Incidente mortale in autostrada: l’eventuale rispetto dei limiti di velocità non esclude la colpa

Anche quando si rispetta il limite di velocità si può essere in colpa. Infatti, mantenere la velocità massima presuppone che la visuale autostradale risulti libera per un lungo tratto, in modo da permettere una tempestiva ed approfondita ispezione, assicurare un’eventuale manovra di emergenza e, in ogni caso, mantenere una distanza di sicurezza che sia ovviamente proporzionale all’elevata velocità tenuta e al corrispondente spazio di frenata necessario.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 35331/15, depositata il 24 agosto. Il caso. La Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado e giudicava colpevole un uomo per il delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione della normativa sulla circolazione stradale. Il condannato aveva, per colpa specifica, tenuto una velocità molto maggiore al limite consentito e, ad ogni modo, inadeguata al contesto e, per colpa generica, aveva violentemente tamponato un’autovettura che lo precedeva, procurando la morte della conducente a causa delle gravissime lesioni riportate. L’imputato propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivazioni. Innanzitutto si sostiene che la dinamica del sinistro sia stata ricostruita erroneamente. L’imputato ritiene di non aver potuto evitare l’impatto un’autovettura in panne si trovava nella corsia centrale dell’autostrada l’autocarro che precedeva entrambe le autovetture coinvolte nell’incidente, dopo aver avviato una manovra a sinistra, si era spostato nella corsia di destra e la vittima, a velocità ridotta, aveva cominciato a superare il mezzo fermo, occupando la corsia di destra. Nel secondo motivo il condannato sostiene che la velocità tenuta non era di 180 km/h, ma di 130 km/h, nel rispetto dei limiti. Infatti si ritiene che la maggior velocità stimata sia frutto di mere congetture – sensazione dei testimoni e risultato di accertamento tecnico non risolutivo -. Infine, nel terzo motivo si specifica che non vi era ragione per tenere una velocità inferiore al massimo consentito e per questo non si poteva addebitare l’evento all’imputato che non poteva evitarlo la visuale era coperta e non poteva fronteggiare l’improvviso rallentamento dei veicoli che lo precedevano. Nel ricorso si precisa, inoltre, che la Corte di merito non ha preso in considerazione la condotta colposa della vittima e non ha dimostrato che, pur ammettendo una velocità maggiore al limite, a 130 km/h l’incidente sarebbe stato evitato. Ampiamente provata la velocità oltre i limiti consentiti. La Corte ritiene il ricorso infondato i motivi propongono una versione dell’incidente totalmente congetturale che la rende priva di richiami processuali e sfornita di apprezzabile specificità. La Cassazione infatti reputa la motivazione dei giudici di merito logica e coerente. Il fatto che l’imputato, alla guida della potente autovettura, marciasse a velocità palesemente eccessiva risulta ampiamente dimostrato sia dalle risultanze univoche dell’accertamento tecnico che dalle dichiarazioni testimoniali e dalle impressionanti conseguenze procurate dall’impatto. Risulta provata anche la circostanza per cui se l’imputato avesse tenuto il massimo della velocità astrattamente consentita l’urto sarebbe stato evitato o, comunque, avrebbe avuto conseguenze assai minori. E se i limiti di velocità fossero rispettati? La Corte, nonostante ritenga i motivi di ricorso infondati, si concede a un ragionamento puramente teorico. Sottolinea, infatti, che, anche se l’imputato marciasse alla velocità massima, sarebbe comunque in colpa. Infatti una tale velocità presuppone che la visuale autostradale sia libera per un lungo tratto, in modo da permettere una tempestiva ed approfondita ispezione, assicurare un’eventuale manovra di emergenza e, in ogni caso, mantenere una distanza di sicurezza che sia ovviamente proporzionale all’elevata velocità tenuta e al corrispondente spazio di frenata necessario.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 giugno – 24 agosto 2015, numero 35331 Presidente Zecca – Relatore Grasso Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 5/12/2013, confermò la sentenza emessa dal Tribunale di Bologna, Sezione Distaccata di Imola, in data 7/3/2005, con la quale P.D.B. , giudicato colpevole del delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa sulla circolazione stradale, ai danni di T.O. , era stato condannato alla pena stimata di giustizia, nonché a risarcire il danno procurato alle parti civili, da liquidarsi in separata sede, ponendo a carico del medesimo imputato le provvisionali di cui in dispositivo. In particolare si rimproverava al ricorrente, alla guida di un'autovettura Mercedes, di avere, per colpa specifica, consistita nell'aver tenuto velocità ben al di sopra del massimo consentito e, comunque, inadeguata in relazione al contesto, oltre che per colpa generica, violentemente tamponato l'autovettura Punto Fiat condotta dalla vittima, che lo precedeva procedendo nella terza corsia dell'autostrada , all'altezza di senso di marcia in direzione Nord , la quale, a velocità ridotta, aveva evitato autovettura ferma per incidente, così procurando la morte della conducente della Punto, a cagione delle gravissime lesioni riportate. 2. L'imputato propone ricorso per cassazione corredato da tre censure, denunzianti vizio motivazionale in questa sede rilevabile e violazione di legge, in ordine ai seguenti profili. a La Corte di merito aveva errato e violato l'articolo 192, cod. proc. penumero , nel ricostruire la dinamica del sinistro gli accadimenti erano stati tali che l'imputato non avrebbe potuto evitare l'impatto l'autovettura in panne si era appena fermata all'interno della corsia centrale, tanto che il conducente stava proprio in quegli istanti uscendo dal mezzo l'autocarro del tipo bisarca che precedeva entrambe le autovetture coinvolte nel mortale incidente, dopo aver avviato una manovra di scarto a sinistra, si era, immediatamente dopo, spostato nella corsia di destra e l'autovettura condotta dalla vittima, a velocità ridotta aveva iniziato a superare il mezzo fermo, occupando la corsia di sinistra. b Non era vero essere rimasto provato che il P. teneva velocità di circa 180 Kmh, ma di 130 Kmh, nel rispetto, quindi, del massimo consentito. La maggiore velocità stimata era solo frutto di mere congetture le sensazioni dei testimoni e il risultato di accertamento tecnico non risolutivo quanto, poi, ai danni procurati, certamente gravi, a cagione della differenza di massa e potenza fra i due mezzi, doveva escludersi che fossero rimasti i segni della maggiore ipotizzata velocità sulle carrozzerie vero e proprio sfrangiamento delle lamiere . c All'imputato, il quale non aveva ragione alcuna per tenere velocità inferiore al massimo consentito, non avrebbe potuto addebitarsi l'evento, per lui inevitabile, in quanto aveva la visuale coperta e non avrebbe potuto in alcun modo fronteggiare l'improvviso rallentamento dei veicoli che lo precedevano. In ogni caso, la Corte di merito non aveva preso in considerazione la condotta colposa della vittima. Infine, era rimasto non dimostrato che, pur ad ammettere che l'imputato avesse tenuto velocità maggiore del consentito, procedendo a 130 Kmh avrebbe evitato l'incidente. Considerato in diritto 3. Il ricorso deve essere disatteso. 3.1. I sintetizzati motivi, osmotici fra loro, propongono una versione congetturale, secondo la quale l'incidente era da ritenersi indipendente dalla condotta dell'imputato. Per disattendere la censura basterebbe affermare, appunto, la congetturalità dell'asserto, del tutto privo di richiami processuali che lo rendano minimamente plausibile e sfornito di apprezzabile specificità. Peraltro, la Corte di merito, richiamando e condividendo pertinentemente la sentenza di primo grado non v'è dubbio, infatti, che le argomentazioni del Tribunale, note alla Corte d'appello e all'imputato e dalla seconda evocate, coerenti con il percorso logico del secondo giudice, integrino la motivazione di quest'ultimo - cfr. a riguardo della motivazione per relationem, Sez. II, 17/2/2009, numero 11077 - , ha smentito, senza che il ricorso si mostri in grado di disarticolare il ragionamento motivazionale, con piena concludenza logica le affermazioni oggi ribadite dal ricorrente, senza apporto di profili di novità. Invero, la circostanza che il P. , alla guida della potente autovettura, marciasse a velocità manifestamente eccessiva risulta ampiamente dimostrato, oltre che dalle risultanze univoche dell'accertamento tecnico, corroborato dalle dichiarazioni testimoniali, anche dall'impressionante conseguenze procurate nell'impatto l'autovettura dell'imputato andò ad incastrarsi fino ai sedili anteriori di quella tamponata, la quale, indi, veniva proiettata per aria e sospinta contro il guard-rail, con numerosi carambola menti . A riguardo degli apprezzamenti di circostanze di comune percezione da parte di testimoni non sussistono divieti probatori di sorta, quanto la necessità, peraltro comune nel vaglio delle prove dichiarative, di accertarne l'affidabilità cfr., sul punto, Cass., Sez. 4, numero 6085 del 31/1/1974, dep. 23/9/1974, Rv. 12799, tuttavia, non smentita da successive pronunce . Affidabilità che, nel caso di specie, non par dubbia, trattandosi di percezioni provenienti da soggetti a loro volta in movimento, con piena conoscenza della velocità da loro tenuta, quindi ben in condizione di cogliere lo scarto. È del pari rimasto provato che ove il P. avesse tenuto anche il massimo della velocità astrattamente consentita l'urto sarebbe sto evitato o, comunque, avrebbe avuto conseguenze assai minori sul punto la censura è, come si è anticipato, del tutto generica . Peraltro, a voler concedere, per mera comodità argomentativa, che l'imputato marciasse alla velocità di 130 Kmh, non è dubbio che lo stesso fosse in colpa, in quanto una tale velocità massima, presuppone che la visuale autostradale risulti libera per un assai lungo tratto, così da permetterne tempestiva ed esaustiva ispezione, e, comunque, in modo tale da assicurare eventuale manovra di emergenza e, in ogni caso, mantenimento della distanza di sicurezza, ovviamente proporzionale all'elevata velocità tenuta e al corrispondente necessario spazio di frenata. Infine, correttamente, la Corte di Bologna ha escluso qualsivoglia colpa della vittima, la quale, diligentemente e prudentemente, trovatasi davanti l'improvviso ostacolo, costituito dall'autovettura fermatasi, l'aveva superata occupando l'unica corsia libera quella di sinistra . Le conclusioni di cui sopra sono il frutto di un vaglio probatorio puntuale e logicamente apprezzabile, rimasto, come si è detto, non contrastato. 4. l'epilogo impone condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.