“Inutiliter data” l’opposizione con (presunte) ragioni umanitarie in sede di convalida dell’espulsione

In tema di immigrazione clandestina e quindi di espulsione dell’extracomunitario, è legittimo il trattenimento nel centro d’identificazione ed espulsione c.i.e. se si ravvisi quale misura utile e proporzionale e ciò quando sussiste un’oggettiva impossibilità del rimpatrio.

Il principio si argomenta dall’ordinanza della Corte di Cassazione numero 5306, depositata il 6 marzo 2014. Il caso. Un cittadino nigeriano, privo del visto d’ingresso e senza avere richiesto un titolo di soggiorno, riceveva un provvedimento, da parte della Prefettura, di espulsione, poi convalidato con decreto del Giudice di Pace e veniva trattenuto presso il c.i.e. La protezione dell’immigrato extraeuropeo tra presupposti ed oneri lo “status” potenziale ed il moltiplicatore effettivo. Sotto il profilo formale, va, in primis, ricordato che i centri di identificazione ed espulsione sono gli ex Centri di permanenza temporanea ed assistenza ovvero strutture destinate al trattenimento, convalidato dal Giudice di Pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione e, cioè, finalizzate ad evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio ed a consentire la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell’ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti dei medesimi in altri termini, tali centri hanno la funzione di consentire accertamenti sull’identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione ovvero di trattenere persone in attesa di un’espulsione certa. All’uopo, è da sottolineare, infatti, che l’ordinamento giuridico interno prevede, in caso di non legittima permanenza in Italia dell’extracomunitario, l’adozione, nell’ambito dell’obbligo di rimpatrio, di un provvedimento amministrativo espulsivo ad hoc, impugnabile in sede giurisdizionale, eseguibile mediante partenza volontaria o accompagnamento coattivo alla frontiera o, in mancanza, con trattenimento, prorogabile fino a diciotto mesi. Sul punto, i principi generali da applicare sono quello del contraddittorio e del diritto alla prova ed i parametri sono quelli dell’utilità del trattenimento e della proporzionalità della misura. Premesso che, generalmente, soltanto una concreta prospettiva di esecuzione dell’allontanamento legittima il trattenimento Corte Giust. CE 30-11-2009 , comprovate difficoltà temporanee ne giustificano, comunque, la proroga. In termini di diritto sostanziale, vige il divieto di espulsione e respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi rilevanti secondo la Carta costituzionale italiana all’uopo, è da notare che il divieto di rimpatrio opera esclusivamente nella fase antecedente l’esecuzione del provvedimento di espulsione e, cioè, nel giudizio di cognizione dell’opposizione o in quello della eventuale istanza di un titolo giustificato da ragioni di protezione internazionale o umanitaria. Principio del “non refoulement”. Segnatamente, non è invocabile, in sede di opposizione alla convalida dell’espulsione o di proroga del trattenimento, il principio cardine dell’ordinamento internazionale del non refoulement, generalmente invocabile in caso di rischio reale per la propria vita ed applicabile in sede di accertamento del diritto ciò in quanto il giudice, mentre in fase di opposizione all’espulsione è titolare di un ampio potere di cognizione Cass. numero 27331/2013 , in tale altra fase, può e deve conoscere e riscontrare , esclusivamente, le condizioni che giustificano la restrizione della libertà personale e non può riesaminare le condizioni dell’espulsione Cass. numero 3268/2006 e numero 5715/2008 e, quindi, non può verificare preventivamente se sia possibile procedere al rimpatrio ovvero valutare l’insussistenza dell’utilità del trattenimento. E’ da notare, peraltro, che il destinatario dell’espulsione ha la possibilità di chiedere la protezione internazionale e di reiterare tale domanda nonché di prospettare i motivi in sede di opposizione all’espulsione rilevano, quali relativi presupposti, seri motivi di carattere umanitario risultanti da obblighi costituzionali o internazionali, anche se non sussistono le condizioni per il rifugio politico o per la protezione sussidiaria. La legittimità del provvedimento amministrativo deriva dalla fase e dalla natura del procedimento e, quindi, dall’oggetto del sindacato giurisdizionale. In ambito di ingresso, soggiorno ed allontanamento dell’extracomunitario, il magistrato non può e non deve, all’udienza di convalida del provvedimento di espulsione, valutare le eccezioni formulate dallo straniero per la prima volta, quindi tardivamente, inerenti le eventuali circostanze ostative al rimpatrio, quale la situazione di grave crisi socio-politica dello Stato di provenienza, ovvero le prospettive di concreto rimpatrio G.d.P. Roma 06-08-2012, r.g. numero 59505 . Ergo, il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 14 gennaio – 6 marzo 2014, numero 5306 Presidente Macioce – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex articolo 377, 380 bis cod. proc. civ., in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 5780 del 2013 La cittadina straniera, di nazionalità nigeriana è stata trattenuta presso il Centro d'identificazione ed espulsione di omissis a seguito della convalida disposta dal giudice di pace con provvedimento del 6/8/2012. Il decreto è stato adottato in esecuzione del provvedimento di espulsione emesso dalla Prefettura di Roma il 3/8/2012, ex articolo 13 secondo comma, lettera a del d.lgs numero 286 del 1998 per avere fatto ingresso nel nostro territorio priva del visto d'ingresso e senza aver richiesto un titolo di soggiorno. All'udienza di convalida venivano opposte ragioni umanitarie derivanti dalla grave situazione della Nigeria ostative ai sensi dell'articolo 19, primo comma, d.lgs numero 286 del 1998 alla convalida medesima. Avverso tale ultimo provvedimento ha proposto ricorso la cittadina straniera ed ha resistito con controricorso il Ministero dell'interno. Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli articolo 13, 14 e 19 del d.lgs. numero 286 del 1998 per non avere considerato il giudice di pace l'esistenza di condizioni ostative al rimpatrio, costituite dalla grave situazione della e, conseguentemente non aver ritenuto l'illegittimità del trattenimento, ai sensi dell'articolo 15, comma primo, della direttiva 2008/115/CE che consente l'adozione di tale misura solo quando sia direttamente strumentale all'effettivo rimpatrio dello straniero. Nella specie l'applicabilità del principio di non refoulement imponeva al giudice di pace di verificare preventivamente se fosse possibile procedere al rimpatrio, senza per ciò solo esporre la ricorrente a trattamenti detentivi, peraltro non consentiti ex articolo 3 CEDU. Al riguardo la ricorrente ha rilevato che il giudice di pace era tenuto a valutare l'insussistenza dell'utilità del trattenimento non essendo possibile una concreta ed effettiva possibilità di rimpatrio, attesa la situazione politica in ex articolo 15 comma quarto sopra citato. Nel secondo motivo viene sollevata la questione pregiudiziale comunitaria ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea con riferimento alla compatibilità degli articolo 13 e 14, comma 5 ter del d.lgs numero 286 del 1998 con gli articolo 7 e 15 della direttiva 2008/115/CE. Ai sensi dell'articolo 7, comma quarto, quando risulta che non esiste alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata. Il trattenimento si giustifica nel sistema della Direttiva soltanto nella misura in cui possa esserne in ogni momento dimostrata l'effettiva e persistente funzionalità rispetto all'obiettivo di assicurare l'allontanamento dello straniero. Inoltre esso può essere disposto soltanto se altre misure limitative siano insufficienti. Peraltro la necessità della previa valutazione di concrete ed effettive prospettive di rimpatrio è stata ribadita dalla stessa Corte di Giustizia con la sentenza del 30/11/2009 Kadzoev contro Bulgaria, nella quale è stato affermato che soltanto una concreta prospettiva di esecuzione dell'allontanamento giustifica l'esecuzione coattiva e questa prospettiva non sussiste quando risulta poco probabile che l'interessato sia accolto in un paese terzo. Nella specie, tuttavia, pur avendo la ricorrente invocato, quale misura ostativa al rimpatrio, la situazione di grave crisi sociopolitica in , il giudice di pace non ha valutato le prospettive di concreto rimpatrio. In conclusione il ricorrente chiede di sospendere il giudizio e rimettere gli atti alla Corte di Giustizia sul seguente quesito Alla luce dei principi di leale cooperazione e di effetto utile delle direttive, gli articolo 7 e 15 della direttiva 2008/115/CE ostano a che un legislatore nazionale preveda l'espulsione tramite accompagnamento coattivo alla frontiera nazionale immediatamente esecutivo del cittadino extracomunitario privo di regolare titolo di soggiorno o, ove non sia possibile, con trattenimento nei centri di detenzione amministrativa senza attribuire al giudice della legittimità della misura del trattenimento di verificare la sussistenza di concrete ed effettive prospettive di rimpatrio anche alla luce dell'invocato principio di non refoulement? . Nel terzo motivo viene dedotta la mancata applicazione dei articolo 5,6, 13 della CEDU e dell'articolo 1 del protocollo numero 7 della CEDU in relazione all'articolo 117 Cost. in quanto un trattenimento illegittimo quale quello in oggetto non è conforme alla Convenzione secondo i parametri sopra delineati, tenuto conto della incontestata applicazione dell'articolo 5 anche al trattenimento come indicato già dalla Corte di Strasburgo nella decisione di ricevibilità 13/5/2004 caso Zeciri contro Italia. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il sistema normativo interno di rimpatrio dei cittadini stranieri che sono entrati o soggiornano illegalmente nel nostro Paese per le ragioni tipizzate nell'articolo 13 del d.lgs numero 286 del 1998, si compone di due fasi, amministrative ed eventualmente giurisdizionali. La mancanza delle condizioni di legittima permanenza da luogo ad un provvedimento espulsivo, impugnabile davanti al giudice di pace e ricorribile per cassazione. L'esecuzione dell'espulsione può essere disposta, alla luce della nuova disciplina normativa di recezione della Direttiva 2008/115/CE d.l. numero 89 del 2011, convertito nella l. numero 129 del 2011 , mediante partenza volontaria articolo 13 comma quinto d.lgs. numero 286 del 1998 da ritenersi il sistema generale di rimpatrio, o mediante accompagnamento coattivo alla frontiera. articolo 13, comma quarto nelle ipotesi in cui non sia possibile procedere alla partenza volontaria o il cittadino straniero non ne abbaia fatto richiesta. In tale seconda ipotesi, qualora non sia possibile eseguire immediatamente l'ordine di accompagnamento coattivo può procedersi al trattenimento dello straniero ex articolo 14 prorogabile fino ad un anno e mezzo con le modalità e nel rispetto rigoroso dei singoli periodi, così come stabilito nell'articolo 14 comma quinto. Il rispetto del principio di non refoulement è garantito in fase di opposizione all'espulsione attraverso l'articolo 19, primo comma del d.lgs. numero 286 del 1998, ai sensi del quale è fatto divieto di espulsione e respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali , nonché mediante l'articolo 5, comma sesto e 32, terzo comma del d.lgs. numero 25 del 2008. Ai sensi di tali ultime norme, in sede di procedimento relativo ad una domanda di protezione internazionale, la Commissione Territoriale, quando ricorrano seri motivi di carattere umanitario risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano, può trasmettere gli atti al Questore perché provveda al rilascio di un permesso per motivi umanitari anche quando non sussistano le condizioni per le misure tipiche del rifugio politico e della protezione sussidiaria. Pertanto il divieto di rimpatrio , secondo la definizione proveniente dal diritto dell'Unione Europea, opera nel nostro ordinamento non nel momento dell'esecuzione del provvedimento di espulsione ma nella fase antecedente del giudizio di cognizione sulle dedotte cause d'illegittimità della misura adottata opposizione all'espulsione o in quello nel quale venga azionato il diritto ad un titolo di soggiorno giustificato da ragioni di protezione internazionale od umanitarie, articolo 19 d.lgs numero 150 del 2011 . Tale ultimo procedimento prevede fino all'esaurimento del primo grado d'impugnazione della pronuncia della Commissione territoriale, la sospensione e l'inefficacia temporanea di ordini di rimpatrio pendenti, proprio in funzione dell'attuazione del principio di non refoulement in sede di accertamento del diritto. In conclusione, con riferimento al caso di specie, la ricorrente avrebbe dovuto opporre le ragioni di protezione internazionale od umanitarie come divieti di espulsione ex articolo 19 primo comma, d.lgs numero 286 del 1998, all'interno di un giudizio caratterizzato dalla piena esplicazione del principio del contraddittorio e del diritto alla prova e non nella successiva sede del giudizio di convalida del trattenimento, nel quale la cognizione del giudice di pace è limitata ex lege Cass. 3268 del 2006 5715 del 2008 al riscontro delle condizioni che giustificano al restrizione della libertà personale, salva l'inesistenza o l'inefficacia del provvedimento presupposto ma non è diretto al riesame delle condizioni di legge dell'espulsione. L'altra strada, peraltro intrapresa dalla ricorrente è quella della domanda di protezione internazionale, evidentemente non coltivata, attesa la mancanza di qualsiasi elemento di riscontro al riguardo nel ricorso. Deve, pertanto, escludersi, che il nostro sistema non abbia dato attuazione al principio di non refoulement, preesistente alla Direttiva 2008/115/CE, ribadito dal citato articolo 15 della Direttiva, né risulta in alcun modo comprovata l'attuale impossibilità di organizzare il rimpatrio, atteso che difficoltà temporanee, ove comprovate giustificano l'adozione dei provvedimenti di proroga previsti dalla legge. Ne consegue la manifesta infondatezza anche della questione pregiudiziale prospettata. Peraltro deve essere rilevato che la giurisprudenza di questa Corte ha già affermato la compatibilità del sistema di trattenimento dello straniero così come disciplinato dal nostro ordinamento rispetto ai parametri della Direttiva 2008/115/CE. Quanto al terzo motivo, relativo alla compatibilità del nostro sistema del trattenimento con i principi CEDU così come elaborati dalla Corte di Strasburgo deve osservarsi che nella pronuncia della CEDU relativa al ricorso 12921 del 2011/04 Seferovic contro Italia è stata ritenuta manifestamente infondata la questione relativa al trattamento inumano e degradante nei C.I.E. anche sotto il profilo dell'ingerenza nella vita privata e familiare. Pertanto ove si condividano i rilievi sopra svolti il ricorso deve essere respinto . Ritenuto che il Collegio aderisce alla relazione osservando in ordine alla memoria depositata dalla parte ricorrente che la verifica delle garanzie di difesa e di effettivo esercizio del diritto al contraddittorio devono essere valutate, operando un esame complessivo dei procedimenti giurisdizionali riguardanti l'allontanamento dello straniero, e non esclusivamente nel segmento procedimentale relativo alla convalida del trattenimento e della proroga del trattenimento medesimo, tenuto conto dell'ampia possibilità di richiedere la domanda di protezione internazionale anche se destinatari di un provvedimento di espulsione articolo 20 d.lgs numero 25 del 2008 di reiterare la domanda di prospettare motivi di protezione internazionale in sede di opposizione all'espulsione Ritenuto, pertanto, che la sedes del procedimento di convalida del trattenimento o della proroga non consente l'approfondimento istruttorio anche officioso cui il giudice è tenuto nel procedimento di cognizione delle cause di espulsione o delle ragioni di protezione internazionale od umanitaria, Cass. 27331 del 2013, in fattispecie del tutto analoga , attesa la natura del procedimento e l'oggetto vincolato del controllo giurisdizionale ritenuto, infatti, che la predetta limitazione del sindacato giurisdizionale in sede di convalida si giustifica proprio in virtù dell'ampiezza della cognizione in fase di opposizione all'espulsione e di accertamento delle condizioni per il riconoscimento di misure di protezione internazionale od umanitarie ritenuto che i parametri dell'utilità del trattenimento e della proporzionalità della misura articolo 15 Direttiva CE numero 115 del 2008 possono essere valutati in sede di proroga della misura del trattenimento una volta che si verifichi l'oggettiva impossibilità del rimpatrio, non potendo essere integrati nel dedotto motivo di opposizione alla convalida fondato sull'applicazione del principio del non refoulement ritenuto in conclusione che il ricorso debba essere respinto e che la relativa novità delle questioni prospettati giustifica la compensazione delle spese del presente procedimento. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.