Non basta il socio pubblico per trasformare una società in «ente pubblico»

Qualora la forma prescelta per lo svolgimento dell’attività di gestione dell’edilizia residenziale pubblica sia quella della società per azioni, nella quale l’amministrazione pubblica esercita il controllo unicamente attraverso strumenti di diritto privato, deve escludersi – in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario – che la mera partecipazione dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso il quale la gestione del servizio pubblico viene attuata.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 3714/16, depositata il 25 febbraio. Il caso. La Corte di appello di Firenze, confermando la pronuncia di primo grado, riteneva il «carattere pubblico» della società resistente – costituita tra 28 Comuni della provincia di Grosseto e destinata al perseguimento dell’interesse pubblico relativo alla gestione dell’edilizia pubblica residenziale – sulla base delle finalità perseguite, del carattere pubblico dei suoi azionisti, delle fonti di finanziamento e degli organi di controllo e «della nozione sostanziale di ente pubblico desunto dalla giurisprudenza comunitaria». In ragione di ciò, confermava il suo esonero dal pagamento dei c.d. contributi minori i.e. malattia, maternità, assegni familiari, trattamento di fine rapporto e fondo di garanzia . La natura del socio non qualifica la società. Contro tale sentenza l’INPS proponeva ricorso alla Corte di Cassazione lamentando, in estrema sintesi, come la classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali riguardasse «tutti i datori di lavoro sia pubblici che privati e che l’inquadramento è effettuato in base alla concreta attività esercitata dalla società», concludendo quindi per l’applicabilità nei confronti della controparte della contribuzione dovuta per qualunque altro datore di lavoro privato. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso. La Regione Toscana ha deciso di gestire l’edilizia come soggetto privato. Preliminarmente la Corte rileva che la Regione Toscana, con l.e numero 77/1998, ha riorganizzato la materia dell’edilizia pubblica residenziale assegnandola ai Comuni che, in forma associata, avrebbero dovuto costituire il soggetto cui affidare l’esercizio delle relative funzioni. Nel caso di specie, le funzioni in discorso erano state affidate ad un soggetto di diritto privato - ancorché a partecipazione totalmente pubblica – ragion per cui, «nel silenzio della legge, non può che farsi riferimento alla regola generale» che prevede l’assoggettamento dei datori di lavoro privati al pagamento di tutti i contributi c.d. minori. La qualità del socio rileva a fini diversi. Sotto altro profilo, la Corte rileva come le circostanze che l’attività esercitata consistesse in un servizio pubblico e che i soci fossero interamente pubblici rilevavano sotto un profilo diverso da quello previdenziale, «preoccupandosi il legislatore comunitario e quello nazionale che non vengano lese le dinamiche della concorrenza nel mercato, all’uopo introducendo misure antitrust e misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata». In conclusione, ad avviso della Corte, «la finalizzazione della società di capitali alla gestione in house di un servizio pubblico non muta la natura giuridica privata della società con riguardo alle ricadute previdenziali dei rapporti di lavoro, assumendo rilievo nell’ordinamento nazionale e comunitario solo riguardo al mercato e alla tutela della concorrenza». Principio che a maggior ragione doveva applicarsi alla resistente, che nemmeno poteva definirsi strictu sensu «società in house» difettandone parte dei requisiti individuati da Cass. SS.UU. numero 5491/2014 26283/2013 . L’unica eccezione rispetto alla regola generale è costituita dai contributi per cassa integrazione e mobilità. Conclude la Cassazione richiamando il suo consolidato orientamento, per il quale «in tema di contribuzione previdenziale le società a capitale misto, in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza nella quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, restando irrilevante [ ] la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 novembre 2015 – 25 febbraio 2016, numero 3714 Presidente Stile – Relatore Doronzo Svolgimento del processo 1. Con sentenza depositata in data 30 ottobre 2012 la Corte d’appello di Firenze, sezione lavoro, rigettava l’appello proposto dall’Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Grosseto, che aveva accolto l’opposizione proposta dalla Edilizia Provinciale Grossetana s.p.a. d’ora in poi solo EPG contro la cartella esattoriale emessa nei suoi confronti e avente ad oggetto contributi cosiddetti minori, relativi al periodo agosto 2007 - febbraio 2008. 2. La Corte riteneva, confermando l’orientamento già espresso in precedenti decisioni, che il carattere pubblico della società - costituita fra 28 comuni della provincia di Grosseto a norma della legge regionale numero 77/98 e destinata al perseguimento dell’interesse pubblico relativo alla gestione dell’edilizia pubblica residenziale, vale a dire una funzione già espletata dagli Istituti autonomi case popolari IACP e poi dalle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica ATER e trasferite alle regioni e ai comuni -, carattere desunto dalle finalità perseguite, dal carattere pubblico dei suoi azionisti, delle fonti di finanziamento e degli organi di controllo e tanto sulla base della nozione sostanziale di ente pubblico desunto dalla giurisprudenza comunitaria, la esonerava dall’obbligo del versamento dei contributi cosiddetti minori, riguardanti la malattia, la maternità, gli assegni familiari, il trattamento di fine rapporto e il fondo di garanzia. Accoglieva invece l’appello incidentale spiegato dalla EPG e, per l’effetto, in riforma della sentenza, condannava l’Inps al pagamento delle spese anche del giudizio di primo grado, che erano state invece compensate. 3. Contro la sentenza, l’INPS propone ricorso per cassazione sostenuto da due articolati motivi, cui resiste con controricorso la EPG. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo l’Istituto previdenziale censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli articolo 6 legge 11 gennaio 1943, numero 138 contribuzione di malattia , 75 d.p.r. 30 maggio 1955, numero 797 contributi assegni familiari , 21 legge 30 dicembre 1971, numero 1204 contribuzione di maternità , 2, comma 8, legge 29 maggio 1982, numero 297 contribuzione fondo di garanzia, ora Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti ai sensi dell’articolo 24 legge 9 marzo 1989, numero 88 , 20 d.l. 25 giugno 2008, numero 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, numero 133, dell’articolo 49 legge 9 marzo 1989, numero 88, 5 legge 5 agosto 1991, numero 274, infine della legge della Regione Toscana 3 novembre 1998, numero 77, nonché per vizio di motivazione. In sintesi, censura la sentenza per aver accolto la tesi della EPG basata sulla sua natura di ente di diritto pubblico. Secondo l’impostazione accolta dalla sentenza impugnata la natura di ente pubblico della EPG determina l’assoggettamento al regime previdenziale pubblico, al quale restano estranei i c.d. contributi minori per malattia, maternità, trattamento di fine rapporto, disoccupazione etc. , il cui versamento pretende, invece, l’INPS in relazione ai dipendenti ex ATER transitati alla società e che avevano optato - in base all’articolo 5 legge numero 274/91 - per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP. A ciò l’istituto ricorrente obietta che la classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e assistenziali, disposta ai sensi dell’articolo 49 legge numero 88/89, riguarda tutti i datori di lavoro sia pubblici che privati e che l’inquadramento è effettuato in base alla concreta attività esercitata dalla società che, con riferimento ai contributi di malattia, la dizione generica di datori di lavoro e lavoratori consente di escludere qualsiasi esonero contributivo per i datori di lavoro pubblici che con riferimento ai contributi per maternità il T.U. delle disposizioni legislative in materia di sostegno della maternità fa riferimento ai rapporti di lavoro subordinato privato e che tali sono i rapporti dei dipendenti dell’ATER transitati alla EPG che con riferimento ai contributi per il fondo di garanzia di cui all’articolo 2 legge numero 297/82, l’espressione utilizzata dalla legge, senza distinzioni tra datori di lavoro privati e pubblici, non consente l’esclusione della EPG dall’obbligo di pagamento che, riguardo agli assegni familiari, l’articolo 79 del relativo T.U. prevede una deroga all’obbligo di contribuzione relativo ai dipendenti di province, comuni, IPAB e di altri enti pubblici purché il trattamento di famiglia sia assicurato da legge, regolamento od atto amministrativo circostanza non emersa nel caso in oggetto . L’INPS contesta specificamente, poi, le argomentazioni della Corte territoriale poste a fondamento dell’asserita natura pubblica di EPG S.p.A 2. Con il secondo motivo censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 cod.proc.civ., nonché per vizio di motivazione, per aver la Corte del merito ritenuto che la mancanza di una consolidata giurisprudenza non costituisca ragione grave ed eccezionale per disporre la compensazione delle spese. 3. Preliminarmente va disattesa l’eccezione, sollevata dalla società controricorrente sul presupposto del litisconsorzio necessario previsto dall’articolo 13 co. 8 legge numero 448/98, relativa alla mancata integrità del contraddittorio per avere l’INPS proposto il ricorso per cassazione solo in proprio e non anche quale mandatario della SCCI S.p.A., Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, nei confronti della quale sono stati svolti i gradi di merito. In realtà, come la contemplatio domini non necessita dell’uso esplicito di formule sacramentali sul piano dell’attività negoziale sostanziale cfr., ex aliis , Cass. numero 7510/11 , così non ne ha bisogno sul piano processuale, nel senso che la spendita del nome del rappresentato, una volta contenuta nell’atto iniziale di lite, non va formalmente ripetuta in ogni successivo atto del processo cfr. Cass. numero 5880/79 . Nel caso di specie è la stessa EPG S.p.A. a riconoscere che in primo e in secondo grado l’INPS si è costituito in proprio e quale mandatario della SCCI S.p.A., di guisa che dalla mancata espressa reiterazione della contemplatio domini anche nell’epigrafe del ricorso per cassazione in oggetto non può evincersi - contrariamente a quanto suppone l’odierna controricorrente - che l’INPS abbia inteso, solo per il giudizio di legittimità, agire in proprio e non anche in qualità di mandatario della società di cartolarizzazione dei crediti, come aveva fatto in sede di merito. 4. Nel merito, il ricorso è fondato nei sensi qui di seguito chiariti, dovendosi confermare l’orientamento in materia già espresso da questa S.C. v., fra le altre, Cass. numero 9204/14 . 4.1. Ai fini dell’accertamento dell’obbligo contributivo per cui è causa deve muoversi dall’esame della L.r. numero 77/98, con la quale la Regione Toscana ha provveduto a riorganizzare la materia dell’edilizia residenziale. Detta legge, dopo aver disciplinato funzioni e compiti della regione e dei comuni, ha stabilito lo scioglimento e la liquidazione delle ATER Agenzie Regionali Territoriali per l’Edilizia e ha previsto, all’articolo 5 co. 1, che Le funzioni attinenti al recupero, alla manutenzione e alla gestione amministrativa del patrimonio destinato all’ERP Edilizia residenziale pubblica già in proprietà dei comuni e del patrimonio loro attribuito ai sensi dell’articolo 3, comma 1, nonché quelle attinenti a nuove realizzazioni sono esercitate dai Comuni stessi in forma associata nei livelli ottimali di esercizio, individuati con la procedura di cui al presente articolo. I Comuni gestiscono le altre funzioni di cui all’articolo 4, preferibilmente in forma associata, nel rispetto del principio di economicità e dei criteri di efficienza ed efficacia . Ai sensi del successivo articolo 6 i comuni stabiliscono, mediante apposita conferenza, l’esercizio in forma associata delle funzioni di cui al precedente articolo 5, provvedendo altresì alla costituzione del soggetto cui affidare l’esercizio delle funzioni. L’articolo 7 stessa l.r. prevede l’assegnazione del personale ATER ai soggetti individuati per l’esercizio delle suddette funzioni e stabilisce che il rapporto di lavoro è disciplinato dal CCNL degli addetti al settore. Detta normativa, al pari di altre leggi regionali emanate nella seconda metà degli anni ‘90, si inserisce nel processo di riforma del settore, che ha comportato la trasformazione degli enti di edilizia residenziale pubblica in enti economici o l’istituzione di una molteplicità di enti riformati, cui sono state attribuite svariate denominazioni Aziende, Agenzie etc. tutte dirette a porre in risalto il nuovo ruolo imprenditoriale loro attribuito. Quanto all’assetto istituzionale, in un primo momento le scelte non si sono discostate troppo dalla forma tradizionale propria dei vecchi IACP natura di ente pubblico dotato di organizzazione, amministrazione e contabilità autonome, ruolo strumentale dell’ente rispetto alla regione che ne esercita il controllo. Molte leggi regionali, per effetto della disposta trasformazione dei suddetti enti in enti pubblici economici, prevedono la loro possibile partecipazione a consorzi, società miste e altre forme di raggruppamento temporaneo, a volte anche per fini non istituzionali cfr. Cass. numero 2756/14 . Nel caso in esame, EPG S.p.A. è stata costituita tra 28 comuni della provincia di Grosseto, in applicazione della disposizione della legge regionale secondo cui le funzioni attinenti al recupero, alla manutenzione e alla gestione amministrativa del patrimonio destinato all’ERP Edilizia residenziale pubblica , già in proprietà dei comuni e del patrimonio loro attribuito ai sensi dell’articolo 3 della citata l.r. numero 77/98, nonché quelle attinenti a nuove realizzazioni, sono esercitate dai comuni stessi in forma associata. 4.2. Ciò premesso, secondo la sentenza impugnata EPG S.p.A., società per azioni a capitale pubblico, è ente pubblico sottratto alla normativa previdenziale in relazione ai c.d. contributi minori con riferimento al personale proveniente dalle disciolte ATER che abbia optato per il mantenimento dell’iscrizione all’INPDAP. Tale conclusione non può condividersi. EPG S.p.A. è una società costituita dagli enti locali per la gestione dell’edilizia residenziale pubblica. La forma prescelta per lo svolgimento di detta gestione è quella della società per azioni in cui l’amministrazione pubblica esercita il controllo unicamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso il quale la gestione del servizio pubblico viene attuata. Come già affermato da questa Corte cfr. Cass. numero 2756/2014, cit. , dal punto di vista previdenziale e pensionistico il personale degli IACP in coerenza con la natura degli enti, confermata anche dall’articolo 1 co. 2 d.lgs. numero 165/01, che comprende gli IACP tra le amministrazioni pubbliche è stato iscritto all’INPDAP, gestione a CPDEL che poi è confluito nell’INPS a decorrere dal 1.1.12 ai sensi del d.l. numero 201/11 convertito in legge numero 214/11 , mentre, via via che venivano disposte le suddette trasformazioni, i dipendenti degli enti e delle strutture sostitutive degli IACP sono stati iscritti all’INPS per l’assicurazione IVS c.d. previdenza maggiore . Fino a quando gli IACP sono rimasti pubbliche amministrazioni, le prestazioni relative alla c.d. previdenza minore per malattia degli operai e per maternità sono state regolate dal regime proprio di tali amministrazioni, secondo il quale il relativo trattamento economico viene corrisposto direttamente dalle amministrazioni o enti di appartenenza. Nulla è stato espressamente disposto riguardo alle suddette prestazioni di c.d. previdenza minore in riferimento ai dipendenti degli enti e delle strutture sostitutive degli IACP. Nondimeno, è regola generale per gli iscritti all’INPS per l’assicurazione RTS che è sempre l’INPS medesimo a provvedere anche alle prestazioni della c.d. previdenza minore, sulla base dei contributi versati dai datori di lavoro. Ne consegue che, nel silenzio della legge, non può che farsi riferimento a tale regola generale, che corrisponde anche all’esigenza di applicare a tutti i dipendenti dei suddetti enti - comunque denominati e configurati - la medesima disciplina anche previdenziale. 4.3. La Corte territoriale ha richiamato, al fine di individuare quali siano le caratteristiche sostanziali dell’ente pubblico, la normativa comunitaria e la nozione di organismo pubblico all’interno della disciplina degli appalti sul presupposto che detta normativa fornisca una nozione unitaria di organismo pubblico. Ma il consistere in un servizio pubblico locale l’attività esercitata mediante una società di diritto privato e la partecipazione pubblica alla stessa hanno rilievo a fini diversi da quelli previdenziali, preoccupandosi il legislatore comunitario e quello nazionale che non vengano lese le dinamiche della concorrenza nel mercato, all’uopo introducendo misure antitrust e misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione. Pertanto, la finalizzazione della società di capitali alla gestione in house di un servizio pubblico - il che accade ove la pubblica amministrazione provveda in proprio al perseguimento di scopi pubblici attribuendo l’appalto o il servizio ad altra entità mediante il sistema dell’affidamento diretto, c.d. in house providing , cioè senza gara - non muta la natura giuridica privata della società riguardo alle ricadute previdenziali dei rapporti di lavoro, assumendo rilievo nell’ordinamento nazionale e comunitario solo riguardo al mercato e alla tutela della concorrenza. A maggior ragione ciò vale rispetto a EPG S.p.A., che non può neppure definirsi, stricto sensu , come società in house per difetto di uno dei tre requisiti cumulativamente necessari a tal fine cfr. Cass. S.U. numero 5491/14 e Cass. S.U. numero 26283/13 , vale a dire l’avere non solo un capitale sociale interamente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, ma anche il prevedere in via statutaria il divieto di cessione delle partecipazioni a privati gli altri requisiti sono che la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale e che la gestione sia, per statuto, assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile nel caso di specie, a pag. 12 del controricorso è la stessa EPG a riconoscere che il proprio atto costitutivo, con l’articolo 6, ammette la possibilità di successivo ingresso anche di privati con quote complessivamente inferiori al 50% del capitale sociale. A ciò si aggiunga che Cass. S.U. numero 28606/09, nello statuire che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in tema di azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, ha affermato che non è configurabile, avuto riguardo all’autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei conti. Tale principio è stato adottato da tutta la giurisprudenza successiva delle Sezioni Unite anche in relazione a società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria o totalitaria, anche se sottoposte a penetranti poteri di controllo dell’ente pubblico e anche ove la S.p.A. gestisca un servizio pubblico essenziale cfr. Cass. S.U. numero 20940/11 Cass. S.U. numero 14957/11 Cass. S.U. numero 14655/11 . In altre parole, non costituiscono indici della natura pubblica dell’ente né il controllo della Corte dei Conti considerato il denaro pubblico utilizzato né i vincoli di finanza pubblica atteso che l’impegno di capitale pubblico impone comunque il rispetto dei principi di imparzialità, di economicità e di buon andamento della pubblica amministrazione . La giurisprudenza di questa S.C., anche a livello di S.U., ha ripetutamente affermato che le disposizioni del codice civile sulle società per azioni a partecipazione pubblica non valgono a configurare uno statuto speciale delle stesse e che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica l’assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Ancora, deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte che, con riferimento ai cosiddetti contributi minori, ha confermato l’obbligo, in capo alle società con partecipazione maggioritaria dell’ente locale, della loro corresponsione all’INPS. Per il consolidato orientamento di questa Corte in tema di contribuzione previdenziale cfr., ex aliis , Cass. numero 19761/15 Cass. numero 18455/2014 Cass. numero 24524/13 Cass. a 20818/2013 Cass. numero 22318/13 , le società a capitale misto, in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione - pur maggioritaria, ma non totalitaria - da parte dell’ente pubblico. La forma societaria di diritto privato è, per l’ente locale, la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso in ragione della duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato. D’altronde, giova ribadire, la finalità perseguita dai legislatori nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico cfr. Cass. numero 27513/13 Cass. numero 20818/13 . Quanto all’obbligo contributivo relativo alla disoccupazione involontaria, si ricordi altresì che dalla coordinata lettura dall’articolo 40 r.d.l. numero 1827/35 e dell’articolo 36 d.P.R. numero 818/57 si evince che, anche in relazione ai dipendenti delle aziende esercenti pubblici servizi, l’esenzione dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria opera soltanto ove ai medesimi sia garantita la stabilità d’impiego. Detta stabilità d’impiego, ove non risultante da norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico, deve essere accertata dal Ministero competente su domanda del datore di lavoro, con decorrenza dalla data di tale domanda. In difetto di disposizioni di legge o regolamentari specificamente riguardanti là tipologia d’impresa, diviene sostanzialmente irrilevante, ai fini de quibus , accertare se alla stessa debba o meno essere riconosciuta la qualifica di azienda esercente un pubblico servizio, posto che, anche in ipotesi affermativa, da ciò non potrebbe farsi derivare, de plano , l’esenzione contributiva cfr., ex aliis , Cass. numero 18455/2014 Cass. numero 20818/2013 Cass. numero 18022/13 . 5. In virtù delle considerazioni che precedono e in accoglimento del primo motivo del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che dovrà pronunciarsi sulle singole obbligazioni contributive nonché sull’eventuale loro misura e decorrenza, provvedendo - infine - sulle spese, anche del presente giudizio di legittimità. Resta così assorbito il secondo motivo del ricorso concernente la statuizione del giudice di appello sulle spese del primo grado del giudizio. Dall’accoglimento del ricorso discende che non sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’articolo 13, comma 1, quater del D.P.R. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.