Misure cautelari applicate dall’Amministrazione a tutela del credito, si può fare?

La palla passa alle Sezioni Unite, che dovranno decidere se una volta annullato l’atto impositivo, con sentenza non definitiva, l’Amministrazione sia ancora legittimata ad applicare misure cautelari a tutela dell’asserito credito.

Il caso. Secondo quanto emerge dall’ordinanza interlocutoria numero 14849/14 della Corte di Cassazione, depositata il 30 giugno scorso, l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto all’iscrizione a ruolo straordinario e all’emissione della conseguente cartella dopo che l’avviso di accertamento era stato annullato dalla competente CTP. Quest’ultima pronuncia era stata confermata dalla CTR con altra sentenza, a sua volta annullata dalla Cassazione. Viene meno il titolo su cui si fonda la ragione del credito. Nell’ordinanza in commento, il Relatore ha evidenziato che, come già affermato dalla S.C. con la sentenza numero 20526/2006, «la sentenza che accoglie il ricorso del contribuente e annulla l’atto impositivo priva, sia pure non in via definitiva, del supporto di un atto amministrativo legittimante la pretesa tributaria, che non può formare oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria». In pratica, viene meno il titolo su cui si fonda la ragione del credito. Le parti devono essere collocate in «condizioni di parità». Bisogna tener conto, inoltre, sempre secondo il Relatore, che la legge vuole che la situazione patrimoniale del contribuente non venga pregiudicata da un atto amministrativo che il giudice competente ha valutato illegittimo. Da ciò consegue che la “reiscrizione” del credito in un ruolo straordinario non ha alcuna legittimazione. Nell’ambito del processo, infatti, le parti devono essere collocate in «condizioni di parità». E poi, continua il Relatore, tale iscrizione in ruolo straordinaria è di dubbia utilità «quando il debitore tributario» – come nella fattispecie - «sia stato dichiarato fallito, e dunque il credito dell’Amministrazione debba essere comunque soddisfatto nell’ambito della procedura concorsuale ad opera del curatore, con le modalità ed i limiti posti dalla legge fallimentare». Certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato? D’altro canto, però, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità Cass., numero 7320/2014 , il fermo del pagamento dei crediti articolo 69 r.d. numero 2440/1923 ha portata generale e mira a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato, in quanto costituisce espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione. Si tratta di un principio –secondo cui «la pronuncia non passata in giudicato che accerti l’illegittimità di un avviso di accertamento non travolge tutti gli effetti dell’avviso stesso ma lascia in piedi la possibilità di misure cautelari a tutela del possibile credito erariale» - contrario a quello espresso precedentemente dalla Corte Suprema. Per questo motivo, con l’ordinanza interlocutoria numero 14849, la controversia è stata rimessa al Primo Presidente affinché valuti l’opportunità di devolvere la questione alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza interlocutoria 2 aprile – 30 giugno 2014, numero 14849 Presidente/Relatore Cicala Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata la seguente relazione 1. La Nylstar srl in fallimento ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 201/01/11 del 9 novembre 2011, che accoglieva l’appello dell’ufficio affermando legittimità della iscrizione in ruolo straordinario articolo 15bis DPR 602/1973 , del credito tributario richiesto, con avviso di accertamento, dalla Amministrazione per IRPEG IRAP relative all’anno 2000, e relative sanzioni. 2. L’Agenzia si è costituita in giudizio. 3. Il ricorso è apparso al relatore fondato. Risulta infatti dagli atti di causa che la Amministrazione ha provveduto alla iscrizione a ruolo straordinario e la emissione della conseguente cartella dopo che l’avviso di accertamento era stato annullato dalla competente Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza poi confermata in grado d’appello dalla CTR con altra sentenza, annullata da questa Corte. Ritiene il relatore che -come già deciso con sentenza di questa Corte numero 20526 del 22 settembre 2006 la sentenza che accoglie il ricorso del contribuente e annulla l’atto impositivo priva, sia pure non in via definitiva non essendosi ancora formato il giudicato , del supporto di un atto amministrativo legittimante la pretesa tributaria, che non può più formare oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria. In sostanza viene meno il titolo su cui si fonda la ragione di credito . Ed il comma 2 dell’articolo 68 del D.Lgs. numero 546/1992 stabilisce addirittura che se il ricorso viene accolto, il tributo eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza non ancora passata in giudicato , con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali. Dunque la legge vuole che la situazione patrimoniale del contribuente non sia pregiudicata da un atto amministrativo che il giudice competente ha valutato illegittimo neppure sotto il limitato profilo di un diritto dell’Amministrazione a trattenere quanto versato, magari anche spontaneamente, dal contribuente. Dunque non ha alcuna legittimazione una reiscrizione del credito in un ruolo straordinario. La conclusione così raggiunta, trova -sempre secondo il relatore rispondenza nel principio di parità delle parti sancita dall’ articolo 111 della Costituzione. Invero nella fase amministrativa dell’accertamento e della riscossione dei crediti tributari, la legge riconosce all’Amministrazione Pubblica poteri sopraordinati rispetto alle controparti ed in questo quadro si collocano i vari istituti che consentono all’Amministrazione di tutelare i propri crediti adottando direttamente misure cautelari che invece i privati debbono richiedere al giudice. Quando però si entra nell’ambito del processo, le parti debbono essere collocate in condizioni di parità , davanti a giudice terzo e imparziale. E questa parità sarebbe lesa ove l’Amministrazione potesse continuare a esercitare una pretesa che lungi dall’essere avallata dal giudice, sia stata da questo disattesa e dichiarata illegittima. Mentre la parità non è lesa laddove la legge prevede che provvedimenti cautelari emessi dal giudice rimangano operativi fino alla definitiva decisione di merito. Si può poi aggiungere che l’iscrizione in ruolo straordinario appare di dubbio utilità quando il debitore tributario sia stato dichiarato fallito, e dunque il credito della Amministrazione deve essere comunque soddisfatto nell’ambito della procedura concorsuale ad opera del curatore, con le modalità ed i limiti posti dalla legge fallimentare. Il Collegio ha preso atto che con sentenza numero 7320 del 28 marzo 2014, la quinta sezione di questa Corte ha affermato che il provvedimento di fermo del pagamento dei crediti previsto dall’articolo 69 del r.d. numero 2440 del 1923, costituendo espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dell’altrui credito con quello, anche se attualmente illiquido, che l’amministrazione abbia o pretenda di avere nei confronti del suo creditore, ha portata generale e mira a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato, mediante la concorrente estinzione delle poste reciproche attive e passive per conseguenza esso si applica anche ai rimborsi dell’Iva, fino al sopraggiungere dell’eventuale giudicato negativo circa la concorrente ragione di credito vantata dall’erario. E la affermazione contenuta nella sentenza 7230, in puntuale anche se non in rilevato contrasto con la sentenza numero 20526 del 22 settembre 2006 appare ispirata ad un principio opposto a quello accolto nella relazione, e nella sentenza 20526 cioè al principio secondo cui la pronuncia non passata in giudicato che accerti la illegittimità di un avviso di accertamento non travolge tutti gli effetti dell’avviso stesso ma lascia in piedi la possibilità di misure cautelari a tutela del possibile credito erariale. Appare pertanto al Collegio opportuno prospettare al Primo Presidente la opportunità di devolvere la questione alle Sezioni Unite, sia in considerazione dell’importanza della questione stessa, sia del contrasto formatosi all’interno della Sezione Tributaria. P.Q.M. Il Collegio rimette la controversia al Primo Presidente affinché valuti la opportunità di devolvere la questione sopraindicata alle Sezioni Unite.