Per l’acquisto di auto usate UE con “margine” non basta la fattura regolare

Per l'applicazione del regime speciale del margine, il cessionario italiano è tenuto a verificare che la controparte comunitaria non sia un soggetto passivo IVA.

La società italiana che acquista autovetture usate, per la rivendita, da un operatore residente in un altro Stato della UE, deve verificare lo status soggettivo della controparte, ai fini dell'applicazione del regime IVA del margine. Non è, invece, sufficiente la regolarità formale della fattura ricevuta. Tali principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione con la ordinanza numero 11877 del 27 maggio 2014. Il caso. Il Fisco ha recuperato una maggiore IVA, in base alla considerazione che a monte delle operazioni di acquisto di auto usate da parte della società contribuente vi era un soggetto passivo che esercitava professionalmente l’attività di autonoleggio e di leasing. I giudici di merito tributari hanno escluso l’obbligo della contribuente, nella qualità di cessionaria, di verificare la corretta applicazione del regime del margine da parte della cedente. Non basta la ricezione di regolare fattura per applicare il regime speciale del margine. La Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale non basta la ricezione di regolare fattura per applicare il regime speciale del margine nell’acquisto intracomunitario di auto usate da soggetti residenti nella UE. Infatti, dal momento che il regime del margine non è applicabile se la controparte risulta essere “soggetto passivo”, è necessario che il cessionario italiano verifichi lo status soggettivo del cedente UE, poiché «l’operatore commerciale viene a trovarsi in posizione privilegiata per effettuare ex ante un controllo sulle condizioni di legge rispetto a quello operato soltanto ex post dall’Amministrazione». Cade sul contribuente l’onere di provare, a fronte di una contestazione dell'amministrazione, la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga invocata in tema di regime del margine, di guisa che il difetto di tale prova comporta l'inapplicabilità del regime invocato, indipendentemente dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull'aspetto sanzionatorio. Il rischio fiscale dell’operazione intracomunitaria, realizzata con applicazione del regime del margine, ma in difetto dei presupposti richiesti, ricade allora sul cessionario che, nei limiti imposti dall'onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia verificato preventivamente la regolarità sostanziale della operazione, e non soltanto la regolarità formale della fattura, anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente e tanto più è elevato il grado di impegno esigibile nella predetta verifica, quanto più specifica è la qualità professionale del cessionario, qualora si tratti di operatore commerciale del settore, in base alla regola generale stabilita dal comma 2 dell’articolo 1176 c.c L'onere di verifica gravante sul cessionario contribuente alla stregua dei documenti negoziali in suo possesso appare senz’altro coerente col principio di vicinanza al fatto oggetto di prova, poiché l'operatore commerciale viene a trovarsi, proprio in considerazione del rapporto che instaura con il soggetto emittente la fattura, in posizione privilegiata per effettuare ex ante un controllo delle condizioni di legge rispetto a quello operato soltanto ex post dall’amministrazione finanziaria. Ma l’onere di verifica è altresì coerente con le regole generali fissate dalla Corte di Giustizia in tema di rilevanza della buona fede ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione dell’IVA. Buona fede che, secondo la Corte di Giustizia, è configurabile qualora il committente/cessionario, pur avendo adottato tutte le ragionevoli precauzioni, non abbia avuto e non potesse avere la consapevolezza di partecipare, col proprio acquisto, ad un illecito fiscale dell’emittente delle fatture contestate. Regime del margine. Il regime del margine, disciplinato dall'articolo 311 e seguenti della direttiva CE numero 2006/212, si fonda sul divieto della doppia tassazione delle operazioni. Condizione essenziale per il raggiungimento di tale scopo è l’inerenza dell’operazione all’attività del soggetto. Il soggetto passivo che applica il regime normale dell'IVA alla cessione di beni da lui importati, dunque, ha il diritto di detrarre dall'importo dell'imposta di cui è debitore l'IVA dovuta o assolta all'importazione del bene articolo 320, Direttiva numero 2006/212 . Il contribuente rischia la contestazione per abuso del diritto se, in assenza dei presupposti richiesti dal legislatore per l’applicazione del regime del margine, si è sottratto al pagamento dell’imposta dovuta mediante l’utilizzo di operazioni elusive, al fine di ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, ed in particolare, se lo stesso non stato in grado di fornire la prova sulla sussistenza dei presupposti dell’effettività delle operazioni poste in essere Cass. sent. numero 16431/2011 . Giova osservare che in tema di IVA, il regime del margine di cui al d.l. numero 41/1995, articolo 36 diretto ad evitare una doppia tassazione sui medesimi beni, a carico del cedente e del cessionario non è applicabile ove l'IVA sia stata detratta sicché la doppia imposizione non può avere luogo in tal caso, non ricorre la condizione di applicabilità del predetto regime, consistente nella mancata detrazione dell'IVA sull'acquisto da parte del cedente. Detta condizione o il difetto della prova da parte del cessionario della sua esistenza è indipendente dalla consapevolezza che di essa abbia avuto il cessionario, potendo eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorio. La responsabilità del cessionario è fatta discendere «dagli ordinari canoni di correttezza e buona fede di cui agli articolo 1377 e 1375 c.c.», in virtù dei quali il cessionario è tenuto al controllo anche dei libretti di circolazione dei veicoli, al fine di osservare gli ordinari criteri di prudenza «nel non svolgere transazioni commerciali con soggetti che non hanno assoggettato ad imposta i loro acquisti». ord. numero 5309/2012 della Corte di Cassazione La corretta applicazione del regime speciale del margine di utile presuppone la sussistenza di specifiche condizioni - individuate dall’articolo 36 d.l. numero 41/1995 - oggettive, attinenti alla natura del bene compravenduto, e soggettive, riguardanti l’originario cedente, e in particolare la circostanza che costui non abbia potuto esercitare, nel proprio Stato, alcuna rivalsa per l’IVA versata quando acquistò il bene.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 2 aprile – 27 maggio 2014, numero 11877 Presidente Cicala – Relatore Perrino Premesso - Si controverte, in materia di IVA, dell'applicazione del regime di margine, in quanto la pretesa impositiva impugnata, per quanto ancora d’interesse, aveva recuperato maggiore IVA, in base alla considerazione che a monte delle operazioni di acquisto di auto usate da parte della società contribuente vi fosse un soggetto passivo che esercitava professionalmente l’attività di autonoleggio e di leasing - La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso, con sentenza, che la Commissione tributaria regionale ha confermato, escludendo l’obbligo della contribuente, nella qualità di cessionaria, di verificare la corretta applicazione del regime del margine da parte della cedente Rilevato - che la relazione depositata ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. ha concluso per l’accoglimento del ricorso, calibrato su due motivi, il secondo articolato in due censure, che denunciano insufficiente motivazione della sentenza e violazione del regime del margine di cui ai decreti legge numero 331 del 1993 e 41 del 1995 Ritenuto - preliminarmente, che debba essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, là dove è proposto nei confronti della s.r.l. G.A., perché cancellata dal registro delle imprese, in base al principio di diritto affermato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, secondo cui il giudizio d’impugnazione deve sempre esser promosso da e contro i soggetti effettivamente legittimati, ovvero, come anche si usa dire, della giusta parte Cass., sez.unumero , 12 marzo 2013, numero 6070 e, da ultimo, in termini, Cass. 7602/2014 - nel merito, che debbano essere condivise le argomentazioni esposte e le conclusioni della relazione, in base alle osservazioni che seguono. La Corte ha già chiarito, facendo leva sulla specialità del regime del margine rispetto all'ordinario regime impositivo IVA riguardante gli acquisti intracomunitari, che cade sul contribuente l’onere di provare, a fronte di una contestazione dell'amministrazione, la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga invocata Cass. 20 marzo 2013, numero 6916 Cass., ord. 13 marzo 2013, numero 6399 Cass. 22 febbraio 2013, numero 4525 Cass. 12 settembre 2012, numero 15219 Cass. 1 giugno 2012, numero 8828 Cass. 30 maggio 2012, numero 8636 Cass. 31 gennaio 2011, numero 2227 Cass. 12 febbraio 2010, numero 3427 di guisa che il difetto di tale prova comporta l'inapplicabilità del regime invocato, indipendentemente dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull'aspetto sanzionatorio. 2. - Il rischio fiscale dell’operazione intracomunitaria, realizzata con applicazione del regime del margine, ma in difetto dei presupposti richiesti, ricade allora sul cessionario che, nei limiti imposti dall'onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia verificato preventivamente la regolarità sostanziale della operazione, e non soltanto la regolarità formale della fattura, anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente e tanto più è elevato il grado di impegno esigibile nella predetta verifica, quanto più specifica è la qualità professionale del cessionario, qualora si tratti di operatore commerciale del settore, in base alla regola generale stabilita dal 2° comma dell’articolo 1176 del codice civile. 3. - L'onere di verifica gravante sul cessionario contribuente alla stregua dei documenti negoziali in suo possesso appare senz’altro coerente col principio di vicinanza al fatto oggetto di prova, poiché l'operatore commerciale viene a trovarsi, proprio in considerazione del rapporto che instaura con il soggetto emittente la fattura, in posizione privilegiata per effettuare ex ante un controllo delle condizioni di legge rispetto a quello operato soltanto ex post dall’amministrazione finanziaria. 4. - Ma l’onere di verifica è altresì coerente con le regole generali fissate dalla Corte di giustizia in tema di rilevanza della buona fede ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione dell’iva. Buona fede, che, secondo la Corte di giustizia, è configurabile qualora il committente/cessionario, pur avendo adottato tutte le ragionevoli precauzioni, non abbia avuto e non potesse avere la consapevolezza di partecipare, col proprio acquisto, ad un illecito fiscale dell’emittente delle fatture contestate vedi, in particolare, Corte giust. 31 gennaio 2013, C-643/11, LVK 56-EOOD, punto 52, che, nell’escludere che il principio di certezza del diritto osti al «diniego di detrarre l’iva a monte nei confronti del destinatario di una fattura», fa leva sulla mancanza di qualsivoglia indizio «che faccia presumere che l’interessato non fosse in grado di orientarsi in modo utile per quanto concerne l’applicazione di tali normative» . Il ricorso va dunque accolto nei confronti dei soci P., in quanto la sentenza, oltre a non essere conforme in diritto, ha trascurato di considerare le circostanze, introdotte in lite, in quanto evidenziate dal processo verbale di constatazione da cui era scaturito l’avviso di accertamento e reintrodotte in appello, secondo quanto emerge dagli stralci rilevanti dei suddetti atti riprodotti in ricorso, relative al fatto che l’immatricolazione italiana delle autovetture era stata curata dalla società e che questa era in grado, verificando i risultati del PRA, di rendersi conto che l’alienante era soggetto passivo d’imposta, dedito professionalmente all’attività di autonoleggio o di leasing P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso, là dove è proposto nei confronti della società estinta G.A. s.r.l. - Accoglie il ricorso nei confronti dei soci e P.A. - Cassa la sentenza impugnata - Rinvia per nuovo esame e per la regolazione delle spese alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.