«Se stiamo insieme» … non può esserci stalking

Saranno i giudici del rinvio a spiegare se l’ipotesi di stalking può coesistere con una riconosciuta relazione in atto tra l’imputato e la vittima.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 29409/13 della Corte di Cassazione, depositata il 10 luglio scorso. Il caso. Un uomo aveva importunato per lungo tempo una donna fino ad arrivare a schiaffeggiarla e trascinarla per i capelli in macchina dove, dopo averla privata del cellulare per impedirle di telefonare, la costringeva a praticare un rapporto orale. I giudici di merito, ritenuta provata la responsabilità dell’imputato per i reati di violenza sessuale art. 609 bis c.p. , sequestro di persona artt. 605 e 61, n. 2, c.p. e stalking art. 612 bis c.p. , e non escludendo l’esistenza di una relazione sentimentale della vittima con l’imputato, condannavano lo stesso a 3 anni e 8 mesi di reclusione. L’imputato, però, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna. Niente stalking se la relazione è in atto. Gli Ermellini, dal canto loro, sostengono che i giudici territoriali avrebbero dovuto effettivamente spiegare le ragioni per cui l’ipotesi di stalking potesse coesistere con una riconosciuta relazione in atto tra l’imputato e la vittima , la quale avrebbe continuato ad inviare al primo messaggi di amore all’insaputa del marito. La persona offesa è credibile? E, inoltre, le discrasie tra orari di incontro riportati dalla vittima e i tabulati telefonici avrebbero dovuto intaccare la credibilità della persona offesa sul piano generale. È proprio per queste ragioni che la sentenza impugnata viene annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 aprile – 10 luglio 2013, n. 29409 Presidente Mannino – Relatore Sarno Fatto e diritto 1. I.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Milano, riconosciute le attenuanti generiche, ha rideterminato la pena detentiva in anni tre e mesi otto reclusione per il reato di cui agli articoli 609 bis, ter numero 4, 605 - 61 numero 2, 612 bis del codice penale in danno di Gabriella Betti, importunata per un lungo periodo ed infine, il 20 ottobre 2010, schiaffeggiata e trascinata per i capelli in macchina ove, dopo averla privata del cellulare per impedirle di telefonare, la costringeva a praticare un rapporto orale completo. 2. I giudici di appello hanno ritenuto provata la responsabilità dell'imputato sulla base delle dichiarazioni del persona offesa, ritenute credibili, disinteressate e, comunque, suffragate da numerosi precisi riscontri esterni con riferimento alle testimonianze degli operanti intervenuti, del marito e dei figli della vittima, nonché dalla riscontrata rottura della cerniera lampo dei pantaloni della vittima. Pur non escludendo l'esistenza di una relazione sentimentale di quest'ultima con l'imputato, la corte di merito ha ritenuto che ciò non inficiasse la rilevanza penale del fatto per cui si è proceduto. Per quanto concerne in particolare il reato di sequestro di persona esso veniva ritenuto sussistente sul rilievo che la privazione della libertà si era protratta per circa un'ora e mezzo e, quindi, per un tempo che era andato oltre quello necessario per la consumazione dell'atto sessuale. L'appello veniva invece accolto per quanto riguarda le attenuanti generiche invocate dalla difesa. 3. Deduce in questa sede il ricorrente 3.1 la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione sull'attendibilità della denunciante in relazione alle dichiarazioni da quest'ultima rese all'udienza del 14 aprile 2011. Al riguardo fa rilevare che la vittima non ha in realtà spiegato in che modo si erano sostanziate le minacce e le costrizioni iniziate già nell'ottobre del 2010, e che non si appalesa logica l'affermazione secondo cui che la donna era riuscita ad allontanare l'uomo che la importunava una volta accertato che era quest'ultima ad inviare messaggi d'amore all'imputato e che vi era stato un numero ragguardevole di SMS 852 indirizzati dalla B. allo I. . 3.2 la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'episodio di abuso dell' omissis . Al riguardo si lamenta l'assenza di motivazione in ordine ai rilievi mossi nei motivi di appello relativi alla ricostruzione della vicenda e si rileva in particolare che risulta smentita la circostanza che alle ore 8.30 la donna sarebbe stata fermata dall'imputato mentre andava effettuare le pulizie, in quanto sulla utenza cellulare della Betti erano registrate tre chiamate tra le ore 9 e le ore 9.19. 3.3 la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 612 bis quanto la condotta di stalking si sarebbe realizzata tra gli inizi di ottobre e l'8 novembre epoca in cui era stata proprio la Betti ad alimentare la relazione con l'imputato attraverso l'inoltro di numerosissimi SMS e diverse telefonate. Considerato in diritto Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. La motivazione della corte di merito si appalesa, infatti, per alcuni profili effettivamente lacunosa e contraddittoria. L'attendibilità del racconto della vittima è stata sostanzialmente ritenuta dai giudici di appello sul rilievo che la testimonianza della parte offesa può da sola costituire fonte adeguata e sufficiente di prova e, comunque, i giudici di merito evidenziano che il racconto sulla violenza subita ha trovato sostanzialmente conferma nelle dichiarazioni del marito e del figlio della donna il primo era con lei al telefono la mattina della violenza quando era sopraggiunto l'imputato ed il secondo aveva visto lo I. schiaffeggiare e trascinare in macchina per i capelli la madre nonché dei carabinieri operanti i quali avevano intercettato, allertati dai familiari, la donna mentre rientrava verso la propria abitazione dopo l'asserito episodio di violenza sessuale. Tale ultimo episodio si sarebbe svolto dalle ore 8,30 e le ore 10,30 allorquando i carabinieri avevano, come detto, intercettato la donna. La difesa ha dal canto suo rintuzzato la tesi di accusa contestando l'attendibilità del racconto sulla base di una serie di telefonate e messaggi distonici per contenuto e frequenza rispetto al racconto della donna che si era doluta di un'attività di stalking da parte dell'imputato protrattasi per alcuni mesi e culminata nell'episodio dell' OMISSIS . Ma su questi elementi la motivazione non sembra essersi adeguatamente soffermata il che è censurabile in questa sede sotto diversi profili. I giudici di appello, infatti, riconoscono in motivazione che la sussistenza di un flusso di telefonate e messaggi da entrambe le parti era talmente elevato da far ritenere verosimile l'ipotesi di una relazione tra l'imputato e la vittima ma affermano che ciò non può in nessun caso annullare le dichiarazioni della donna a proposito della violenza denunciata né tantomeno i riscontri oggettivi presi in considerazione, tanto più che in prossimità dell'episodio citato era riscontrabile una fase calante del traffico telefonico. Ciò posto va anzitutto rilevato che la motivazione che precede sembra incentrarsi esclusivamente sul reato di violenza sessuale. In tal modo i giudici di appello, tuttavia, omettono di considerare che, così come rilevato dal ricorrente in questa sede, all'imputato erano state altresì contestate le ipotesi di stalking e di sequestro di persona, reati in relazione ai quali la sentenza di appello ha comunque ritenuto di dover confermare la declaratoria di responsabilità. Ora rispetto a questi ultimi reati i giudici di appello avrebbero dovuto effettivamente spiegare anzitutto le ragioni dell'irrilevanza delle obiezioni difensive e le ragioni par le quali, in particolare, l'ipotesi di stalking potesse coesistere con una riconosciuta relazione in atto tra le imputato e la vittima la quale avrebbe continuato ad inviare al primo messaggi di amore all'insaputa del marito. Quanto al sequestro di persona la corte di merito ha escluso l'assorbimento nel reato di violenza sessuale in quanto la limitazione della libertà della vittima si sarebbe protratta per un tempo eccedente quello della violenza sessuale medesima. Ma allora i giudici di merito non potevano non confrontarsi con i rilievi concernenti gli orari delle telefonate intercorse tra la vittima e l'imputato la mattina dell' OMISSIS . Quest’ultimo, tramite il difensore, ha escluso che l’incontro con la donna possa essere avvenuto alle ore 8,30 atteso che sull’utenza cellulare sono registrate tre chiamate dalle ore 9.00 alle 9.19, inspiegabili nel caso in cui due fossero stati già insieme. Ed è indubbio che i giudici di merito debbano anche spiegare la ragione per le quali eventuali discrasie non intacchino la credibilità della p.o. sul piano generale. La sentenza va pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Milano per un nuovo esame della questione che tenga conto di quanto sopra evidenziato. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Milano.