La deposizione è attendibile se il mancato ricordo attiene ad aspetti non essenziali

Ai fini dell’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie formulate da minori, sono irrilevanti le disarmonie, le incongruità e le improprietà dell’esposizione resa dalla persona offesa minorenne, ove il non perfetto ricordo nel corso della testimonianza attenga unicamente ad aspetti non essenziali della vicenda, che ne garantisca comunque la tenuta sotto il profilo logico-argomentativo.

Lo ha ribadito la Quinta sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 600, depositata il 9 gennaio 2014. La fattispecie. La pronuncia in esame prende le mosse dalla decisione con la quale la quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio del Pubblico Ministero, già ritenuto fondato in primo grado ed in appello, entrambi conclusi con la condanna dell’imputato, chiamato a rispondere di lesioni e minacce in danno di minorenni. Tale decisione veniva impugnata dal ricorrente, il quale, oltre all’incongruo riconoscimento di piena attendibilità alle dichiarazioni accusatorie delle minori, denunciava altresì l’incongruo rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato all’audizione delle persone offese minorenni, oltre che l’erroneo computo della pena in concreto irrogata. L’attendibilità della persona offesa minorenne Preliminarmente, giova ricordare che, già prima dell’entrata in vigore del nuovo” codice di procedura penale del 1988, la Cassazione osservava come l’ordinamento processuale penale non pone incapacità a testimoniare derivanti dall’età minore, e spetta al giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale, valutare la credibilità di deposizioni di testi minori degli anni quattordici Cass. n. 2971/1984 . Inoltre, nell’ambito della valutazione della prova testimoniale, nessuna limitazione può sussistere circa la utilizzabilità delle dichiarazioni rese da un minore, quando il giudice abbia formulato, con appropriate argomentazioni un giudizio positivo sulla attendibilità del testimone. Successivamente all’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale, la Corte ha sottolineato pure che il minore degli anni quattordici - che non può assumere, per la sua incapacità di diritto penale sostanziale e processuale, la qualità di imputato - può tuttavia essere sentito in qualità di testimone in ordine ai fatti che lo hanno visto coinvolto, dovendosi considerare tassativo, trattandosi di norma eccezionale, l’elencazione delle incompatibilità con l’ufficio di testimone indicate nell’art. 197 c.p.p., nessuna delle quali ha riguardo al minore non imputabile. L’attendibilità delle dichiarazioni di un soggetto così particolare resta comunque affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale deve tener conto di tutte le implicazioni connesse alla possibile instabilità emotiva del teste Cass. n. 11698/1998 . prescinde da incongruenze occasionali della deposizione. Rigettando i motivi esposti sul punto dal ricorrente, la quinta sezione ha altresì aggiunto, nella sentenza in commento, che al fine di conseguire la certezza della veridicità delle dichiarazioni della persona offesa minorenne, non è necessario il rinvenimento di riscontri oggettivi esterni, ma è sufficiente che le affermazioni siano state sottoposte ad accurato ed attento vaglio critico, volto ad escludere che esse possano essere frutto di fantasia, autosuggestione ovvero di immaturità psichica. Più in generale, l’orientamento dominante in giurisprudenza sostanzialmente confermato dalla sentenza in commento afferma che il diritto processuale penale non opera alcuna discriminazione sia in ordine alla capacità a testimoniare della persona offesa dal reato, sia in ordine alla valenza probatoria delle sue deposizioni rispetto a quelle di altre persone. Pertanto in caso di necessità, per essere la persona offesa l'unico testimone che abbia avuto percezione diretta del fatto da provare o, comunque, l'unico in grado di introdurre una tale percezione nel processo, anche la sola deposizione di essa può, nell'ambito del libero convincimento del giudice, essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato. In tal caso il giudice di merito deve valutare con particolare attenzione tutti gli elementi, sia di natura intrinseca che estrinseca, su cui ha basato il suo convincimento di attendibilità e veridicità delle deposizioni della persona offesa, dando conto di tale valutazione con motivazione dettagliata e rigorosa, specificamente riferita alla detta qualità Cass. n. 6930/1990 . Anche nella pronuncia in esame, la Cassazione conferma dunque che il controllo sulla psicologia della persona offesa-testimone va fatto con oculatezza, a maggior ragione nelle ipotesi in cui essa costituisce l’unico soggetto che può riferire circa il commesso reato. Peraltro, nel nostro sistema processuale manca una specifica normativa dettata a tutela della vittima-testimone, la cui posizione viene sostanzialmente equiparata a quella di qualsiasi altro teste che debba essere escusso, con eccezione – tuttavia – proprio delle regole dettate in tema di audizione del minore. Tali regole infatti limitano, in considerazione della necessità di tutelare soggetti in condizioni di maggiore debolezza psichica, il diritto al pieno contraddittorio dell’imputato che, in sede dibattimentale, trova la sua espressione nella cross-examination di ciascuna fonte di prova orale.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 novembre - 9 gennaio 2014, n. 600 Presidente Lombardi – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14/11/2012 la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato V.G. alla pena di anni due e mesi due di reclusione in relazione al reato di lesioni in danno della minore C.V. e di minacce in danno della stessa e di altri minori, i quali si erano introdotti in un locale da lui occupato per recuperare un pallone. La Corte territoriale, confermato il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'audizione di quattro testimoni, per incompatibilità con le finalità del rito, ha rilevato che la sussistenza dei reati emergeva dalle dichiarazioni dei minori presenti ai fatti, le cui discrasie attenevano a momenti non essenziali della vicenda. Con riferimento al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata ha rilevato che la pena irrogata era commisurata all'entità e al disvalore del fatto, anche in relazione alla giovane età delle persone offese. 2. Nell'interesse del V. è stato proposto ricorso per cassazione affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamentano errata applicazione della legge penale e vizi motivazionali, con riguardo all'elemento soggettivo dei reati di lesioni e di minaccia. In particolare, il ricorrente sottolinea l'assenza di prova e la conseguente assenza di motivazione in ordine alla coscienza e volontà dell'imputato di infliggere alla C. una violenza fisica, giacché il primo aveva afferrato la minore per la maglietta all'esclusivo fine di evitare che nella corsa potesse cadere sui vetri presenti pertanto, solo accidentalmente il V. le aveva procurato un graffio sulla spalla e comunque non con il coltello. Si aggiunge in ricorso che le reali intenzioni dell'imputato sono comprovate proprio dal fatto che egli aveva lasciato che la ragazza continuasse la sua corsa, laddove, se avesse inteso procurarle delle lesioni, avrebbe certo potuto giovarsi della diversa statura fisica. Con riferimento al reato di minacce, il ricorrente rileva infine che gli stessi giudici di merito avevano preso atto che il coltello del V. era parzialmente nascosto, tanto che solo alcuni dei minori presenti avevano riconosciuto l'oggetto presente nelle mani dell'uomo inoltre, secondo la sentenza di primo grado, il V. aveva continuato a minacciare i ragazzi posizionandosi di fronte a loro e dicendo che dovevano andare via, con ciò contraddittoriamente assumendo che, per un verso, li aveva invitati a lasciare la struttura e, per altro verso, che aveva loro impedito di uscire. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta inosservanza dell'art. 438, comma 5, cod. proc. pen. e manifesta illogicità dell'ordinanza del 17/06/2008, con la quale era stata rigettata la richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'audizione dei minori C. e Ca. , nonché del maresciallo D.B.A. e R.N. . Al riguardo, si osserva che l'esigua richiesta di integrazione probatoria era compatibile con le finalità di economicità del rito ed essenziale ai fini della decisione, come confermato dal fatto che, grazie all'escussione di tali testi, si era giunti all'assoluzione del V. dal reato di cui all'art. 4 L. n. 110 del 1975 e dal reato di lesioni in danno della C. . 2.3. Con il terzo motivo si lamentano errata interpretazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e vizi motivazionali, per non avere la Corte territoriale sottoposto ad un rigoroso vaglio critico le deposizioni dei minori, nonostante il contesto nel quale era maturata la vicenda, che rendeva verosimile il profilarsi di un fenomeno di suggestione. In questa prospettiva, si censura la minimizzazione operata dalla Corte territoriale in ordine alle discrasie esistenti nelle dichiarazioni testimoniali. 2.4. Con il quarto motivo, si lamentano errata interpretazione della legge penale e vizi motivazionali, in ordine al trattamento sanzionatorio, in particolare, criticando la conferma della pena irrogata dal giudice di prime cure, nonostante il ridimensionamento della portata dei fatti accertati rispetto all'imputazione, lo spirito collaborativo mostrato dall'imputato, l'assenza di profili di pericolosità sociale. Considerato in diritto 1. Il primo e il terzo motivo, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione e in quanto attinenti alla ricostruzione dei fatti, sono inammissibili. Al riguardo, occorre premettere che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità dell'imputato, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550 . Ciò posto, sia il giudice di primo grado che la Corte territoriale hanno sottolineato la coerenza e sostanziale coincidenza del racconto dei minori. Le discrasie evidenziate dalla difesa, in ordine alla localizzazione della lesione subita dalla C. che, secondo il teste D.B. , si collocava sulla spalla destra, anziché sulla sinistra, come riferito dal teste C. e in ordine alla mano con la quale l'imputato aveva impugnato il coltello mano sinistra per la teste Ca. , mano destra per il teste F. , sono state dalla sentenza impugnata spiegate, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta illogicità, come il non perfetto ricordo di aspetti non essenziali della vicenda. La spiegazione alternativa di un fenomeno di autosuggestione, prospettata dalla difesa in relazione all'improvvisa comparsa dell'imputato, la cui presenza non era immaginata dai minori, si fonda su una base meramente congetturale, insufficiente a scardinare la tenuta dell'impianto motivazionale e, in definitiva, si traduce nella pretesa, inammissibile in sede di legittimità, ad una rivisitazione delle risultanze istruttorie. Al riguardo, va ribadito che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguenza che sono inammissibili le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del materiale probatorio di recente, v. Sez. 5, n 18542 del 21/01/2011, Carene, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 19/12/2012, Consorte . Ciò detto quanto al terzo motivo, si rileva, con più specifico riferimento alle censure articolate nel primo motivo, che lo stesso limite sopra evidenziato si riscontra con riferimento alla pretesa del ricorrente di operare una diversa ricostruzione dell'episodio, sia con riguardo alla fase nella quale sono avvenute le lesioni alla C. , sia con riferimento alle minacce rivolte ai minori. In particolare, la tesi difensiva secondo cui il V. avrebbe afferrato la C. all'esclusivo fine di impedirle di cadere sui vetri presenti nel locale, oltre a non indicare in quali atti processuali si rinviene la dimostrazione della presenza di siffatta situazione di pericolo, collide con un dato che emerge dalle dichiarazioni dei ragazzi, ossia che l'imputato aveva puntato il coltello contro la spalla della minore testi F.L. e A. , R.N. la stessa C. ha ricordato che il V. aveva qualcosa in mano e con l'intero contesto che vedeva il ricorrente essenzialmente impegnato a dissuadere i ragazzi dal tornare nel locale da lui occupato. Né l'avere lasciato andare la ragazza dimostra un vizio logico nella ricostruzione operata dalla sentenza impugnata, in relazione al fine perseguito dal V. . Proprio il nucleo fondamentale della condotta di quest'ultimo, il quale ha ammesso di avere voluto rimproverare i ragazzi come si usa dalle sue parti pag. 4 della sentenza di primo grado , dimostra, per altro verso, l'evanescenza delle critiche sollevate anche in relazione al distinto episodio delle minacce, espresse sia con il coltello, che appariva ben percepibile dai giovani pag. 4 della sentenza di secondo grado , sia con le frasi pronunciate pag. 2 della sentenza di primo grado, secondo cui l'uomo aveva detto ai ragazzi che dovevano andare via da lì entro cinque minuti altrimenti avrebbe buttato una bomba . In questa prospettiva, l'intento dissuasivo che emerge dagli elementi istruttori valorizzati dalla decisione impugnata è perfettamente compatibile sul piano logico con il rimprovero operato bloccando i ragazzi e con il successivo comportamento di consentirne l'allontanamento. In definitiva, nessuna delle argomentazioni svolte nel primo motivo appare idonea ad incrinare la logicità del percorso argomentativo dei giudici di merito e le coerenti conclusioni tratte sul piano dell'inquadramento giuridico del fatto. 2. Infondato è il secondo motivo. In tema di giudizio abbreviato condizionato, la compatibilità della integrazione probatoria con le finalità di economia processuale proprie del procedimento va valutata con riferimento alla situazione esistente al momento della richiesta del rito Sez. 3, n. 7961 del 13/01/2011, Troiani, Rv. 249387 . Ora, occorre considerare che è certamente ammissibile la richiesta di giudizio abbreviato condizionata all'acquisizione della testimonianza di persone che già hanno reso sommarie informazioni nel corso delle indagini preliminari, ma sempre che l'espletamento della prova sia effettivamente utile a verificare i profili di contraddizione e gli elementi carenti della prima deposizione e che la richiesta medesima precisi la rilevanza di tali criticità ai fini della vantazione dei temi di prova riguardanti l'affermazione o l'esclusione della responsabilità, la qualificazione del titolo di reato e la sussistenza delle circostanze Sez. 1, n. 31881 del 07/06/2011, Frrokaj, Rv. 250898 . In realtà, il rito abbreviato condizionato presuppone la necessità di un'integrazione probatoria, non essendo ammissibile che attraverso la relativa richiesta si persegua in sostanza lo scopo di attivare il meccanismo del contraddittorio nella formazione della prova, in contrasto con la natura del rito speciale, normalmente indirizzato a una decisione allo stato degli atti. E la valutazione della necessità dell'integrazione probatoria nel rito abbreviato sia d'ufficio che su richiesta dell'imputato non è condizionata alla sua complessità o alla lunghezza dei tempi dell'accertamento probatorio e non si identifica con l'assoluta impossibilità di decidere o con l'incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, l'incompletezza di un'informazione probatoria in atti, dall'altro, una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il tramite dell'attività integrativa da ultimo, v. Sez. 1, n. 8082 del 11/02/2010, Visentin, Rv. 246330, in motivazione, nella quale si inoltre ribadisce che il limite naturale delle ulteriori acquisizioni probatorie è rappresentato dal fatto che esse debbano essere soltanto integrative, non sostitutive, del materiale già acquisito ed utilizzabile come base cognitiva . Ne consegue che, per l'identificazione del carattere di necessità della integrazione probatoria richiesta, debba farsi riferimento ad un titolo specifico della prova, più stringente di quello previsto dai tradizionali requisiti di pertinenza/rilevanza e non superfluità di cui all'art. 190, comma 1, cod. proc. pen., a norma del quale il giudice può escludere solo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue e irrilevanti. Il valore probante dell'elemento da acquisire, cui fa riferimento l'art. 438, comma 5, cod. proc. pen., va individuato piuttosto nell'oggettiva e sicura utilità o idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell'ambito dell'intero perimetro disegnato per l'oggetto della prova dalla disposizione generale di cui all'art. 187 cod. proc. pen Ciò posto, secondo il ricorrente proprio grazie all'escussione dibattimentale dei testi si era giunti all'assoluzione del V. dal reato di lesioni contestate in danno della minore C. e dal reato di porto di coltello fuori dalla propria abitazione. Cionondimeno, alla stregua delle risultanze di causa, non contraddette da alcuna specifica diversa deduzione del ricorrente, emerge che sia il fatto che la Ca. fosse caduta mentre si allontanava di corsa dal luogo in cui era stata minacciata, sia il fatto che il coltello non fosse stato portato fuori dal luogo abitato dal V. erano dati perfettamente chiari sin dal primo momento. Ne discende che non è dato cogliere l'indispensabilità dell'accertamento probatorio sollecitato dal ricorrente con l'audizione dei testi, cui aveva subordinato la richiesta di rito abbreviato. 3. Inammissibile è, infine, il quarto motivo, attinente alla determinazione del trattamento sanzionatorio, dal momento che i profili evidenziati dalla Corte territoriale, ossia l'entità e il disvalore del fatto, avuto anche riguardo alla giovane età delle persone offese, non appaiono scalfiti, nella loro logica idoneità a sorreggere la decisione assunta, dal generico riferimento allo spirito collaborativo del V. , tratto in arresto in flagranza di reato, e dall'assenza di profili di pericolosità sociale dell'uomo. 4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003.