Titoli esecutivi e spazi di nobiltà decaduta

Nelle esecuzioni civili si celebra un momento decisivo del diritto, un redde rationem imprescindibile, al meno per la pace sociale eppure ci si avvede facilmente di malfunzionamenti il diritto vivente ne fornisce un utile affresco.

Gli atti giuridici non sempre sono esecutivi, talvolta lo sono i titoli, quelli esecutivi, non titoli qualunque, ma qui, ratione materiae , proprio questi non atti esecutivi sic et simpliciter , qualcosa in più. I miei ossequi. Ingegnere, professore, dottore, in su verso Chiarissimo, Amplissimo, Magnifico, o ancora più in alto Barone, Duca, Conte, Altezza imperiale. Tempo che vai, titolo che trovi. Dismessa la nobiltà, nel nostro Paese accade spesso di avvertire nei Commendatori della Repubblica, Cavalieri del lavoro, et similia , copie sbiadite delle titolazioni nobiliari di Sua Maestà. Così il diritto con le sue immagini ed allegorie non fa mistero della condivisa affezione a blasoni pret a porter le assonanze linguistiche colpiscono sempre nel segno. Ci si può chiedere – ci si deve chiedere – se i titoli esecutivi meritino il rispetto del rango loro assegnato. Le esecuzioni danno ampio spazio ad una fenomenologia estremamente variegata, irriducibile a comode semplificazioni. Certo è che, tutto sommato, risulta utile la contrapposizione dialettica tra un’esecutività nobile” il cui humus è l’ unicuique suum – né sarebbe mai possibile non agevolare chi abbia diritti incontrovertibili – ben seguito da innumerevoli ulteriori innesti assiologici ed una meno nobile che si concretizza ogniqualvolta venga consumato un tradimento a direttrici ideali non circoscritte alle vicende in executivis , perché accade che si smarrisca il senso di quel che si fa . Norme, sentenze, talvolta atti di parte – lo sono i contratti, ad esempio – riprendono il filo ininterrotto di queste polarità. Va da sé che interpellare il legislatore sul punto sarebbe impresa improba, al meno strabordante considerazioni di agevole fruizione. Si parli allora con il famigerato diritto vivente, che, titolo o no, è sempre un interlocutore imprescindibile. Attori principali, sull’argomento giudici ed avvocati entrambi in posizione di secondo piano rispetto a creditori e debitori assieme a figure accessorie insostituibili, come ad esempio l’ufficiale giudiziario nelle esecuzioni mobiliari e il delegato alle vendite in quelle immobiliari. Tutti questi soggetti maneggiano” il titolo esecutivo, e sarebbero chiamati a farlo con rispetto e deferenza, perché il sangue blu non è roba da poco. I privilegi dell’esecuzione, come sopra, sono fattore di civiltà. In linea teorica/astratta il creditore ha il fucile e il debitore è l’omino di cartone da colpire nella metafora il titolo esecutivo è chiaramente il fucile. Non sempre di marca, come non sempre adoperato da un tiratore scelto. Basti un esempio. De lege lata , l’art. 624 c.p.c. lascia spazio a gravi motivi che consentano l’adozione di un’ordinanza di sospensione dell’esecuzione. Ben si osserva che non ogni opposizione può sottendere gravi motivi, e che la casistica non debba essere necessariamente omogenea. La categoria viene strattonata di quà e di là, facile espediente per tentare un allungamento dei tempi, e per ciò solo vista con sospetto da chi i tempi non vuole ingiustamente dilatati. Sarebbe utile una cornice di riferimento che travalichi faziose contese, magari costruita su dati incontrovertibili per esempio, a fronte di un immobile pignorato e per ciò solo sottratto a manovre che rechino pregiudizio al creditore ipotecario , non ha davvero alcun senso un passo risoluto della procedura senza dar conto di tutte le possibili eccezioni rilevabili a titolo di gravi motivi. In termini più ampi, si dà spazio a motivi di ordine procedimentale e di ordine sostanziale, poli di un binomio probabilmente inconferente, di certo poco utile in questa sede. Il punto è la gravità. Cosa attiva un rilievo presidio importante come la sospensione di un procedimento che è tanto privilegiato da essere favorito per legge nell’incedere spedito verso il risultato? Come per il fucile – il tiratore e l’arma non sono affare di poco conto solo un uso avveduto dell’arma giusta dà all’atleta risultati di spicco – la procedura esecutiva richiede il corretto uso degli strumenti giuridici da parte di corretti operatori del sistema, dove il lemma corretto ha qui due accezioni ben differenti, come il lettore può facilmente cogliere. In definitiva, gli adempimenti della materia sono inevitabilmente speciali, secondo una talvolta apodittica epifania della politicità del diritto. Achtung avviare una procedura con sollecitudine massima per la rispondenza dell’atto alle forme del titolo esecutivo va bene, ma rischia di essere una leggerezza talvolta è uso della forza, al meno mezzo di intimidazione, e non c’è uso più sprovveduto dei titoli esecutivi che renderli strumento di abuso. Ex parte debitoris , attendersi un fair play da chiunque chieda, con o senza giusta causa, non è mera utopia, a patto di rispettare i patti. D’altra parte l’età dei doveri – il tema è avvincente – riguarda tutti, e non si potrà mai raggiungere attraverso la logica del più forte e/o della paura così, ex parte creditoris , rendersi e mantenersi credibili, usare strumenti proporzionati agli obiettivi, prediligere la fermezza come scelta piuttosto che come abitudine questi elementi possono giovare più di contese a tutti i costi e del ricorso alla logica del più forte e/o della paura e questo gli avvocati lo sanno. Il rango” delle esecuzioni civili non è un dato assiomatico piuttosto, una sfida coinvolgente così, è bello sperare che quello esecutivo sia veramente un titolo, perché di nobiltà decaduta non abbiamo proprio bisogno.