Riduce gli onorari e fa il minimo delle attività richieste: eppure la condotta del notaio non è censurabile

Illegittima la sanzione disciplinare della censura per il notaio che, in numerosi atti di pubblicazione di testamenti, abbia fatto ricorso alla clausola di esonero dalla trascrizione degli acquisti immobiliari mortis causa, chiedendo onorari ridotti.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 4485 del 25 febbraio 2014. La fattispecie. La Commissione regionale di disciplina del Piemonte e della Valle d’Aosta, adita dal Consiglio Notarile dei distretti di Cuneo, Alba, Mondovì e Saluzzo, irrogava a un notaio la sanzione disciplinare della censura per aver violato i principi di deontologia professionale notarile, facendo ricorso, in numerosi atti di pubblicazione di testamento olografo e di attivazione di testamenti pubblici, a clausole di esonero dall’obbligo di trascrivere i relativi acquisti immobiliari mortis causa. Egli, inoltre, aveva ridotto gli onorari richiesti, ponendo in essere atti di concorrenza sleale e compromettendo, così, il decoro e il prestigio della classe notarile. La Corte d’Appello di Torino dichiarava l’insussistenza dell’illecito disciplinare contestato, in quanto in numerosi casi i lasciti testamentari aventi ad oggetto beni immobili non configuravano dei legati – i soli a dover essere trascritti – ma istituzione di erede ex re certa. In altre parole, non sarebbe stata in gioco una violazione civilisticamente rilevante ma un atteggiamento negligente desunto dalla ricorrenza della clausola di esonero. Tuttavia, alle clausole di esonero corrispondevano effettive informazioni date dal notaio alle parti, notaio che, quindi, non peccava di negligenza. Da escludere anche, la contestata condotta di concorrenza sleale per il fatto che l’imputato si era limitato a richiedere il compenso professionale per la sola attività effettivamente svolta. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Consiglio notarile. Obblighi di trascrizione del notaio. Il ricorrente lamenta il fatto che il notaio non sia stato considerato responsabile per aver eseguito prestazioni in modo inadeguato alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, facendo ricorso a clausole di dispensa imitatrici dell’incarico professionale senza fornire alla parti chiarimenti utili. Il motivo è infondato l’articolo 2648, co. 1, c.c. impone la trascrizione dell’acquisto del legato immobiliare e, ai sensi dell’articolo 2650, co. 1, c.c., la relativa omissione produce l’inefficacia di ulteriori trascrizioni e iscrizioni a carico dell’acquirente. Parallelamente, sul notaio che proceda alla pubblicazione di un testamento contenente l’attribuzione di un legato incombe l’obbligo di provvedere alla trascrizione. La Corte territoriale si è attenuta a quanto appena detto, ritenendo, però, che anche nei casi in cui si tratta della pubblicazione di disposizioni testamentarie sicuramente a titolo particolare, nulla consente di ritenere la clausola si esonero mirata a un’elusione sostanzialmente pilotata di tale obbligo. Chi dice che le clausole di esonero sono contrarie alla deontologia professionale? La Suprema Corte fa notare che la decisione impugnata ha semplicemente escluso in punto di fatto la prova dell’illecito, ritenendo non suffragato da elementi certi che le contestate clausole di esonero, ritenute legittime dalla stessa Commissione di disciplina, fossero contrarie alla deontologia professionale, in quanto sostanzialmente pilotate dal notaio per eludere gli obblighi di legge. Nessuna concorrenza sleale. Priva di fondamento è anche la doglianza relativa all’esclusione della violazione del divieto di illecita concorrenza, sottesa, secondo il ricorrente, alla generalizzata prassi dell’inserimento delle ridotte clausole di esonero della trascrizione «ove pure vi fosse stato un atteggiamento negligente, il limitarsi a farsi corrispondere onorari e spese per le prestazioni effettivamente erogate non può essere ragionevolmente inteso come indice sicuramente rivelatore di un intento di slealtà e di concorrenza indebita nei confronti della classe notarile nel suo insieme». In conclusione, il ricorso va respinto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 aprile 2013 – 25 febbraio 2014, numero 4485 Presidente Bucciante – Relatore Manna Svolgimento del processo La Commissione regionale di disciplina del Piemonte e della Valle d'Aosta, adita dal Consiglio notarile dei distretti riuniti di Cuneo, Alba, Mondovì e Saluzzo, irrogava a T.V. , notaio in Alba, la sanzione disciplinare della censura, per aver, in violazione degli articolo 1, comma 2, 14, lett. b e 42, lett. c dei principi di deontologia professionale notarile, fatto ricorso in numerosi atti di pubblicazione di testamento olografo e di attivazione di testamenti pubblici a clausole di esonero dall'obbligo di trascrivere i relativi acquisti immobiliari mortis causa e per aver, in violazione dell'articolo 147 legge notarile, posto in essere atti di concorrenza illecita consistenti nella riduzione degli onorari richiesti, compromettendo il decoro e il prestigio della classe notarile. Avverso la deliberazione della Commissione regionale di disciplina, il notaio T. proponeva reclamo innanzi alla Corte d'appello di Torino, che con ordinanza del 21.5.2012, resistendo il Consiglio notarile, dichiarava l'insussistenza dell'illecito disciplinare contestato. La Corte territoriale, premesso che non tutti gli atti pubblici su cui si basava la contestazione disciplinare erano stati prodotti, rilevava che se non in tutti, in numerosi casi i lasciti testamentari aventi ad oggetto beni immobili configuravano non già dei legati - i soli a dover essere trascritti, non richiedendosi per l'acquisto del diritto l’accettazione del legatario - ma istituzioni di erede ex re certa. Tale rilievo, secondo la Corte subalpina, svalutava la tesi del Consiglio notarile secondo cui l'attività del notaio T. sarebbe stata improntata a trascuratezza dei propri obblighi professionali. Ciò che si ravvisava nella decisione impugnata non era, dunque, una violazione civilisticamente rilevante, ma un atteggiamento negligente desunto dalla ricorrenza della clausola di esonero, che sebbene legittima sarebbe stata pilotata dal notaio e ad essa avrebbe corrisposto un atteggiamento sostanzialmente lassista. Tale difetto di diligenza, però, era escluso in punto di fatto perché nulla di quanto emerso legittimava la conclusione che alle clausole di esonero non corrispondessero effettive informazioni date dal notaio alle parti. Del pari era da escludere, secondo la Corte torinese, la seconda parte della contestazione. Ove pure fosse stata dimostrata una negligenza nella cura degli interessi della clientela attraverso l'inserzione ripetuta della clausola di esonero, da ciò non sarebbe conseguito necessariamente né un intento né una condotta di concorrenza sleale. Inoltre, ove pure vi fosse stata una condotta negligente, il limitarsi a richiedere il compenso professionale per la sola attività effettivamente svolta non poteva ritenersi indice rivelatore di un'attività sleale. Per la cassazione di tale ordinanza ricorre il Consiglio notarile dei distretti riuniti di Cuneo, Alba, Mondovì e Saluzzo, che formula quattro mezzi d'annullamento. Il notaio T. resiste con controricorso, illustrato da memoria. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 702-ter c.p.c., in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c., per non aver la Corte territoriale fatto uso dei propri poteri istruttori d'ufficio, al fine di richiedere un'integrazione documentale, avendo l'onere di procedere nel modo ritenuto più opportuno agli atti d'istruzione ritenuti rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto. 2. - Il secondo motivo denuncia l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo al ricorso si applica il testo dell'articolo 360, numero 5 c.p.c. anteriore alle modifiche apportate dall'articolo 54, 1 comma lett. b D.L. numero 83/13, convertito con modificazioni in legge numero 134/12 , consistente nella responsabilità deontologica del notaio conseguente all'utilizzo della clausola di esclusione della responsabilità. Lamenta, inoltre, parte ricorrente, che non sono stati esaminati gli atti contenenti legati immobiliari, né è stata valutata la sussistenza della responsabilità per non aver svolto con correttezza e competenza la funzione di interpretazione ed applicazione della legge, per aver eseguito prestazioni in modo inadeguato alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, per aver fatto ricorso a clausole di dispensa imitatrici dell'incarico professionale senza fornire alle parti i chiarimenti utili a garantire il riscontro delle decisioni assunte e il valore giuridicamente rilevante dell'atto. 3. - Col terzo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., perché la Corte territoriale, invece di esaminare la violazione contestata, consistente nel fatto che il notaio T. in un numero rilevante di casi non avrebbe provveduto alla trascrizione, avendo inserito la clausola di esonero, si sarebbe soffermata, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sull'esame degli unici due atti non contestati perché trascritti, atti dai quali pertanto non era possibile trarre alcun indice idoneo a valutare la condotta del notaio. 4. - Col quarto motivo parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articolo 1, comma 2, 14, lett. b e 42, lett. c dei principi di deontologia professionale del notaio e dell'articolo 147 della legge notarile. Oggetto del procedimento disciplinare, deduce parte ricorrente, non è una violazione civilisticamente rilevante, ma un atteggiamento negligente nei confronti degli obblighi deontologici che esula dal dettato codici stico in tema di trascrizione. Il relativo obbligo, prescritto dall'articolo 2648 c.c., per il caso di acquisto mortis causa derivante da eredità o legato, trascende l'interesse particolare del legatario, coinvolgendo quello pubblico alla continuità della pubblicità dichiarativa a tutela dei terzi, e forma oggetto, ad un tempo, di un'obbligazione professionale e di un dovere derivante dall'ufficio notarile. La Corte territoriale, prosegue il Consiglio ricorrente, ha ignorato tali implicazioni deontologiche derivanti dalla mancata trascrizione, dedicando all'argomento esclusivamente una generica affermazione circa l'inesistenza di una prassi generalizzata. Inoltre, detta Corte avrebbe escluso la violazione del divieto di illecita concorrenza in base ad una confusa analisi del profilo soggettivo, da cui non potrebbe comunque intravvedersi una volontà di concorrenza sleale. Affermazione, questa, che non considera la ratio, lo spirito e i presupposti della norma, che individua una delle forme della concorrenza sleale nella riduzione di onorari, diritti e compensi, sanzionandola in quanto preordinata all'incetta della clientela attraverso un meccanismo idoneo a squilibrare la normale offerta della prestazione notarile. 5. - Il primo motivo è infondato. L'articolo 702-ter, comma 5 c.p.c., introdotto dall'articolo 51, 1 comma legge numero 69/09, ed applicabile, con le altre norme del procedimento sommario di cognizione, alla fase giurisdizionale del procedimento disciplinare notarile, ai sensi dell'articolo 26 D.Lgs. numero 150/11, prevede che il giudice, se non provvede ai sensi dei commi precedenti del medesimo articolo, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto, provvedendo con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. La derivazione di tale norma dall'articolo 669-sexies, 1 comma c.p.c., sul processo cautelare uniforme, è ben più profonda e risalente di quanto già non mostri la quasi perfetta coincidenza letterale delle due disposizioni, ove si consideri l'evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha condotto a una progressiva omologazione della funzione cautelare a quella cognitiva, culminata con il D.L. numero 35/05, convertito con modificazioni in legge numero 80/05, che ha introdotto nell'ordinamento la funzione cautelare a strumentalità attenuata relativamente alle misure aventi carattere anticipatorio articolo 669-octies, 6 comma c.p.c. . Di rimando, anche l'ambito della cognizione ha dovuto prendere atto di una sommarizzazione già realizzata nei fatti, sebbene mediata dalla funzione cautelare. Ciò premesso e ciò chiarito, le due funzioni processuali restano diversificate per i rispettivi esiti mera anticipazione di effetti sostanziali nel caso dei provvedimenti cautelari a strumentalità attenuata, giudicato nelle ipotesi di procedimento sommario di cognizione , sicché l'interpretazione della norma di cui parte ricorrente denuncia il malgoverno va operata da un angolo visuale diverso rispetto a quello presupposto dall'articolo 669-sexies, 1 comma c.p.c. evidenziato, del resto, dal fatto che mentre quest'ultima norma funzionalizza gli atti d'istruzione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto , e dunque al tipo di misura adottabile, l'articolo 702-ter, 5 comma c.p.c. li volge all'oggetto del provvedimento richiesto , evocazione icastica di uno degli elementi oggettivi della domanda di merito . Mentre la sommarietà del procedimento cautelare soddisfa l'esigenza di assicurare un diritto con effettività immediata, ed è sinonimo di un accertamento tendenzialmente non approfondito, la sommarietà del procedimento di cognizione di cui agli articolo 702-bis e ss. c.p.c. mira a definire la lite con rapidità, in ragione della più o meno manifesta fondatezza o infondatezza della domanda e della dipendenza del relativo accertamento da poche e semplici acquisizioni probatorie. La scelta del giudice di merito di esercitare o meno gli ampi poteri d'iniziativa istruttoria concessigli dall'articolo 702-ter, 5 comma c.p.c. esprime una valutazione discrezionale, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da una motivazione esente da vizi di logica giuridica, restando nel contempo esclusa la sola possibilità di decidere la controversia mediante l'applicazione dell'articolo 2697 c.c. quale regola di giudizio, nel senso che il giudice non può dare per esistenti fonti di prova decisive e nel contempo astenersi dal disporne l'acquisizione d'ufficio. 5.1. - A ben vedere, non è questo il caso di specie. È vero che, a chiusura del paragrafo 10 dell'ordinanza impugnata, la Corte piemontese afferma che in assenza di iniziative istruttorie delle parti non può che fare riferimento al materiale disponibile, fornito in piccola parte dal Consiglio notarile e in maggior misura dal notaio T. , ma nell'insieme non esaustivo di tutti i casi oggetto della contestazione disciplinare. Ma la stessa ordinanza prosegue osservando che al riguardo il provvedimento della Commissione regionale di disciplina è generico e non consente una verifica puntuale e mirata una specifica realtà documentale . Pertanto, il Consiglio notarile ricorrente avrebbe dovuto contestare tale motivazione formulando un'apposita censura ai sensi del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c., corredata dell'allegazione e della dimostrazione del fatto contrario l'esistenza, cioè, di uno o più atti rogati dal notaio T. , aventi un contenuto in tutto o in parte diverso da quelli presenti agli atti e idonei a fondare la pretesa sanzionatorio . Il che, però, non è avvenuto. 6. - Anche i restanti motivi - da esaminare congiuntamente perché censurano sotto profili distinti il medesimo nucleo decisorio, secondo cui le clausole di esonero dalla trascrizione non erano di mero stile e lesive del dovere deontologico corrispondente - sono infondate. 6.1. - Non è dubbio che l'articolo 2648, 1 comma c.c. imponga le trascrizione dell'acquisto del legato immobiliare, e che ai sensi dell'articolo 2650, 1 comma c.c. la relativa omissione produca l'inefficacia di ulteriori trascrizioni e iscrizioni a carico dell'acquirente. Parallelamente, e tenuto conto del fatto che il legato si acquista senza necessità di accettazione articolo 649, 1 comma c.c. , sul notaio che proceda alla pubblicazione di un testamento contenente l'attribuzione di un legato immobiliare incombe un duplice obbligo, civile e deontologico, di provvedere alla trascrizione. Diversamente avviene, invece, nel caso di istituzione di erede ex re certa, allorché, cioè, il testatare includa nella quota dell'erede uno o più immobili determinati, atteso che l'acquisto dell'eredità richiede l'accettazione articolo 459 c.c. . 6.1.1. - La Corte distrettuale non ha negato, né espressamente, né implicitamente, tali principi, ma al contrario ha ritenuto che anche nei casi in cui si era trattato della pubblicazione di disposizioni testamentarie sicuramente a titolo particolare, nulla consentiva di ritenere che la clausola di esonero fosse mirata ad un'elusione sostanzialmente pilotata di tale obbligo. Ha infatti affermato che la pubblicazione o l'attivazione dell'atto di ultima volontà non è l'unica formalità a cui si fa luogo, sicché gli aventi causa possano ritenersi con essa totalmente esonerati da qualsiasi altro adempimento. In particolare, la necessità della denuncia di successione comporta un'ulteriore formalità, con l'indicazione dei dati ipocatastali. È dunque ragionevole accreditare che possa essere nell'interesse dei beneficiari il mero atto di pubblicazione o attivazione del testamento, anche rinviando ad un secondo tempo le ulteriori formalità, la cui necessità nulla induce a dare per scontato essi ignorino v. pag. 21 ordinanza impugnata . Dunque, la decisione impugnata non si basa né su di un'errata interpretazione delle norme richiamate, né sulla cattiva comprensione del senso e della violazione deontologica dedotta, ma su di un accertamento che ha escluso in punto di fatto la prova dell'illecito. La Corte torinese, invero, ha ritenuto che non fosse suffragato da elementi certi il fatto che le contestate clausole di esonero, di per sé ritenute legittime dalla stessa Commissione regionale di disciplina v. pagg. 21-22 ordinanza impugnata , fossero contrarie alla deontologia professionale in quanto sostanzialmente pilotate dal notaio per eludere obblighi di legge. Tale accertamento non è, in particolare, attaccato adeguatamente con il secondo mezzo, col quale parte ricorrente si è limitata ad allegare un omesso esame il quale, più che riguardare uno specifico fatto, concerne nel suo l'insieme la dedotta responsabilità disciplinare, e dunque un tema, più che un fatto, per sollecitare un'inammissibile rinnovazione delle valutazioni di merito operate dalla Corte d'appello. 6.2. - L'ordinanza impugnata non appare adeguatamente contrastata neppure sotto il profilo della ritenuta esclusione della concorrenza sleale che, secondo il Consiglio ricorrente, sarebbe sottesa alla generalizzata prassi dell'inserimento delle ridette clausole di esonero dalla trascrizione. Al riguardo, la Corte piemontese ha osservato, con motivazione in sé congrua e logica, che ove pure vi fosse stato un atteggiamento negligente, il limitarsi a farsi corrispondere onorari e spese per le prestazioni effettivamente erogate non può essere ragionevolmente inteso come indice sicuramente rivelatore di un intento di slealtà e di concorrenza indebita nei confronti della classe notarile nel suo insieme, perché ciò significherebbe attribuire una polarizzazione soggettiva della condotta professionale che non è necessariamente implicata dalla semplice trascuratezza . 7. - Le considerazioni fin qui svolte assorbono, rendendole irrilevanti, le questioni di legittimità costituzionale, dedotte dalla parte ricorrente in sede di discussione orale, a del D.Lgs. numero 249/06, con riferimento alla possibile prescrizione dell'illecito, secondo l'esito dell'incidente di costituzionalità già sollevato da questa Corte con ordinanza interlocutoria numero 17697/12, resa in altro procedimento fra le medesime parti e b delle norme del D.L. numero 223/06, convertito con modificazioni in legge numero 248/06, e del D.L. numero 201/11, convertito con modificazioni in legge numero 214/11, con riferimento alla soppressione delle limitazioni all'esercizio di attività professionali. 8. - In conclusione il ricorso va respinto. 9. - La novità della questione giustifica eccezionalmente la compensazione delle spese, ai sensi dell'articolo 92, 2 comma c.p.c. nuovo testo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.