Il passaggio in auto all'amico sbagliato può costare caro

La partecipazione al reato sottoforma di presenza” è punibile nei soli limiti in cui essa rappresenti, per le modalità concrete che la caratterizzano, un effettivo contributo alla commissione della fattispecie criminosa, tale da oltrepassare il limite della mera connivenza non punibile o della semplice conoscenza o adesione morale al reato.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 46488 del 21 novembre 2013. Un passaggio in auto finito male . Nel caso di specie un giovane si è prestato ad accompagnare un suo amico presso un bar non molto vicino dalla stazione ove era avvenuto l'incontro. Lungo il tragitto i due sono stati fermati da una pattuglia di polizia e sottoposti a perquisizione al cui esito è stata rinvenuta una borsa contenente circa 300 gr. di cocaina assieme ad alcune ricevute di ricarica post-pay e somme di denaro per un ammontare di oltre 7.000 euro. A quel punto il passeggero del veicolo fermato ha ammesso le proprie responsabilità, rimarcando l'estraneità ai fatti criminosi del proprio accompagnatore. Ma la procura non ha creduto alla versione degli ormai indagati, per l'effetto chiedendo per entrambi al giudice per le indagini preliminare la misura della custodia cautelare in carcere, con l'accusa di aver commesso il reato di detenzione di sostanza stupefacente art. 73 -bis del D.p.R. 309/90 . Il giudizio di gravità indiziaria . Il G.i.p. ha accolto la richiesta degli inquirenti, costringendo il difensore del conducente del mezzo all'impugnativa del provvedimento cautelare innanzi al Tribunale delle libertà ma i giudici del gravame hanno parimenti confermato la misura ritenendo verosimile la ricostruzione offerta dagli inquirenti, secondo cui i due sarebbero stati colti proprio mentre si dirigevano nel luogo deputato allo spaccio della sostanza rinvenuta a ciò si è soggiunto come non fosse stata offerta, da parte dell'indagato, una valida spiegazione in ordine al possesso dei valori che si accompagnavano alla partita di droga. La linea di confine tra concorso e connivenza non punibile . La vicenda è stata sottoposta all'attenzione dei giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi in ultima istanza sull'effettiva sussistenza, nel caso di specie, degli estremi della custodia cautelare in carcere per il giovane che - a suo dire - si era prestato a dare un passaggio in auto alla persona sbagliata, nel momento sbagliato. Secondo la difesa del ricorrente i giudici del gravame male avrebbero interpretato gli estremi fattuali della vicenda, pervenendo ad un giudizio di gravità indiziaria del tutto inconsistente in quanto fondato su meri sospetti e congetture prive di riscontro probatorio. Gli ermellini, nell'accogliere il ricorso presentato dal malcapitato, sono tornati ad occuparsi dell'annosa questione concernente la linea di confine tra concorso di persone nel reato art. 110, c.p. e mera connivenza non punibile. Sul punto la Corte ha avuto cura di rimarcare come la partecipazione nel reato ben possa manifestarsi sottoforma di mera presenza” allorché le forme che la caratterizzano siano tali da agevolare la condotta illecita del soggetto agente, anche solo assicurando al concorrente lo stimolo all'azione o a un maggior senso di sicurezza nella propria condotta”, con ciò dando dimostrazione di aderire all'altrui proposito criminoso. Tutt'altro accade nella mera connivenza” o conoscenza o adesione morale ove l'assistenza inerte e priva di iniziativa del soggetto non assurge a contributo causalmente rilevante per la commissione del crimine, restando, di conseguenza, al di fuori del perimetro della punibilità.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 – 21 novembre 2013 2013, n. 46488 Presidente Garribba – Relatore Gramendola Fatto e diritto Con ordinanza in data 4/6/2013 il Tribunale di Bologna, adito dall'indagato C.R. in sede di riesame ai sensi dell'articolo 309 cpp., confermava la misura cautelare della custodia in carcere, applicata al predetto in data 8/5/2013 dal G.I.P. in sede in ordine al reato di cui agli articolo 110 cp e 73/1 bis DPR 309/90. Il predetto era stato tratto in arresto, siccome fermato alla guida di un autovettura, il cui passeggero aveva cercato alla vista degli operanti di disfarsi di tre involucri, contenenti cocaina, che celava sulla sua persona, e occultati in una borsa, posta sui sedili posteriori venivano rinvenuti gr. 299 della medesima sostanza inoltre l'indagato veniva trovato in possesso di Euro 350, nonché di numerose ricevute di ricarica post-pay per un totale di Euro 7.290. Contro tale decisione ricorre l'indagato a mezzo del suo difensore che a sostegno dell'annullamento articola due motivi. Con il primo motivo denuncia la nullità dell'ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al giudizio di gravità indiziaria, censurando i giudici del riesame, che avevano sostenuto una tesi accusatoria fondata su meri sospetti e congetture ovvero su indizi privi di qualunque riscontro probatorio e mancanti dei requisiti della precisione, gravità e concordanza, avevano ignorato la condotta dell'indagato precedente al fermo e durante il controllo subito, la completa assunzione di responsabilità da parte del presunto complice, suo amico, in favore del quale si era prestato ospitandolo a bordo della sua auto, ignaro del contenuto della valigia da lui posseduta, l'esito negativo della perquisizione, nonché avevano omesso di motivare in maniera compiuta sulle doglianze sollevate dalla difesa e supportate dalle risultanze delle investigazioni difensive. Con il secondo motivo deduce stessi vizi di legittimità in riferimento alla valutazione delle esigenze cautelari e sostenendo che il Tribunale aveva espresso un giudizio di pericolosità e elevata probabilità di ricaduta nel reato, desunto da mere congetture e non già da elementi concreti e oggettivamente riscontrabili secondo i principi più volte affermatati dalla giurisprudenza di legittimità in materia. È fondato il primo motivo di ricorso, in esso assorbito il secondo. Ed invero gli unici elementi, valorizzati dal Tribunale a sostegno del giudizio di gravità indiziaria, appaiono consistere nella insostenibilità e inverosimiglianza del viaggio dell'indagato, che, nel prestarsi ad assistere l'amico giunto alla stazione, ospitandolo nella sua auto, anziché accompagnarlo alla più vicina pensione, lo conduce dopo un lungo percorso ad un bar, dove si trattengono per circa 5-10 minuti per prendere un caffè, nonché nel possesso di alcune ricevute di ricarica post-pay e nella insostenibilità della tesi difensiva, che fossero destinate ad un amico in difficoltà economiche. Ad avviso del Tribunale la consapevolezza in capo all'indagato della presenza della droga a bordo della sua autovettura e il contributo all'azione criminosa deriverebbe dallo scopo del viaggio al bar, che sarebbe stato dettato da motivi ben diversi dal desiderio di prendere un caffè, quanto piuttosto per incontrare qualcuno interessato all'arrivo della partita di droga, e quanto alle ricevute post-pay in difetto della prova della capacità economica dell'indagato, sarebbe ingiustificato il possesso di esse da parte dell'indagato. Entrambi gli argomenti appaiono privi di fondamento logico, laddove non specificano da quali elementi concreti si trae la convinzione che il bar fosse un luogo di smistamento della droga e lo scopo della visita fosse quello di smerciare la droga, non potendo ritenersi tali la lunga durata del viaggio e la permanenza nel bar per un tempo eccedente la consumazione di un caffè quanto ai valori posseduti non si comprende quale connessione avessero con la condotta criminosa contestata. Si ricorda in proposito che la giurisprudenza di questa Corte è ormai attestata al principio che la partecipazione nel reato può manifestarsi in forme di presenza , sempre che le stesse agevolino la condotta illecita, anche solo assicurando all'altro concorrente stimolo all'azione o a un maggior senso di sicurezza nella propria condotta, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa. Occorre insomma un contributo causale, seppure in termini minimi di facilitazione della condotta delittuosa, mentre la semplice conoscenza o anche l'adesione morale, l'assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale ex multis Cass. Sez. VI 3/6/1994 n. 9930 Rv.199162, Cass. Sez. IV 5/2/1998 n. 3924 Rv. 210638 . Si impone pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata e il rinvio al Tribunale di Bologna che nel demandato nuovo esame provveda alla eliminazione della evidenziate incongruenze motivazionali alla stregua dell'enunciato principio e nell'ovvia autonomia della valutazione di fatto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna per nuovo esame.