Se le operazioni sono inesistenti… lo sono anche a favore del contribuente

Il presupposto dell’IRES è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate dall’art. 6 TUIR e quindi l’evasione del pagamento di una tale imposta per effetto di avvenuti trasferimenti di beni, mal si concilia con la contemporanea contestazione di una indebita detrazione dell’IVA per effetto delle medesime operazioni ritenute oggettivamente inesistenti vendita di beni mai acquistati .

Questo il principio di diritto affermato dalla III Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 4360 del 30 gennaio 2014. Sequestro per equivalente e determinazione dell’imposta evasa. E’ ormai principio consolidato, nella giurisprudenza della Suprema Corte, che il GIP, ovvero se adito in sede di impugnazione, il tribunale del Riesame chiamato ad applicare un sequestro per equivalente, debba determinare e accertare, pur trovandosi in sede cautelare, sulla base degli elementi di fatto disponibili, l’ammontare della imposta evasa. Tale entità, che rappresenta il profitto del reato, costituisce infatti la concorrenza entro il quale può essere disposto il sequestro per equivalente, finalizzato alla confisca nei confronti del soggetto sottoposto ad indagini per reati fiscali. Come noto il sequestro per equivalente, pur ben potendo avere ad oggetto beni o somme di denaro non legati da alcun vincolo di pertinenzialità con i fatti di reato per cui si procede e dunque ben potendo incidere su beni o somme di assoluta e certa lecita provenienza, deve essere limitato, quanto al sua ammontare, al profitto conseguente alla condotte delittuose, che dunque il giudice, che procede, sin dalla fase cautelare, sulla base degli elementi di indagine disponibili, ha il dovere di quantificare con la maggior precisione possibile onde individuare la soglia massima entro la quale applicare la misura cautelare reale. Il caso. Sulla base dei suddetti principi di diritto, nel caso di specie, i giudici della Suprema Corte sono chiamati ad esaminare il ricorso proposto da uno degli indagati di reati fiscali avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, che aveva confermato la legittimità del decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca emesso dal GIP, ricorso che lamentava proprio la erronea determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa da parte dei giudici di merito. Infatti il GIP, prima, e poi il Tribunale del riesame, nonostante la specifica doglianza fatta valere dall’indagato sin dal primo grado di impugnazione, avevano ritenuta corretta l’impostazione del Pubblico Ministero che nel determinare l’imposta evasa correlata ai reati di frode fiscale aveva operato la somma algebrica tra l’IVA illegittimamente detratta – mediante l’inserimento in contabilità di fatture per operazioni acquisti inesistenti – e l’IRES derivante dai ricavi della vendita di quegli stessi beni. La Suprema Corte, con argomentazione che si pone più sotto il profilo della logicità e della non contraddittorietà della motivazione che non sotto il profilo dello stretto diritto, evidenzia come laddove certe operazioni siano contestate come oggettivamente inesistenti” tali devono essere ritenute a tutti gli effetti. Pertanto se le fatture di acquisto di beni hanno ad oggetto operazioni inesistenti legittimamente verrà contestata la frode fiscale e determinato il profitto della stessa sulla base dell’IVA illegittimamente detratta, ma per contro non si potrà poi imputare al contribuente un reddito imponibile a fini IRES derivante dalla successiva vendita di detti beni a terze persone, atteso che se tali beni non sono mai stati acquistati non saranno mai neppure stati ceduti a terzi. Il ricorso viene pertanto accolto e l’ordinanza annullata con rinvio ad altra sezione del Tribunale del riesame, al fine di procedere alla rideterminazione del profitto del reato ed il conseguente nuovo limite apicale entro cui contenere la misura cautelare reale. L’effetto estensivo della decisione favorevole. La pronuncia in commento merita di essere segnalata anche in quanto si occupa esplicitamente di valutare la sussistenza dell’effetto estensivo, ex art. 587 c.p.p., della impugnazione proposta ed accolta da uno solo degli indagati nei procedimenti relativi alle misure cautelari reali. La conclusione cui pervengono gli ermellini è in linea con i precedenti di legittimità non vi è ragione per non ritenere operante, anche in sede cautelare reale, l’effetto estensivo della decisione favorevole sulla impugnazione proposta da uno solo degli indagati a condizione che detta decisione non sia fondata su motivi personali” dell’impugnate e che il procedimento stesso sia sorto e si sia svolto in modo cumulativo ed unitario. Nel caso di specie poiché vi era una unica ordinanza emessa dal Tribunale del riesame a carico di tutti i coindagati peraltro indagati per delitto associativo ex art 416 c.p. e per concorso eventuale in altri capi di incolpazione , e che tutti, seppur con motivi diversi, avevano impugnato in cassazione la Corte, pur a fronte del fatto che il motivo di doglianza accolto, era stato sollevato da uno solo dei ricorrenti, ritiene operante l’effetto estensivo della decisione favorevole, annullando l’ordinanza nei confronti di tutti gli indagati.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 ottobre 2013 - 30 gennaio 2014, n. 4360 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto Con ordinanza 21.3.2013 il Tribunale di Pesaro, per quanto ancora interessa, rigettando la richiesta di riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP il 4.2.2013 sui mobili, immobili e crediti sino a concorrenza di Euro. 17.792.846,83, nell'ambito di un procedimento penale che vedeva coinvolti, tra gli altri, anche il L. , il M. e lo I. per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali. Sempre per quanto interessa in questa sede, il Tribunale ha motivato il proprio convincimento osservando a che sussisteva la propria competenza territoriale perché il reato associativo considerato più grave era in corso di svolgimento ove ha sede la società LIN SEN srl e dove vivono gli indagati b che la dedotta carenza motivazionale del decreto non sussisteva perché la notifica integrale del provvedimento non è la forma unica e obbligata per l'esecuzione delle misure cautelari reali ma serve solo ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione che nel caso di specie, attraverso l'accesso agli atti, le parti potevano esaminare il contenuto integrale del provvedimento, cosa che è accaduta, tanto da aver consentito l'esercizio del diritto di difesa c che il decreto aveva quantificato con esattezza il profitto del reato per circa 17 milioni di Euro tra IVA e IRES. Avverso l'ordinanza i predetti indagati, tramite i rispettivi difensori, hanno proposto separati ricorsi per cassazione denunciando tutti 1. Inosservanza della legge penale in relazione alla omessa motivazione sulla nullità del decreto di sequestro preventivo, assolutamente privo dei requisiti essenziali trattasi infatti di un estratto di sole due pagine contenente unicamente le generalità degli indagati e il dispositivo in tal modo, secondo i ricorrenti la parte dovrebbe farsi carico di recarsi in cancelleria per accedere agli atti, mentre invece dal testo normativo degli artt. 322 e 324 cpp si evince che il decreto di sequestro deve essere completo ab origine 2. l'incompetenza del territorio del Tribunale di Pesaro perché, essendo stata contestata l'associazione a delinquere, cioè un reato permanente, avrebbe dovuto individuarsi il luogo in cui ha avuto inizio la consumazione ex art. 8 comma 3 cpp e non potendosi procedere a tale individuazione, occorreva avere riferimento agli altri procedimenti connessi trattandosi però di procedimenti connessi per reati di pari gravità artt. 2 e 8 D. Lvo n. 74/2000 , doveva aversi riguardo ai sensi dell'art. 16 comma 1 cpp, al luogo in cui è stato commesso il primo reato e cioè al luogo in cui è stata emessa la prima fattura asseritamente falsa, la n. 47 del 31.3.2010 da parte della Sud Forniture srl, cioè a . Il solo L. denunzia inoltre la violazione degli artt. 321 e ss cpp e 322 cp nonché dell'art. 143 così testualmente, ma volendo evidentemente intendere art. 1 comma 143, ndr della legge n. 244/2007 perche il Tribunale non ha esposto il convincimento che giustifica l'importo di Euro 17.798.486,83. Evidenzia in particolare l'errore di fondo consistente nel calcolo anche dell'evasione dell'IRES logicamente incompatibile , laddove si contesta anche l'inesistenza delle operazioni e quindi il mancato acquisto di beni . Osserva il ricorrente che si presumono venduti con profitto beni che gli stessi investigatori assumono mai acquistati e si contesta come evasa l'imposta su un reddito mai prodotto. Considerato in diritto 1. Ragioni evidenti di priorità logica impongono di trattare innanzitutto il motivo relativo alla questione della competenza per territorio. Detto motivo è infondato. In tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio in particolare, considerato che l'associazione è una realtà criminosa destinata a svolgere una concreta attività, assume rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris , quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l'operatività della struttura tra le varie, cfr. Sez. 2, Sentenza n. 19177 del 15/03/2013 Cc. dep. 03/05/2013 Rv. 255829 Sez. 2, Sentenza n. 22953 del 16/05/2012 Cc. dep. 12/06/2012 Rv. 253189 Sez. 3, Sentenza n. 24263 del 10/05/2007 Cc. dep. 20/06/2007 Rv. 237333 . Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame ha accertato che dalle indagini di Polizia Giudiziaria risulta l'individuazione di Pesaro come primo luogo in cui si è resa esternamente percepibile l'operatività del gruppo criminale dedito alle frodi fiscali cfr. pag. 15 dell'ordinanza, in cui sono riportati anche gli elementi di fatto sui quali i giudici di merito fondano il proprio convincimento trattasi di accertamento congruamente motivato, come tale insindacabile in questa sede. 2. Infondato è anche il motivo con cui si pone la questione della nullità del provvedimento di sequestro notificato per estratto agli indagati. È pacifico che la mancata allegazione della parte motivazionale si riferisce unicamente alle copie del decreto notificate agli indagati e non all'originale depositato presso la cancelleria. Orbene, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, l'omessa notifica del decreto di sequestro preventivo nei confronti della persona interessata alla restituzione del bene non è sanzionata con la nullità, difettando un'espressa previsione della relativa causa d'invalidità ed essendo il diritto di difesa garantito dalla facoltà di proporre richiesta di riesame entro il termine di dieci giorni dalla data in cui si è avuta conoscenza dell'atto Sez. 6, Sentenza n. 15501 del 08/01/2009 Cc. dep. 09/04/2009 Rv. 243572 Sez. 3, Sentenza n. 6914 del 12/12/2008 Cc. dep. 18/02/2009 Rv. 242519 Sez. 5, Sentenza n. 5002 del 11/11/1997 Cc. dep. 28/01/1998 Rv. 209561 . L'art. 321 e.p.p., comma 3 ter, prevede, invero, la notifica immediata di copia dell'ordinanza , mentre non fa alcun riferimento al decreto di cui al medesimo art. 321, comma 1 Cass. 6914/2008 cit. . Applicando il suddetto principio al caso di specie, in cui si discute addirittura di un minus , si rivela certamente corretta la decisione del Tribunale laddove ha affermato che la notifica del provvedimento privo della parte motivazionale non incide sulla validità dell'atto ma ha il solo effetto di ritardare la decorrenza del termine di impugnazione. 3. Appare fondato invece l'ulteriore motivo di ricorso proposto dal solo L. e riguardante l'individuazione del profitto del reato. Certamente è compito del Tribunale del riesame fissare i limiti della somma sequestrabile in funzione della confisca per equivalente sulla base degli elementi fattuali di cui dispone cfr. Sez. 3, Sentenza n. 7078 del 23/01/2013 Cc. dep. 13/02/2013 Rv. 254852 in motivazione sez. 3, 12/10/2011 n. 1893 del 2012, RV 251797 . È rilevante dunque accertare l'ammontare dell'imposta evasa cioè il profitto del reato che rappresenta l'entità della somma fino a concorrenza della quale può disporsi il sequestro preventivo. Infatti, secondo un generale principio di diritto il sequestro preventivo per equivalente , disposto nei confronti di persona sottoposta ad indagini per il reato di frode fiscale finalizzata all'evasione delle imposte sui redditi, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, sicché il giudice è tenuto a valutare l'equivalenza tra il valore dei beni e l'entità del profitto così come avviene in sede di confisca cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 1893 del 12/10/2011 Cc. dep. 18/01/2012 Rv. 251797 cfr. altresì Sez. 3, Sentenza n. 30140 del 2012 in motivazione . Nel caso di specie il Tribunale del riesame pag. 23 dell'ordinanza impugnata ha ritenuto corretta la quantificazione del profitto del reato nella misura di Euro. 17.798.486,83, corrispondente al risparmio di imposta assicurato a Lin Sen dalla annotazione in contabilità delle fatture per operazioni oggettivamente inesistenti di SUD Forniture e Imo Forniture, richiamando il prospetto già presente nell'informativa G. di F. del 19.12.2012 e a pag. 39 della richiesta di sequestro preventivo distinto tra IRES e IVA. Ebbene, una tale motivazione, fondata sul mero cumulo della somma a titolo di IVA indebitamente detratta e di IRES non versata, non da alcuna risposta alla critica che il ricorrente aveva sollevato già in sede di riesame evidenziando seri profili di illogicità, perché il presupposto dell'IRES è il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'art. 6 TUIR art. 72 DPR 22.12.1986 n. 917 e quindi l'evasione del pagamento di una tale imposta per effetto di avvenuti trasferimenti di beni mal si concilia con la contemporanea contestazione di una indebita detrazione dell'IVA per effetto delle medesime operazioni ritenute oggettivamente inesistenti vendite di beni mai acquistati . In relazione a tale motivo l'ordinanza impugnata deve essere perciò annullata con rinvio per un nuovo esame sulla base della specifica censura mossa. È da precisare che detto motivo si estende anche agli altri indagati per il principio di cui all'art. 587 cpp. La giurisprudenza di questa Corte anche a Sezioni Unite ha ritenuto che nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali, l’estensione degli effetti favorevoli della decisione si verifica a condizione che detta decisione non sia fondata su motivi personali” dell'impugnante e che il procedimento stesso sia sorto e si sia svolto in modo unitario e cumulativo Sez. U, Sentenza n 19046 de. 29/03/2012 Cc. dep. 18/05/2012 Rv. 252529 Sez. U, sent. n. 34623 dei 26/06/2002, Di Donato, Rv. 222261 . Nel caso in esame, non è dubbio che ricorra il carattere della unitarietà. Invero unitariamente è sorto il procedimento a carico di più soggetti, sottoposti a indagine per diversi reati, alcuni di natura associativa dunque, a concorso necessario art. 416 cod. pen. , altri contestati in concorso. In danno degli indagati è stato emesso, nell'ambito del predetto procedimento, decreto di sequestro preventivo, avente ad oggetto distinti beni, appartenenti ai diversi indagati. La procedura innanzi al Tribunale del riesame è stata coltivata dagli odierni ricorrenti ed è stata emessa un'unica ordinanza riferibile anche ai tre indagati odierni ricorrenti, il che esclude una frammentazione del procedimento , proseguito unitariamente nei confronti di tutti e tre i ricorrenti davanti a questa Corte ove tutti hanno proposto anche analoghe censure. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Pesaro.