Nullo l’avviso di accertamento per relationem alla moglie del socio

La Cassazione, nel ribadire la validità dell’avviso d'accertamento al socio per fatti imputabili alla società, osserva che tale assunto non è valido laddove la notifica sia fatta anche alla moglie se questa non possedeva partecipazioni societarie.

La fattispecie. Il socio non può contestare la nullità dell’avviso di accertamento con il quale gli vengono contestate le imposte conseguenti a maggiori redditi da partecipazione per il solo fatto che all’atto non è allegato il verbale della Guardia di Finanza relativo alla società. Nella sua qualità di socio si presume, infatti, che egli sia, o possa essere, a conoscenza delle contestazioni imputate all’ente. La moglie non detiene alcuna quota societaria? Diversamente si deve ragionare con riferimento alla moglie del socio. Se è vero, infatti che, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi ciascuno dei coniugi può autonomamente impugnare l’avviso di accertamento, è altrettanto vero che la moglie che non detenga quote nella società partecipata dal marito, non è tenuta a conoscere gli atti notificati all’ente. Questo, in sintesi, il principale contenuto dell’ordinanza della Corte di Cassazione, n. 18593, depositata il 2 agosto 2013. Non è tenuta a conoscere gli atti notificati alla società del marito. Secondo la Suprema Corte, l’obbligo di rendere note le pretese fiscali al contribuente è pienamente assolto laddove l’avviso di accertamento faccia riferimento a quello relativo alla società, dal momento che il socio ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e quindi di prendere visione sia dell’accertamento presupposto che dei documenti richiamati a fondamento del medesimo . Nel caso della coniuge del socio, per la quale non sia dimostrata la partecipazione societaria, non esiste, invece, questo requisito, e viene dunque a mancare il fondamentale presupposto che gli atti notificati alla società si presumono conosciuti o conoscibili da parte dei soci . Per questo motivo nel fatto di causa sono state respinte le censure del socio, mentre sono state accolte quelle della di lui moglie, non essendo stato ritenuto valido l’avviso di accertamento notificatole. fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 26 giugno – 2 agosto 2013, n. 18593 Presidente Cicala – Relatore Cosentino Fatto e diritto I coniugi G.M. e D.S.C. ricorrono contro l'Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, riformando la sentenza di primo grado, ha respinto il loro ricorso avverso un avviso di accertamento IRPEF di rettifica del reddito da partecipazione percepito dal sig. G. nell'anno 1991. Detto avviso si fondava su un accertamento di maggiori ricavi della società Cooperativa Agricola Saggese a r.l., di cui il G. era socio, e sulla presunzione di distribuzione dei conseguenti maggiori utili tra alcuni soci della cooperativa, tra i quali il medesimo G., che avrebbero costituito tra di loro una società occulta. Il ricorso si fonda su due motivi. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa disattendendo la doglianza dei contribuenti relativa alla nullità dell'impugnato avviso di accertamento per carenza di motivazione e per omessa allegazione del verbale della Guardia di Finanza sul quale si fondava l'avviso di accertamento nei confronti della Cooperativa presupposto di quello emesso nei confronti dei contribuenti e oggetto dell'odierno giudizio . Con il secondo motivo si denuncia il vizio di omessa motivazione circa il punto decisivo della controversia relativo alla presunta costituzione di una società occulta tra alcuni soci della Cooperativa Saggese. L'Agenzia delle entrate non si è costituita. All'esito del deposito della relazione ex art. 384 c.p.c. la causa è stata discussa nell'adunanza in camera di consiglio del 26.6.13, per la quale la parte ricorrente ha depositato memoria. Quanto al primo motivo, si rileva che la Commissione Tributaria Regionale ha motivato la sua decisione negando che l'Ufficio fosse tenuto ad allegare all'avviso di accertamento rivolto ai soci copia dell'avviso di accertamento rivolto alla società e del verbale della Guardia di Finanza su cui quest'ultimo si fondava , giacché detti atti erano stati notificati alla società e, pertanto, i soci potevano prenderne visione. Tale motivazione si fonda su un principio di diritto di indubbia esattezza, in quanto questa Corte ha reiteratamente affermato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'obbligo di porre il contribuente in condizione di conoscere le ragioni dalle quali deriva la pretesa fiscale, stabilito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 nel testo anteriore alle modifiche recate dal d.lgs. n. 32 del 2001, art. 1 è soddisfatto dall'avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii per relationem a quello relativo ai redditi della società, solo a quest'ultima notificato ciò perché il socio ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e quindi di prendere visione sia dell'accertamento presupposto che dei documenti richiamati a fondamento del medesimo, ovvero di rilevarne l'omessa comunicazione e, d'altra parte, l'obbligo di motivazione degli atti di accertamento può essere assolto dall'amministrazione finanziaria anche mediante il riferimento a elementi di fatto offerti da documenti che siano nella conoscibilità del destinatario così sentt. 8407/02, 4749/06, 1952/08 . La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia - mentre ha correttamente applicato il suddetto principio di diritto con riferimento alla posizione del contribuente G., risultando dalla sentenza che quest'ultimo era socio e vice presidente della Cooperativa Saggese - è incorsa nel vizio di falsa applicazione del principio stesso con riferimento alla contribuente D.S., giacché nella sentenza gravata non c'è alcun accertamento della circostanza che costei fosse socia della Cooperativa Saggese nella parte motiva di tale sentenza, infatti, si riferisce che l'accertamento del maggior reddito da capitale per L. 155.374.000 riguardava il G Al riguardo giova evidenziare che nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. di parte ricorrente depositata si chiarisce che la sig.ra D. S. aveva ricevuto l'impugnato avviso di accertamento in quanto coniuge dichiarante di G.M. e non in quanto essa stessa percettrice di redditi da partecipazione dalla Cooperativa Saggese la sua legittimazione nel presente giudizio discende dunque dal principio per il quale - nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi ai sensi della L. n. 114 del 1977, art. 17 - la moglie può autonomamente impugnare l'avviso di accertamento di redditi, anche mediante l'impugnazione dell'avviso di mora a lei rivolto vedi Cass. 19896/06, Cass. 7906/07, Cass. 20857/10. La censura di falsa applicazione di legge di cui al primo mezzo di ricorso deve dunque essere respinta con riferimento alla statuizione resa dalla sentenza gravata sulla posizione del contribuente G., mentre va accolta limitatamente alla statuizione della sentenza gravata che ha rigettato il ricorso avverso l'atto impositivo proposto dalla contribuente D.S., giacché per quest'ultima il giudice di merito, non avendone accertato la qualità di socia della Cooperativa Saggese, ha falsamente applicato il principio per cui gli atti notificati alla società si presumono conosciuti o conoscibili da parte dei soci. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l'omessa motivazione della sentenza gravata sulle doglianze dei ricorrenti in merito all'operato dell'Ufficio pag. 5 del ricorso , doglianze concernenti a l'omessa considerazione, da parte dell'Ufficio, che l'accordo documentato dalla scrittura privata posta a fondamento dell'accertamento, intitolata Norme attuative per il buon andamento societario , non aveva avuto attuazione. b L'atteggiamento poco ortodosso così a pag. 5 del ricorso, quintultimo rigo tenuto dall'Ufficio trascurando la portata di alcune delle clausole contenute nella suddetta scrittura. Il motivo è inammissibile, perché si sostanzia in una censura di omessa motivazione su deduzioni di fatto che in ricorso non si precisa, come imposto dall'art. 366 c.p.c., n. 6, se, ed i quali termini, i contribuenti abbiano svolto nel ricorso introduttivo in primo grado e reiterato nell'atto di costituzione in appello. Al riguardo il Collegio osserva che il rilievo, sottolineato a pag. 3 della memoria dei ricorrenti, della mancata attuazione dell'accordo di cui alla scrittura privata posta a base degli accertamenti della Guardia di Finanza non emerge dalla sentenza gravata cosicchè sarebbe stato onere del ricorrente precisare nel ricorso, in osservanza dell'onere di autosufficienza di cui all'art. 366 c.p.c., n. 4, in quali parti del ricorso introduttivo di primo grado e dell'atto di costituzione in appello tale circostanza sia stata dedotta. In definitiva, essendo il secondo motivo inammissibile ed il primo motivo infondato con riferimento alla posizione del ricorrente G. e fondato con riferimento alla posizione della ricorrente D.S., il ricorso va respinto con riferimento alla posizione G. e va accolto con riferimento alla posizione D.S. per l'effetto, la sentenza gravata va cassata limitatamente alla statuizione di rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla sig.ra D.S. avverso l'atto impositivo. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - giacché risulta dalla sentenza gravata che l'avviso di accertamento era motivato per relationem ad atti notificati alla società ma non allegati all'avviso medesimo - si deve pronunciare decisione di merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, ed accogliere il ricorso introduttivo proposto dalla sig.ra D.S Poiché l'Agenzia delle entrate non si è costituita in sede di legittimità, non vi è luogo a regolazione delle spese del giudizio di legittimità per quanto concerne il sig. G. per quanto invece concerne la sig.ra D.S., si dichiarano irripetibili le spese del giudizio di legittimità e si compensano quelle dei gradi di merito. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso proposto da G.M. e accoglie il primo motivo del ricorso proposto da D.C. S. per l'effetto, cassa la sentenza gravata limitatamente alla statuizione di rigetto del ricorso introduttivo della sig.ra D. S. e, decidendo nel merito, annulla l'atto impositivo limitatamente alla posizione di costei. Dichiara irripetibili le spese sostenute dalla sig.ra D.S. per il giudizio di cassazione e compensa interamente le spese delle fasi di merito tra costei e l'Agenzia delle entrate.