Servitù di veduta: quali limiti all’esercizio della proprietà del fondo servente?

In caso di servitù di veduta, al titolare del fondo servente non possono essere inibite, al di fuori delle ipotesi di cui agli articolo 905 e 907 c.c., condotte riconducibili all’esercizio del diritto di proprietà.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12681, depositata il 5 giugno 2014. Il caso. Con la pronuncia in rassegna la Corte di Cassazione si occupa di una interessante questione avente ad oggetto i limiti ed il contenuto della servitù prediale di veduta. La decisione dei giudici di legittimità trae spunto da una controversia avente ad oggetto la proprietà comune di un lastrico solare, che uno dei comproprietari, mediante la trasformazione di una finestra in porta finestra, aveva reso di sua esclusiva disponibilità. La convenuta, in via riconvenzionale, chiedeva che gli attori fossero condannati alla rimozione delle opere realizzate per rendere accessibile il terrazzo. Il giudice di primo grado, respingeva la domanda attorea, ed in accoglimento della riconvenzionale condannava gli attori a collocare a distanza di 3 metri dal confine una parete idonea ad impedire di guardare all’interno della proprietà della convenuta. Il giudice di secondo grado, in totale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda degli attori e rigettava la riconvenzionale, sul presupposto che la convenuta, nel corso del giudizio, non aveva dimostrato di possedere alcun diritto di esclusiva sul lastrico solare e che pur dovendosi rinvenire una servitù di veduta costituita per destinazione del padre di famiglia, non potesse derivare a carico del fondo servente, al di fuori di quanto espressamente previsto dalla legge, uno specifico obbligo di facere che limitasse il diritto di proprietà. Proprio su tale ultimo punto si è pronunciata la Corte di Cassazione, che con la sentenza in commento ha rigettato il ricorso e confermato la statuizione del giudice di secondo grado. L’esame del giudice di legittimità non può toccare, neppure indirettamente, il merito. Prima di occuparsi dell’esame del ricorso con l’analisi dei singoli motivi di doglianza prospettati dal ricorrente contro la sentenza di appello, la Corte ricorda, richiamando una serie di precedenti, come non sia ammissibile la mera critica del convincimento cui il giudice è pervenuto operata mediante la mera ed apodittica contrapposizione di una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità Cass. 9 agosto 2004, numero 15381 Cass. 23 luglio 2004, numero 13839 Cass. 21 luglio 2007, numero 13579 Cass. 16 marzo 2004, numero 5359 Cass. 19 gennaio 2004, numero 753 . Servitù di veduta e esercizio del diritto di proprietà del fondo servente. Passando all’esame dei motivi di ricorso la Corte, dopo aver rilevato che la ricorrente non avesse fornito, nelle fasi di merito, la prova della proprietà esclusiva del lastrico solare trasformato abusivamente in terrazza, passa a considerare il tema dei limiti al diritto di proprietà da parte del titolare del fondo servente. Al riguardo la Corte afferma che a quest’ultimo non possono essere inibite, al di fuori delle ipotesi di cui agli articolo 905 e 907 c.c., condotte riconducibili all’esercizio del diritto di proprietà, mentre erano stati obbligati ad un facere non previsto dalla legge ed espropriati di fatto dal diritto di godere della porzione di terrazza compresa con la costruenda parete ed il confine con la proprietà del titolare del fondo dominante. In base a tale assorbente considerazione, quindi, la Corte rigetta il ricorso volto ad ottenere la cassazione della pronuncia di appello di riforma della sentenza di primo grado con cui il titolare del fondo servente era stato condannato a collocare, alla distanza di 3 metri, una parete idonea ad impedire di guardare all’interno della proprietà della convenuta.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 marzo – 5 giugno 2014, numero 12681 Presidente Goldoni – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con atto ritualmente notificato S.A. e M. convenivano in giudizio P.V. e, premesso di essere proprietari dell'immobile in omissis di un corpo di fabbrica formato da un grande vano a piano terra, uno al primo piano con sovrastante terrazza ed un ulteriore a primo piano facente parte di altro corpo di fabbrica composto da piano terra e appartamento a primo piano della P. , esponevano che la stessa l'anno prima aveva trasformato una finestra in porta finestra e modificato la copertura realizzando un lastrico solare, per cui chiedevano la condanna alla rimessione in pristino ed ai danni. La convenuta svolgeva riconvezionale per la rimozione di opere dirette a rendere accessibile il terrazzo. Il tribunale rigettava le domande degli attori e li condannava a collocare alla distanza di m.1,50 parete idonea ad impedire di guardare all'interno della proprietà della convenuta, con successiva correzione dell'errore materiale ed indicazione della distanza in m. 3. La Corte di appello di Genova, con sentenza 3.7.2008, in riforma, condannava la P. a ridurre in pristino il lastrico solare e rigettava la sua riconvenzionale sul presupposto che nessun diritto aveva dimostrato di possedere sul lastrico solare, laddove a fronte della precisazione dell'atto di divisione 20.2.1976 in cui il confine viene indicato con il tetto, il che esclude il lastrico, la stessa si è limitata a sostenere di avere da sempre l'uso. Era pacifica la servitù di veduta per destinazione del padre di famiglia a favore della P. ed a carico della terrazza dei S. , i quali erano stati obbligati ad un facere non previsto ed espropriati del diritto di godere di una porzione di terrazza. Ricorre P. con due motivi, illustrati da memoria, non svolge difese controparte. Motivi della decisione Si denunzia, col primo motivo del ricorso, violazione degli articolo 1126 e 1102 cc col quesito se la possibilità di accesso al lastrico e la partecipazione alle spese portano a concludere che la ricorrente sia titolare di un diritto esclusivo di uso. Col secondo motivo si deducono violazione degli articolo 905 e 907 cc e vizi di motivazione con due quesiti. Osserva questa Corte Suprema La Corte di appello ha condannato la P. a ridurre in pristino il lastrico solare e rigettato la sua riconvenzionale sul presupposto che nessun diritto la P. aveva dimostrato di possedere sul lastrico solare, laddove a fronte della precisazione dell'atto di divisione 20.2.1976, in cui confine viene indicato con il tetto, il che esclude il lastrico, la stessa si è limitata a sostenere di avere da sempre l'uso. Era pacifica la servitù di veduta per destinazione del padre di famiglia a favore della P. ed a carico della terrazza dei S. , i quali erano stati obbligati ad un facere non previsto ed espropriati del diritto di godere di una porzione di terrazza. Ai fini dell'ammissibilità del ricorso non può essere considerata idonea - anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente - la mera critica del convincimento, cui il giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d'una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità e pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 numero 15381, 23.7.04 numero 13839, 21.7.04 numero 13579, 16.3.04 numero 5359, 19.1.04 numero 753 . Ciò premesso il primo motivo, posto che la Corte territoriale aveva dedotto non emergere dagli atti alcun diritto della odierna ricorrente sul tetto terrazzo oggetto di causa, evoca aspetti ritenuti non decisivi nella sentenza valorizzando il pagamento di un terzo delle spese di manutenzione del tetto e la possibilità di accesso senza considerare che la decisione impugnata, esaminando i motivi di appello degli attori, ha ritenuto illegittimo l'intervento edilizio della P. risolventesi nell'appropriazione del lastrico solare trasformato in terrazza in aperta violazione dell'articolo 1102 cc che vieta di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri proprietari di farne parimenti uso. Né si svolge rituale impugnazione ex articolo 1362 cc per superare il dato essenziale della motivazione che si fonda sull'assenza di prova della proprietà in base all'atto richiamato. Il secondo motivo non considera che non vi è contraddizione tra l'affermazione dell'esistenza di una servitù a favore della P. e l'inesistenza di un obbligo di facere a carico del fondo servente. In particolare la sentenza impugnata ha dedotto essere pacifica una servitù di veduta per destinazione del padre di famiglia a favore dell'appartamento della P. ed a carico della terrazza dei S. ai quali non possono essere inibite, al di fuori dalle ipotesi previste dagli articolo 905 e 907 cc, condotte riconducibili all'esercizio del diritto di proprietà mentre erano stati obbligati ad un facere non previsto dalla legge e di fatto espropriati del diritto di godere della porzione di terrazza compresa tra la costruenda parete ed il confine con la proprietà P. . Donde il rigetto del ricorso senza pronunzia sulle spese in mancanza di attività difensiva di controparte. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.