La disciplina speciale dettata per l'installazione degli impianti pubblicitari esclude la contemporanea applicabilità del TU in materia edilizia, ovvero il d.P.R. numero 380/2001, nel senso che eventuali problematiche di natura tecnico/urbanistica dovranno essere considerate all'interno del procedimento autorizzatorio principale.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione VI, con cinque distinte sentenze depositate il 19 gennaio scorso nnumero 244/17, 243/17, 238/17, 236/17, 235/17 . Quadro normativo. Per pervenire a tale conclusione, la Sezione ha ritenuto prioritario ridefinire il quadro di riferimento normativo che va, in primo luogo, alle norme del codice della strada d.lgs. 30 aprile 1992 numero 285 , alle quali si sono presto affiancate quelle di cui al d.lgs. 15 novembre 1993 numero 507 «Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province» . L’attività pubblicitaria, ha precisato a tale proposito, è regolamentata dall’articolo 23, comma 4, cds, il quale prevede che la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse sia «soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada». All'interno del perimetro dei centri abitati, la competenza al rilascio dell’autorizzazione è, in tutti i casi, dei Comuni, fatto salvo il preventivo nulla osta dell'ente proprietario nei casi in cui la strada appartenga al demanio statale, regionale o provinciale. Nella sostanza, chi intende esporre un mezzo pubblicitario «deve presentare la relativa domanda» all’Ente proprietario della strada, il quale rilascia apposita autorizzazione al posizionamento dello stesso articolo 53, comma 3, regolamento di attuazione del codice della strada, approvato con d.P.R. 16 dicembre 1992 numero 495 . Lo stesso regolamento di attuazione del codice della strada fissa, poi, i requisiti tipologici degli impianti pubblicitari da allocare lungo le strade e le fasce di pertinenza articolo 48, comma 1 , demandando alla potestà regolamentare dei Comuni la possibilità di prevedere ulteriori «limitazioni dimensionali» articolo 48, comma 2 . Va evidenziato che l’attività pubblicitaria, infatti, si esercita nel rispetto delle indicazioni e dei vincoli contenuti in due importanti strumenti di pianificazione e programmazione generale il regolamento comunale ed il piano generale degli impianti pubblicitari. Infatti, in questa materia, l’articolo 3 d.lgs. numero 507/1993 ha previsto in capo ai Comuni l’obbligo di adottare un «apposito regolamento» per l’applicazione dell'imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni. Attraverso tale strumento, i Comuni sono tenuti a disciplinare le modalità di effettuazione della pubblicità e possono stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse. Regolamento comunale. I contenuti essenziali del regolamento, indicati dalla legge, sono i seguenti 1 determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari 2 stabilire le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione 3 indicare i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti pubblicitari 4 fissare la ripartizione della superficie degli impianti pubblici da destinare alle affissioni di natura istituzionale, sociale o comunque prive di rilevanza economica e quella da destinare alle affissioni di natura commerciale, nonché la superficie degli impianti da attribuire a soggetti privati, per l’effettuazione di affissioni dirette. Con l’adozione del piano generale degli impianti pubblicitari, il Comune provvede alla razionale distribuzione sul territorio degli impianti pubblicitari, indicando i siti ove è possibile collocare gli stessi. Come ha precisato la sentenza della Corte Costituzionale numero 455/02 «La tutela interessi pubblici presenti nella attività pubblicitaria effettuata mediante l’installazione di cartelloni si articola dunque, nel d.lgs. numero 507/1993, in un duplice livello di intervento l’uno, di carattere generale e pianificatorio, mirante ad escludere che le autorizzazioni possano essere rilasciate dalle amministrazioni comunali in maniera causale, arbitraria e comunque senza una chiara visione dell’assetto del territorio e delle sue caratteristiche abitative, estetiche, ambientali e di viabilità l'altro, a contenuto particolare e concreto, in sede di provvedimento autorizzatorio, con il quale le diverse istanze dei privati vengono ponderate alla luce delle previsioni di piano e solo se sono conformi a tali previsioni possono essere soddisfatte ». Rilascio del titolo edilizio. La ricostruzione del panorama legislativo vigente consente, in sostanza, di ritenere che l’autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari rilasciata dai Comuni in base alla disciplina speciale segnatamente in base all’articolo 23 cds , nel rispetto dei criteri e dei vincoli fissati nell’apposito regolamento comunale e nel piano generale degli impianti pubblicitari a loro volta previsti dall’articolo 3 d.lgs. numero 507/1993 abbia anche una valenza edilizia-urbanistica ed assolva, pertanto, alle esigenze di tutela sottesa al rilascio di un ulteriore titolo abilitativo rappresentato, secondo la tesi del Comune fatta propria dal TAR nel giudizio posto all'attenzione della Sezione dal rilascio del titolo edilizio secondo la disciplina di cui al d.lgs. numero 380 del 2001. Il Collegio, peraltro, ha affermato di essere consapevole che una parte della giurisprudenza amministrativa in passato cfr. Cons. St. numero 2497/07 ha accolto una tesi contraria, che non esclude in assoluto la necessità del titolo edilizio per l’installazione degli impianti pubblicitari, ma richiede anche il permesso di costruire allorché vi sia un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio in tal senso anche la prevalente giurisprudenza penale cfr., da ultimo Cass. Penumero numero 19185/15 . Tuttavia, ha ritenuto non condivisibile tale interpretazione perchè la stessa sarebbe in netta controtendenza rispetto all’esigenza, fortemente perseguita dal legislatore anche nei più recenti interventi legislativi cfr., ad esempio, d.lgs. numero 126/2016 , di semplificare i procedimenti amministrativi, convogliando i titoli abilitativi necessari allo svolgimento di un’attività privata all’interno di un procedimento unitario. Gli interessi legati all’assetto urbanistico, pertanto, devono essere perseguiti dal Comune non attraverso la duplicazione dei titoli autorizzatori, ma vanno, al contrario, valutati, nel rispetto del principio di semplificazione e unicità del procedimento amministrativo, all’interno del procedimento di rilascio dell’autorizzazione prevista dall’articolo 23, comma 4, cds, con la conseguenza che quest’ultima autorizzazione dovrà essere negata nel caso in cui l’installazione risulti incompatibile con le esigenze urbanistico-edilizie.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 17 novembre 2016 – 19 gennaio 2017, numero 244 Presidente Caracciolo – Estensore Giovagnoli Fatto e diritto 1. Viene in decisione l’appello proposto dalla società Affitalia Outdoor s.r.l. per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per la Calabria ha respinto il ricorso proposto in primo grado per l’annullamento dell’ordinanza con la quale il Comune di Vibo Valentia ha ordinato alla ricorrente la demolizione di un impianto pubblicitario perché realizzato in assenza del permesso di costruire. 2. Secondo la sentenza appellata, in sintesi, il decreto legislativo 15 novembre 1993, numero 507 in particolare l’articolo 3 che disciplina l’installazione degli impianti pubblicitari , non prevede che l’Amministrazione comunale, nel rilasciare l’autorizzazione all’installazione degli impianti, svolga anche valutazioni edilizie relative all’impatto della struttura sul territorio. Pertanto, è necessario, secondo il T.a.r., che il procedimento autorizzatorio sia “doppiato” dal procedimento, disciplinato dal decreto legislativo 6 giugno 2001, numero 380, volto ad ottenere il titolo edilizio prescritto in relazione alla natura e alle caratteristiche delle strutture. 3. L’appellante sostiene, invece, che i titoli abilitativi previsti dalla disciplina speciale ovvero dal codice della strada e dal citato d.lgs. numero 507 del 1993 assolvono integralmente le esigenze proprie del settore e quelle territoriali affidate alla cura degli enti locali, sicché non vi sarebbe spazio per l’applicazione della normativa edilizia dettata dal d.lgs. numero 380 del 2001. 4. Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il Comune di Vibo Valentia. 5. Alla pubblica udienza del 17 novembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione. 6. L’appello merita accoglimento. 7. Occorre, preliminarmente, ricostruire nei suoi tratti essenziali la specifica disciplina vigente in materia di impianti pubblicitari. Il riferimento va, in primo luogo, alle norme del Codice della strada d.lgs. 30 aprile 1992 numero 285 , alle quali si sono presto affiancate quelle di cui al d.lgs. 15 novembre 1993 numero 507 «Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province» . L’attività pubblicitaria è regolamentata dall’articolo 23, comma 4, del Codice della strada, il quale prevede che la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse sia «soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada». All'interno del perimetro dei centri abitati, la competenza al rilascio dell’autorizzazione è, in tutti i casi, dei Comuni, fatto salvo il preventivo nulla osta dell'ente proprietario nei casi in cui la strada appartenga al demanio statale, regionale o provinciale. Nella sostanza, chi intende esporre un mezzo pubblicitario «deve presentare la relativa domanda» all’Ente proprietario della strada, il quale rilascia apposita autorizzazione al posizionamento dello stesso articolo 53, comma 3, regolamento di attuazione del Codice della strada, approvato con d.P.R. 16 dicembre 1992 numero 495 . Lo stesso regolamento di attuazione del Codice della strada fissa, poi, i requisiti tipologici degli impianti pubblicitari da allocare lungo le strade e le fasce di pertinenza articolo 48, comma 1 , demandando alla potestà regolamentare dei Comuni la possibilità di prevedere ulteriori «limitazioni dimensionali» articolo 48, comma 2 . Va ancora evidenziato che l’attività pubblicitaria, infatti, si esercita nel rispetto delle indicazioni e dei vincoli contenuti in due importanti strumenti di pianificazione e programmazione generale il regolamento comunale ed il piano generale degli impianti pubblicitari. Infatti, in questa materia, l’articolo 3 del decreto legislativo numero 507 del 1993 ha previsto in capo ai Comuni l’obbligo di adottare un «apposito regolamento» per l’applicazione dell'imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio delle pubbliche affissioni. Attraverso tale strumento, i Comuni sono tenuti a disciplinare le modalità di effettuazione della pubblicità e possono stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse. I contenuti essenziali del regolamento, indicati dalla legge, sono i seguenti 1 determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari 2 stabilire le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione 3 indicare i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti pubblicitari 4 fissare la ripartizione della superficie degli impianti pubblici da destinare alle affissioni di natura istituzionale, sociale o comunque prive di rilevanza economica e quella da destinare alle affissioni di natura commerciale, nonché la superficie degli impianti da attribuire a soggetti privati, per l’effettuazione di affissioni dirette. Con l’adozione del piano generale degli impianti pubblicitari, il Comune provvede alla razionale distribuzione sul territorio degli impianti pubblicitari, indicando i siti ove è possibile collocare gli stessi. Come ha precisato Corte cost., 17 luglio 2002 numero 455 « La tutela interessi pubblici presenti nella attività pubblicitaria effettuata mediante l’installazione di cartelloni si articola dunque, nel decreto legislativo numero 507 del 1993, in un duplice livello di intervento l’uno, di carattere generale e pianificatorio, mirante ad escludere che le autorizzazioni possano essere rilasciate dalle amministrazioni comunali in maniera causale, arbitraria e comunque senza una chiara visione dell’assetto del territorio e delle sue caratteristiche abitative, estetiche, ambientali e di viabilità l'altro, a contenuto particolare e concreto, in sede di provvedimento autorizzatorio, con il quale le diverse istanze dei privati vengono ponderate alla luce delle previsioni di piano e solo se sono conformi a tali previsioni possono essere soddisfatte ». 8. Questa ricostruzione del panorama legislativo vigente consente di ritenere che l’autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari rilasciata dai Comuni in base alla disciplina speciale segnatamente in base all’articolo 23 del Codice della Strada , nel rispetto dei criteri e dei vincoli fissati nell’apposito regolamento comunale e nel piano generale degli impianti pubblicitari a loro volta previsti dall’articolo 3 d.lgs. numero 507/1993 abbia anche una valenza edilizia-urbanistica ed assolva, pertanto, alle esigenze di tutela sottesa al rilascio di un ulteriore titolo abilitativo rappresentato, secondo la tesi del Comune fatta propria dal T.a.r. dal rilascio del titolo edilizio secondo la disciplina di cui al d.lgs. numero 380 del 2001. 9. Il Collegio è consapevole che una parte della giurisprudenza amministrativa in passato cfr. Cons. St., sez. V, 17 maggio 2007 numero 2497 ha accolto una tesi contraria, che non esclude in assoluto la necessità del titolo edilizio per l’installazione degli impianti pubblicitari, ma richiede anche il permesso di costruire allorché vi sia un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio in tal senso anche la prevalente giurisprudenza penale cfr., da ultimo Cass. Penumero Sez. III, 8 maggio 2015, numero 19185 . 10. Tale tesi non appare, tuttavia, condivisibile alla luce delle seguenti considerazioni. 10.1. In primo luogo, essa non sembra tenere conto della “specialità” della disciplina di settore codice della strada e decreto legislativo numero 507 del 1993 la quale, come riconosciuto anche dalla Corte costituzionale, prescrive regole e obblighi pianificatori specifici volti a tutelare, anche, le esigenze “dell’assetto del territorio e delle sue caratteristiche abitative, estetiche, ambientali e di viabilità”. Di conseguenza, prescrivere in aggiunta all’autorizzazione di settore, anche il rilascio del permesso di costruire si tradurrebbe in una duplicazione del sistema autorizzatorio e sanzionatorio che risulterebbe sproporzionata, perché non giustificata dall’esigenza, già salvaguardata in base alla disciplina speciale cfr. articolo 3 d.lgs. numero 507 del 1993 , di tutelare l’interesse al corretto assetto del territorio. 10.2. L’inutile complicazione cui darebbe luogo la tesi della duplicazione dei titoli autorizzatori risulta, peraltro, in netta controtendenza rispetto all’esigenza, fortemente perseguita dal legislatore anche nei più recenti interventi legislativi cfr., ad esempio, d.lgs. 30 giugno 2016, numero 126 , di semplificare i procedimenti amministrativi, convogliando i titoli abilitativi necessari allo svolgimento di un’attività privata all’interno di un procedimento unitario. Gli interessi legati all’assetto urbanistico, pertanto, devono essere perseguiti dal Comune non attraverso la duplicazione dei titoli autorizzatori, ma vanno, al contrario, valutati, nel rispetto del principio di semplificazione e unicità del procedimento amministrativo, all’interno del procedimento di rilascio dell’autorizzazione prevista dall’articolo 23, comma 4, codice della strada, con la conseguenza che quest’ultima autorizzazione dovrà essere negata nel caso in cui l’installazione risulti incompatibile con le esigenze urbanistico-edilizie. 10.3. Ulteriori elementi interpretativi a sostegno di questa tesi si desumono poi dall’articolo 168 d.lgs. 22 gennaio 2004, numero 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio , che testualmente dispone “Chiunque colloca cartelli o altri mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 153 è punito con le sanzioni previste dal decreto legislativo 30 aprile 1992, numero 285 e successive modificazioni”. In tal modo, come evidenziato da parte appellante, la norma ha sottratto i cartelli pubblicitari alla disciplina generale prevista per le costruzioni e le opere in genere, assoggettandoli, ove sprovvisti del nulla osta paesaggistico, alle sanzioni amministrative previste dal codice della strada e non già alle sanzioni penali previste per le costruzioni abusive. 10.4. Ancora, in tale direzione depone l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali, pronunciando in tema di riparto della giurisdizione in materia di determinazioni di rimozione di impianti pubblicitari in questo processo sulla giurisdizione si è formato il giudicato implicito , hanno in più occasioni escluso o che il provvedimento con il quale un Comune intima la rimozione coattiva di un impianto pubblicitario rientri nella categoria degli « atti e provvedimenti » in materia di urbanistica ed edilizia - la cui cognizione, com’è noto, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, affermando espressamente che non si verte “in tema di uso del territorio, ma di godimento abusivo di beni demaniali, con riferimento al quale il legislatore detta una disciplina specifica” cfr. Cass. Sez. Unumero 14 gennaio 2009, numero 563 18 novembre 2008 numero 27334, 6 giugno 2007 numero 13230, 17 luglio 2006 numero 16129 e 19 novembre 1998 numero 11721 . 11. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso di primo grado. 12. Sussistono i presupposti, considerata la controvertibilità della questione di diritto e l’esistenza di precedenti contrari, per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado. Compensa le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.