal ricorrente nei suoi elementi qualificanti quantomeno a partire dal deposito della memoria comunale del 10 maggio 2013 in cui se ne dà esplicita notizia del resto, la stessa memoria del ricorrente del 21 maggio 2013, deducendo al riguardo, ne dà contezza . Sul punto, occorre ancora precisare come, non solo all’udienza di discussione il ricorrente non ha manifestato l’intenzione di impugnare con motivi aggiunti il nuovo diniego di rinnovo, ma neppure come da informazioni raccolte dal Collegio presso la Segreteria della Sezione, al momento del deposito della presente sentenza risulta essere stato promosso ricorso autonomo. I.3. In data 6 maggio 2013, il ricorrente ha, invece, notificato motivi aggiunti avverso il nuovo regolamento in materia di commercio su aree pubbliche, approvato con delibera consiliare del 4 marzo 2013, n. 9. I.4. La causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni. II. In via pregiudiziale, deve ravvisarsi l’improcedibilità del ricorso principale. II.1. Come è noto, il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quando il processo non possa per qualsiasi motivo produrre un risultato utile per il ricorrente. Tale situazione si verifica per effetto del mutamento della situazione di fatto e di diritto dedotta in sede di ricorso, rendendo priva di qualsiasi residua utilità giuridica, ancorché meramente strumentale o morale, una pronuncia del giudice adito sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio. L’istituto è una manifestazione del principio di unilateralità che regge il processo amministrativo posto a tutela delle posizioni soggettive appartenenti a chi ha introdotto il giudizio, rispetto alle quali gli interessi della parte resistente assumono rilevanza solo in funzione di contrasto della pretesa azionata. L’istituto processuale in questione, di notoria derivazione pretoria, è ora espressamente previsto nell’art. 35 c.p.a. II.2. Orbene, nel valutare le conseguenze processuali di atti adottati in esecuzione di ordinanze emesse ai fini del riesame”, che comportano una completa riedizione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i vizi sostanziali o formali riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati, il Tribunale non può esimersi dalla seguente considerazione essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l’assetto di interessi definiti con l’atto gravato, restituendo quindi all’amministrazione l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, il nuovo atto, quando non meramente confermativo, costituendo nuova espressione di una funzione amministrativa e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale , porta ad una pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ove abbia contenuto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente, oppure di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l’interesse del ricorrente dall’annullamento dell’atto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, a quest’ultimo. II.3. Nella specie, l’Amministrazione, a seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare presentata dall’interessato, ha proceduto al riesame della situazione oggetto di causa e ha riformulato il medesimo diniego di rinnovo sulla base di una rinnovata istruttoria che ha portato alla individuazione di diversi posteggi alternativi decisione che il ricorrente non ha provveduto ad impugnare con motivi aggiunti notificati al procuratore costituito ai sensi dell'articolo 43 c.p.a. Ne consegue che l’istante non potrebbe ricavare alcuna utilità dall’eventuale annullamento in parte qua dell’atto originariamente impugnato, dal momento che, anche in tale eventualità, rimarrebbe pur sempre efficace il nuovo provvedimento di diniego, produttivo del medesimo effetto lesivo. II.4. Ancora in via pregiudiziale, il ricorso per motivi aggiunti proposto è, altresì, inammissibile per manifesta carenza di interesse. Con esso, difatti, viene gravato il nuovo regolamento per la disciplina del commercio su aree pubbliche, approvato con delibera del consiglio comunale n. 9/2013, sebbene le sue disposizioni, in quanto sopravvenute, non siano state per nulla applicate in occasione del diniego di rinnovo per cui è causa a fondamento del quale è stato, invece, richiamato soltanto il precedente assetto regolamentare . III. Orbene, nonostante sussistano le anzidette ragioni di chiusura in rito, tuttavia, la particolarità della vicenda suggerisce al Collegio di precisare come la pretesa del ricorrente a permanere nel godimento dell’area pubblica sin’ora concessa, senza trasferirsi nella aree alternative offerte dalla amministrazione comunale sia comunque infondata anche nel merito ciò, pur nella consapevolezza di discostarsi dalla letteratura scientifica che ritiene impropria la doppia” motivazione delle sentenze . III.1. Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 22, comma 4, l.r. n. 6/2010, il Comune ha facoltà di individuare zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale dove l’esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o sottoposto a restrizioni particolari ”. In forza di tale previsione, in data 11 maggio 2012, la Giunta comunale ha adottato la delibera n. 1036 recante, per l’appunto, le modalità operative e criteri sperimentali finalizzati al rinnovo delle concessioni di posteggio extramercato per il commercio su aree pubbliche” , la quale ha distinto per quanto di interesse in questo frangente tra ambiti territoriali sottoposti a vincoli o condizioni sezione D, individuata sull’asse piazza S. Babila, corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo, via Mercanti/piazza Mercanti, passaggio S. Margherita, via degli Osi, piazza Cordusio, via Dante, Largo Cairoli, Largo Beltrami, Piazza Castello , per i quali si prescrivono le distanze di rispetto e la merceologia da esitare viene vincolata a tutela dei siti di interesse storico/culturale, artistico, architettonico e monumentale ed ambiti territoriali inibiti al commercio su area pubblica, dove, per ragioni di pubblico interesse e per la particolare valenza storica/architettonica/culturale ed artistica non vengono rilasciate/rinnovate le concessioni di suolo pubblico per il commercio su area pubblica extramercato sezione E, per il cui ambito in via esemplificativa e non esaustiva, si elencano Galleria Vittorio Emanuele II, Piazza Duomo, Sagrato basso e portici settentrionali della piazza Piazzetta Reale, Piazza della Scala, Via Mengoni, Piazza S. Maria delle Grazie . Il provvedimento impugnato con cui l’amministrazione ha comunicato il diniego al rinnovo della concessione situata in Galleria Vittorio Emanuele costituisce esecuzione di tale delibera impugnata solo unitamente al provvedimento di diniego è pacifico, infatti, che l’area su cui insiste l’attività del ricorrente è compresa negli ambiti indicati nella citata sezione E. IV.2. In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la direttiva della Conferenza unificata Stato-Regioni del 5.7.2012 non è invocabile, sia perché la concessione in esame è scaduta precedentemente l’entrata in vigore del D.lgs. n. 59/2010 ovvero nel marzo 2001 il deliberato di Giunta del 13 marzo 2001, tuttavia, ha consentito agli operatori di continuare ad esercitare l’attività provvisoriamente in attesa di definire un piano di allocazione dei posteggi extramercato e le modalità per il loro rinnovo sia in quanto qui non si tratta della allocazione di titoli concessori contingentati, bensì di permanente inibizione di talune aree all’utilizzo a fini commerciali da parte di privati arg. ex art. 16 del D.lgs. 59/2010 . IV.3. Sotto altro profilo, l’assenso in passato espresso dal Comune di Milano a consentire l’esercizio dell’attività, oltre il periodo di scadenza della concessione, sino all’approvazione del piano generale delle aree pubbliche e dei conseguenti provvedimenti attuativi, non pare poter legittimare il diritto né, tantomeno, una situazione di affidamento idonea al rinnovo della concessione. Il c.d. diritto di insistenza è stato, infatti, ritenuto incompatibile con i principi della direttiva servizi 2006/123/CE c.d. Bolkestein , in quanto ostativo all’esplicazione della libera concorrenza. Inoltre, il rinnovo tacito non può desumersi, per facta concludentia”, dalla riscossione dei canoni da parte del Comune cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2010 n. 874 . IV.4. L’eccezione di incompetenza della Giunta ad adottare la delibera n. 1036/2012 è, poi, priva di fondamento l’art. 22 della l.r. n. 6/2010 non prescrive alcuna competenza del Consiglio Comunale in materia e la competenza di tale organo, come è noto, è limitata ai soli atti indicati dalla legge . IV.5. Neppure la decisione può dirsi affetta dalla violazione del principio di proporzionalità, fondandosi la limitazione merceologica delle concessioni sull’incontestata dichiarazione di interesse storico-artistico, architettonico e ambientale dell’area. La regolamentazione generale delle diverse possibili utilizzazioni del territorio comunale, a questa stregua, risponde alla necessità che le attività economiche e commerciali si svolgano in modo compatibile con le esigenze di tutele degli altri concorrenti valori sanciti dalle leggi nella specie, il recupero e la riqualificazione del centro della città . IV.6. Quanto alla lamentata disparità di trattamento, tra le aree di cui alla lettera D o E, si tratta di deduzione del tutto generica inoltre, la difesa comunale ha debitamente replicato come, a parte le edicole che vendono prodotti diversi e che godono di trattamento, anche legislativo, diverso dal commercio su aree pubbliche, anche i venditori di gelato e caldarroste non potranno più svolgere la loro attività nella zona E della delibera. V. Come affermato in sede cautelare, l’art. 22, comma 4 della legge regionale 6/2010, normativa richiamata nel dispositivo dei provvedimenti impugnati prevede che il comune individua le zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale dove l'esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o limitato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle zone predette tenendo in debito conto gli operatori che svolgono l'attività al momento dell'entrata in vigore del presente testo unico, i quali hanno diritto ad ottenere un posteggio equivalente sul territorio comunale ” dal che consegue l’onere in capo all’Amministrazione comunale di individuare un posteggio equivalente a quello oggetto della scaduta concessione, anche in zona esterna all’ambito oggetto di tutela. In esecuzione dell’ordinanza della Sezione, il Comune di Milano ha individuato in favore del ricorrente diversi posteggi alternativi, in aree anche centrali del territorio cittadino. Il relativo provvedimento, nel dettaglio, ha offerto posteggi collocati nei seguenti ambiti Via Garibaldi, angolo via Statuto Piazza Missori Piazzale Cadorna Piazza Bertarelli Arena Civica Repubblica Cisalpina Via Canova, angolo Piazza Sempione Piazza della Repubblica, angolo Bastioni di Porta Venezia. V.1. Tanto premesso, non è condivisibile la tesi del ricorrente, secondo cui sarebbe stato compito dell’amministrazione individuare un posteggio equivalente” nel senso di essere capace di assicurare lo stesso reddito al suo gestore. Difatti, in primo luogo, il requisito dell’equivalenza commerciale non imponeva certo all’amministrazione di proporre una riallocazione all’interno degli ambiti oggetto di tutela contemplante, come sopra visto, sia gli spazi inibiti al commercio sia quelli soggetti a vincoli prescrittivi all’attività , pena la frustrazione delle citate esigenze di salvaguardia dei valori artistici ed architettonici in secondo luogo, la prescrizione di equivalenza come correttamente argomentato dalla difesa comunale deve intendersi come riferita alle dimensioni del posteggio, alle caratteristiche dell’area, alla visibilità commerciale, ma non certo alla sua capacità di produrre gli stessi introiti valutazione quest’ultima, del resto, senz’altro eccedente le competenza di una amministrazione pubblica è dunque al ricorrente che compete l’individuazione del posteggio, fra quelli indicati dal Comune, più profittevole secondo il proprio discernimento commerciale, anziché rifiutarli tutti al solo scopo di conservare nel frattempo quello sin’ora occupato. VI. Gli argomenti appena enunciati, a dimostrazione della infondatezza del ricorso, rendono evidente l’irrilevanza delle richieste istruttorie incentrate sulla verificazione dello stato dei luoghi. VII. All’accertamento della legittimità dell’azione amministrativa, consegue anche il rigetto dell’azione risarcitoria rispetto alla quale, del resto, non avendo nelle more il ricorrente mai interrotto l’attività di vendita, non si vede quale danno economico sarebbe stato ravvisabile . VIII. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attesa la particolarità e novità della questione. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sez. I , definitivamente pronunciando - respinge i ricorsi nei termini di cui in motivazione - compensa interamente le spese di lite tra le parti.

TAR Lombardia, sez. I, sentenza 12 giugno - 5 settembre 2013, n. 2110 Presidente Mariuzzo – Estensore Simeoli Fatto e diritto I. Con ricorso notificato il 2 gennaio 2013, il sig. Leopoldo Giorgio De Muzio, esercente attività di vendita di souvenir” in Milano, ha impugnato il provvedimento meglio descritto in epigrafe con cui l’Amministrazione intimata gli ha negato il rinnovo della concessione per la sua attività di vendita in piazza Duomo fronte Autogrill. Il Comune di Milano si è costituito in giudizio, argomentando l’infondatezza del ricorso. I.1. Sul contraddittorio così istauratosi, all’esito della camera di consiglio del 1 febbraio 2013, la Sezione ha accolto con ordinanza n. 166/2013 la domanda incidentale di sospensione cautelare, sia pure in forma di remand” in particolare, sul presupposto che il Comune avrebbe dovuto contestualmente attivarsi al fine di proporre una ubicazione di posteggio alternativo, è stata disposta, in attesa di tali determinazioni, la sospensione degli impugnati provvedimenti, considerato il pregiudizio derivante dall’immediata interruzione dell’attività lavorativa dell’interessato. I.2. In esecuzione della predetta ordinanza, l’amministrazione comunale, pur confermando il diniego di rinnovo, ha proceduto alla individuazione di altre aree in cui collocare le attività del ricorrente, elencando all’uopo i posteggi offerti in alternativa rispetto alla precedente occupazione di suolo. Il relativo provvedimento, adottato in data 2.5.2013, sebbene non risulti agli atti la data della sua formale comunicazione, è stato senza dubbio conosciuto dal ricorrente nei suoi elementi qualificanti quantomeno a partire dal deposito della memoria comunale del 10 maggio 2013 in cui se ne dà esplicita notizia del resto, la stessa memoria del ricorrente del 21 maggio 2013, deducendo al riguardo, ne dà contezza . Sul punto, occorre ancora precisare come, non solo all’udienza di discussione il ricorrente non ha manifestato l’intenzione di impugnare con motivi aggiunti il nuovo diniego di rinnovo, ma neppure come da informazioni raccolte dal Collegio presso la Segreteria della Sezione, al momento del deposito della presente sentenza risulta essere stato promosso ricorso autonomo. I.3. In data 6 maggio 2013, il ricorrente ha, invece, notificato motivi aggiunti avverso il nuovo regolamento in materia di commercio su aree pubbliche, approvato con delibera consiliare del 4 marzo 2013 n. 9. I.4. La causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni. II. In via pregiudiziale, deve ravvisarsi l’improcedibilità del ricorso principale. II.1. Come è noto, il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quando il processo non possa per qualsiasi motivo produrre un risultato utile per il ricorrente. Tale situazione si verifica per effetto del mutamento della situazione di fatto e di diritto dedotta in sede di ricorso, rendendo priva di qualsiasi residua utilità giuridica, ancorché meramente strumentale o morale, una pronuncia del giudice adito sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio. L’istituto è una manifestazione del principio di unilateralità che regge il processo amministrativo posto a tutela delle posizioni soggettive appartenenti a chi ha introdotto il giudizio, rispetto alle quali gli interessi della parte resistente assumono rilevanza solo in funzione di contrasto della pretesa azionata. L’istituto processuale in questione, di notoria derivazione pretoria, è ora espressamente previsto nell’art. 35 c.p.a. II.2. Orbene, nel valutare le conseguenze processuali di atti adottati in esecuzione di ordinanze emesse ai fini del riesame”, che comportano una completa riedizione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i vizi sostanziali o formali riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati, il Tribunale non può esimersi dalla seguente considerazione essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l’assetto di interessi definiti con l’atto gravato, restituendo quindi all’amministrazione l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, il nuovo atto, quando non meramente confermativo, costituendo nuova espressione di una funzione amministrativa e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale , porta ad una pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ove abbia contenuto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente, oppure di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l’interesse del ricorrente dall’annullamento dell’atto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, a quest’ultimo. II.3. Nella specie, l’Amministrazione, a seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare presentata dall’interessato, ha proceduto al riesame della situazione oggetto di causa e ha riformulato il medesimo diniego di rinnovo sulla base di una rinnovata istruttoria che ha portato alla individuazione di diversi posteggi alternativi decisione che il ricorrente non ha provveduto ad impugnare con motivi aggiunti notificati al procuratore costituito ai sensi dell'articolo 43 c.p.a. Ne consegue che l’istante non potrebbe ricavare alcuna utilità dall’eventuale annullamento in parte qua dell’atto originariamente impugnato, dal momento che, anche in tale eventualità, rimarrebbe pur sempre efficace il nuovo provvedimento di diniego, produttivo del medesimo effetto lesivo. II.4. Ancora in via pregiudiziale, il ricorso per motivi aggiunti proposto è, altresì, inammissibile per manifesta carenza di interesse. Con esso, difatti, viene gravato il nuovo regolamento per la disciplina del commercio su aree pubbliche, approvato con delibera del consiglio comunale n. 9/2013, sebbene le sue disposizioni, in quanto sopravvenute, non siano state per nulla applicate in occasione del diniego di rinnovo per cui è causa a fondamento del quale è stato, invece, richiamato soltanto il precedente assetto regolamentare . III. Orbene, nonostante sussistano le anzidette ragioni di chiusura in rito, tuttavia, la particolarità della vicenda suggerisce al Collegio di precisare come la pretesa del ricorrente a permanere nel godimento dell’area pubblica sin’ora concessa, senza trasferirsi nella aree alternative offerte dalla amministrazione comunale sia comunque infondata anche nel merito ciò, pur nella consapevolezza di discostarsi dalla letteratura scientifica che ritiene impropria la doppia” motivazione delle sentenze . III.1. Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 22, comma 4, l.r. n. 6/2010, il Comune ha facoltà di individuare zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale dove l’esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o sottoposto a restrizioni particolari ”. In forza di tale previsione, in data 11 maggio 2012, la Giunta comunale ha adottato la delibera n. 1036 recante, per l’appunto, le modalità operative e criteri sperimentali finalizzati al rinnovo delle concessioni di posteggio extramercato per il commercio su aree pubbliche” , la quale ha distinto per quanto di interesse in questo frangente tra ambiti territoriali sottoposti a vincoli o condizioni sezione D, individuata sull’asse piazza S. Babila, corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo, via Mercanti/piazza Mercanti, passaggio S. Margherita, via degli Osi, piazza Cordusio, via Dante, Largo Cairoli, Largo Beltrami, Piazza Castello , per i quali si prescrivono le distanze di rispetto e le merci da esitare sono vincolati a tutela dei siti di interesse storico/culturale, artistico, architettonico e monumentale ed ambiti territoriali inibiti al commercio su area pubblica, dove, per ragioni di pubblico interesse e per la particolare valenza storica/architettonica/culturale ed artistica non vengono rilasciate/rinnovate le concessioni di suolo pubblico per il commercio su area pubblica extramercato sezione E, per il cui ambito in via esemplificativa e non esaustiva, si elencano Galleria Vittorio Emanuele II, Piazza Duomo, Sagrato basso e portici settentrionali della piazza Piazzetta Reale, Piazza della Scala, Via Mengoni, Piazza S. Maria delle Grazie . Il provvedimento impugnato con cui l’amministrazione ha comunicato il diniego al rinnovo della concessione situata in piazza Duomo fronte Autogrill costituisce esecuzione di tale delibera impugnata solo unitamente al provvedimento di diniego è pacifico, infatti, che l’area su cui insiste l’attività del ricorrente è compresa negli ambiti indicati nella citata sezione E. IV.2. In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la direttiva della Conferenza unificata Stato-Regioni del 5.7.2012 non è invocabile, sia perché la concessione in esame è scaduta precedentemente l’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/2010 ovvero nel marzo 2001 il deliberato di Giunta del 13 marzo 2001, tuttavia, ha consentito agli operatori di continuare ad esercitare l’attività provvisoriamente in attesa di definire un piano di allocazione dei posteggi extramercato e le modalità per il loro rinnovo sia in quanto qui non si tratta del rilascio di titoli concessori contingentati, bensì di permanente inibizione di talune aree all’utilizzo a fini commerciali da parte di privati arg. ex art. 16, d.lgs. 59/2010 . IV.3. Sotto altro profilo, l’assenso in passato espresso dal Comune di Milano a consentire l’esercizio dell’attività, oltre il periodo di scadenza della concessione, sino all’approvazione del piano generale delle aree pubbliche e dei conseguenti provvedimenti attuativi, non pare poter legittimare il diritto né, tantomeno, una situazione di affidamento idonea al rinnovo della concessione. Il c.d. diritto di insistenza è stato, infatti, ritenuto incompatibile con i principi della direttiva servizi 2006/123/CE c.d. Bolkestein , in quanto ostativo all’esplicazione della libera concorrenza. Inoltre, il rinnovo tacito non può desumersi, per facta concludentia”, dalla riscossione dei canoni da parte del Comune cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2010 n. 874 . IV.4. L’eccezione di incompetenza della Giunta ad adottare la delibera n. 1036/2012 è, poi, priva di fondamento l’art. 22 della l.r. n. 6/2010 non prescrive alcuna competenza del Consiglio Comunale in materia e la competenza di tale organo, come è noto, è limitata ai soli atti indicati dalla legge . IV.5. Neppure la decisione può dirsi affetta dalla violazione del principio di proporzionalità, fondandosi la limitazione merceologica delle concessioni sull’incontestata dichiarazione di interesse storico-artistico architettonico e ambientale dell’area. La regolamentazione generale delle diverse possibili utilizzazioni del territorio comunale, a questa stregua, risponde alla necessità che le attività economiche e commerciali si svolgano in modo compatibile con le esigenze di tutele degli altri concorrenti valori sanciti dalle leggi nella specie, il recupero e la riqualificazione del centro della città . IV.6. Quanto alla lamentata disparità di trattamento, tra le aree di cui alla lettera D o E, si tratta di deduzione del tutto generica inoltre, la difesa comunale ha debitamente replicato come, a parte le edicole che vendono prodotti diversi e che godono di trattamento, anche legislativo, diverso dal commercio su aree pubbliche, anche i venditori di gelato e caldarroste non potranno più svolgere la loro attività nella zona E della delibera. V. Come affermato in sede cautelare, l’art. 22, comma 4 della legge regionale 6/2010, normativa richiamata nel dispositivo dei provvedimenti impugnati prevede che il comune individua le zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale dove l'esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o limitato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle zone predette tenendo in debito conto gli operatori che svolgono l'attività al momento dell'entrata in vigore del presente testo unico, i quali hanno diritto ad ottenere un posteggio equivalente sul territorio comunale” dal che consegue l’onere in capo all’Amministrazione comunale di individuare un posteggio equivalente a quello oggetto della scaduta concessione, anche in zona esterna all’ambito oggetto di tutela. In esecuzione dell’ordinanza della Sezione il Comune di Milano ha individuato in favore del ricorrente diversi posteggi alternativi, in aree anche centrali del territorio cittadino. Il relativo provvedimento, nel dettaglio, ha offerto posteggi collocati nei seguenti ambiti Via Garibaldi angolo via Statuto Piazza Missori Piazzale Cadorna Piazza Bertarelli Arena Civica Repubblica Cisalpina Via Canova angolo Piazza Sempione Piazza della Repubblica angolo Bastioni di Porta Venezia. V.1. Tanto premesso, non è condivisibile la tesi del ricorrente, secondo cui sarebbe stato compito dell’amministrazione individuare un posteggio equivalente” nel senso di essere capace di assicurare lo stesso reddito al suo gestore. Difatti in primo luogo, il requisito dell’equivalenza commerciale non imponeva certo all’amministrazione di proporre una riallocazione all’interno degli ambiti oggetto di tutela contemplante, come sopra visto, sia gli spazi inibiti al commercio sia quelli soggetti a vincoli prescrittivi all’attività , pena la frustrazione delle citate esigenze di salvaguardia dei valori artistici ed architettonici in secondo luogo, la prescrizione di equivalenza come correttamente argomentato dalla difesa comunale deve intendersi come riferita alle dimensioni del posteggio, alle caratteristiche dell’area, alla visibilità commerciale, ma non certo alla sua capacità di produrre gli stessi introiti valutazione quest’ultima, del resto, senz’altro eccedente le competenza di una amministrazione pubblica è dunque al ricorrente che compete l’individuazione del posteggio, fra quelli indicati dal Comune, più profittevole secondo il proprio discernimento commerciale, anziché rifiutarli tutti al solo scopo di conservare nel frattempo quello sin’ora occupato. VI. Gli argomenti appena enunciati, a dimostrazione della infondatezza del ricorso, rendono evidente l’irrilevanza delle richieste istruttorie incentrate sulla verificazione dello stato dei luoghi. VII. All’accertamento della legittimità dell’azione amministrativa, consegue anche il rigetto dell’azione risarcitoria rispetto alla quale, del resto, non avendo nelle more il ricorrente mai interrotto l’attività di vendita, non si vede quale danno economico sarebbe stato ravvisabile . VIII. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attesa la particolarità e novità della questione. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sez. I , definitivamente pronunciando - respinge i ricorsi nei termini di cui in motivazione - compensa interamente le spese di lite tra le parti.