Presta consenso al patteggiamento, ma è affetto da vizio di mente: il consenso è invalido

La capacità d’intendere e di volere dell’imputato, insieme alla sua capacità di stare in giudizio, integrano dei presupposti fondamentali per un giudizio che si concluda con l’affermazione di responsabilità dell’imputato. Non rileva, pertanto, che i dubbi sull’imputabilità, pur preesistenti, siano emersi dopo l’emissione del provvedimento impugnato, in quanto tali elementi di incertezza incidono «sulla validità del consenso prestato nell’ambito della procedura di cui agli articolo 444 e ss. c.p.p.».

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 7530/2016, depositata il 24 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Napoli applicava la pena, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. applicazione della pena su richiesta delle parti , a due imputati per gli illeciti di cui agli articolo 337 resistenza a un pubblico ufficiale , 339, comma 1, c.p. circostanze aggravanti e 582 lesioni personali , 585, 576, nnumero 1 e 5-bis, 61, numero 2, c.p. circostanze aggravanti . Uno dei due condannati ricorreva per cassazione, lamentando violazione degli articolo 85 capacità d’intendere e di volere , 88 vizio totale di mente c.p. e 70 c.p.p., non avendo il giudice tenuto conto della documentazione disponibile, ma non prodotta, al momento della richiesta di patteggiamento, ed attestante la sussistenza di una patologia psichiatrica schizofrenia dell’impugnante. Il consenso è espressione di una volontà negoziale. La Suprema Corte ha ricordato che la capacità d’intendere e di volere dell’imputato, insieme alla sua capacità di stare in giudizio, integrano dei presupposti fondamentali per un procedimento che si concluda con l’affermazione di responsabilità dell’imputato. Gli Ermellini hanno sottolineato che non rileva che i dubbi sull’imputabilità, pur preesistenti, siano emersi dopo l’emissione del provvedimento impugnato, in quanto tali elementi di incertezza incidono «sulla validità del consenso prestato nell’ambito della procedura di cui agli articolo 444 e ss. c.p.p.». Il citato consenso, ha chiarito il Collegio, costituisce espressione di una volontà negoziale fondamentale la quale, incidendo sul diritto di libertà dell’imputato, richiede una consapevolezza rappresentativa e deliberativa , degli effetti giuridici del procedimento, piena ed assoluta. Il consenso deve essere valutato alla luce del disposto dell’articolo 428 c.c., che, in materia di incapacità naturale, dispone l’invalidità di quegli atti compiuti da un soggetto incapace di intendere e di volere, nelle ipotesi in cui i medesimi siano pregiudizievoli. Spetta al giudice, hanno chiosato gli Ermellini, farsi carico della valutazione della capacità di intendere e di volere e di quella di stare in giudizio. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 gennaio – 24 febbraio 2016, numero 7530 Presidente Citterio – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16/3/2015 il Tribunale di Napoli applicava ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. penumero la pena di mesi dieci di reclusione ciascuno nei confronti di A.P. e di B.A., chiamati a rispondere, dopo la convalida dell'arresto, dei reati di cui agli articolo 337, 339 comma primo, cod. penumero e 582, 585, 576, nnumero 1 e 5-bis, 61 numero 2, cod. pen, con sospensione condizionale della pena per B 2. Proponeva ricorso A.P Denunciava inosservanza ed erronea applicazione della legge penale agli effetti dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero In particolare segnalava che la sentenza era stata emessa in violazione degli articolo 85, 88 cod. penumero e 70 cod. proc. penumero , in quanto sulla base di documentazione disponibile ma non prodotta al momento della richiesta di patteggiamento risultava che l'Amodio era stato riconosciuto affetto nel 2004 da forma psichiatrica inquadrabile tra le schizofrenie e manifestantesi con disturbo dissociativo cronico fatto di deliri e allucinazioni uditive e visive, non suscettibile di miglioramenti, nel 2009 da grave disturbo psicoaffettivo di tipo bipolare che aveva condotto la commissione sanitaria a ritenere l'Amodio gravato da minorazione di tale portata da richiedere un intervento assistenziale permanente, e attualmente da disturbo schizofrenico di tipo paranoide, tale da ridurre le sue abilità cognitive e compromettere le abilità e competenze relazionali e di adattamento sociale, causando grave disfunzione sociale e lavorativa. Come ritenuto dalla Suprema Corte di cassazione la capacità di intendere e di volere dell'imputato e la capacità di partecipare coscientemente al processo avrebbero dovute intendersi come presupposto giuridico dell'esistenza stessa di un valido vincolo processuale, dovendosi dunque considerare l'accertamento della capacità di intendere e di volere immanente alla instaurazione di qualunque giudizio valutativo di merito. La natura di atto negoziale unilaterale del consenso espresso dalla parte valeva a ricondurre l'atto entro la sfera di operatività dell'articolo 428 cod. civ., in tema di incapacità naturale, cui consegue l'invalidità degli atti unilaterali compiuti da persona incapace di intendere e di volere, ove dall'atto derivi grave pregiudizio. Poiché il G. non aveva tenuto contro del quadro clinico grave riguardante l'Amodio si sarebbe dovuta annullare la sentenza impugnata, onde consentire i necessari accertamenti in merito alla imputabilità dell'Amodio al momento del fatto. 3. II Procuratore Generale presentava requisitoria scritta, concludendo nel senso dell'annullamento senza rinvio con restituzione degli atti al Tribunale di Napoli per l'ulteriore corso. Considerato in diritto 1. La questione sollevata con il ricorso è in effetti sovrapponibile a quella che ha già formato oggetto di analisi in altra sentenza della Corte di cassazione Cass. Sez. 6, numero 13183 del 2/4/2012, Gugole, rv. 252594 . Era stato allora rilevato che la capacità di intendere e di volere dell'imputato e la sua capacità di stare in giudizio costituiscono la precondizione di un giudizio che si concluda con un'affermazione di responsabilità, per modo che l'accertamento di tale capacità è immanente nella instaurazione di qualunque giudizio valutativo di merito su una regiudicanda penale. Non rileva in tale prospettiva che le ragioni di dubbio sui coefficienti di imputabilità, benché preesistenti, siano venute alla luce dopo la sentenza impugnata, giacché le stesse comunque incidono sulla validità del consenso prestato nell'ambito della procedura di cui agli articolo 444 segg. cod. proc. penumero , consenso che esprime una volontà negoziale di assoluta rilevanza, incidente sul diritto di libertà, e richiede dunque piena consapevolezza rappresentativa e deliberativa degli effetti giuridici. Per contro il consenso è valutabile alla luce di quanto previsto dall'articolo 428 cod. civ. in tema di incapacità naturale, che sancisce l'invalidità degli atti compiuti da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa incapace di intendere e di volere, allorché l'atto sia fonte di grave pregiudizio. 2. E' di tutta evidenza che tali principi sono riproducibili per intero nella presente vicenda processuale. E' stata infatti allegata inequivoca documentazione attestante lo stato di mente dell'imputato, più volte sottoposto a valutazione e sempre risultato affetto da rilevanti infermità incidenti sulla capacità di intendere e di volere si richiama a tal fine quanto sopra esposto al punto 2, in sede di analisi del ricorso . Non potendosi considerare rilevante, per quanto esposto, che la questione relativa al vizio di mente sia stata prospettata dopo che la sentenza impugnata era stata pronunciata, deve invece ritenersi dirimente che il rito alternativo di cui all'articolo 444 cod. proc. penumero si fondi sulla manifestazione di un consenso di cui deve essere comunque valutata la validità, in rapporto alla capacità dell'imputato di determinarsi consapevolmente e di valutare gli effetti della manifestazione di volontà. Ed invero la capacità di intendere e di volere e la capacità di stare in giudizio costituiscono la base cognitiva indispensabile perché possa darsi corso ad una richiesta di applicazione di pena. Il G. di tali profili deve farsi carico, fermo restando che nella normalità dei casi, ove non vengano rappresentati problemi specifici, l'accertamento potrà assumere connotazione semplificata, in quanto assorbito dalla considerazione dei profili estrinseci venuti in evidenza. Ciò non significa tuttavia che quell'accertamento non sia necessario, con la conseguenza che al manifestarsi di elementi seriamente idonei a rappresentare il difetto di quella base cognitiva l'accertamento deve essere approfondito, senza di che il consenso non potrebbe reputarsi idoneo alla definizione dei processo con il rito alternativo di cui all'articolo 444 cod. proc. penumero Nel caso di specie è stato prospettato uno stato di mente dell'imputato che imponeva ed impone di verificarne in modo adeguato la capacità di intendere e di volere e di stare in giudizio e con essa la sua capacità di esprimere un valido consenso, a fronte del potenziale pregiudizio in esso insito. Poiché tale verifica è dei tutto mancata, la sentenza impugnata deve essere annullata. L'annullamento deve essere pronunciato senza rinvio, in quanto occorre rimettere le parti nella condizione di potersi determinare liberamente, fermo restando che grava sul G. l'obbligo di compiere gli accertamenti necessari per sondare il profilo della capacità dell'imputato, in particolare nel caso in cui venga riproposta una richiesta di applicazione di pena ex articolo 444 cod. proc. penumero P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per l'ulteriore corso.