La Cassazione ha chiarito i criteri decisionali che il magistrato di sorveglianza deve seguire nel decidere un reclamo “generico” avanzato da un condannato, qualora sia trasferito da un istituto di custodia attenuata ICAM ad un istituto “ordinario” ovvero gli sia preclusa la possibilità di accedere ad un ICAM benché possegga i requisiti soggettivi individuati dalla legge.
La Cassazione – con la sentenza numero 12950/14 depositata lo scorso 19 marzo - non ha solo avuto modo di porre ordine in merito all’interpretazione dell’articolo 1 comma 4 Legge numero 62/2011, ma ha anche chiarito i criteri decisionali che il magistrato di sorveglianza deve seguire nel decidere un reclamo “generico” avanzato da un condannato, qualora sia trasferito da un istituto di custodia attenuata ICAM ad un istituto “ordinario” ovvero gli sia preclusa la possibilità di accedere ad un ICAM benché possegga i requisiti soggettivi individuati dalla legge. Il caso. Tutto nasce da un ricorso per cassazione per violazione di legge sub specie della mancanza di motivazione avanzato dalla difesa di una madre di prole inferiore a 3 anni, condannata a 24 anni di carcere, che dall’ICAM “San Vittore” era stata trasferita alla sezione femminile dell’omonima casa di circondariale. Il magistrato di sorveglianza, infatti, aveva rigettato ogni lamentela proposta sul punto atteso che la struttura dell’ICAM «non era idonea per il basso profilo della sicurezza” e la stessa “non era dotata delle necessarie misure custodiali per la gestione di una detenuta con fine pena così elevato». La Cassazione – come accennato - ha dato ragione al ricorrente, annullando con rinvio l’atto impugnato. Di seguito gli argomenti principali della decisione de qua. Esigenze di custodia cautelare di eccezionale rilevanza? La Corte ha evidenziato che «il giudice che ritenga di dover adottare la misura custodiale nei confronti del genitore con prole infraseienne non affidabile ad altri non potrà farlo, a meno che le esigenze cautelari non si presentino come di eccezionale rilevanza. Ove non ricorra tale requisito, il giudice dovrà adottare la misura degli arresti domiciliari. Qualora, all’inverso, ritenga sussistenti le esigenze di eccezionale rilevanza, egli sarà chiamato ancora ad un’ulteriore valutazione, avente ad oggetto la compatibilità di quelle peculiari esigenze con la custodia cautelare in istituto a custodia attenuata. Solo se anche quest’ulteriore apprezzamento avrà esito negativo, dovrà essere disposta indefettibilmente la custodia in carcere» così in motivazione . Risulta allora che la decisione del giudice dell’esecuzione sui punti in questione, applicabili mutatis mutandi alla fase successiva alla formazione del giudicato penale, non può essere apodittica o assolutamente generica, ma dovrà essere specifica ed adeguatamente supportata da elementi probatori. Si spiega allora perché la Suprema corte abbia potuto annullare il provvedimento oggetto del ricorso, poiché in esso non si era fatto «il minimo riferimento ad eventuali specifiche caratteristiche di pericolosità della detenuta che si rivelassero incompatibili con l’aspetto della sicurezza», né poteva essere sufficiente affermare che la sezione ICAM non fosse dotata delle necessarie misure custodiali per la gestione di detenute con fine pena elevato, «senza ulteriori spiegazioni quanto alla pericolosità della detenuta». Da qui la cassazione del decreto gravato. Conclusioni. Ad oggi gli elementi indicati dalla Cassazione sono certamente efficaci al di là dei dubbi interpretativi sorti sull’efficacia temporale delle disposizioni di cui all’articolo 1 Legge numero 62/2011. La data del 1 gennaio 2014, infatti, è trascorsa e quindi trova pieno vigore il disposto dei commi 1, 2 e 3 del citata articolo di legge. Qui, quindi, non ha senso discutere sui diversi orientamenti ben tre sorti sul punto. Infatti, anche ad ammettere che il differimento della piena operatività della normativa di specie al 1.1.2014, restava e resta pur sempre da chiarire se – come si è correttamente evidenziato nella sentenza de qua – tale “beneficio” poteva essere comunque concesso prima di tale data. Sul punto la risposta non può che essere affermativa. Il fatto che, nel periodo transitorio, il tutto dipendeva dalla concreta disponibilità di posti per l’operatività dell’ICAM, non si vede come una interpretazione favorevole alla disciplina in questione poteva e può considerarsi contraria alla Costituzione, atteso che si tratta di una disposizione protesa a «coniugare, seppur in una situazione di restrizione, le esigenze di tutela della maternità e dell’infanzia valorizzate dall’articolo 31 Cost.». Sicché chi si sia trovato ad usufruire della opzione custodiale in questione, si è trovato legittimamente in tale situazione, che quindi ha creato una situazione soggettiva meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento e non anche in una situazione precaria e semplicemente benevola o comunque concessa pro bono pacis dall’amministrazione penitenziaria. Chi ha goduto e gode, quindi, dell’ICAM ha una legittima aspettativa a che tale situazione non si modifichi in senso peggiorativo, con la conseguenza che essa non poteva e non può essere revocata ad libitum e senza la possibilità di un vaglio giurisdizionale. Anche sotto questo profilo, quindi, la decisione in commento appare condivisibile e meritevole di plauso. In un periodo in cui il rapporto naturale ed affettivo tra genitori e figli è sempre più precario, affermare che la maternità e l’infanzia sono valori costituzionalmente protetti e da incentivare non è certamente poca cosa, specie quando, come nel caso in questione, a ribadire tale principio è una decisione assunta da giudici tutti “maschi” e depositata il giorno 19 marzo, il giorno di San Giuseppe festa del papà.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 dicembre 2013 – 19 marzo 2014, numero 12950 Presidente Cortese – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 11.3.2013, il Magistrato di Sorveglianza di Milano respingeva il reclamo generico con il quale il difensore di S.Z.A.L. , detenuta presso la Casa Circondariale di omissis con posizione giuridica di appellante e fine pena provvisorio per il 26.10.2035, aveva lamentato l'ingiustificato trasferimento della sua assistita - madre di figlio di età inferiore a tre anni - dall'istituto a custodia attenuata omissis , ove la predetta era stata ristretta dal gennaio 2012, prima alla Casa Circondariale di e, poi, alla Casa Circondariale di omissis , sezione femminile. Il Magistrato di Sorveglianza richiamava nel suo decreto e faceva proprie le ragioni addotte a sostegno del contestato trasferimento dal Provveditore competente e dalla Direzione dell'istituto penitenziario di omissis . Con le prime, si evidenziava che la S.Z. , condannata in primo grado alla pena elevata di 24 anni di reclusione per omicidio aggravato ed altro, non poteva più rimanere presso la struttura ICAM, in quanto detta struttura non era idonea per il basso profilo sotto l'aspetto della sicurezza. La nota della Casa Circondariale di omissis rappresentava che la sezione ICAM, essendo a custodia attenuata, non era dotata delle necessarie misure custodiali per la gestione di una detenuta con fine pena così elevato. Rilevava, infine, il Giudicante che la detenuta non era mai stata trasferita presso la Casa Circondariale di dotata di sezione nido perché aveva manifestato la volontà di rimanere a omissis affidando la minore ai familiari. 2. Ha proposto ricorso per cassazione avverso detto provvedimento il difensore di S.Z.A.L. , denunciando violazione dell'articolo 606, co. 1, lett. b ed e , c.p.p. violazione di legge e vizio della motivazione . Il Magistrato di Sorveglianza aveva immotivatamente recepito gli argomenti dell'Amministrazione penitenziaria senza specificare quali fossero le misure custodiali necessarie per gestire detenute con fine pena elevato e la ricorrente in particolare, così violando il diritto della detenuta madre e della figlia di continuare il percorso intrapreso e, più in generale, i diritti alla maternità e infanzia garantiti dall'articolo 31 Cost In secondo luogo, il trasferimento della detenuta era avvenuto in violazione dell'articolo 1 della legge numero 62 del 2011, che, al comma 4, prevede che le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a decorrere dal 1 gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata . 3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto. 1. Giova premettere che la legge 21.4.2011, numero 62, recante Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, numero 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori , ha inteso introdurre un regime di detenzione per le donne incinte e le madri di minori di anni sei che vuole essere in minor grado pregiudizievole per la prole. A tal fine il legislatore è intervenuto sull'articolo 275, co. 4 c.p.p., ampliando il novero dei minori beneficiari della tutela, attraverso l'elevazione del limite di età che comporta il divieto di custodia cautelare in carcere per il genitore, salvo che ricorrano esigenze di eccezionale rilevanza articolo 1, co. 1 . Contestualmente, si è previsto che quando tali eccezionali esigenze siano ravvisate, la carcerazione può avvenire - quindi, se compatibile con le predette esigenze - in istituti a custodia attenuata. Si tratta di istituti che fanno la loro apparizione per la prima volta in virtù del comma 3 del medesimo articolo 1, il quale introduce un articolo 285-bis nel codice di rito, relativo alla Custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri ed il cui tenore è opportuno riportare Nelle ipotesi di cui all'articolo 275, comma 4, se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice può disporre la custodia presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri, ove le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano . L'articolo 1, co. 2 ha poi modificato il testo dell'articolo 284, co. 1 c.p.p., in fine al quale sono state aggiunte le parole ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta . In questa sede non rilevano gli ulteriori articoli dei quali consta la legge numero 62/2011. Pertanto, il giudice che ritenga di dover adottare la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del genitore con prole infraseienne non affidabile ad altri non potrà farlo, a meno che le esigenze cautelari non si presentino come di eccezionale rilevanza. Ove non ricorra tale requisito, il giudice dovrà adottare la misura degli arresti domiciliari. Qualora, all'inverso, ritenga sussistenti le esigenze di eccezionale rilevanza, egli sarà chiamato ancora ad un'ulteriore valutazione, avente ad oggetto la compatibilità di quelle peculiari esigenze con la custodia cautelare in istituto a custodia attenuata. Solo se anche quest'ulteriore apprezzamento avrà esito negativo, dovrà essere disposta indefettibilmente la custodia in carcere. Così ricostruito l'impianto normativo definito con l'articolo 1, co. 1, 2 e 3 L. numero 62/2011, occorre prendere in considerazione il comma quarto del medesimo articolo 1, che recita Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario e comunque a decorrere dal 1 gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata . 2. Sin dai primi commenti è stata rilevata la non felice formulazione della norma che al contempo sembra posporre l'applicazione di tutte le disposizioni di cui all'articolo 1 anche del comma 4 , dall'altro sembra alludere ad una immediata fruizione dei posti già disponibili presso gli istituti a custodia attenuata. Sono emerse, al riguardo, già tre interpretazioni. Una prima, esplicitata in una nota dell'Ufficio del Massimario presso questa Corte Rel. numero III/06/11 Cassazione , osserva che il tenore letterale dell'articolo 1, comma 4, sembra differire nel tempo l'operatività dell'intera nuova regolamentazione dettata in materia di misure cautelari, compreso il più ampio divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti delle detenute madri. Tale conclusione sembrerebbe essere confermata dall'inciso contenuto nell'ultimo periodo della disposizione, che fa salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata . Viene rimarcato che questa previsione, di per sé, vale ad anticipare nel tempo esclusivamente la possibilità di applicare la custodia cautelare presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri, nella misura in cui tale struttura offra già la relativa disponibilità di posti. Richiamando un primo commento dottrinario, si afferma che il riferimento alla legislazione vigente “non può che voler ribadire la non immediata operatività dell'articolo 275, comma 4 c.p.p. come modificato dalla legge ”. Pertanto, sino all'attuazione del piano carceri o al 1 gennaio 2014, allo scattare del terzo anno d'età della prole il PM potrà chiedere, ed il giudice potrà disporre, la normale custodia cautelare in carcere della madre, provocandone il distacco dalla minore, sulla base degli ordinari presupposti ed esigenze cautelari. La tesi tratteggiata nella Relazione sembra, in conclusione, quella del differimento dell'applicazione del nuovo testo dell'articolo 275, co. 4 c.p.p., mentre sarebbe già possibile disporre la custodia attenuata qualora vi sia disponibilità del posto nell'istituto dedicato. Una seconda interpretazione, fatta propria dalla Seconda sezione di questa Corte Sez. 2, sentenza numero 25695 del 16/3/2012, Improta, Rv. 253747 Sez. 2, sentenza numero 11714 del 16/3/2012, Ruoppolo, Rv. 252535 , esclude parimenti l'immediata applicabilità dell'articolo 1, co. 1 legge numero 62/2011, e quindi la già intervenuta applicabilità del nuovo testo dell'articolo 275 co. 4 c.p.p., ed esclude che la clausola relativa ai posti disponibili a legislazione vigente abbia un qualche effetto sull'applicabilità dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 1 cit. L'assunto prende le mosse dalla considerazione secondo la quale la situazione attuale degli I.C.A.M. , ovvero gli istituti di custodia attenuata per madri, è tale per cui non risulta adottata sin qui alcuna fonte di rango normativo, regolamentare o di altro genere che ne definisca in modo organico e unitario i compiti e le attribuzioni sul piano strutturale e ordinamentale . Da ciò si deduce che allo stato tali istituti operano come articolazioni in via sperimentale di strutture della amministrazione penitenziaria . L'ulteriore conseguenza che se ne ricava è che la riserva relativa alla possibilità di utilizzare i posti già disponibili presso gli istituti a custodia attenuata, si riferisce espressamente a quanto risulta consentito in base alla “legislazione vigente” sicché, nessun riflesso può desumersi da quella clausola sul piano della applicazione della disciplina novellata , posto che la relativa entrata in vigore è stata espressamente differita . Si rileva, infine, che sarebbe in contrasto con più parametri costituzionali far dipendere l'applicazione di un regime cautelare di indubbio favor dalla semplice esistenza e disponibilità di posti presso una struttura sperimentale della amministrazione penitenziaria. Pertanto, la clausola in esame si riferirebbe unicamente alla prosecuzione sperimentale di una modalità alternativa di custodia, che nei fatti consente di anticipare i contenuti propri della misura delineata dall'articolo 285-bis c.p.p. . In sostanza, l'utilizzo dei posti avverrebbe sul piano meramente amministrativo, senza riflessi sull'applicazione della legge da parte dell'A.G. Secondo la terza ed ultima interpretazione, sostenuta dalla Sezione Quarta di questa Corte Sentenza numero 22338 del 26/4/2012, P.M. in proc. Brognoli, Rv. 252740 , l'articolo 1, comma quarto, della legge numero 62 del 2011 che dichiara applicabili le disposizioni dell'articolo 1 solo a decorrere dal 1 gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata va inteso nel senso, ragionevole e costituzionalmente compatibile, che tale applicazione differita non può concernere il comma primo che ha modificato l'articolo 275 comma quarto cod. proc. penumero ampliando il novero dei minori beneficiari della tutela in esso accordata mediante l'elevazione del limite di età che comporta il divieto di custodia cautelare in carcere per il genitore , mentre, laddove ricorrano esigenze di eccezionale rilevanza, solo queste ultime possono giustificare il differimento dell'applicazione a far data dal momento in cui sarà completato il piano straordinario delle carceri oppure dal 1 gennaio 2014. In tale ultima decisione si osserva che il quarto comma dell'articolo 1 del disposto normativo in questione, nel disciplinare l'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente articolo , fa riferimento al regime carcerario ed alle strutture che questo devono assicurare, così come a tale regime fa richiamo anche la salvezza dell'ultima parte dello stesso quarto comma col riferimento ai posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata . Da tale previsione, tuttavia, esula del tutto quella che, non sussistendo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, contempla il divieto della custodia cautelare in carcere, come disposto dal primo comma. Nessun senso, dunque, può avere, sotto il profilo della ragionevolezza e quindi nell'ottica di un'interpretazione costituzionalmente orientata, che il regime degli arresti domiciliari sia subordinato alla ridefinizione di quello carcerario pertanto, a partire dal 20 maggio 2011, data di entrata in vigore della legge numero 62/2011 - conclude la motivazione - quando si tratta di applicare la custodia cautelare in carcere al genitore di un minore degli anni sei, non affidabile ad altri, non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che non ricorrano esigenze di eccezionale rilevanza in tale ultimo caso non potrà essere disposta la custodia in istituto a custodia attenuata sino a quando non sarà contemplato il piano straordinario delle carceri o sino al 1 gennaio 2014. 3. Ciò posto, rilevato che l'approssimarsi di tale ultima data consentirà di superare le difformità interpretative delle quali si è dato atto né la S.Z. , in quanto madre di figlio infratreenne, ricaverebbe nell'immediato, ai fini che qui interessano, un vantaggio dall'elevazione del limite di età , occorre valutare, in relazione ai vizi dedotti, la specifica posizione della ricorrente nel contesto normativo siccome prima ricostruito. Ritiene il Collegio che sia fondato il motivo di ricorso, comprensivo sia della violazione di legge che del vizio di motivazione del provvedimento. La S.Z.A.L. era già, dal omissis , detenuta presso l'istituto a custodia attenuata dell'istituto penitenziario di omissis . Essendo la legge numero 62/2011 entrata in vigore il 20 maggio 2011, può, dunque, affermarsi che la donna ebbe a fruire, del tutto legittimamente, di tale opzione custodiale proprio in virtù della clausola di salvezza di cui all'articolo 1, comma 4, della legge citata .fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata . Non possono condividersi i dubbi di costituzionalità che, secondo entrambe le decisioni di questa Corte sopra riportate, scaturirebbero dal far dipendere l'applicazione del nuovo istituto dalla disponibilità di posti, ovvero da un fattore del tutto occasionale ed eccentrico rispetto alla valutazione cautelare. Per un verso, ci si chiede come possa tacciarsi di incostituzionalità una norma con la quale il legislatore ha individuato una forma di cautela capace di coniugare, seppure in una situazione di restrizione, le esigenze di tutela della maternità e dell'infanzia valorizzate dall'articolo 31 Cost Per altro verso, appare discutibile imputare al legislatore eventuali lentezze e/o inadempienze della Pubblica Amministrazione nell'adeguarsi alle innovazioni normative che, come quella in esame, implicano l'adozione di indispensabili soluzioni strutturali e logistiche, oltre tutto in un difficile contesto politico-economico di necessario contenimento della spesa pubblica. Spinta all'eccesso, la tesi che qui si critica condurrebbe alla paradossale conseguenza di non applicare a nessuno la custodia attenuata, pur in presenza di una disposizione di legge che prevede diversamente e, magari, di un numero di posti disponibili, ancorché limitati. Né appare convincente la tesi, sostenuta nelle citate sentenze della Sezione seconda numero 25695/2012 e numero 11714/2012, secondo cui la clausola in esame si riferirebbe unicamente alla prosecuzione sperimentale di una modalità alternativa di custodia, che nei fatti consente di anticipare i contenuti propri della misura delineata dall'articolo 285-bis c.p.p. , dal momento che è proprio detta clausola, promanante da fonte legislativa ordinaria, che consente di escludere, nell'attesa della compiuta applicazione della custodia attenuata dal 1 gennaio 2014, che l'utilizzo dei posti relativi avverrebbe sul piano meramente amministrativo. Posto che, per quanto detto, la ricorrente, all'atto del trasferimento contestato, stava legittimamente fruendo, in quanto madre di prole di età inferiore ai tre anni, di custodia attenuata, correttamente si è rivolta con lo strumento del reclamo generico ex articolo 35 O.P. al Magistrato di Sorveglianza di Milano. Ritiene il Collegio che il Magistrato adito abbia emesso un provvedimento con motivazione sostanzialmente apparente , avendo recepito pedissequamente le ragioni oggettive, puntualmente specificate addotte dal competente Provveditore regionale. Nel richiamare tali ragioni, tuttavia, ne ha mutuato la stessa insufficienza motivazionale, laddove non ha chiarito in che termini doveva porsi la correlazione della intervenuta condanna in primo grado alla pena di 24 anni di reclusione per omicidio, subita dalla ricorrente, con la ritenuta inidoneità, pressoché automatica , dell'istituto a custodia attenuata per il basso profilo sotto l'aspetto della sicurezza , senza il minimo riferimento ad eventuali specifiche caratteristiche di pericolosità della detenuta che si rivelassero incompatibili con l'aspetto della sicurezza evidenziato. Altrettanto incongruo appare il richiamo alla nota della Casa Circondariale di OMISSIS , dove si afferma laconicamente che la sezione ICAM non è dotata delle necessarie misure custodiali per la gestione di detenute con fine pena elevato , senza ulteriori spiegazioni quanto alla pericolosità della detenuta. Per le esposte considerazioni, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al Magistrato di Sorveglianza di Milano per nuovo esame. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia al Magistrato di Sorveglianza di Milano per nuovo esame.