Induce un anziano incapace a scrivere un testamento: oltre alla sostanza, occhio allo stile

La fattispecie dell’articolo 643 c.p. circonvenzione di persone incapaci è un reato di pericolo, e con evento naturalistico, per cui non occorre che l’evento dannoso derivi dall’atto come sua conseguenza giuridica immediata, essendo, invece, sufficiente che l’atto compiuto sia idoneo ad ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che l’ha posto in essere.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 29632, depositata l’8 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Milano condannava un’imputata per il reato disciplinato dall’articolo 643 c.p. circonvenzione di persone incapaci . La donna ricorreva in Cassazione, deducendo il vizio di motivazione e contestando ai giudici di merito di aver trascurato alcuni elementi di prova a suo favore, enfatizzandone, invece, altri da cui avrebbero tratto la conclusione arbitraria che l’imputata si sarebbe subdolamente sostituita, nella vita dell’anziana parte offesa, alla figura della moglie deceduta. In questo modo lo avrebbe indotto a fare testamento in suo favore, dopo aver tentato di indurlo a smobilizzare il patrimonio in suo favore e ad intestarle la proprietà dell’appartamento, in cui la vittima viveva con la donna, che lavorava come collaboratrice domestica. Gli elementi costitutivi del reato. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, ai fini dell’integrazione dell’elemento materiale del delitto di circonvenzione di incapace, devono concorrere la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo in ordine ai suoi interessi patrimoniali, l’induzione a compiere un atto che comporti effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura consistendo in un’apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga in rapporto di causa-effetto con l’atto dispositivo compiuto , l’abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, sfruttato dall’agente per conseguire il suo profitto. Comportamento potenzialmente pregiudizievole. Se la persona offesa si trova in una situazione di possibile inabilitazione a causa di condizioni psichiche talmente precarie da privarla della capacità di discernimento ed autodeterminazione, la prova dell’induzione può essere desunta in via presuntiva. Può consistere, infatti, in un qualsiasi comportamento dell’agente, cui la vittima non sia in grado di opporsi e che la porti a compiere in favore del reo atti di per sé pregiudizievoli e privi di causale alcuna, che in condizioni normali non avrebbe compiuto. Reato di pericolo. Inoltre, la fattispecie dell’articolo 643 c.p. è un reato di pericolo, e con evento naturalistico, per cui non occorre che l’evento dannoso derivi dall’atto come sua conseguenza giuridica immediata, essendo, invece, sufficiente che l’atto compiuto sia idoneo ad ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che l’ha posto in essere. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente motivato sulla condizione di infermità e deficienza psichica della vittima, sulla condotta induttiva dell’imputata, che aveva ottenuto il controllo della persona, tanto da convincerla a farsi assistere da due avvocati presentati proprio da lei quando la vittima, imprenditrice, era solita consultarsi con vari legali di sua fiducia . In più, il testamento presentava una forma ed uno stile inconciliabili con quelli della persona offesa. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 7 marzo – 8 luglio 2014, numero 29632 Presidente Petti – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza dell'8.5.2013, il Tribunale di Milano dichiarò B.M.A. responsabile dei reati di cui agli articolo 81, 56, 643 c.p. e 643 c.p. a lei ascritti al capo a , ad esclusione dell'episodio del 25.7.2007, e al capo b , e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione - concesse le attenuanti generiche - la condannò alla pena di anni due di reclusione ed Euro 300,00 di multa. Avverso tale pronunzia propose gravame l'imputata, e la Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 24.4.2013, confermava la decisione di primo grado. Ricorre per cassazione l'imputata, deducendo, l'omessa e illogica motivazione della sentenza ai sensi dell'articolo 606 lett. e c.p.p., in relazione A , alla fattispecie di tentativo di circonvenzione di cui al capo a , e in particolare a A1 . L'incontro presso il commercialista G. omessa e illogica motivazione circa l'idoneità e univocità della condotta dell'imputata . La presenza della B. in quell'occasione non destò alcun sospetto nel Dott. G. , che non ebbe a rilevare alcuna forma di controllo psicologico da parte dell'imputata nella lettera inviata dal commercialista ai soci, gli stessi venivano informati di quali sarebbero state le formule migliori per far fuoriuscire il bene della società ed intestarlo come bene personale del commendatore R. , ma non dell'intenzione dello stesso di intestare il bene alla B. , cosa che - se veramente negli intenti della parte offesa - sarebbe stata certamente comunicata. Né dal tenore della lettera può altrimenti arguirsi. La non idoneità della richiesta del R. ove mai tale richiesta ci fosse stata a realizzare la fuoriuscita del bene dalla società è poi indiscutibile e discende dal carattere meramente colloquiale dell'incontro, dalla qualità di mero consulente dell'interlocutore, dalla necessità del consenso all'operazione da parte di altri soggetti. Il requisito della idoneità e quello della non equivocità degli atti andrebbe in verità riscontrato nella condotta dell'agente, ovverosia dell'imputata e non in quella della presunta vittima. E manca nella motivazione qualsivoglia riferimento alla condotta idonea e inequivoca dell'imputata. A2 . L'episodio della banca Ubi omessa e illogica motivazione circa l'elemento dell'evento dannoso . La Corte ha errato nel ritenere che il R. dispose del proprio patrimonio, allorché domandava e si interessava dei propri fondi. Del resto, forti sono i dubbi che il R. abbia manifestato anche solo oralmente la propria intenzione di svincolare la somma di 500 mila Euro. D'altra parte in altri occasioni, lo stesso R. ha dato ordine scritto per il disinvestimento di somme, lasciando poi il netto ricavo sul suo conto, senza giralo a chicchessia, men che meno alla signora B. . È poi certo che l'imputata non partecipò mai ad alcun colloquio tra R.S. ed i funzionari della Banca, segnatamente il signor Ba. , o che abbia mai insistito per essere presente. L'imputata aveva da anni un conto acceso presso la medesima banca ove le veniva accreditato lo stipendio e ove provvedeva a versare i soldi che il R. le dava in contanti va quindi escluso che la stessa avesse aperto il conto al fine di vedervi confluire il netto ricavo proveniente dal disinvestimento dei titoli. Risulta, poi, provata la totale inerzia dell'imputata in tutte le circostanze in questione. B l'ipotesi di circonvenzione di incapace consumata di cui al capo b - il testamento illogicità della motivazione nella parte in cui riferisce il testamento all'imputata . La Corte ricava l'assunto secondo cui il testamento non possa essere ricondotto alla volontà del R. da tre elementi errori di grammatica, estraneità di certe espressioni alla tradizione linguistica italiana, mancanza della forma di atto pubblico , ma tutti gli elementi sono insufficienti, incoerenti e illogici. Per quanto riguarda la data del testamento, a fronte di una totale carenza della prova circa la falsità della data riportata sul testamento e sulla busta scritte dal R. , diversi sono gli elementi deponenti per la veridicità della datazione in questione, elementi completamente trascurati dalla sentenza. L'affermazione che il testamento sia stato redatto nel 2007, perché è proprio in quei due mesi del 2007 che la B. avrebbe tentato di tutto per impossessarsi del patrimonio del R. , parte dal presupposto erroneo della sussistenza dei tentativi contestati al capo a . Invero, non vi è alcun valido elemento di prova che possa consentire di affermare che il testamento non sia stato redatto nel luglio 2006, periodo in cui la parte offesa era, anche a detta delle parti civili, perfettamente compos sui . C . Le condizioni psico-fisiche del R. . L'affermazione con la quale la sentenza ritiene di riscontrare in R.S. , nell'anno 2007, quelle condizioni di deficienza psichica che l'articolo 643 c.p. pone come presupposto per la configurazione del reato, si basa su tre elementi, e cioè sulle risultanze della documentazione medica, sulla nomina di un amministratore di sostegno, sui racconti dei conoscenti. Ma, per quanto riguarda le risultanze mediche, la Corte non ha tenuto conto dei rilievi difensivi sull'attendibilità del Dott. O. e della Dott.ssa C. , mentre ha letteralmente scartato le testimonianze della psichiatra Dott.ssa Gh. e del medico curante Dott.ssa L.G. , le quali hanno concordato sulla sussistenza della capacità di autodeterminazione del R. nell'anno 2007. Non ha poi tenuto conto del fatto che il giudice tutelare, al momento della nomina dell'amministratore di sostegno, non aveva privato il R. della facoltà di testare e neppure di quanto riferito dallo stesso amministratore di sostegno, avv. Ga. , che descrive la parte offesa come un uomo garbato ed elegante , con una gran voglia di non mollare , e quindi come persona non facilmente circonvenibile. D . L'intervento suggestivo dell'agente Illogicità e insufficienza della motivazione . La Corte d'Appello ha riconosciuto nell'imputata una condotta volta a suggestionare il R. e ne ha descritto gli elementi rivelatori, individuandoli nel fatto che la B. indossasse i pantaloni e i pantaloncini corti a fronte del divieto da sempre imposto dalla parte offesa a moglie e figlia di indossare tali indumenti, dalla circostanza che la B. si vestisse con gli abiti della defunta moglie, e dal fatto che i due dormissero nello stesso letto, senza tenere conto delle circostanze di fatto emerse nel corso del dibattimento in particolare che la B. aveva una propria stanza nell'appartamento di via omissis e non vi è alcuna prova che dormisse nella stanza della parte offesa, mentre quanto accaduto nell'estate del 2006 nel corso di una vacanza del R. peraltro con il figlio e altri amici all'Hotel , allorché alla B. fu detto di alloggiare nella stessa stanza del R. , è circostanza eccezionale imprevista e affatto imputabile alla B. , dalle quali non è possibile arguire la pretesa sovrapposizione alla figura della moglie da parte della B. . Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Con memoria pervenuta il 21.2.2014, il difensore delle parti civili R.L.A. e R.E. , avv. Claudio Zadra, confuta punto per punto le deduzioni difensive e chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Motivi della decisione 1. Con un unico motivo di ricorso, illustrato con ampie argomentazioni articolate in diversi paragrafi e sottoparagrafi, il difensore di B.M.A. ha dedotto il vizio di motivazione della sentenza in ordine alla ritenuta responsabilità dell'imputata per i reati di circonvenzione di incapace come alla stessa contestati, attesa la mancanza e illogicità delle argomentazioni al riguardo sviluppate. In sostanza, il ricorrente si duole del fatto che la Corte abbia trascurato alcuni elementi di prova a favore dell'imputata enfatizzandone altri da cui ha tratto del tutto arbitrariamente la conclusione che la B. si fosse subdolamente sostituita, nella vita dell'anziana parte offesa, alla figura della moglie deceduta e quindi l'avesse indotto a fare testamento a suo favore, dopo aver più volte tentato di indurlo a smobilizzare l'ingente patrimonio a suo favore e ad intestarle la proprietà dell'appartamento, in cui il R. viveva ormai da qualche anno con la stessa B. , in quanto collaboratrice domestica. In particolare, lamenta il ricorrente che le dichiarazioni delle dottoresse Gh. e L. circa la capacità del R. siano state erroneamente svalutate e non tenute in debito conto, e siano state ritenute come prova della circonvenzione consumata alcuni errori nella redazione del testamento olografo, e di quella tentata la presenza - sempre discreta della B. - a fianco del R. nei colloqui con il commercialista o con il direttore della banca, mentre tali elementi - per la loro incertezza ed equivocità - erano semmai meri indizi senza carattere esaustivo, mentre mancava del tutto la prova dell'attività induttiva da parte dell'imputata. Le doglianze difensive sono prive di consistenza e formulate in termini di una inammissibile richiesta di rivalutazione di fatti. Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione da parte del ricorrente di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenuta più adeguata Cass., Sez. unumero , 2 luglio 1997, Dessimone questo valendo, in particolare, relativamente alla valutazione sull'attendibilità e valenza dei mezzi di prova posti a fondamento della decisione. È il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità dell'imputata per i reati come alla stessa contestati. In una tale prospettiva, la decisione gravata sfugge a qualsivoglia censura di illogicità, non palesandosi, in particolare, alcun passaggio ex se contraddittorio o alcun elemento di prova che si presenti slegato o non coordinato rispetto agli altri ovvero disancorato dal contesto complessivo. Cosicché le doglianze dei ricorrenti, laddove censurano la congruità dell'argomentare del giudicante, non possono trovare accoglimento, perché presupporrebbero una rinnovazione complessiva di tutto il materiale probatorio, qui non consentita. 2. Ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del delitto di circonvenzione di incapace, devono concorrere a la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo minore, infermo psichico e deficiente psichico in ordine ai suoi interessi patrimoniali b l'induzione a compiere un atto che comporti, per il soggetto passivo e/o per terzi, effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura, che deve consistere in un'apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga, in relazione all'atto dispositivo compiuto, in rapporto di causa ad effetto c l'abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, che si verifica quando l'agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il fine di procurare a sé o ad altri un profitto Cass. Sez. II, Sent. numero 39144/2013 Rv. 257068 . Quando la persona offesa si trovi nella situazione di poter essere inabilitata a causa di condizioni psichiche così precarie da privarla gravemente della capacità di discernimento e di autodeterminazione, la prova dell'induzione può poi essere desunta in via presuntiva, potendo consistere in un qualsiasi comportamento dell'agente cui la vittima non sia in grado di opporsi e che la porti a compiere in favore dell'autore del reato atti per sé pregiudizievoli e privi di causale alcuna, che in condizioni normali non avrebbe compiuto Cass. Sez. II, Sent. numero 4816/2010 Rv. 246279 . Essendo la circonvenzione di cui all'articolo 643 c.p. reato di pericolo, e con evento naturalistico, non occorre infine che l'evento dannoso derivi dall'atto come sua conseguenza giuridica immediata, ma è sufficiente che l'atto compiuto sia idoneo a ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che l'ha posto in essere Cass. Sez. III, Sent. numero 48537/2004 Rv. 230488 . 3. Tanto premesso, giova evidenziare che la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza dei reati come contestati all'imputata in piena conformità ai principi di diritto sopra indicati, e - richiamando anche la conforme decisione di primo grado - ha sottoposto ad adeguata analisi logica tutte le risultanze processuali ed ha congruamente motivato sia in relazione alla condizione di infermità e deficienza psichica del R. conferendo maggior attendibilità alla valutazione compiuta dal Dott. O. e dalla Dott.ssa C. circa , rispetto a quella svolta dalla Dott.ssa Gh. , in quanto quest'ultima era carente di esami diagnostici e somministrazioni di test v. pag. 8 della sentenza impugnata e la diagnosi conclusiva dei due specialisti risulta supportata dalle altre deposizioni testimoniali raccolte nel corso dell'istruttoria v. pag. 18 della sentenza di primo grado , sia in ordine alla condotta induttiva della B. , che continuava a insinuarsi nella vita del R. v. pag. 11 della sentenza impugnata , ed era riuscita progressivamente ad impadronirsi della vita dello stesso v. pag. 21 della sentenza di primo grado , e ad averne l'assoluto controllo, tanto è vero che era riuscita anche a convincerlo a farsi assistere da due avvocati da essa conosciuti e presentati. A tale riguardo, osserva la Corte che è un dato di fatto indiscutibile che sia stata l'imputata a procurare gli avvocati R. v. pag. 12 , circostanza questa di assoluta anomalia in considerazione delle condizioni economiche e di vita di R.S. , persona facoltosa e autoritaria, che aveva creato da solo un'impresa facendosi largo e conquistando una posizione nel mondo degli affari , e che era abituata a consultarsi con vari legali e commercialisti di sua fiducia per il miglior assetto del suo patrimonio v. pag. 13 . Circa il testamento, rileva infine la Corte territoriale che chiunque legga il testamento rimane allibito dalla forma utilizzata per esprimere delle semplici, elementari ultime volontà un terzo del patrimonio a ciascuno dei miei figli e alla mia badante. E invece contiene errori di grammatica e sintassi inconcepibili anche per chi non aveva completato la scolarizzazione, ha espressioni assolutamente estranee alla tradizione linguistica italiana e tipiche della lingua inglese v. pag. 13 della sentenza impugnata . E il R. , come da tutti riferito, pur avendo una modesta scolarità, era persona raffinata ed elegante, abituata a curare l'immagine e a frequentazioni di livello alto non era certo un ignorante e la scrittura era sempre stata padroneggiata v. pag. 24 della sentenza di primo grado . Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa v. Corte Cost. sent. numero 186/2000 , nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalle parti civili costituite R.L.A. e R.E. , liquidate in Euro 4000,00 oltre accessori come per legge al comune difensore. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalle parti civili costituite R.L.A. e R.E. , liquidate in Euro 4000,00 oltre accessori come per legge al comune difensore.