Il termine decorre per l’assicurato da quando l’AGCM prende provvedimenti contro le compagnie assicurative

Il termine di prescrizione ex articolo 2935 c.c. decorre non già da quando il fatto si è verificato nella sua materialità e realtà fenomenica, ma da quando esso si evidenzia all’esterno con tutti i connotati che ne determinano l’illiceità in particolare, l’esercizio del diritto va considerato possibile, in caso di informazioni non di pubblico dominio, solo quando esse trovino una pubblica divulgazione, non potendo il relativo titolare azionarlo prima.

Inoltre, può costituire prova dal carattere presuntivo l’allegazione di un provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, come tale assolvente dell’onere probatorio da parte dell’attore-danneggiato e rilevante in termini di accertamento del nesso causale. Sulla base di questi principi, la Terza sezione Civile di Cassazione, con sentenza numero 14027, depositata il 4 giugno 2013, ha accolto il ricorso per cassazione di un’assicurata avverso la propria compagnia per il rimborso di quella parte maggiorata delle polizze che l’AGCM aveva ritenuto sanzionabile, con provvedimento numero 8546/2000. Il provvedimento dell’AGCM. La Suprema Corte ha accolto il ricorso per cassazione presentato da una assicurata avverso la propria compagnia assicuratrice, per il risarcimento danni, pari al 20% di esse, di alcune polizze stipulate con quest’ultima, a seguito del Provvedimento 28 luglio 2000, numero 8546, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato AGCM , che aveva inflitto diverse sanzioni a numerose società assicuratrici – tra cui l’attuale resistente – per aver posto in essere un’intesa orizzontale, nel periodo 1994-2000, nella forma di una pratica concordata, che era consistita «nello scambio sistematico dio informazioni commerciali sensibili tra imprese concorrenti, con riferimento alle polizze di RCA» una sorta di cartello, in pratica, con l’effetto di aver innalzato notevolmente i premi, sia in riferimento al periodo pre-liberalizzazione delle tariffe ante 1994 che rispetto alla media dei premi sul mercato europeo risultata, appunto, inferiore di circa il 20% a confronto di quella italiana . La Corte di merito aveva rigettato la domanda, per i seguenti motivi 1 intervenuta prescrizione quinquennale tra l’ultima polizza pagata e il primo atto di costituzione in mora , in riferimento ai premi pagati fino al 23.10.2000, in quanto il termine di prescrizione andava fatto decorrere da quando erano stati effettuati i pagamenti successivi, e non già da quando l’attrice la danneggiata aveva avuto contezza dell’illecito, a seguito della pubblicazione del citato provvedimento numero 8546/2000, che era da ritenersi solo un mero fatto e non ostacolo di natura giuridica e, come tale, causa non impeditiva per la decorrenza della prescrizione di cui all’articolo 2935 c.c. 2 mancanza di nesso causale tra l’illecito sanzionato dall’AGCM e il denunciato incremento dei premi, quanto ai pagamenti successivi, essendo stato solo allegato l’intervenuto provvedimento e non anche offerta la prova che l’unico pagamento successivo al 2000 fosse stato causato effettivamente dall’intesa sanzionata dall’AGCM essendosi limitata l’Autorità ad accertare la lesività solo potenziale del cartello, ma non concretamente i suoi esiti . Gli ermellini, per le ragioni di cui infra, hanno, invece, accolto il ricorso e rinviato alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione. Il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il fatto si evidenzia all’esterno. I giudici di Piazza Cavour, in merito al primo motivo di ricorso, ricordano come, pacificamente, sia da ritenersi che la prescrizione decorre non necessariamente dalla data in cui il fatto si è verificato, materialmente e nella realtà fenomenica, ma, piuttosto, da quando esso si evidenzia all’esterno, con tutti connotati che ne determinano l’illiceità segnatamente, nel caso in esame, il dies a quo non può che essere quello in cui il titolare del diritto poteva esercitarlo e sapeva di poterlo esercitare tale momento corrisponde proprio al provvedimento dell’AGCM, che ha divulgato pubblicamente informazioni che la ricorrente non avrebbe potuto acquisire da sola legittimamente. Il provvedimento dell’AGCM può assurgere al rango di prova presuntiva. La Terza Sezione civile di Cassazione, poi, ritiene assolto anche l’onere probatorio in capo alla ricorrente-danneggiata, che si era limitata ad allegare il provvedimento citato, reputandolo idoneo, ex se, a fornire la prova che vi era stato un nesso causale tra il danno lamentato e il comportamento della propria compagnia assicurativa i molteplici accertamenti e rilievi – ritiene il Collegio – sono tali che, quanto meno, vista la laboriosa istruttoria che li preceduti, sono idonei a offrire la prova presuntiva – e la hanno, di fatto, offerta – del collegamento causale de quo, in quanto presunzioni gravi, precise e concordanti e, conseguentemente, in linea col dettato di legge di cui agli articolo 2727 e 2729 c.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 marzo – 4 giugno 2013, numero 14027 Presidente Petti – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con sentenza numero 3707/2006, depositata il 3 dicembre 2006, la Corte di appello di Napoli ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta ai sensi dell'articolo 33 legge 10 ottobre 1990 numero 287 da S.W. contro la s.p.a. Axa Assicurazioni, a seguito del Provvedimento 28 luglio 2000 numero 8546 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato AGCM , che ha inflitto sanzioni ad un largo numero di società assicuratrici, fra cui AXA, per avere posto in essere un'intesa orizzontale, nella forma di una pratica concordata, consistente nello scambio sistematico di informazioni commerciali sensibili tra imprese concorrenti, con riferimento alle polizze di RCA. L'Autorità garante ha altresì rilevato che detta pratica ha comportato un notevole incremento dei premi, nel periodo interessato dal comportamento illecito anni 1994 - 2000 , con riferimento sia al livello in vigore prima del 1994, anteriormente alla liberalizzazione delle tariffe sia alla media dei premi sul mercato Europeo, che è risultata inferiore di circa il 20% rispetto alla media dei premi praticati in Italia. L'odierna ricorrente - avendo concluso con Axa, nel periodo indicato, varie polizze di assicurazione RCA - ha chiesto il risarcimento dei danni nell'importo di Euro 269,96, pari al 20% dei premi versati dal 23.4.1996 al 23.10.2000 quale corrispettivo delle suddette polizze. La domanda è stata rigettata per intervenuta prescrizione, quanto ai premi pagati fino al 23.10. 2000, e per mancanza di prova del nesso causale fra l'illecito sanzionato dall'AGCM e l'incremento dei premi, quanto ai pagamenti successivi. La S. propone due motivi di ricorso per cassazione. Resiste Axa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1.- La sentenza impugnata - premesso che nella specie è applicabile il termine di prescrizione stabilito dall'articolo 2947 cod. civ. per l'illecito civile, e non quello di cui all'articolo 2952 cod. civ., relativo ai diritti derivanti dal contratto di assicurazione, come affermato dalla convenuta - ha ritenuto che il termine debba farsi decorrere dalla data in cui sono stati effettuati i pagamenti dei premi ritenuti eccessivi, e non dalla data in cui la danneggiata ha avuto notizia dell'illecito, tramite la pubblicazione del Provvedimento numero 8546/2000 dell'AGCM. Ha addotto a motivazione che la norma dell'articolo 2935 cod. civ. considera impeditive della decorrenza della prescrizione solo le cause giuridiche che rendono impossibile l'esercizio del diritto non gli ostacoli di mero fatto, e tale deve considerarsi la mancata conoscenza dell'intesa fra le compagnie, dalla quale è derivato l'indebito incremento dei premi. Ha pertanto dichiarato prescritto il diritto al risarcimento dei danni, con riferimento alle somme pagate dall'assicurata oltre cinque anni prima del 18.11.1999, data del primo atto di costituzione in mora. Quanto all'unico pagamento successivo a tale data, ha respinto la domanda sul rilievo che non è stata offerta la prova che gli aumenti dei premi siano stati effettivamente causati dall'intesa sanzionata dall'AGCM. Ha rilevato che l'Autorità garante si è limitata ad accertare la potenzialità lesiva dello scambio di informazioni, senza concretamente accertare se ne sia effettivamente derivato il lamentato rialzo dei premi assicurativi che la mera produzione in giudizio della decisione dell'Autorità garante non costituisce prova sufficiente del danno lamentato, in quanto il nesso eziologico e l'evento dannoso non sono stati oggetto di accertamento da parte dell'Autorità e l'attrice nulla ha chiesto di provare in proposito. Ha escluso che il Provvedimento presenti gli estremi per dedurne la prova presuntiva, poiché da un parere espresso dall'ISVAP si desume che nel periodo in questione si è verificato un notevole incremento dei costi gravanti sulle compagnie assicuratrici, che rende ragione degli aumenti dei premi. Non si spiegherebbe, altrimenti, perché l'assicurata non si sia rivolta ad alcuna delle compagnie non partecipanti all'intesa, per ottenere migliori condizioni. 2.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli articolo 2935 e 2947 cod. civ., la ricorrente richiama i principi più volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nei casi analoghi a quello in oggetto la prescrizione comincia a decorrere non dal momento in cui l'agente compie l'illecito, ma da quello in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile come fatto ingiusto e suscettibile di giustificare il risarcimento il che nella specie si è verificato solo a seguito della pubblicazione del Provvedimento 28 luglio 2000 numero 8546 dell'AGCM. 2.1.- Il motivo è manifestamente fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito che la prescrizione non necessariamente decorre dalla data in cui il fatto si è verificato nella sua materialità e realtà fenomenica nella specie, richiesta di un prezzo eccessivo e ricezione del relativo pagamento ma piuttosto dal momento in cui esso si evidenzi all'esterno con tutti i connotati che ne determinano l'illiceità cfr., con riferimento ad altra fattispecie, Cass. civ. Sez. 3, 21 febbraio 2003 numero 2645, ed in relazione al caso in esame, Cass. civ. Sez. 3, 2 febbraio 2007 numero 2305 l'azione risarcitoria da intesa anticoncorrenziale, proposta ai sensi del secondo comma dell'articolo 33 della legge 10 ottobre 1990 numero 287, si prescrive, in base al combinato disposto degli articolo 2935 e 2947 cod. civ., in cinque anni dal giorno in cui chi assume di aver subito il danno abbia avuto, usando l’ordinaria diligenza, ragionevole ed adeguata conoscenza del danno e della sua ingiustizia . Ed invero, la nozione di impossibilità dell'esercizio del diritto che impedisce il decorrere della prescrizione, va individuata non sulla base di nozioni formali e aprioristiche circa il carattere giuridico o di fatto dell'ostacolo, ma calibrando natura e significato di questi termini sulle connotazioni concrete della fattispecie esaminata. Costituisce violazione della lettera e dello spirito dell'articolo 2935 cod. civ. il considerare giuridicamente possibile l'esercizio di un diritto che il relativo titolare non sapeva e non poteva sapere di avere, per mancanza di informazioni sui fatti che ne costituiscono il fondamento, trattandosi di informazioni che egli non aveva il potere di acquisire legittimamente, prima che venissero pubblicamente divulgate. A fronte del danno derivante da un'intesa illecita - tenuta ovviamente riservata agli occhi del pubblico accertata ed accertabile solo nella competente sede amministrativa, a seguito di un lungo e complesso procedimento - non può che essere ribadito quanto questa Corte ha affermato, cioè che l'assicurato ha avuto la completa conoscenza del danno e della sua ingiustizia con il corredo di tutte le circostanze e le modalità del fatto nel momento in cui è stato adeguatamente e ragionevolmente informato circa il fatto che quellfaumento delle tariffe, numero d.r. era conseguenza di un'intesa vietata e quindi nulla tra imprese assicurative la lungolatenza del danno - ovvero lo scollamento temporale fra il momento dell'inflizione ad opera del danneggiante e il momento della sua percezione da parte del danneggiato - fa si che il titolare del diritto possa dirsi in stato di inerzia solo al momento in cui sia adeguatamente edotto dalle circostanze di questo particolare fenomeno di illecito prospettato dalla legge numero 287/1990 . Va altresì ribadito che è a carico di chi eccepisca la prescrizione l'onere di provarne la decorrenza, e che il relativo accertamento compete al giudice del merito ed è incensurabile in cassazione, se sufficientemente e coerentemente motivato Cass. civ. numero 2305/2007 cit. . La sentenza impugnata si è discostata da questi principi e non ha compiuto alcun accertamento in proposito, incorrendo nella violazione dell'articolo 2935 cod. civ. ed in palese carenza di motivazione. 3.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli articolo 2697 e 1226 cod. civ., in relazione all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., nel capo in cui ha escluso che il Provvedimento dell'AGCM offra sufficienti elementi di prova del collegamento fra il comportamento illecito e l'incremento dei premi assicurativi, verificatosi nel medesimo periodo. Richiama i principi affermati dalla Corte di cassazione, secondo cui il contratto finale fra imprenditore e consumatore costituisce il compimento stesso dell'intesa anticompetitiva, che costituisce la condotta preparatoria dell'illecito, rispetto alla condotta finale, consistente nell'aumento del premio Cass. civ. 4 febbraio 2005 numero 2207 ragione per cui all'assicurato è sufficiente produrre, a prova del danno, il provvedimento sanzionatorio e la polizza contenente l'indicazione del premio pagato. 3.1.- Il motivo è fondato, sotto il profilo dell'assolvimento dell'onere probatorio. La ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni subiti a causa dell'illecito concorrenziale, che lo ha posto in condizione di dover pagare un premio di assicurazione RCA superiore a quello che avrebbe potuto essergli richiesto in mancanza dell'illecito. Se è pur vero che l'onere di fornire la prova del nesso causale grava in linea di principio sul danneggiato, è principio altrettanto generale che la prova può essere fornita anche tramite presunzioni, gravi, precise e concordanti, ai sensi degli articolo 2727 e 2729 cod. civ., e che la giurisprudenza di questa Corte ha più volte rilevato, nell'esame di casi analoghi a quello in oggetto, che la motivazione del Provvedimento numero 8546/2000 dell'AGCM, evidenzia molteplici accertamenti e rilievi, sulla base dei dati acquisiti nel corso dell'istruttoria che ha preceduto la sua decisione, tali da offrire quanto meno la prova presuntiva del collegamento causale qui controverso. Ed ha effettivamente affermato il principio richiamato dal ricorrente, per cui - ove l'assicurato produca in giudizio la polizza assicurativa ed il provvedimento amministrativo che ha accertato l'intesa illecita - il giudice potrà desumere l'esistenza del nesso causale anche attraverso criteri di alta probabilità logica e per il tramite di presunzioni, salvo che l'assicuratore offra adeguati elementi di prova in contrario cfr. Cass. civ. Sez. 3, 2 febbraio 2007 numero 2305 Cass. civ. Sez. 3, 26 maggio 2011 numero 11610 Idem, 9 maggio 2012 numero 7039, fra le tante . L'AGCM ha accertato che lo scambio di informazioni fra le compagnie assicuratrici è andato ben oltre le finalità -lecite e fisiologiche per le imprese del settore - di comunicarsi i dati rilevanti per la determinazione del c.d. premio puro cioè di quella parte del premio che è commisurata alla natura e all'entità dei rischi , e si è esteso a comprendere i c.d. dati sensibili, che concorrono a determinare l'importo del premio commerciale cioè del premio concretamente convenuto in polizza, che include, oltre al premio puro, le imposte, i caricamenti corrispondenti ai costi ed alle spese generali, e soprattutto l'utile di impresa cfr. pp. 239 - 251, 257 del Provvedimento numero 8546/2000 . Ciò ha consentito alle imprese partecipanti di coordinarsi rapidamente .su di un equilibrio di mercato collusivo, anche in assenza di accordi espliciti sui prezzi e di adeguare le proprie strategie alla realizzazione di equilibri di prezzo a cui sia associato il massimo profitto congiunto per l’industria nel suo complesso, con grave danno per il corretto funzionamento del mercato e per i consumatori pp. 251 254 ss. . Ha soggiunto che tale comportamento ha anche permesso di incrementare la frequenza degli aumenti di tariffa, passati dall'unica variazione annuale, nel primo anno di liberalizzazione, alle oltre quattro variazioni nel corso del 1999. Ogni impresa era infatti in grado di verificare che i concorrenti si conformassero alle proprie iniziative incrementative, il che consentiva, dopo un periodo di riallineamento, di assumere un'ulteriore, analoga iniziativa pp. 71, 244, 258 . Nell'analisi della situazione di mercato ha poi accertato che, in conseguenza di tali comportamenti, fra il 1994 ed il 2000 i premi normalmente praticati per le polizze di RCA sono aumentati, del 96,55% rispetto al periodo precedente p. 70 Provv. 8546/2000 , e del 63% rispetto alla media Europea che, se nel medesimo periodo i premi italiani per le polizze RCA avessero seguito incrementi analoghi a quelli della media degli altri paesi Europei, i consumatori avrebbero risparmiato settemila miliardi di lire, nel solo anno 1999 p. 76 . Ha altresì rilevato che tale incremento dei premi non si è accompagnato ad un aumento dei costi particolarmente sostenuto, né è attribuibile a circostanze esterne e non controllabili dalle imprese p. 77 pag. 5 della sentenza . Si tratta di affermazioni specifiche e concrete, compiutamente illustrate nel Provvedimento sanzionatorio prodotto in giudizio dell'attore e fondate sui dati accertati nel corso dell'istruttoria, dati costituenti fonte di prova e dell'illecito, e delle indebite maggiorazioni dei premi, di cui la Corte di appello non ha tenuto alcun conto, nel motivare la sua decisione. Il parere dell'ISVAP è stato acquisito dall'AGCM, nel corso dell'istruttoria, e non è stato evidentemente ritenuto sufficiente ad evitare che l'Autorità formulasse i rilievi sopra indicati, circa gli effetti pregiudizievoli dell'intesa sul livello dei premi. Esso si risolve infatti nella generica indicazione di una serie di circostanze che avrebbero provocato l'incremento dei costi a carico delle compagnie, senza alcun riferimento concreto e specifico alle modalità di formazione delle tariffe assicurative, prima, durante e dopo gli anni interessati dal comportamento sanzionato, né alla concreta struttura ed entità dei costi, in relazione a quelli riferibili al periodo precedente ed a quelli in vigore sul mercato Europeo. L'AGCM ha tenuto conto dei dati di costo esposti dalle imprese ed ha rilevato che le perdite denunciate dalle compagnie assicuratrici sono anche effetto di inefficienze produttive e del mancato controllo dei costi, conseguente alla violazione delle regole della concorrenza pp. 255 ult. cpv. e 263 . Il comportamento collusivo ha infatti impedito che le imprese stesse fossero indotte ad operare in modo da ridurre i loro costi per poter ridurre i prezzi, comportamento che rientra fra i benefici effetti di un mercato concorrenziale cfr. pp. 77, 78, 240, 259 ss., 263 . Il Consiglio di Stato, nel confermare per questa parte la decisione dell'Autorità, ha a sua volta rilevato che neppure il fatto che il settore assicurativo della RCA operi in perdita vale ad escludere l'illiceità dello scambio di informazioni sui dati sensibili, anche e soprattutto perché il comportamento collusivo, eliminando ogni incertezza sul comportamento dei concorrenti, disincentiva ogni diversa politica commerciale, potenzialmente idonea anche a mutare le condizioni di perdita del mercato cfr. Cons. Stato, sentenza numero 2199/2002, par. 7.2.5 . È nota del resto la polemica circa l'aggravio dei costi del settore assicurativo, provocato per esempio dalle anomalie del sistema di distribuzione ed in particolare, dagli oneri economici inerenti al peculiare assetto delle agenzie di assicurazione. 3.2.- In definitiva, a fronte degli specifici accertamenti di cui al Provvedimento numero 8546/2000 dell'Autorità Garante e del carattere generico e non significativo dei rilievi contenuti nel Parere dell'ISVAP, l'esclusione del nesso causale fra l'illecito e il danno appare inversione delle regole di legge in tema di acquisizione delle prove provenienti da un giudice esterno Consiglio di Stato e da un provvedimento dell'autorità di garanzia. 3.3.- Palesemente illogica è poi la motivazione della sentenza impugnata, ove afferma che l'assicurato avrebbe potuto e dovuto rivolgersi agli operatori non coinvolti dall'intesa illecita, per evitare il danno. In primo luogo l'aspirante assicurato avrebbe dovuto sapere, per porsi il problema, che era in corso un comportamento anticonconcorrenziale, che alcune imprese vi partecipavano ed altre no, e quali imprese non vi partecipavano circostanze tutte non note al pubblico, negli anni a cui risale la conclusione del contratto in oggetto, che sono emerse solo a seguito della pubblicazione del provvedimento dell'AGCM. In secondo luogo e soprattutto, i costi dell'illecito debbono gravare su chi lo compie non su colui che ne subisca danno, imponendo a quest'ultimo maggiori oneri e costi di contrattazione, per compiere le indagini di mercato necessarie a difendersi dall'illecito comportamento altrui. 4.- In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, perché riesamini la questione della prova del nesso causale fra l'illecito e il danno e decida la vertenza con congrua e specifica motivazione, se del caso previo esperimento delle opportune indagini tecniche. 5.- La Corte di rinvio deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.